BREVENTANI, Luigi
Nacque a Bologna il 6 luglio 1847 da Ulisse a da Giulia Lambertini Padovani e, rimasto assai presto orfano, fu affidato allo zio paterno, canonico Camillo Breventani, che lo fece entrare in seminario. L'indefessa applicazione allo studio rese ben presto il B. un eminente erudito, apprezzato e impiegato dagli arcivescovi che ressero la diocesi bolognese. Ordinato sacerdote il 30 nov. 1869, dal cardinale Morichini fu chiamato a insegnare fisica e scienze naturali nel seminario, e nominato revisore ecclesiastico della stampa; il cardinale Parrocchi lo creò canonico della basilica di S. Petronio, membro del collegio teologico e revisore dell'amministrazione diocesana; il cardinale Battaglini lo fece esaminatore prosinodale, e direttore dell'archivio e della biblioteca arcivescovile; il cardinale Svampa lo nominò convisitatore diocesano e gli affidò la cura della vecchia lite tra la diocesi di Bologna e il comune di Cento per la riscossione delle decime. Di pari passo, enti e istituti culturali ne ricercarono la collaborazione. Nel 1886 l'Accademia romana di S. Tommaso d'Aquino lo nominò tra i dieci soci italiani; nel 1889 la R. Deputazione di storia patria per le Romagne lo elesse socio corrispondente, e in seguito socio attivo; nel 1890, su indicazione del Carducci, fu chiamato nel comitato bolognese della Società dantesca italiana e nel comitato per la storia dell'università di Bologna; nel 1892 fu nominato nella Congregazione di S. Luca per il restauro del porticato della chiesa e nella commissione per la fabbrica di S. Francesco; nel 1898 fece parte della commissione per l'Esposizione d'arte sacra; nel 1905 la Soprintendenza alle antichità lo chiamò nella commissione consultiva dei monumenti. Il B. morì a Bologna il 26 dic. 1906.
L'eccezionale erudizione del B. verté sulla canonistica, l'archeologia e topografia medievale bolognesi, la paleografia, la storiografia cittadina.
Il gruppo maggiore di lavori a stampa - che permette quindi di impostare delle considerazioni sul metodo del B. - riguarda le ricerche per la controversia sulla decima di Cento, ed ebbe come pratico risultato la vittoria della Mensa arcivescovile nella causa: Deduzioni storiche sull'origine vera della decima di Cento (Bologna 1897); Discussione sull'origine vera della decima di Cento (ibid. 1899); Epilogo delle discussioni sull'origine vera della decima di Cento (ibid. 1899); Raccolta e revisione delle distrazioni del Prof. A. Gaudenzi sull'origine vera della decima di Cento (ibid. 1900).
Il B. è deciso seguace del metodo filologico-erudito della critica storica, che considera l'accurata analisi testuale delle fonti e dei documenti, e l'accertamento puntuale e minuzioso dei fatti, come unica strada per arrivare a quello che era da ritenere verità storica oggettiva. La profonda convinzione che, per conseguire risultati critici, fosse pregiudiziale l'indagine e la raccolta sistematica dei documenti e dei fatti - convinzione che per il B. era tutt'una col concetto di probità scientifica - diventava sul piano psicologico assillo a vedere e verificare tutto.
Ciò spiega, prima di tutto, il fatto che il B. non sia uscito dall'orizzonte storico bolognese, afferrato com'era e condizionato dall'ampio e analitico lavoro di ricerca intrapreso negli archivi cittadini. Dei suoi strumenti di lavoro, messi insieme con lo studio e il paziente spoglio di collezioni, "...avea riempito otto grandi stanze, non risparmiando neppure il letto, né la tavola dove era rimasto libero un piccolo spazio per i pasti frugali e frettolosi"(L'Archiginnasio, V[1910] p. 17).
In secondo luogo, spiega la esigua quantità delle sue pubblicazioni, tutte di qualità eccellente, e la modestia profonda (insieme con il desiderio di perfezione) che non gli fece pubblicare molte cose. Si ricordano la preziosa Notizia sulla cripta dei santi Vitale ed Agricola (Bologna 1898); l'inizio della stampa del Supplemento alle cose notabili ed alla miscellanea storico-patria di G. Guidicini (ibid. 1908), ultimata postuma da G. Belvederi e A. Manaresi; la stampa postuma, nel 1923, negli Atti e memorie della Deputazione di storia patria, della lettura, tenuta nel 1901, sui Dominii della Chiesa di Bologna. Un'altra lettura invece, del 1893, su Borgonovo nella topografia bolognese non fu dal B. fatta pubblicare.
Gli studi di topografia medievale, nonché quelli sulle chiese bolognesi (S. Stefano, S. Pietro, S. Francesco, S. Vitale), si estesero naturaliter nel campo dei fatti archeologici medievali. Così il B. seguì e in un certo senso diresse il restauro di monumenti come la cappella di S. Anna e le cripte di S. Pietro e di S. Vitale.
Il B. dovette avere una certa, se pur non chiara, consapevolezza che il metodo filologico-erudito metteva capo a risultati in ultima istanza corrispondenti a ciò che in passato furono le Antiquitates, gli Annales, le Miscellanee:sussidi e strumenti di lavoro. Questo, unito all'assillo del tutto verificare e vedere, al miraggio, della perfezione che lo portò a stendere poco e a pubblicare meno, fu il sottofondo di quella sua personale modestia che fu detta eccezionale e morbosa. Si possono allora capire meglio i motivi del suo rifiuto, nel 1895, morto monsignor I. Carini, a succedergli come docente di paleografia nella scuola presso l'Archivio vaticano, pur essendo del B. garanti C. Malagola, già direttore dell'Archivio di Stato di Bologna e insegnante di paleografia presso quella università, e il benedettino G. Palmieri, secondo custode degli Archivi della S. Sede. "...non ho pensato a fornirmi di quella cultura che si dice scienza di Paleografia; ...quella poca pratica che vi avevo fatto... era puro empirismo;... sapete quindi come accade che un buon pratico sia un pessimo insegnante...", rispose a monsignor D. V. Tarozzi che lo aveva officiato.
La funzione storica di questo metodo fu però grande se giudicata a livello locale, per la rinnovata importante opera di esame e spoglio di collezioni, per l'approntamento di sistematici sussidi, per l'azione di promovimento. Proprio questa azione, quanto al B., fu messa in risalto dalla sua generosa personale disponibilità agli studiosi. "Colto come pochi in Bologna al suo tempo, non solo scrisse opere di storia, ma con la sua dottrina aiutò quanti ricorsero a lui", ricordò C. Ricci (comm. in Strenna delle colonie scolastiche bolognesi, gennaio 1916). Si veda la ricca, ma non completa, testimonianza di quanti ricorsero al B. per notizie, consigli, chiarimenti, soluzioni, collaborazione, in G. Belvederi-A. Manaresi, La sala B. nella Biblioteca arcivescovile di Bologna. Relazione ed indice dei manoscritti, Bologna 1909 (il B. lasciò alla Biblioteca libri e carte). Tra i molti si ricordano F. Malaguzzi Valeri; C. Ricci; L. Bombicci, professore di mineralogia dell'università; l'archeologo E. Brizio; E. Panzacchi; G. Rohault de Fleury, per una consulenza liturgistica ai suoi studi di archeologia sulla messa.
Bibl.: Oltre a quanto già ricordato, si vedano il necrologio in L'Avvenire d'Italia, 28 dic. 1906;R. Ambrosini, Comm.del can. prof. don L. B., in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per la Romagna, s. 3, XXV (1907), pp. 265-272; R.Fantini, Mons. L. B. e la cultura bolognese del suo tempo, in Boll. della diocesi di Bologna, luglio agosto 1956, pp. 1-8;A. Sorbelli, Inv. dei mss. delle Bibl. d'Italia, XVI, pp. 60 s.