BELLOTTI BON, Luigi
Attore e capocomico d'importanza fondamentale nella storia del teatro italiano dell'800. Figlio di Luigi Bellotti e di Luigia Ristori, attori entrambi, aggiunse al proprio nome quello del secondo marito della madre, Francesco Arquato Bon, come di padre adottivo. Nacque a Udine il 17 aprile 1820; si uccise a Milano il 30 gennaio 1883. Appresa l'arte dalla madre sua e dal Bon che molto lo amava, esordì come "amoroso" nella compagnia Tassani, a 17 anni; poi, passato in quella di Gustavo Modena nel 1845, fu da questo iniziato nelle parti comiche, per le quali il grande maestro indovinò le sue eccezionali attitudini.
Dalla compagnia del Modena sorse nel 1846 la "Lombarda" di Giacinto Battaglia, diretta dal Bon, e il B. vi entrò col Morelli, restandovi sei anni (con breve intermezzo guerresco nel 1848, quando volontario e col grado di capitano, combatté a Montebello). Sciolta la Lombarda, il B. entrò nel 1854 nella Compagnia Reale Sarda a fianco di Adelaide Ristori, Ernesto Rossi e Gaetano Gattinelli, i quali con lui se ne staccarono l'anno dopo, per formare una compagnia propria con lo scopo di condurre la Ristori a Parigi. La compagnia era diretta e amministrata dal B.; e quella stagione italiana, svoltasi tra difficoltà d'ogni genere, create anche dalla Rachel gelosa della rivale italiana, si risolvette in un trionfo grandioso della Ristori, e della nostra arte.
In questo e nei successivi viaggi all'estero fra il 1856 e il 1859, il prestigio dell'arte scenica italiana fu affermato con tanto successo che rese più sensibile la deficienza di opere drammatiche italiane nuove degne di tanti interpreti. Il B. sentì così acutamente questa condizione di inferiorità che concepì un arditissimo programma: creare una grande compagnia, e fare appello agli autori italiani perché ne formassero il repertorio, promettendo di affidare a lavori soltanto italiani la fortuna della sua impresa. La compagnia ebbe dapprima l'aiuto finanziario del banchiere triestino Revoltella, ma, col 1859, il B. proseguì l'impresa da solo. Fu questa la grande compagnia Bellotti Bon, per la quale il suo capocomico e direttore poté vantarsi di avere fatto scrivere, fra il 1860 e il 1865, settantotto commedie italiane che egli acquistò.
Il primo grande successo di quella compagnia fu Il Vero Blasone di Tommaso Gherardi del Testa: il più famoso e duraturo per la eccellente interpretazione fu la commedia I Mariti di Achille Torelli, nella quale prendevano parte Cesare Rossi, Amalia Fumagalli, Giacinta Pezzana, Annetta Campi, Francesco e Costanza Ciolli, Gaspare Lavaggi, Luigi Bellotti Bon, Enrico Belli Blancs e Antonio Bozzo. La compagnia durò tredici anni: e fu fortunatissima per successi artistici e finanziarî; ma nel 1873 il B. la sfasciò, ricostituendone tre, ciascuna con elementi di second'ordine intorno a una coppia più o meno eccellente.
Per alimentare queste tre compagnie e per un suo sogno di egemonia teatrale, il B. si diede ad accaparrarsi i lavori stranieri, iniziando quella speciale industria d'importazione, che tante difficoltà doveva più tardi creare allo sviluppo di un teatro nazionale italiano. Sebbene il repertorio francese fosse dal 1860 al 1880 nel suo periodo più splendido, esso non bastò né a far prosperare la triplice azienda capocomicale del B., né a fargli gustare grandi soddisfazioni per l'innegabile primato teatrale che gli assicurò. Quel primato era costoso, e stimolava una concorrenza che diventò poi disastrosa. Tuttavia egli avrebbe potuto salvarsi: ma nel 1875 fu applicata la tassa sui teatri, e in più al B. quella di ricchezza mobile su un reddito di 250 mila lire, nonché l'obbligo di pagare quella dei suoi scritturati, salvo rivalsa verso di essi. Una complessa e grave questione sorse da questi provvedimenti fiscali, che impegnò il B. in una lotta estenuante col fisco. Le liti durarono otto anni, costarono assai, e aggravarono gli oneri dell'azienda fino a creare uno sbilancio di non più che quarantamila lire. Ma il B che si considerava un dominatore, si vide a un tratto precipitare nel fallimento per impegni immediati di sedicimila lire. Era un galantuomo e scrupoloso e gentilissimo. Aveva 63 anni, e si uccise per salvare col sacrificio della vita quello che ancora era possibile salvare per la sua famiglia.
La tragedia del B. ebbe sul teatro italiano ripercussioni notevoli, producendo una crisi artistica ed economica, dalla quale ha inizio, si può dire, la fase ultima dello sviluppo del teatro italiano nell'Ottocento.
La sua caduta fu causa di gravissimo turbamento nel teatro italiano, occasione e argomento di lunghe e talora incresciose polemiche sull'instabilità della vita teatrale e sul disinteresse dello stato per le sue sorti. Poiché il B. aveva voluto creare un repertorio nazionale, la sua caduta generò o acuì, assai ingiustamente, il discredito dei lavori italiani. Fatto è che il repertorio straniero e specialmente francese si diffuse in Italia sempre più, ancorché divenisse ognora più scadente.
Miglior frutto diedero le esperienze del B. per quanto concerne la sua compagnia, poiché sull'esempio di quella sorsero in seguito le compagnie specializzate (quale la comica Talli-Sichel-Tovagliari del 1887) e le compagnie di grande complesso (quali quelle del Talli in società Gramatica-Calabresi, Re-Riccardi, e Melato-Betrone-Giovannini), formate tutte in contrasto con la mala consuetudine delle compagnie mediocri, raggruppate intorno ad elementi di prim'ordine.
Alcuni ottimi elementi delle sue tre compagnie costituirono la Compagnia Nazionale diretta da Paolo Ferrari, tentativo nobilissimo ma effimero di rinnovare i fasti del B., circondato da un favore popolare che il ricordo e il rimpianto del capocomico caduto ravvivava.
La storia della compagnia Bellotti-Bon e delle vicende singolari che attraversarono le opere da essa rappresentate formerebbe il capitolo più interessante e più istruttivo di quella storia del teatro italiano nell'Ottocento che è ancora da scrivere. Il B. fu pure autore di due fortunate commedie: Spensieratezza e buon cuore, e L'arte di far fortuna. Lo studente di Salamanca non ebbe successo.
Bibl.: V. Rasi, Diz. dei Comici; Montazio, L. B. B. Cenni biografici, Firenze 1865; Bellotti-Bon, Condizioni dell'arte drammatica in Italia, Ancona 1875. V. inoltre nei maggiori giornali italiani le note biografiche pubblicate in occasione della morte di L. B. B. apparse intorno al 31 gennaio e primi di febbraio 1883; più particolarmente La Ragione di Firenze del 5 febbraio, e il Corriere della Sera, del 1° febbraio.