AMOROSO, Luigi
Nacque a Napoli il 23 maggio 1886 da Nicola e Maria Mascoli. Laureato in matematica, fu professore di matematica finanziaria negli istituti superiori di commercio di Bari e Napoli dal 1914 al 1921 e di economia politica all'università di Napoli dal 1921 al 1926. Successivamente insegnò economia politica all'università di Roma fino al 1956, ricoprendo dal 1944 la carica di direttore dell'istituto di studi economici e finanziari e divenendo in seguito preside della facoltà di scienze politiche. Professore aggregato presso l'Istituto nazionale di alta matematica, conseguì la laurea honoris causa in economia e commercio presso l'università di Napoli nel 1957, un anno dopo aver abbandonato l'insegnamento nell'ateneo romano.
L'opera dell'A., pur toccando vari settori dell'indagine economica e sociologica, è sostanzialmente organizzata intorno ad un progetto unitario che si sviluppa fin dalle sue prime ricerche e che troviamo realizzato, in differenti forme e soprattutto a diversi stadi di elaborazione, nei suoi saggi principali in più di un cinquantennio di produzione scientifica. Questo progetto è stato brevemente ricostruito a grandi linee nelle riflessioni dello stesso A. che precedono l'ultima sua opera, Le leggi naturali dell'economia politica, che riassume i principali contributi dell'autore nei vari settori dell'analisi: dalla teoria del consumo a quella della produzione, dalla teoria della moneta a quella dei prezzi e del mercato internazionale. Ripensando alle sue ricerche nel periodo che va dal primo decennio del secolo alla fine degli anni Trenta, l'A. metteva appunto in evidenza gli aspetti principali del problema che costituì il nucleo del suo contributo all'analisi economica: il problema del trasferimento delle leggi meccaniche nel mondo economico in una formulazione che superasse i limiti del modello di equilibrio economico generale di Walras e Pareto e consentisse la scoperta delle leggi dinamiche del sistema economico.
L'A. in quell'opera sosteneva appunto che, da un lato, la possibilità di rinvenire i principi meccanici in economia derivava dalla versione galileiana del concetto di equilibrio, che si riferisce ad una forma particolare di moto, il moto rettilineo uniforme, e che aveva il suo corrispondente in economia nell'"azione uniformemente ripetuta" e, d'altro lato, individuava i limiti dell'assimilazione delle leggi economiche alle leggi meccaniche nell'impossibilità di considerare valido per tutti i problemi economici, e segnatamente per quelli del risparmio e dell'investimento, il modello costruito sull'ipotesi galileiana. Se questo modello, infatti descriveva uno stato ideale, una condizione-limite dell'economia, era necessario, per rendere conto del carattere dinamico dei fenomeni legati al risparmio e all'investimento "uscire dalle maglie del modello dell'equilibrio economico paretiano e cercare un nuovo schema che in questo settore [fosse] capace di dare una rappresentazione dinamica del fenomeno" (ibid., p. 3).
La ricerca dell'A., dati questi limiti dell'impostazione tradizionale, si sviluppò in quegli anni in tre direzioni principali: nella indagine sull'equivalente e sui correlati economici del principio di inerzia, nella ricerca delle equazioni differenziali della meccanica economica e nell'individuazione dei correlati economici del principio di minima azione. Fu in particolar modo la scoperta che il principio di minima azione ha il suo corrispondente nel principio del minimo mezzo, "che ispira la condotta di tutti gli operatori economici", a rendere possibile la derivazione delle equazioni differenziali della dinamica economica: "Le equazioni differenziali in parola, associate alle equazioni che vincolano la condotta dei singoli operatori […] determinano le domande e le offerte individuali in funzione di tre gruppi di parametri, di cui il primo rappresenta i prezzi, il secondo e il terzo le posizioni e le velocità iniziali. Così il passato vincola il presente, la città morta domina la città vivente" (ibid., p. 6). Tenendo conto di quest'evoluzione generale del programma dell'A., è opportuno distinguerne le diverse fasi di elaborazione, che coincidono con le diverse tappe della sua carriera universitaria.
Nelle Lezioni di economia matematica l'A. isolava l'oggetto della matematica economica che, se si esclude il Manuale di Pareto del 1906, era un campo disciplinare ancora non sistemato, individuando le insufficienze dell'evoluzione storica del pensiero economico quale si era sintetizzata nei sistemi statici del XIX secolo da Cournot a Fisher. L'economia matematica, come scienza analitica astratta, veniva a coincidere per l'A. con la meccanica economica, ossia con lo studio delle relazioni tra le forze (psicologiche) in base alle quali si producono i fatti economici e gli ostacoli che si oppongono all'azione di queste forze: in ogni istante forze ed ostacoli determinano le connessioni che si realizzano tra le quantità nel complesso dell'economia. Le leggi della meccanica e le leggi economiche hanno in comune l'oggetto - i fenomeni di moto - e la metodologia: il passaggio dall'analisi del moto di ogni singola particella, e quindi di ogni azione, allo studio della composizione di queste azioni individuali nell'azione collettiva. La specificità delle leggi matematiche in economia deriva di conseguenza dal loro presentarsi come barriere e vincoli insuperabili sia a livello microeconomico sia a livello dell'azione collettiva, qualunque sia la condizione istituzionale in cui si svolge il processo economico.
L'A. individuava una cinematica, una statica e una dinamica economica: la prima prescinde dalle variazioni di ricchezza e utilizza solo i concetti di ricchezza e tempo, la seconda si occupa delle condizioni generali di equilibrio e utilizza i concetti di ricchezza, ofelimità e vincolo, mentre la terza, che si serve di questi tre concetti e di quello di tempo, analizza le leggi generali di variazione della ricchezza. L'A. doveva appunto registrare, da una parte, le insufficienze deduttive della statica sviluppata nel XIX secolo, che si condensavano nella mancata considerazione delle nuove configurazioni di equilibrio che si potevano determinare con le tendenze monopolistiche e sindacali e, d'altra parte, le carenze induttive consistenti nella insufficiente verifica statistica delle leggi deduttive e nei fenomeni di oscillazione nel tempo delle variabili fondamentali. Ma era soprattutto il carattere delle leggi "lagrangiane" della dinamica a preoccupare l'A., che rinveniva peraltro nella forza dell'abitudine (anche se solamente dal punto di vista qualitativo) un principio analogo a quella che era l'inerzia in meccanica: "sono ignote le corrispondenti equazioni che condensino le nostre idee sul movimento economico" (ibid., p. 373).
Tra quest'opera e la successiva sintesi dei Principi di economiacorporativa, si collocano sia contributi di carattere analitico sia riflessioni di più ampio respiro sul carattere storico del sistema capitalistico, sull'evoluzione dei sistemi economici tra le due guerre mondiali e sui principi dell'economia corporativa, che sono il risultato, oltreché dell'indagine teorica sviluppata in economia pura, di un'impostazione mutuata dalla sociologia paretiana e che individua nell'economia e nella religione le due forze fondamentali che regolano la vita della società umana.
Soprattutto nella Critica al sistema capitalista, l'A. assumeva una posizione che era una via di mezzo tra visioni alternative dell'evoluzione storica, rimanendo fedele alla tradizione cattolica. Egli riconduceva l'affermarsi del capitalismo alla riforma protestante e ricostruiva le linee della storia moderna dall'ecumenismo medioevale come un tentativo di restaurare l'unità europea, tentativo che anche il capitalismo, facendo leva principalmente sugli interessi materiali, aveva perseguito, andando però incontro alla dissoluzione sancita dal primo conflitto mondiale. Negli scritti teorici e ideologici, con i quali l'A. sosteneva la necessità di un'organizzazione corporativa dell'economia, è importante sia la diagnosi dei limiti del modello naturalistico classico basato sulla meccanica tradizionale sia l'insoddisfazione per gli approfondimenti cui questo modello perveniva, come si è accennato, con la considerazione delle forze d'inerzia - forze storiche - che dinamizzano la teoria economica. Egli fa coincidere, sia pure in forma di intuizioni, i nuovi processi economici emersi nel periodo tra le due guerre (incertezza, disordine monetario e meccanica bancaria, prevalenza della politica sull'economia, cartellizzazione e sviluppo dei monopoli) con la crisi del modello deterministico della fisica classica determinatosi, ad esempio, con la formulazione del principio di indeterminazione di Heisenberg. In questo quadro "l'ordinamento corporativo risponde nelle sue linee fondamentali alla ricostruzione teorica sopra delineata, nel senso che valorizza tutti i gruppi di forze dalle quali risulta l'equilibrio dinamico: le forze naturali, rappresentanti le tendenze pro tempore, le forze d'inerzia, espressione del peso del passato, le forze direttrici, manifestazione delle speranze e dei timori dell'avvenire. In questa sintesi il sistema corporativo supera tutte e tre le precedenti correnti fondamentali del pensiero economico: la corrente naturalistica dell'economia classica, la corrente storica, la corrente politica, rappresentata dal mercantilismo, dal protezionismo e dal socialismo nelle loro diverse forme" (Lalogica del sistema corporativo, p. 407).
In questo senso, l'economia corporativa non era la negazione dell'economia classica e del principio dell'utile individuale, ma si presentava all'A. come una differente valorizzazione dell'iniziativa privata nel contesto dell'interesse generale perseguito dallo Stato.
Tra il 1921 e il 1938 si collocano una serie di ricerche sulla dinamica della popolazione, sulla legge dinamica della domanda e sulle equazioni che regolano la dinamica monetaria in un sistema chiuso. Particolarmente importante è il saggio pubblicato sulla Rivista italiana di statistica, L'equazione differenziale del movimento della popolazione (I [1929], pp. 151-157), nel quale l'A. metteva in evidenza gli errori della legge di popolazione di Malthus, individuando le due azioni che influenzano il rapporto tra popolazione e sussistenze: l'azione "ortesiana", per cui le sussistenze limitano la popolazione, e l'azione "smithiana", per la quale il numero delle forze di lavoro influenza il livello delle sussistenze. La curva risultante dalla formula che esprime la legge teorica del movimento della popolazione risultò essere una curva caratteristica a forma di esse stirata lungo i rami inferiori e superiori detta logistica.
Mentre i Principi del 1938 riproducono lo schema delle Lezioni arricchito dai contributi appena ricordati, cui si aggiunge anche una trattazione sulla dinamica dei costi e sul monopolio parziale, "il fulcro e il cuore di tutta l'infaticabile opera" dell'A., come è stato notato (G. Palomba, 1969, p. XIX), è racchiuso nelle lezioni tenute all'Istituto nazionale di alta matematica nell'anno accademico 1940-1941 e pubblicate col titolo Meccanica economica.
I principali contributi dell'A. in quest'opera sono riconducibili alla generalizzazione dell'equilibrio paretiano e wairasiano, che è di natura statica, ottenuta con la considerazione dinamica delle forze d'inerzia che intervengono nella soluzione ottimale dei problemi del consumatore e del produttore. Questa soluzione è da lui ottenuta non col semplice "pareggiamento" delle ofelimità o produttività marginali, ma al netto delle resistenze di inerzia, che si possono far coincidere con scelte individuali caratterizzate tanto dall'attaccamento a comportamenti abitudinari ("la città morta condiziona la città vivente") quanto dalla previsione dell'avvenire. Ereditarietà e speculazione sono i fattori che determinano il valore delle forze d'inerzia che, combinate con le forze che assicurano l'equilibrio in regime di stazionarietà, determinano il movimento del sistema economico. Aveva così soluzione il problema di trovare un analogo economico del principio galileiano. Da un punto di vista formale, l'inerzia è misurata dalla differenza tra le ofelimità e produttività marginali "paretiane" e quelle "lagrangiane", ossia da equazioni in cui le quantità consumate e prodotte non sono funzioni solo delle velocità del flusso di consumo e di produzione nell'istante, ma anche della loro accelerazione. L'A. formulava poi il concetto di "potenziale" economico, dava un'interpretazione energetica del principio marginale e rinveniva il corrispondente economico del teorema meccanico della minima azione.
Mentre in Economia di mercato, egli prendeva in considerazione i problemi distributivi, ritenendo che la diversità delle attitudini naturali, insieme con la proprietà privata e con la congiuntura fossero le cause principali determinanti la distribuzione, ad un approfondimento dell'analogia meccanica sono dedicati gli ultimi lavori dell'economista napoletano, sia con la nuova relazione istituita tra fenomeni economici e fenomeni elastici sia colla rappresentazione del problema economico come un "dramma" caratterizzato dall'insufficienza della produzione possibile rispetto ai bisogni degli agenti economici. L'A. metteva in evidenza soprattutto l'importanza dei fenomeni bancari e creditizi "come centro di gravità del sistema economico" (Le leggi naturali…, p. 8) e come termini di riferimento per spiegare le oscillazioni e le crisi dell'attività economica (superamento del "limite di elasticità" del sistema). Egli si soffermava infine sull'evoluzione dei sistemi reali e in particolare sull'aspetto fondamentale dell'economia contemporanea, che consisteva a suo avviso nella degenerazione del capitalismo storico in un sistema ibrido di capitalismo di Stato e di capitalismo privato. Il limite della nostra epoca starebbe appunto nell'aver scambiato questo ibrido per una "premessa di un'era nuova di più alta civiltà. È invece l'ultima fase di un processo storico che ebbe origine nel cinquecento colla frattura dell'unità spirituale europea; ha avuto il suo acme nella concezione materialistica della vita, ed oggi è superata nel mondo dello Spirito" (ibid., p. 252).
Collaboratore di numerose riviste scientifiche, l'A. fu membro del Consiglio superiore di statistica, del Consiglio superiore delle miniere, del Consiglio nazionale delle ricerche e del Comitato nazionale per l'educazione, scienze ed arti. Vicepresidente dell'Istituto italiano degli attuari, fu amministratore delegato delle Assicurazioni d'Italia, consigliere di amministrazione del Banco di Napoli e dell'Istituto nazionale delle assicurazioni. Eletto socio della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali dell'Accademia dei Lincei il 29 nov. 1956, fu anche socio dell'Accademia pugliese delle scienze, membro dell'Institut international de statistique e dell'Econometric Society.
L'A. morì a Roma il 28 ott. 1965.
Opere principali: La teoria dell'equilibrio economico secondo il prof. V. Pareto, in Giornale degli economisti, XXXIX (1909), pp. 356-367; Le curve di indifferenza nella teoria dei fenomeni collettivi di due argomenti, in In onore di T. Martello, Bari 1917, pp. 353-376; Lezioni di matematica finanziaria, Napoli 1921-1923; Lezioni di economia matematica, Bologna 1921; Lezioni di economia applicata, Napoli 1925; Lezioni sulle dottrine economiche, Roma 1927; Dal liberalismo al fascismo. Lezioni di metafisica economica, ibid. 1929; La curva statica di offerta, in Giornale degli economisti, XLV (1930), pp. 126; Critica al sistema capitalista, Roma 1930; Contributo alla teoria matematica della dinamica economica, in Dinamica economica, Torino 1932, pp. 419-40; La logica del sistema corporativo (in coll. con A. De Stefani), in Riv. internaz. di scienze sociali e discipline ausiliarie, XLI (1933), pp. 393-411; L'ordine corporativo (in coll. con G. Masci), ibid., XLII (1934), pp. 765-780; Principi di economia corporativa, Bologna 1938, La teoria matematica del programma economico, in Riv. ital. di scienze economiche, IV, (1938), n.2, pp.67-80; Meccanica economica, Bari 1942; Lezioni di economia, Roma 1943; Economia di mercato, Bologna 1949; Le leggi naturali della economia politica, Torino 1961.
Bibl.: Annuario dell'Accad. naz. dei Lincei, Roma 1965, p. 111; Bibl. di L. A. 1909-1959, in Ann. dell'ist. di statistica dell'univ. di Bari, XXX (1959), pp. 3-15; G. Palomba, Il pensiero scientifico di L. A., in Riv. di politica economica, LVI (1966), pp. 389-421; Id., L. A. economista matematico, inL. Amoroso, Meccanica economica, Napoli 1969, pp. XI-XIX.