BARZINI, Luigi
Nato a Orvieto il 7 febbr. 1874, da Ettore, piccolo industriale, e da Maria Bartoccini, frequentò l'Istituto tecnico di Perugia, ove avrebbe dovuto diplomarsi in ragioneria. Abbandonati gli studi senza aver conseguito il diploma, il B., poco più che ventenne, rimase orfano di entrambi i genitori, con un fratello e due sorelle tutti di lui minori. Trascorse alcuni anni nella sua città natale, cercando di proseguire le attività paterne.
Nel novembre 1898, recatosi a Roma, riuscì a introdursi nell'ambiente giornalistico. Grazie all'amicizia di E. Marroni ("Bergeret"), allora redattore capo del Fanfulla, ilB. fu assunto da questo giornale nel gennaio 1899. Ne divenne subito redattore e vi pubblicò numerosi articoli, siglati "Gibar", da lui stesso illustrati secondo la moda dell'epoca con spiritosi disegnini o "pupazzetti", come allora venivano chiamati. Il Fanfulla non era che un mediocre giornaletto politico di modesta diffusione, e nondimento servì al B. per cominciare a crearsi qualche notorietà, in special modo quando gli riuscì di ottenere una intervista dalla celebre cantante Adelina Patti.
Nel giugno 1899 accettò la proposta di Luigi Albertini, giovane e già potente segretario di redazione del Corriere della Sera, di andare a Londra per conto del quotidiano milanese, e partì nel luglio. Fu così che tra il B. e il Corriere ebbe inizio quella feconda collaborazione che sarebbe ininterrottamente durata per ventiquattro anni. Il B. restò a Londra un anno circa, durante il quale apprese la lingua, si maturò nella tecnica giornalistica, inviò al giornale i dispacci telegrafici con le notizie del giorno, alcune interviste e i primi articoli di varietà che, anche sul Corriere, apparvero illustrati dai suoi "pupazzetti".
Nell'estate 1900 l'Albertini, divenuto gerente del Corriere, decise, con una iniziativa audace per i tempi, di inviare il B. al seguito della spedizione internazionale che era diretta in Cina per reprimere la rivolta dei Boxers. Imbarcatosi a Genova il 10 luglio 1900, il B. inviò dall'Oriente numerose corrispondenze, nelle quali seppe rivelarsi informatore acuto e coscienzioso. Ebbe il merito di ridurre la rivolta dei Boxers alle giuste proporzioni, mentre non nascose il comportamento cinico e crudele degli Europei ogni qual volta ne fu testimone. Nell'insieme riuscì a dare un quadro interessante e veritiero dell'oppressa e sconvolta Cina dei Mancesi, che egli descrisse ansiosa di rinnovamento e allo stesso tempo fortemente affetta da xenofobia.
Ai meriti di informatore il B. sapeva aggiungere quelli di scrittore: chiaro, garbato e brillante, egli diffondeva un nuovo stile che in breve tempo lo avrebbe reso popolarissimo fra i lettori. In quegli anni, infatti, i servizi telegrafici dei giornali italiani non erano che brevi dispacci di poche righe, stampati l'uno sull'altro in colonna, senza rilievo, o altrimenti le informazioni venivano presentate in articoli troppo spesso lunghi e pesanti, nei quali si amava far mostra di erudizione e di bello scrivere: il B. sapeva narrare i fatti con immediatezza e semplicità, affidandosi alla sua capacità di buon osservatore, alla sua memoria, al contatto diretto con le persone che i fatti avevano vissuto. Il suo successo e poi la sua grande fama furono il frutto di questo suo talento giornalistico e dei mezzi che l'Albertini seppe mettergli a disposizione: furono anche dovuti al fatto che il B. si fece interprete di quei diffusi e talora ingenui desideri di avventura, di grandezza nazionale, di conoscenza di nuovi paesi, che sono caratteristici in Italia negli anni precedenti la prima guerra mondiale.
Nel 1901 il B. lasciò la Cina, facendo ritorno in Europa attraverso il Giappone e la Siberia. Alla fine dell'anno si recò in Argentina per condurre un'inchiesta sull'emigrazione italiana. I suoi articoli, che denunciavano la difficile situazione degli emigrati e le delicate condizioni politiche di quella repubblica, furono accolti dalla stampa argentina con notevole risentimento polemico. Andò poi anche in Russia allorché il re Vittorio Emanuele III rese visita allo zar Nicola II, nel 1902. Assai famose furono le corrispondenze inviate durante il conflitto russo-giapponese del 1904-1905, del quale seguì le vicende prima dal Giappone e poi, dopo l'agosto 1904, dai campi di battaglia. Il memorabile resoconto della battaglia di Mukden (23 febbr.-11 marzo 1905), l'unico pervenuto in Europa, fu da lui inviato al Corriere in un telegramma di quattordicimila parole. L'attività di inviato speciale lo portò alla conferenza di Algeciras e nel retroterra marocchino, dove compì in carovana un lungo e avventuroso viaggio (1906). L'anno seguente l'Albertini gli propose di partecipare a quella che sarebbe restata la più clamorosa avventura della sua carriera: il raid automobilistico Pechino-Parigi, organizzato dal quotidiano parigino Le Matin.
Attraverso gli Stati Uniti, dove tra l'altro visitò San Francisco distrutta dal terremoto, il B. raggiunse la Cina. A Pechino si unì al principe Scipione Borghese e al meccanico E. Guizzardi, con i quali, su un'automobile "Itala", percorse i circa sedicimila chilometri del disagiatissimo percorso. Partiti il 10 giugno 1907, i tre italiani attraversarono la Mongolia, la Siberia, la Russia, la Germania, e giunsero primi a Parigi dopo due mesi esatti: un eccezionale primato, se si pensa che l'automobilismo era allora agli inizi. Per un accordo tra il Corriere della Sera e il londinese Daily Telegraph, i resoconti di viaggio del B. apparvero sui due giornali.
Durante gli anni seguenti l'attività del B. proseguì senza soste. Nel 1908 fece ritorno in America, donde inviò il primo telegramma stampa che abbia mai solcato via radio le sponde dell'Atlantico. Nel dicembre ripartì per l'Italia, giungendo a Messina undici giorni dopo il terribile terremoto. Pubblicò una delle sue più belle pagine raccontando, nel 1910, il tragico volo di J. Chávez, il giovane pilota peruviano che per primo trasvolò le Alpi. Per conto del Daily Telegraph e del Corriere descrisse i funerali di Edoardo VII (maggio 1910). Fu a Tripoli non appena si sparse la voce dell'imminente sbarco italiano: seguì le vicende della guerra libica e delle guerre balcaniche.
Nel settembre del 1913 il B. si recò a Trieste per condurre un'inchiesta sul trattamento che la popolazione di lingua italiana riceveva nei territori sottoposti all'Austria. L'inchiesta, nella quale egli fece suoi molti motivi agitati dal movimento irredentista, destò profonda impressione nel pubblico e contribuì non poco a determinare quell'atmosfera in cui più tardi sarebbe maturato l'intervento italiano. Con i dati e le informazioni del B. polemizzò l'Oesterreichische Rundschau, per incarico del principe Konrad Hohenlohe, luogotenente imperiale di Trieste. Successivamente il B. ritornò in America per partecipare all'inaugurazione del canale di Panama e visitare il Messico, finché lo scoppio del primo conflitto mondiale lo vide corrispondente di guerra dai diversi fronti.
Accanto alla produzione giornalistica del B. destinata alla pubblicazione, va segnalata in questi anni una intensa produzione destinata, invece, a rimanere segreta (e tuttora inedita), cui egli attese nell'interesse del giornale. La direzione del Corriere della Sera lo incaricò, infatti, di vere e proprie missioni segrete, come, per esempio, avvenne tra il 1911 e il 1914, allorché il B. condusse una lunga ed accurata indagine sugli armamenti austriaci. I suoi rapporti riservati furono inviati al giornale intorno a diversi argomenti e nelle più diverse occasioni, ma specialmente al tempo della guerra libica e della guerra mondiale.
Con la crisi determinata dal conflitto europeo anche per il B. cominciarono gli anni difficili e il suo astro iniziò a declinare. Tale declino era dovuto sia al logoramento che ogni stile subisce inevitabilmente con il trascorrere degli anni, sia all'abbondanza degli imitatori, sia al mutamento del gusto del pubblico, che, trasformato dalle tragiche esperienze vissute, cominciò a pretendere un giornalismo nuovo, maggiormente legato ai problemi economici e sociali. Nello stesso tempo i rapporti tra il B. e l'Albertini non proseguirono con quell'armonia che tanti buoni frutti aveva dato in passato. Durante la conferenza di Versailles il B. si schierò dalla parte dei nazionalisti mentre l'Albertini e il suo giornale si schierarono dalla parte che i nazionalisti definirono "rinunciataria". Più tardi il B. si orientò decisamente verso il fascismo, mentre l'Albertini si mantenne in un atteggiamento di diffidenza nei riguardi di esso e ne divenne successivamente uno dei maggiori oppositori.
Alla fine del 1921 il B. accompagnò negli Stati Uniti l'Albertini, membro della delegazione italiana alla conferenza per il disarmo navale di Washington: qui avvenne la definitiva separazione tra i due. Il B. si trovava ormai a disagio nel Corriere: decise pertanto, anche su consiglio dell'Albertini, con il quale rimase in amichevoli rapporti, di stabilirsi a New York e di dar vita a un quotidiano in lingua italiana, il Corriere d'America, che iniziò le pubblicazioni il 1º genn. 1923. Diretto dal B., e finanziato da Pio Crespi, un cotoniere italo-americano parente dei proprietari del Corriere della Sera, il Corriere d'America fu un giornale di propaganda fascista, che ebbe come corrispondente da Roma E. Amicucci, deputato del partito fascista. Il B. restò alla direzione del giornale per circa un decennio, pubblicandovi più di duemila articoli; ma esso, con una tiratura che nel 1929 superava di poco le cinquantamila copie, incontrò difficoltà di carattere finanziario. Nel 1931 il periodico venne venduto a Generoso Pope e il B., lasciatane la direzione, fece ritorno in Italia.
Durante il soggiorno americano egli si era mantenuto in relazione con i fratelli Mussolini e aveva anche compiuto viaggi in Italia; ma i dieci anni di assenza lo avevano reso alquanto estraneo al rinnovato ambiente politico e giornalistico italiano. Allorché i fratelli Albertini furono costretti a lasciare il Corriere della Sera, nel novembre 1925, venne ripetutamente fatto il nome del B. quale possibile nuovo direttore del quotidiano milanese; gli fu poi preferito l'Ojetti. Il 10 ott. 1928 Mussolini, parlando a palazzo Venezia ai giornalisti fascisti, condannò "coloro che mancano di discrezione specie in materia di politica estera o di finanze, che sono inesatti nei riferimenti, che fanno del 'barzinismo' in ritardo". Conosciuto il testo del discorso, il B. telegrafò all'Amicucci per esprimere la sua riconoscenza a Mussolini, ma soprattutto per diffondere la sua interpretazione, secondo la quale il capo del fascismo, condannando il "barzinismo", aveva inteso colpire gli imitatori e non lui stesso. In effetti, dato che il B. si trovava in America da molti anni, di lui era presente in Italia soltanto il ricordo, che i numerosi imitatori contribuivano a deformare: ma Mussolini non si era preoccupato di distinguere.
Tornato in Italia, il B., negli ultimi mesi del 1931, collaborò brevemente alla Gazzetta del Popolo.Glivenne quindi offerta la direzione del Mattino di Napoli; a un suo primo rifiuto, Arnaldo Mussolini insistette con lui per convincerlo, e tuttavia, in una lettera al fratello Benito del dicembre 1931, non esitò a definirlo "uno spaesato". Il B. assunse la direzione del Mattino nel gennaio 1932, e durante l'anno e mezzo in cui la mantenne suscitò vivacissime polemiche. L'Ojetti, fra gli altri, gli rimproverò di voler fare del Mattino un giornale tutto di fatti, di informazioni, di cronaca, deviando dalle consuetudini letterarie del giornalismo italiano. Accadeva infatti che il B., dopo aver assimilato a New York i metodi del giornalismo statunitense, cercasse di applicarli in Italia, anticipando una trasformazione che avrebbe avuto luogo da noi soltanto dopo la seconda guerra mondiale, ma che a quei tempi era prematura, perché richiedeva una libertà d'informazione quale il regime fascista non poteva consentire. Improvvisamente, nell'agosto 1933, il B. apprese da un comunicato dell'Agenzia Stefani di non essere più il direttore del Mattino. Mussolini, infatti, aveva creduto di riconoscere in lui l'autore di una intervista pubblicata da un giornale francese, nella quale un anonimo giornalista italiano si era permesso di criticare il regime. Si trattava di un errore di persona presto chiaritosi, ma il B. non assunse più la direzione di alcun giornale.
Il 23 genn. 1934 egli fu nominato senatore del regno: fu relatore di alcune leggi e membro di numerose commissioni senatoriali. Divenuto presidente della commissione superiore per la stampa, proseguì l'attività giornalistica collaborando al Popolo d'Italia e a vari giornali e riviste dal 1934 al 1943. Continuò a viaggiare, pubblicando fra l'altro corrispondenze dall'U.R.S.S. e dalla Spagna al tempo della guerra civile.
Nell'estate del 1938 il B., che aveva visitato il fronte spagnolo, fece pervenire a Mussolini due relazioni riservate, nelle quali lamentò la dipendenza dei comandi italiani dallo stato maggiore spagnolo, denunciò la demoralizzazione esistente fra le truppe italiane e segnalò lo scarso interesse del gen. Franco per una sollecita conclusione delle ostilità. Suggerì a Mussolini di imporre una maggiore ingerenza dei comandi italiani nella condotta della guerra e propose di rinnovare gradatamente il corpo di spedizione italiano. Le sue relazioni, aggiunte alle preoccupazioni di ordine internazionale, destarono profonda impressione in Mussolini, tanto da indurlo a considerare seriamente la possibilità di ritirare le truppe italiane.
Durante la seconda guerra mondiale il B. visitò a lungo il fronte russo, dal quale inviò corrispondenze a vari giornali italiani. Al tempo della Repubblica sociale fu nominato da Mussolini presidente dell'Agenzia Stefani.
Accanto all'attività giornalistica e politica del B. merita di essere segnalata l'attività letteraria. Pubblicò, soprattutto nella Lettura, numerosi racconti e novelle, per i quali generalmente trasse ispirazione da vicende vissute. In collaborazione con A. Fraccaroli scrisse Quello che non t'aspetti, una commedia rappresentata a Roma il 19 maggio, 1921, nella quale venivano ironicamente ripresi alcuni motivi del teatro pirandelliano. La commedia fu il frutto della rielaborazione di un soggetto cinematografico due volte portato sullo schermo (nel 1919 e nel 1943, con il titolo La fabbrica dell'imprevisto). Sempre con il Fraccaroli scrisse il soggetto cinematografico del film Per aver visto (1919).
Il B. si era sposato nel 1905 con Mantica Pesavento, da cui ebbe quattro figli, fra i quali Luigi iunior, giornalista e poi deputato al parlamento, ed Ettore, che morì nel campo di concentramento nazista di Buchenwald. Negli ultimi anni della sua vita il B. visse appartato a causa del suo precedente atteggiamento filofascista. Morì a Milano il 6 sett. 1947.
Opere: Il B. pubblicò numerosi volumi nei quali raccolse e rielaborò le sue corrispondenze ed i racconti.
Sui viaggi compiuti in Oriente si veda: Dall'Impero del Mikadoa quello dello Zar, Milano 1904; Guerra Russo-Giapponese degli anni 1904-1905, ibid. 1906; Nell'estremo Oriente, Sesto San Giovanni 1915; Avventure in Oriente (con prefaz. di L. Barzini iunior), Milano 1959.
Il racconto del famoso raid compiuto nel 1907, intitolato La metà del mondo vista da un'automobile, da Pechino a Parigi in sessanta giorni, Milano 1908, fu la prima opera originale italiana tradotta contemporaneamente in undici lingue. Ancora sul raid si veda: Nel deserto di Gobi, in Uomini e macchine, a cura di A. Campari, Milano 1910, pp. 91-103, e Verso la grande muraglia, in Racconti dello sport, a cura di G. Goggioli, Firenze 1960, pp. 115-134.
Altre corrispondenze di viaggi sono: L'Argentina vista com'è, Milano 1902 (è l'inchiesta sull'emigrazione italiana in Argentina); Sotto ad un gran fiume, in Uomini e macchine, pp. 13-49 (sulle gallerie subacquee di New York); Il volo che valicò le Alpi, Milano 1910 (sul tragico volo di J. Chávez); Sotto la tenda, Piacenza 1915 (sul viaggio in Marocco nel 1906); Impressioni boreali, Milano 1921 (corrispondenze dalla Scandinavia, ove il B. si era recato sperando di entrare nell'U.R.S.S.); Sul mare dei Caraibi, ibid. 1923; U.R.S.S., L'Impero del lavoro forzato, ibid. 1935 (inchiesta sulla Russia ai tempi di Stalin).
Sul primo conflitto mondiale e le sue origini si legga: Le condizioni degli italiani in Austria, Milano s. d.; Gli italiani della Venezia Giulia, ibid. 1915; Al fronte (maggio-ottobre 1915), ibid. 1915; Scene della guerra, ibid 1915; La guerra d'Italia. Gennaio-Giugno 1916. Sui monti, nel cielo e nel mare, ibid. 1916; Dal Trentino al Carso, ibid. 1917; Una porta d'Italia col tedesco per portiere, ibid. 1922; La conquista di Gorizia, in Uomini in guerra, a cura di P. Pieroni, Firenze 1959, pp. 127-146.
Sulla guerra di Spagna si veda l'articolo in Legionari di Roma in terra iberica (1936-1939), Milano 1940.
Durante il secondo conflitto mondiale pubblicò: Perchè il Giappone vince: i nipponici sono esatti cronometrici e formali, Roma 1942; La guerra all'Inghitterra. Commenti e spiegazioni, Milano 1941; Guerra all'America, s.l.né d.
Novelle e racconti sono raccolti in Qua e là per il mondo. Racconti e ricordi, Milano 1916; Wu Wang ed altre genti, ibid. 1941.
La commedia scritta in collaborazione col Fraccaroli, Quello che non t'aspetti, fu pubblicata a Milano nel 1922.
Le avventure di Fiammiferino, pubblicate dapprima sul Corriere dei Piccoli, poiraccolte in volume (Firenze 1909), furono scritte dal B. durante il viaggio di ritorno dalla guerra russo-giapponese e costituirono uno dei maggiori successi della letteratura per ragazzi.
Negli ultimi anni il B. iniziò la sua autobiografia, che la morte gli impedì di portare a termine. Fu pubblicato postumo il primo volume, che si conclude con la narrazione del viaggio in Cina al tempo dei Boxers: Vita vagabonda: ricordi di un giornalista (con prefaz. di L. Barzini iunior), Milano 1948.
Fonti e Bibl.: Oltre che nelle opere e nelle sopra citate prefazioni del figlio Luigi, molte notizie sulla vita del B. sono in V. Betteloni, Impressioni critiche e ricordi autobiografici, Napoli 1914, pp. 196-321; L. Lodi, Giornalisti, Bari 1930, pp. 185-192; G. G. Napolitano, Ritorno di L. B., in Gazzetta del Popolo, 12 nov. 1931; A. Della Massea, L. B., Roma 1932; L. Marinese, Giornalisti per il mondo, Palermo 1937, passim. Per i rapporti tra il B. ed il Corriere della Sera si veda A. Albertini, Vita di Luigi Albertini, Roma 1945, pp. 130, 131, nonché L. Albertini, Venti anni di vita politica, 5 voll., Bologna 1950-1953, ad Indicem. Un'interessante testimonianza è quella di T. Pànteo, Come B. entrò al Corriere, Milano 1927. Sui motivi che portarono il B. al successo si legga l'articolo di G. Caprin, L.B., in Il Marzocco, 16 ott. 1904, e viceversa sui motivi del declino il breve ma significativo commento di G. Prezzolini, La coltura italiana, Firenze 1923, pp. 130 s. L'esattezza e l'acutezza delle informazioni inviate dal B. durante il primo viaggio in Cina sono state confermate cinquant'anni più tardi da P. Corradini, L.B. e la guerra dei "boxers", in Cina, n. 4, 1958, pp. 70-80. Sugli anni del fascismo si veda Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio riservato 1922-1943, fasc. 241/R, che contiene materiale tuttora inedito. Per la collaborazione al Popolo d'Italia alcune notizie sono in G. Pini, Filo diretto con Palazzo Venezia, Bologna 1950, passim. Un giudizio piuttosto negativo sul B. trovasi in Carteggio Arnaldo-Benito Mussolini, a cura di D. Susmel, Firenze 1954, p. 217. Il discorso di Mussolini del 10 ott. 1928 con l'accenno polemico al "barzinismo" può leggersi in Opera Omnia di Benito Mussolini, a cura di E. e D. Susmel, XXIII, Firenze 1957, p. 233; sull'argomento si veda anche U. Fagiol, Il barzinismo, in Corriere adriatico, 16 ott. 1928, e 48, il morto che parla, ovvero B. "inimitabile" falsario di telegrammi, a firma "Il Biolco", in Il Carroccio, New York, ottobre 1928, pp. 306-309. Per la polemica a proposito del Mattino vedasi U. Ojetti, Lettera a L.B., sul giornale all'americana, in Pègaso, IV (1932), pp. 351-353; la risposta del B., Lettera aperta a S.E. Ugo Oietti, fu pubblicata nel Mattino del 3 marzo 1932; si veda anche F. Fattorello, B. e il giornalismo italiano, in Riv. letteraria, IV (1932), pp. 16 s. Delle due relazioni che il B. inviò a Mussolini durante la guerra di Spagna fa cenno M. Donosti (pseud. di M. Luciolli), Mussolini e l'Europa. La politica estera fascista, Roma 1945, pp. 56-59. Sugli ultimi anni del B. v'e un breve ricordo di E. Radius, Da Mussolini alla Callas, Milano 1961, pp. 125 s. Infine sulla morte del B. si veda R.V., L'ultima lettera di B., in Il Messaggero, 21 sett. 1947.