BEVILACQUA, Luigi
Nacque a Ferrara nel 1616 da Francesco e da Virginia Turchi. Addottoratosi in diritto civile e canonico nello Studio di Ferrara nel 1635, al principio di questo stesso anno si trasferì a Roma, dove il 6 febbraio prese gli ordini minori. Urbano VIII gli concesse una pensione sopra l'arcipretura di Crespino, nella diocesi di Ravenna, e il 23 dic. 1643 il vescovo di Ferrara, il capitolo e il priore dei giuristi, lo prescelsero come arcidiacono della cattedrale ferrarese in sostituzione di Paolo Sacrati. Già l'anno successivo il B. dovette rinunziare all'arcidiaconato ferrarese, per il quale era prescritta la residenza:. egli infatti preferì rimanere presso la corte romana, dove la protezione dei cardinale Francesco Barberini gli faceva sperare una brillante carriera. Ottenne infatti la carica di governatore e vicereggente di Tivoli. Nel 1650 gli fu affidato da Innocenzo X il governo di Rimini e due anni dopo quello di Fabriano. Sempre nel 1652 fu eletto al posto di uditore di Rota, che sino dal 1597 era riservato a un cittadino ferrarese. Clemente X gli conferì nel 1670 la ricca abbazia di S. Girolamo in Ferrara, istituita con i beni dell'Ordine dei gesuati, soppresso due anni prima da Clemente IX; il B. fece successivamente dono di questa abbazia ai carmelitani scalzi. Il 4 marzo 1671 ottenne la carica di prelato domestico di Clemente X e successivamente quella di governatore di Roma.
Nel 1675, nel corso della guerra d'Olanda, avendo il pontefice deciso di intervenire presso le corti di Vienna, di Madrid e di Parigi per tentare una tregua, il B. fu prescelto come nunzio straordinario alla corte imperiale e prese possesso ufficialmente della carica ai primi di ottobre, dopo essere stato consacrato patriarca di Alessandria il 21 settembre. Nel dicembre del 1676 Innocenzo XI gli affidò la rappresentanza della S. Sede nelle trattative che portarono alla pace di Nimega.
Nella città olandese il nunzio arrivò soltanto nel giugno del 1677, a causa di varie difficoltà sollevate dalle potenze protestanti contro la mediazione pontificia. Le istruzioni inviate al B. dal segretario di stato cardinale Cibo prevedevano un intervento mediatore del nunzio tra i sovrani cattolici partecipanti al congresso e raccomandavano di ottenere dalle potenze protestanti una maggiore libertà religiosa per i sudditi cattolici. A Nimega il B. ebbe in effetti un ruolo di primo piano, specialmente nelle trattative tra i Francesi, gli Imperiali e gli Spagnoli. Egli seppe mantenere nelle discussioni la più completa neutralità, tanto che l'imperatore Leopoldo propose che fosse inviato da Nimega a Parigi per indurre Luigi XIV ad una nuova politica nei riguardi dei Turchi. Gli stessi rappresentanti olandesi dichiararono che si sarebbero serviti volentieri della mediazione del B. anche nelle trattative tra le potenze protestanti, ma a questa proposta, invano sostenutaa Roma dall'imperatore, si oppose Innocenzo XI al quale sembrava contrario alla disciplina della Chiesa che il nunzio apostolico si prendesse cura pubblicamente degli interessi degli eretici. In pratica però il B. prese attiva parte, anche se non sempre ufficialmente, a tutte le fasi dei negoziati. Tuttavia egli non poté sottoscrivere i trattati di pace, nei quali non fu fatta alcuna menzione della mediazione della S. Sede a causa del contrasto sorto tra Roma e Luigi XIV a proposito del breve di plenipotenza del Bevilacqua. Il re pretendeva infatti di essere menzionato con una formula speciale nel documento pontificio, e piuttosto che cedere alla richiesta Innocenzo XI preferì non figurare ufficialmente come mediatore nei trattati di pace. Il B. non poté ottenere a Nimega nessuno dei vantaggi che la S. Sede sperava per i cattolici dei paesi protestanti: l'opposizione del pontefice alle trattative dirette con gli eretici non era fatta del resto per render più facile al nunzio il conseguimento di qualche risultato sotto questo rispetto; poté soltanto ottenere dal borgomastro di Nimega che fosse lasciata aperta e a disposizione dei cattolici una cappella nel palazzo che era stato sede della nunziatura. Il B. ebbe anche da Innocenzo XI il 31 ott. 1676 l'incarico di dissuadere Leopoldo I dal matrimonio con la principessa protestante Ulrica Eleonora di Danimarca, che minacciava di portare l'eresia nella casa d'Austria: missione che non gli costò eccessiva fatica, essendo l'imperatore stesso contrario alle nozze.
Dopo la sottoscrizione degli ultimi trattati, nel febbraio del 1679, il B. fece ritomo in Italia con un viaggio penosissimo durante il quale perdette una metà del suo seguito a causa della peste. Essendosi verificati altri decessi durante la sosta del B. a Ferrara, la cittadinanza in preda al panico tumultuò contro il nunzio e questi fu costretto a lasciare m* gran fretta la città. Sembra che anche il B. fosse stato contagiato dal morbo e la cosa pare confermata dalla sua morte repentina, avvenuta poco dopo il suo ritorno a Roma, il 22 apr. 1679, sebbene essa fosse ufficialmente attribuita ad una infermità contratta a Nimega a causa del clima, aggravata dai disagi del viaggio.
Bibl.: C. Quaranta, Un legato al Congresso di Nimega, in Nuova antol., 15 dic. 1926, pp. 453-463; L. von Pastor, Storia dei papi,XV, Roma 1933, p. 50; XVI, ibid. 1932, I, p. 682; 2, pp. 44-51, 54-59, 345-347, 367.