BISI, Luigi
Figlio di Michele, nacque a Milano il 10 maggio 1814; pittore e architetto, fu il più noto artista della famiglia. Allievo del padre e dello zio Giuseppe, si perfezionò a Brera con F. Durelli, cui succedette, nel 1851, nella cattedra di prospettiva. Lo si vuole anche allievo del Migliara, di cui fu proclamato il miglior erede artistico dopo il successo dell'Esposizione del 1837, ma del quale, comunque, non subì eccessivamente l'influsso.
Il B. dipinse nobili e ariose vedute specie nel periodo giovanile (Casolari in Brianza e Strada dello Stelvio per gli Antongini, 1837), ma predilesse interni di chiese e soprattutto del duomo di Milano che si dice abbia dipinto ottantasette volte. Nel Museo di Milano si conservano oggi i numerosissimi suoi dipinti già facenti parte della raccolta Beretta; in Palazzo reale (Milano) si trovano tre tempere con interni della Certosa di Pavia e di S. Eustorgio. Un Interno della chiesa di Tolentino, già nella raccolta Guido Rossi, è nel Museo nazionale della scienza e della tecnica; sempre a Milano fanno parte della raccolta Alberto Zanoletti due celebri vedute esterne del duomo dall'angolo del Rebecchino e dalla corsia dei Servi (1850) e quell'Interno con l'altare di S. Tecla che fu all'Esposizione nazionale del 1872. A Trieste il Museo Revoltella conserva un Interno del duomo (1872), la Galleria Sabauda a Torino un altro Interno anteriore al 1862 e un Atrio di S. Ambrogio anteriore al 1863. A Brescia, nella Pinacoteca Tosio Martinengo, è un Interno della abbazia di Altacomba; a Vienna, nella Pinac. del Belvedere, un Interno del duomo di Milano firmato e datato 1840 e, alla Società degli artisti di Milano, un Interno di S. Marco (1841). Inoltre, nella collezione del dott. Nocca a Pavia si conservano una sessantina di disegni, schizzi e acquerelli relativi alla Certosa.
Nonostante la scarsa novità compositiva e ritmica dei dipinti, può essere confermato l'unanime giudizio favorevole che già i contemporanei diedero di queste opere. Negli interni del duomo di Milano non soltanto vi è il progredire della visione e l'affinarsi della tecnica, ma il manifestarsi di una limitata e pure autentica e intensa visione pittorica che, nel gioco delle luci, delle ombre, delle linee, rinnova continuamente se stessa. Per il B. il duomo era un paese, una valle, un mondo intero che l'artista guardava e scopriva ogni volta. I suoi esterni, pure vivi e sentiti, non sono mai a quell'altezza.
L'essere stato allievo e poi successore di Francesco Durelli, l'avere approfondito i problemi prospettici portò il B. a occuparsi a fondo di scenografia e di architettura. Avendo come assistente nella cattedra di Brera il pittore scenico Carlo Ferrario, affrontò con i suoi allievi i problemi nati dalla prospettiva architettonica, più particolarmente scenografica, coi relativi quesiti costruttivi e coloristici. Non sappiamo se gli si debba qualche costruzione originale; sappiamo che dal 1857 in poi, si può dire sino alla morte, attuò progressivamente, associato all'architetto G. Brocca e sotto la supervisione prima di F. Schmidt, architetto del duomo di Colonia e professore di ordini architettonici all'Accademia di Brera, poi di G. Pestagalli, il lungo restauro della basilica ambrosiana, di cui fu animatore monsignor F. M. Rossi.
Lungo, paziente e cauto lavoro condotto a termine con notevole senso di misura, per la parte più propriamente architettonica di liberazione delle sovrastrutture barocche e di consolidamento; ma lo stesso equilibrio non fu mantenuto per le false ricostruzioni arbitrarie di altari, finestre e decorazioni (successivamente rimosse), delle quali tuttavia maggior responsabile fu il troppo entusiasta ed empirico monsignor Rossi.Nel 1859 il B. disegnò il piedistallo per la statua di Napoleone del Canova, eretta al centro del cortile del palazzo di Brera. Fu uno dei membri della commissione che nel 1860-1861 preparò lo schema per il rifacimento di piazza del Duomo e per la creazione della galleria Vittorio Emanuele II. Schema preciso - che servì di base a un concorso rimasto famoso e alle realizzazioni mengoniane - dove, però, non è possibile distinguere, nelle relazioni e nelle planimetrie, la partecipazione dei singoli.
Ma il suo lavoro se non più importante, almeno più appariscente, fu il progetto per il restauro e l'ampliamento del palazzo dei Giureconsulti con lo svolto in via Mengoni e la parte nuova coi tre fornici verso S. Margherita e gli intelligenti adattamenti interni: progetto in sei tavole, presentato all'Esposizione di Brera del 1877, per il quale ebbe come collaboratore G. B. Borsani. Presidente dell'Accademia di Brera dal 1879, morì a Milano l'11 nov. 1886.
Suo figlio Emilio nacque a Milano il 7 nov. 1850. Studiò matematiche, ma, sotto la spinta dell'ambiente familiare, si dedicò alla scultura e ottenne il primo successo nel 1878 all'Esposizione di Parigi con il Franco tiratore, ripetuto poi più volte e già presentato a Brera nel 1875. Fedele agli schemi della tradizione lombarda, aiutato dall'ambiente e dalle relazioni di famiglia, ebbe una produzione assai feconda ma alquanto coartata da esigenze di commissione. Nacquero così la S. Melania per il duomo di Milano (1877, capitello di un pilone della navata mediana), i monumenti sepolcrali Maccia (Angelo e la Fede) e Barbiano di Belgioioso al Cimitero monumentale, quello Lazzati (Cristo) e quello Robecchi pure a Milano, il Gussalli a Soncino, il Covacevich (Arcangelo Michele) a Trieste. Per la facciata della chiesa ortodossa di S. Spiridione a Trieste, scolpì nove enormi statue in stile neobizantino, lavoro che lo assorbì per anni. Altre opere di impegno: il monumento a Garibaldi a Lerici (1896) e quello Andrássy (equestre) a Budapest. La pratica architettonica acquisita in cimiteri e monumenti lo indusse a partecipare al concorso per la facciata del duomo di Milano con un progetto che ebbe le lodi del Mongeri. Ma la sua vena, bozzettistica più che monumentale, poté esplicarsi solo nel Civis romanus sum (un ometto che con incedere imperatorio torna dal mercato, con un'oca che sporge dalla cesta), statuetta che da Milano a Monaco, a Berlino, a Dresda, tra il 1890 e il 1897, rinnovò e superò il successo del Franco tiratore. Partecipò al concorso per le sculture delle Regioni nel Vittoriano (12 dic. 1906) ed eseguì la Lombardia. Negli ultimi anni di attività eseguì e donò all'Accademia di Brera il monumento dedicato a suo padre. Morì a Milano il 19 febbraio 1920.
Ritratti (uno, femminile, nella Galleria d'arte moderna di Milano) e altra produzione minore sono frutto dell'onesta continua attività di Emilio, eccellente artefice del marmo nel gusto del tempo, ma assai raramente riscattato da vera forza creativa.
Antonietta (detta Jetta), figlia di Emilio e della scrittrice Sofia Albini, nacque a Milano il 28 giugno 1891. Fu allieva del padre, ma trovò poi da sola le vie della sua forma pittorica, a parte gli studi di disegno e anatomia seguiti nella prima gioventù a Roma; ma, nonostante la sincerità, il valore artistico delle sue opere è limitato. Sposata con Riccardo Pozzi, morì a Dervio il 26 apr. 1945.
Bibl.: C. Tenca,Album di Esposizioni di Belle Arti in Milano e altre città d'Italia, Milano 1839, p. 13; A. Caimi,Delle arti... e degli artisti... di Lombardia dal 1777 al 1862..., Milano 1862, v. Indice; L. Malvezzi,Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 292; A. Melani,Necrologio, in Arte e storia, 1886, p. 227; G. Mongeri,La facciata del Duomo di Milano, in Arch. stor. lombardo, XIII (1886); V. Bignami,La pittura lombarda nel sec. XIX, Milano 1900, p. 51; C. Ricci,La pinac. di Brera, Bergamo 1907, pp. 210, 212, 213; G. Nicodemi,La Pinac. Tosio Martinengo, Bologna 1927, p. 122; M. Soldati,Gall. d'arte moderna di Torino, Torino 1927, p. 96; E. Somarè,Storia dei pittori italiani dell'Ottocento, Milano 1928, pp. 141 s.; U. Ojetti,La pittura italiana dell'Ottocento, Milano-Roma 1929, p. 38; P. Arrigoni-A. Bertarelli,Piante e vedute della Lombardia, Milano 1931, nn. 2285, 2287, 2293-95, 2300, 2306, 3397; Civico Museo Revoltella,Catal. della Galleria…, Trieste 1933, p. 46; G. Nicodemi-M. Bezzola,La Galleria di arte moderna del Com. di Milano. I dipinti, I, Milano 1935, p. 59; II, ibid. 1939, p. 30; E. Sioli Legnani,Poesia di Milano, Milano 1939, pp. 32, 33, 49, 150; E. Tea,L'Accademia di belle arti a Brera. Milano, Firenze 1941, pp. 96, 103; P. Mezzanotte-G. Bescapè,Milano nell'arte e nella storia, Milano 1950, v. Indice; A. Ottino Della Chiesa,Dipinti del Museo della Scienza e della Tecnica, Milano 1962, p. 69; C. v. Wurzbach,Biographisches Lexikon des Kaisertums Oesterreich..., I, p. 411; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, IV, p. 60; Encicl. Ital., VII, p. 97; Storia di Milano, XV, Milano 1962, v. Indice. Per Emilio: G. Arpád de Zigány,E. B. e il monumento ad Andrássy, in Natura e arte, II (1892-93), pp. 1048-1056; L. Chirtani,La Triennale di Brera,ibid., III (1893-94), p. 297; U. Nebbia,La scultura nel Duomo di Milano, Milano 1908, pp. 262, 298; L. Callari,Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, p. 92; G. Nicodemi-M. Bezzola,La Galleria d'Arte Moderna del Com. di Milano. Le sculture,Milano 1938, p. 42; U. Thieme-F. Becker,Künstler-Lexikon, IV, p. 60; Encicl. Ital., VII, p. 97.
Per Antonietta: Il Lavoro, 18 dic. 1933; Il Giornale d'Italia, 6 maggio 1934; G. Nicodemi-M. Bezzola,La Galleria d'Arte Moderna del Comune di Milano. I dipinti, II, Milano 1939, p. 28.