CACCIATORE, Luigi
Nato a Mercato S. Severino (Salerno) il 26 luglio 1900 da Diego e Teresa Tortora, di modesta fàmiglia della piccola borghesia impiegatizia, in giovane età prendeva la via della milizia attiva nelle fila del partito socialista, come dirigente dei nuclei giovanili della zona di Salerno e Napoli. I primi importanti incarichi gli vennero conferiti per le sue qualità professionali, che lo portarono, tra sacrifici, alla laurea in ingegneria industriale: nel 1919 curava il settore delle cooperative edili, l'anno dopo assumeva la direzione tecnica della cooperativa di lavoro "Sempre Avanti!". Nel pieno della crisi delle istituzioni liberali, nel 1922, assumeva la segreteria della Camera del lavoro di Salemo e del locale sindacato edili; nel '23veniva chiamato alla più alta responsabilità di segretario della Federazione italiana operai tessili (FIOT) per la Campania, nella qual veste, nei giorni successivi al delitto Matteotti, dirigeva l'ultimo sciopero del settore tessili nell'Italia meridionale.
Formatosi nella pratica dell'organizzazione sindacale, in un'area, per il meridione, di particolare espansione del movimento operaio, il C. maturò in pochi anni, assieme a spiccate capacità organizzative, un forte senso di dedizione al partito, nel momento in cui questo veniva scosso da irreparabili scissioni. La dimensione quasi funzionariale della sua formazione, un senso di fastidio verso "un certo conformismo di sinistra", e verso il dominante massimalismo, lo portarono a seguire, nel 1922, il gruppo di Turati fuori del partito. Entrò, in qualità di responsabile provinciale della Federazione socialista unitaria, nel comitato delle opposizioni per la provincia di Salerno. Fu anche corrispondente locale di La Giustizia.
Ferito ed arrestato nel maggio del 1925 a Salerno, il C. dovette trasferirsi a Napoli, dove visse fino al '32, "trale quattro mura domestiche e nel lavoro", impossibilitato tuttavia ad esercitare la professione di ingegnere.
Il precipitare degli eventi bellici - in particolare la guerra di Spagna - lo spinse a riprendere l'attività politica nella clandestinità. Negli anni quaranta partecipava alla organizzazione nel Salemitano di comitati di base antifascisti. Il ritomo alla politica ufficiale avvenne con la caduta del fascismo e la liberazione del Sud. Nel primo convegno del Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), che si tenne a Napoli il 20 dic. 1943, si costituirono un Consiglio nazionale - composto di un membro per ciascuna delle diciassette province liberate, in cui il C. entrò a rappresentare la provincia di Salerno - e gli organi di direzione, nei quali anche fu chiamato. Con Gaeta, presentò una mozione, approvata a maggioranza, sulla questione istituzionale, che esprimeva quella posizione di intransigenza che i socialisti tennero ferma anche al congresso di Bari (28-29 genn. '44), al quale il C. partecipò.
Col delinearsi, nel marzo, della svolta di Salerno, il C. in direzione si espresse per l'allineamento sull'orientamento del P.C.I., rivedendo le proprie posizioni nel senso di una politica di unità d'azione, che egli collocava nella prospettiva riavvicinata del partito unico. Al Consiglio nazionale del PSIUP, tenutosi a Napoli il 15 apr. 1944, in cui la segreteria venne ristrutturata e articolata in due sezioni, per il Nord e per il Sud, fu eletto vicesegretario per il Sud.
Il problema del partito unico, appena sfiorato nel documento programmatico - redatto da una commissione di cui faceva parte il C. - che concluse il Consiglio nazionale del 3-6 sett. 1944, acquistava rilievo nel Consiglio del 29 luglio-1º ag. 1945, "interamente dominato dalla polemica sulla 'fusione'" (Basso): prevalse a larga maggioranza una mozione - che vedeva il C. tra i firmatari - di rafforzamento dell'unità d'azione, e che demandava al congresso di precisare i modi e tempi dell'unificazione. Il C., confermato nella direzione, entrò nella segreteria collegiale, con mansioni, assieme a Basso, di vicesegretario. In un momento delicato della ripresa politica, l'interesse degli organi dirigenti del PSIUP, anche in ragione del delinearsi di una aperta frattura nello schieramento dei partiti antifascisti, si concentrava sul problema del partito unico, mentre il partito conosceva ritardi al livello dell'organizzazione interna. Su IlPonte di settembre ci fu un attacco alla gestione Cacciatore, che non aveva sanato la "disorganizzazione" del partito (F. Gabelli, Riflessioni sul Congresso socialista).
Al Comitato centrale della seconda metà di ottobre, sulla politica di fusione si apriva un dissidio nella maggioranza stessa del PSIUP: il C. fu tra quelli che si batterono per l'immediata applicazione dei deliberati del precedente Consiglio nazionale. Il dissidio esplodeva il 22 dicembre con le dimissioni dalla segreteria del C., di Basso e di Pertini, per protesta "contro l'attività disgregatrice all'interno del partito". Si costituiva un ufficio politico che, il 4 genn. 1946, la direzione rimpastava in una segreteria allargata in cui rientrava il Cacciatore. Il tema che era stato al centro della crisi del gruppo dirigente tornava alla ribalta nel Comitato centrale del 7 gennaio, che discusse le proposte di fusione fatte dal recente congresso del partito comunista. Il C., con la sinistra, si batté per l'"unificazione organica", da lui giustificata in termini di "dare garanzia di stabilità ai ceti medi nella prospettiva 'esclusiva' dell'unità di classe" (Colapietra): fu tra gli estensori di un ordine del giorno "estremista", che dovette però cedere di fronte ad uno di semplice approvazione dell'operato della direzione.
La sinistra perdeva colpi e si presentava disarticolata al dibattito precongressuale. Il C. si accostò al gruppo di Basso e alla sua rivista Quarto Stato: la loro mozione, secondo Colapietra, raccolse consensi di "estrazione periferica e provinciale". Al congresso di Firenze (11-17 apr. 1946) "il dilaceramento delle fazioni toccò il suo apice" (Basso): la molteplicità delle mozioni richiese una commissione apposita, di cui il C. fece parte. Il suo gruppo confluì sulla mozione di "base" di Verona che ottenne la maggioranza relativa: egli fu rieletto nella direzione. In realtà, il congresso, spinto dalla "paura" della base del partito (Landolfi), registrava, irreversibilmente, la crisi del fusionismo.
Eletto alla Costituente, il C. ai primi di luglio entrava nel secondo gabinetto De Gasperi, come sottosegretario all'assistenza postbellica. A fine ottobre si incontravano le direzioni del P.C.I. e del PSIUP per il rinnovo del patto d'unità d'azione, con cui si diede vita ad una giunta centrale d'intesa, di cui fu membro anche il Cacciatore. Le amministrative di fine anno, producendo una flessione del PSIUP a vantaggio del P.C.I., diedero adito a una ripresa degli attacchi da destra: il PSIUP andava al congresso di Roma (9-13 genn. 1947) in una atmosfera di rottura. La sinistra fece uscire un periodico di informazione, L'ABC del socialismo, diretto da Basso e Cacciatore: il congresso, apertosi con la diaspora dei saragattiani, ridava una larga maggioranza alla sinistra, e la sigla storica, Partito socialista italiano, al partito; il C. veniva confermato nella direzione.
La scissione di palazzo Barberini provocò un rimpasto del governo, nel quale il C. rientrò come ministro delle Poste e Telegrafi.
La situazione interna ed internazionale, intanto, si irrigidiva: nel giro di pochi mesi i partiti di sinistra venivano posti fuori dal governo. Di fronte al delinearsi delle contrapposizioni dei blocchi in politica estera, la sinistra del PSI, ed in particolare il C., si esprimeva contro la neutralità del partito e per la solidarietà attiva con i paesi socialisti, mentre, in politica interna, nel Comitato centrale del 20-22 novembre lanciava la proposta di un fronte democratico, insieme con l'impegno di riorganizzare il partito e farne l'asse di un vasto schieramento.
Il congresso di Roma (19-22 genn. 1948), che doveva avere il compito di collaudare l'unità d'azione trasferendola dal vertice alla base, si risolse invece in "mera tattica elettorale" (Basso) sulla scelta di liste unitarie o separate. Prevalse, a larga maggioranza, la prima soluzione: il C., che era nella commissione per la mozione finale, tornò in direzione. Ai primi di febbraio si tenne l'assemblea del Fronte, nel cui esecutivo, per il PSI, fu messo anche il Cacciatore. Intanto, a metà gennaio, egli era stato nominato alla presidenza della Costituente dei contadini, e affiancava Miglioli e Grieco nella condirezione della Nuova Terra, foglio di gestione delle lotte agrarie.
Le elezioni del 2 aprile riaprirono lo scontro delle correnti nel PSI, che appariva maggiormente colpito (solo 42 eletti dei 141 del Fronte). S'impose un congresso straordinario, che si tenne a Genova (27-30 giugno). Il C., intervenendo nella seduta del 28, illustrò la mozione della sinistra da posizioni difensive, interpretando la sconfitta come l'occasione per sfrondare "molte illusioni". La sinistra perdeva la maggioranza: il C. non tornò in direzione. Ai primi di agosto la nuova direzione, che impresse alla propria politica un forte accento autonomista, chiedeva lo scioglimento del Fronte contro la volontà della sinistra, rappresentata nella presidenza dal C., Lizzadri e Morandi, e l'otteneva. A fine anno deplorava quei socialisti, tra cui il C., che si erano congratulati per la fusione, in Polonia, tra partito comunista e partito socialista. La situazione generale appariva ormai polarizzata (era divenuta definitiva la rottura con il Committee for International Socialist Conference): tuttavia, battendosi contro la ratifica del Patto atlantico, il PSI si orientava su una propria linea politica internazionale, per la neutralità d'Italia. Agli inizi del '49 la sinistra si raccoglieva attorno a Mondo operaio, ed al congresso di Firenze (11-15 maggio) riacquistava la maggioranza: il C. rientrava in direzione.
In ottobre, il congresso di Genova della C.G.I.L. (da cui erano usciti i cattolici un anno prima) chiamava il C. nella segreteria per la corrente socialista. Per la C.G.I.L., a fine mese, egli si recava a Melissa a compiere una inchiesta su uno degli episodi più sanguinosi della repressione governativa contro l'occupazione delle terre.
Il clima di tensione sociale agevolò la politica di "identificazione" tra le due principali correnti del partito, in vista del congresso di Bologna (17-20 genn. '51). Il C., relatore sull'azione di massa, quale segretario della C.G.I.L., fu tra i portavoce, in tale contesto, generale ed interno, di un rilancio dell'unità d'azione. Consolidatasi in direzione, nel Comitato centrale del 23-24 giugno la sinistra tentava di ridare vigore al tema della fusione: il C., in particolare, interpretava la ripresa elettorale nelle recenti amministrative come un successo della "politica unitaria".
Il C. moriva improvvisamente a Roma il 17 aprile 1951.
Bibl.: Tra i necrologi, cfr. in particolare, Avanti!, 18 agosto e 23 ott. 1951; Movimento operaio, IV (1951), n. 139, pp. 3, 10; L. C., Salerno 1915; P. Nenni, In mem. di L. C., Roma 1952; v. inoltre: L. Basso, IlPartito social. ital., Milano 1958, p. 72; F. Catalano, L'Italia dalla dittatura alla democrazia (1919-48), Milano 1962, ad Indicem;N. Gallerano, La lotta polit. nell'Italia del sud dall'armistizio al congresso di Bari, in Riv. stor. del socialismo, IX(1966), n. 28, pp. 56 s.; A. Lepre, La svolta di Salerno, Roma 1966, p. 20; Il PSI nei suoi congressi, V, a cura di F. Pedone, Milano 1966, ad Indicem;A. Landolfi, Il socialismo ital., Roma 1968, pp. 19, 53; R. Colapietra, La lotta polit. in Italia dalla liber. di Roma alla Costituente, Bologna 1969, ad Indicem;O.Lizzadri, Ilsocialismo ital. dal frontismo al centrosinistra, Roma 1969, pp. 28-201 passim;A. Agosti, R. Morandi. Il pensiero e l'azione politica, Bari 1971, ad Indicem; Piccola encicl. del socialismo e del comunismo, Milano 1966, I, s.v.; Encicl. dell'antifascismo e della resistenza, a cura di P. Secchia, Milano 1969, I, s.v.