BOSSI, Luigi
Figlio del consigliere ducale Antonio, appare al servizio di Filippo Maria Visconti duca di Milano a partire dal 1431. Fu da lui inviato come procuratore in varie missioni, la più importante delle quali si deve considerare quella portata a termine nel giugno del 1447, quando il B. si recò a Faenza per sollecitare l'aiuto di Guidazzo Manfredi, passato al servizio del duca contro i Veneziani. Dello stesso periodo possediamo una sua lettera, scritta il 25 giugno, indirizzata a Scaramuccia Balbo, affinché questi sollecitasse Francesco Sforza a soccorrere il duca di Milano. La devozione verso Filippo Maria Visconti e l'amor patrio trapelano dalle sue parole espresse in tale occasione: "è tempo non di affaticarsi, ma di morire per il signore nostro e per la patria".
Negli anni tra il 1431 e il 1439 il Visconti aveva fatto a lui e ai suoi fratelli numerose vendite, fra cui quella del possesso di S. Vittore in Monza e di Meleto nella diocesi di Lodi (la prima, a sua volta era stata rivenduta al duca nel 1439: il 3 marzo 1449 Francesco Sforza ne fece dono al B. confermandogliela il 24 febbr. 1450).
Dopo la morte di Filippo Maria, avvenuta il 13 ag. 1447, il B. divenne commissario della Repubblica ambrosiana, che si era subito costituita e della quale uno dei promotori era stato suo fratello Teodoro. Nell'adunanza del Consiglio dei novecento subito convocato, intervenne a favore della resistenza nella guerra contro Venezia, tanto che il 24 agosto venne mandato, insieme con Pietro Cotta (anch'egli fratello di uno dei capitani e difensori della Repubblica, Innocenzo), con pieni poteri a Cremona per far firmare dallo Sforza i capitoli per la sua assunzione al servizio della Repubblica.
Dopo la vittoria di Caravaggio, riportata sui Veneziani da questo condottiero il 15 sett. 1448, il B. e il Cotta, che quel tempo erano ancora commissari milanesi presso lo Sforza, tornarono trionfalmente a Milano, dove entrarono capitanando il lungo corteo di prigionieri. Purtroppo l'entusiasmo si smorzò subito per il repentino cambiamento nella condotta dello Sforza, che il 18 ottobre si accordò coi Veneziani, tradendo così le aspettative del B. e del Cotta.
Quando, in seguito all'elezione di Carlo Gonzaga a capitano del popolo, il fratello Teodoro fu imprigionato perché tramava ai danni della Repubblica, anche il B., il cui nome era fra quelli dei congiurati, fu condotto nel carcere di Monza, ma assolto il 19 febbr. 1449 dopo essersi impegnato a lasciare Milano e a non congiurare più ai danni dello Stato. Il B. passò allora presso lo Sforza, acclamato poi duca di Milano nel marzo 1450, di cui divenne consigliere e al quale rimase fedele fino alla morte, avvenuta il 24 luglio 1453 durante la spedizione sforzesca contro Brescia.
A Milano abitava nella casa paterna a porta Cumana, nella parrocchia di S. Tommaso in Cruce Sichariorum; venne sepolto nella chiesa di S. Maria Incoronata.
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