CAGNOLA, Luigi
Nacque a Milano il 9 giugno 1764 dal marchese Gaetano e da Emilia Serponti, appartenenti alla più antica nobiltà milanese.
Studiò lettere a Roma, dal 1776, al collegio Pio Clementino, rilevando anche, secondo l'uso tradizionale, i monumenti romani sotto la guida di un certo Tarquini (si conservano nella Civica racc. delle stampe A. Bertarelli di Milano i rilievi del Pantheon e di un tempio di Paestum). Sono di questo periodo alcuni progetti: un grande collegio con teatro "alla francese", 1779, e un palazzo reale, 1780 (G. Mezzanotte, p. 324). Nel 1781 si laureò in diritto civile a Pavia; avviato dalla famiglia alla carriera diplomatica, entrò nell'amministrazione austriaca e fu assegnato, per le sue qualità di disegnatore, all'ufficio che si occupava dei confini dello Stato. Ma i suoi interessi erano volti soprattutto all'architettura, nella quale si volle pur sempre considerare un "dilettante", rifiutando gli impegni di un tecnico: del 1782 è un progetto di università caratterizzato, come i precedenti, dalle grandi dimensioni degli elementi componenti e dalla ripetizione di motivi identici. Frequentava anche la libera accademia del pittore Terreni e, contemporaneamente, si dava a studi di aeronautica compiendo un'ascensione in pallone il 31 genn. 1784 e finanziando un premio per gli studi sugli aerostati (cfr. Storia di Milano, XII, Milano 1959, p. 636).
In pochi anni produsse molti progetti di fantasia tra i quali due chiese, rispettivamente a una e a tre navate, una chiesa a pianta centrale, diversi casini di caccia e un padiglione per giardino a pianta triangolare che suscitò una certa eco nell'ambiente milanese (Gironi, p. 130). Nel 1787 proponeva un progetto di caselli per la porta Orientale a Milano in opposizione a quelli del Piermarini. Nel 1790, con Carlo Orombelli, presentò un progetto per la facciata del duomo (Annali della Fabbrica…, VI, Milano 1885, p. 221); nel 1798 egli venne nominato coaniministratore della Fabbrica del duomo ma non accettò la carica (Annali, VI, pp. 245, 246).
Nel 1792, per l'opera Delle antichità longobardico-milanesi (I, pp. 151 s.) di A. Fumagalli, il C. fece il rilievo e una ricostruzione di fantasia delle Terme Erculee di Milano (disegno in raccolta Bianconi, tomo IV, f. 191, al Castello Sforzesco di Milano). Nel 1795 compì un viaggio a Vienna. Dopo un'interruzione dovuta all'arrivo dei Francesi, poté riprendere le sue attività al ritorno degli Austriaci: fu un breve periodo in cui, tra l'altro, ebbe il pesante incarico di commissario delle truppe.
Con la vittoria francese a Marengo (14 giugno 1800), fuggì prima a Venezia poi a Verona e, attraverso il suo procuratore, giustificava la sua assenza da Milano, di fronte alle autorità della Repubblica cisalpina, con la necessità di "…non lasciare imperfette le opere da Lui intraprese…" (cit. in G. Mezzanotte, p. 347 n. 9). è di questo momento la villa Zurla a Vaiano Cremasco, sensibile ad influenze palladiane. Rientrato a Milano, non ebbe difficoltà ad inserirsi nel nuovo ambiente governativo napoleonico, diventando molto rapidamente uno degli architetti ufficiali, mentre venivano messi in disparte gli artisti legati ai regimi precedenti (dal Piermarini al Cantoni, al Pollack, all'Antolini).
Così nel 1801 riuscì ad affermarsi nel concorso per un arco celebrativo della vittoria di Marengo e poco dopo, nel luglio di quello stesso anno, egli venne nominato membro dell'Accademia di Brera.
Numerose sono le opere celebrative del regime napoleonico: eseguì "diversi disegni di colonne dedicate…" all'imperatore (forse nel 1900: P. Mezzanotte, 1960, IV, pp. 32, 36) e, il 28 nov. 1806, presentò un progetto per un monumento a Napoleone a Castiglione dello Stiviere, in cui l'imperatore doveva essere raffigurato come Marte Gradivo, nudo, con elmo, appoggiato ad un tronco di colonna, con tre varianti per la base (non eseguito; cfr. Hubert, p. 284); una colonna, uguale a quella di una delle basi, è conservata nell'ospedale di Montichiari (descriz. dello stesso C. in Arch. di Stato di Milano, Autografi, cart. 28; dis. nella Racc. Cagnola e in quella Bertarelli del Castello Sforzesco; cfr. Alberici, p. 143). Infine disegnò il basamento per la statua di Napoleone del Canova, oggi a Brera, e tra i suoi schizzi è il progetto di un tempio all'aperto dedicato ai fasti napoleonici.
La posizione di primo piano nell'architettura milanese è confermata dalla partecipazione alla commissione d'ornato e alla stesura del piano regolatore che l'amministrazione Melzi deliberò nel 1807, per controllare l'edilizia-privata.
La commissione d'ornato, istituita il 9 genn. 1807, sul modello parigino, fu nominata il V marzo nelle persone, oltre che del C., di G. Albertolli, G. Bossi (sostituito subito dal Landriani), L. Canonica e G. Zanoia. Il C., cui toccò il controllo delle porte Ludovica, Romana e Vigentina, si dice ne sia stato il membro più attivo e severo, accanito sostenitore, per altro, dei propri progetti (documenti in Archivio storico civico di Milano, Ornato strade, I). Tuttavia, quando nel 1807 la commissione dovette giudicare il progetto di C. Amati per la facciata del duomo, il C., che era assente, mandò per iscritto la sua approvazione, malgrado le differenze sostanziali che esso presentava con le sue precedenti proposte.
Il piano del 1807 voluto da Napoleone (disegnato nel settembre e presentato nel novembre-dicembre) è stato il primo della città: affidato ai membri della commissione d'ornato, ha avuto nel C. il protagonista; si tratta di un piano viario (fu presentato ed è rimasto noto come piano "dei rettifili") che apre nuove direttrici nelle direzioni NO-SE, NE-SO, collegandole ad un sistema di piazze, ma isolando dal traffico la piazza del Duomo; gli assunti sono unanimamente lodati dalla critica, ma le proposte finirono per rimanere sulla carta (Reggiori, pp. 19 s.; comprende una pianta).
Il C. lavorava intanto quasi esclusivamente per incarichi pubblici e di prestigio.
Nel 1806 aveva disegnato un arco provvisorio, eretto ai Giardini pubblici, in occasione delle nozze di Eugenio Beauharnais e Amalia di Baviera; ispirato all'arco di Tito, era monoforo e preceduto da una scala affiancata da obelischi; l'attico era coronato da una quadriga con gli sposi tra statue di Vittorie alate.
Nel 1808 fu chiamato con il Canonica a studiare l'inserimento di un salone nel secentesco palazzo del Senato (antico Collegio Elvetico), ma le opere non vennero realizzate (dis. conservati nella raccolta Bertarelli).
Nel 1809 fu decisa, per iniziativa del viceré Beauharnais, la trasformazione in Pantheon degli Italiani del Foppone di San Michele, uno splendido edificio settecentesco, usato fino alla fine del sec. XVIII come cimitero, costituito da un anello polilobato a portico aperto solo verso l'interno e da una chiesa centrale a croce greca.
Il C., incaricato del progetto, all'inizio del 1810 propose tre diverse soluzioni, due delle quali prevedevano la ristrutturazione dell'edificio esistente e una la sostituzione con uno nuovo, in ogni caso collegandolo ad una passeggiata alberata lungo le adiacenti mura spagnole. Date le scarse disponibilità di cassa del governo, il C. dovette presentare un quarto progetto più economico ed infine i lavori vennero rinviati (C. Staurenghi, Progetti per la riduzione della Rotonda di Milano in Pantheon, in L'Ospedale lombardo, Milano 1927).
Nel 1810 il C. eresse un secondo arco provvisorio a porta Nuova, per le nozze di Napoleone, con un tempio esastilo, dorico. Del 1811 è il progetto di una colonna provvisoria a porta Orientale, celebrativa della nascita del re di Roma.
Nel 1813 presentò uno dei numerosi progetti per un monumento alla fraternità italo-francese sul Moncenisio, che Napoleone aveva ordinato dal quartier generale di Würzen (nessuno fu eseguito; cfr. Hubert, p. 289).
Ma le due opere più significative sono l'arco della porta Ticinese e l'arco del Sempione, poi detto "della Pace".
Il C. vinse il concorso per l'arco della porta Marengo (Ticinese), superando anche avversari illustri come il Canonica; la prima pietra fu posta il 16 giugno 1801 e il lavoro completato, sotto gli Austriaci, nel 1814. Il progetto prevedeva un intero asse monumentale, lungo tutto il corso Marengo, sostituendo con due propilei la porta medievale e allineando per circa 600 in edifici simmetrici con colonnati palladiani, per terminare alla porta, preceduta da due edifici porticati per il mercato e seguita dai caselli: una vera e propria "sezione monumentale" ricavata in buona parte attraverso il tessuto urbano esistente. Nei fatti furono realizzati solo i caselli e l'arco, una stupenda opera di ispirazione palladiana, controllata con rigore razionalista, priva di elementi decorativi.
Il 14 ott. 1807 fu posta la prima pietra per la costruzione dell'arco del Sempione. I lavori, interrotti nel 1814 (per la storia della prima fase cfr. Hubert, pp. 236-239, 408-411), furono ripresi dal governo austriaco solo nel 1826 e condotti a termine nel 1838 dopo la morte del C., con la dedica alla "pace".
Secondo la decisione del Consiglio comunale (19 febbr. 1806), il C. avrebbe dovuto tradurre in marmo l'arco provvisorio eretto per le nozze di Eugenio Beauharnais; ma, se pur esemplato, come quello, su modelli romani, l'arco "della Pace" è a tre fornici: più rappresentativo - programmaticamente - dell'arco di porta Marengo, è però, anche per questo, meno significativo nell'itinerario artistico del Cagnola. "Il lato positivo… sta… nella impeccabile esecuzione dei dettagli, che ne fa un'opera unica, certo superiore al modesto arco del Carrousel" (G. Mezzanotte, p. 336) che, costruito in quegli anni a Parigi da Ch. Percier e P.-F.-L. Fontaine, è anch'esso ispirato a forme romane. I caselli laterali, realizzati da F. Peverelli dopo la morte del C., presentano qualche modifica rispetto al disegno approntato dal maestro nel 1820 (G. Voghera, Illustrazione dell'arco della Pace…, Milano 1838; G. Nicodemi, L'arco della Pace, in Rassegna d'arte, XXI [1921], pp. 146 s.; v. anche Hubert, p. 238 n. 3).
Concludono questo periodo di attività due opere di ispirazione neopalladiana. La prima è il progetto di trasformazione, per Giuseppina Beauharnais, del castello di Malmaison, affidato al C. nel 1810, dopo interventi di Percier e Fontaine, di J.-M. Morel e N. Lenoir. Il progetto, rimasto sulla carta, prevede una struttura analoga alla Rotonda palladiana di Vicenza, ampliata.
Identica ispirazione si ha per il nucleo centrale della seconda opera, la villa dell'architetto a Inverigo (1813: ancora incompiuta alla sua morte), che si arricchisce di molte altre componenti: dalla scalinata d'ingresso con colonnato al prospetto con "omenoni" di P. Marchesi, alle archeggiature romane, al portale di tipo egizio.
La posizione di nobile e di "dilettante" architetto favorito dal regime permise al C. di svolgere un ruolo particolare e specifico nell'architettura milanese del neoclassicismo: scegliendo gli incarichi - non oppresso da necessità di lavoro -, poté dedicarsi solo ad opere significative, che hanno di fatto inciso nel tessuto di Milano come veri "distintivi urbani". Lo scopo celebrativo e rappresentativo delle opere ha peraltro condizionato la sua ricerca facendola oscillare tra la favorita e più approfondita ispirazione neopalladiana e la ripresa di motivi romani e greci. Ma il C. si segnala sempre per la chiarezza compositiva controllata con illuminato rigore razionalista e soprattutto per la capacità di trattare le superfici e i dettagli.
Col ritorno degli Austriaci e la Restaurazione, la posizione sociale del C. gli permise ancora una volta di inserirsi nella mutata situazione politica ma, esautorata la commissione d'ornato e abbandonato del tutto il piano regolatore, si fecero man mano più rari gli incarichi pubblici importanti e in linea di massima si andò anche modificando il campo dei suoi interventi.
Fu impegnato in opere di minor conto: nel 1816 compì, in soli quaranta giorni, lavori di adattamento - che distrussero vestigia bramantesche - nel milanese Circolo dei nobili (già pal. Talenti, via Verdi 2-4); un progetto per una porta a Vienna (Burgthor), disegnato nel 1818, fu realizzato con molte modifiche da P. Nobile nel 1824; non furono invece eseguiti l'ampliamento del palazzo imperiale di Vienna e il sepolcro, d'ispirazione romana, della famiglia Mettemich, progettati nel 1820.
Nel 1825, in occasione della visita (1826) di Francesco I, oltre a vari allestimenti lungo il corso di porta Orientale, disegnò, per la sistemazione della porta stessa, due progetti di un arco provvisorio da tradursi eventualmente, in seguito, in pietra. Al primo disegno - un portico tetrastilo architravato, ornato da una quadriga e statue - fu preferito l'altro, un arco a tre fornici (modello in bronzo scala 1:28 alla Pinacoteca Ambrosiana); ma come nel 1818 non gli riuscì di far smontare quanto era già stato edificato del Parco del Sempione per trasferirlo a porta Orientale, anche questa volta le speranze del C. furono deluse poiché alla costruzione provvisoria non fece mai seguito quella definitiva, in marmo.
Le altre opere di questo periodo denotano, assieme a un costante distacco da temi celebrativi, una scelta stilistica per forme più semplici, e un prevalente interesse per le ricerche volumetriche. A Verdello costruì per sé, attorno al 1820, una villa con parco (poi Giavazzi), ancora sensibile a influenze venete (Angelini, p. 20). Nella chiesa parrocchiale di Concorezzo, la distanza di tempo tra i progetti (1810) e l'esecuzione (1818-21), giustifica la compresenza, ma in equilibrata composizione, di caratteri di semplicità e chiarezza e di impressioni sia palladiane che romane. La rotonda della chiesa di Ghisalba, iniziata nel 1822 e ultimata nel 1832 dopo la sua morte, con qualche modifica, è riedizione del Pantheon, che riprende disegni e studi fatti nel 1817 per il S. Francesco da Paola a Napoli con altri, tra cui P. Bianchi, autore del progetto definitivo e già suo allievo (v. Angelini, p. 99, con rilievi). Tra il 1824 e il 1829 fu edificato il campanile di Urgnano, una delle opere più originali e coerenti (L. Poletti, Il campanile…, in L'Ape ital., I [1835], pp. 52 s., tav. XXXIII; Angelini, pp. 14 ss., con rilievi): in essa "l'esaltazione plastica è perseguita col maggior rigore…; …tutto è insolito: la pianta circolare…, la sovrapposizime dei tre ordini - poggiati su un piedistallo e conclusi dalla cupoletta sferica- sostenuta da cariatidi… - finalmente le superfici lisce…" (G. Mezzanotte, p. 345; le cariatidi furono eseguite da B. Cacciatori, autore anche di una statua del C. seduto, del 1849, a Brera).
Molto meno significativo è il campanile di Chiari (1832), copiato poi dall'Aluisetti per la chiesa di S. Vittore a Intra (1841). Un'altra opera dell'ultimo periodo è il progetto della cupola del duomo di Brescia (realizzata da R. Vantini nel 1825), nella quale il C. si pose il problema, felicemente risolto, dell'adattamento all'edificio preesistente con facciata settecentesca.
Il C. morì di apoplessia a Inverigo (Como) il 14 ag. 1833. Fu sepolto, secondo il testamento, a Ozzero, dove possedeva un castello (testamento in Arch. di Stato di Milano, Cartelle Famiglie: Cagnola).Nel 1933, in occasione del centenario, le spoglie furono trasportate nel famedio del cimitero monumentale di Milano (P. Parodi, Per il trasporto dei resti mortali dell'arch. L. C. dal cimitero di Ozzero al Famedio del Monumentale di Milano, Abbiategrasso 1934).
La sua attività, nell'ambito del neoclassicismo milanese del secondo periodo, è stata straordinariamente feconda e innovativa per la formazione romana e veneta, che gli permise di innestare nella tradizione locale gli insegnamenti di Vitruvio e Palladio, non disgiunti peraltro da riferimenti al "razionalismo" francese. La complessità del suo stile si unifica nella costante aspirazione al "monumento" urbano in senso classico, raggiungendo straordinari vertici espressivi soprattutto nell'arco di porta Ticinese e nelle ultime opere (campanile di Urgnano, chiesa di Ghisalba): in esse la ricerca di effetti volumetrici e plastici lo portò anche a particolari tecniche di trattamento delle superfici, come la stuccatura levigata dei corpi cilindrici (colonne), e le semplificazioni in senso geometrico e antidecorativo di elementi costruttivi classici.
Tuttavia la sua impostazione culturale non lo rese molto sensibile ai problemi del restauro, e nei progetti non esitò a demolire ogni preesistenza, in nome della ricostruita scena urbana ricondotta a composizioni unitarie all'insegna della nuova logica. Il voluto distacco dalla professione si contrappose in tutta la sua vita allo straordinario, appassionato desiderio di affermazione e ad una continuità di lavoro che lo hanno sempre tenuto al primo posto tra i contemporanei: il suo studio è stato anche un centro di cultura e di formazione di giovani architetti, dal Peverelli, che fu suo collaboratore dal 1810, a P. Bianchi. Il suo ruolo e la sua importanza sono stati riconosciuti dalla critica, a cominciare dai contemporanei anche se talora invidiosi.
Si dà qui di seguito l'elenco delle opere non citate all'interno della voce.
Non databili. Milano: fa fare un rilievo di S. Caterina alla Chiusa prima della demolizione (cfr. P. Mezzanotte, S. Caterina…, in Palladio, VII[1943]); progetto di edificio per studi superiori in luogo di S. Maria del Giardino in via Manzoni; duomo, cenotafio del patriarca Gamboni; forni per porcellane presso S. Angelo, distrutti nel 1796. (Gironi, p. 131).
1795 circa. Rho: due progetti per la facciata del santuario; fu preferito il progetto del Pollack che iniziò i lavori nel 1795 (G. Rocco, Disegni del progetto iniziale del santuario di Rho, in Boll. del Gruppo lombardo del Centro naz. di stor. dell'archit., Milano, luglio 1942; disegni nel Castello Sforzesco: racc. Bertarelli, Carte Amati e Arch. Cagnola).
1802. Orzinuovi: restauro di edifici danneggiati dal terremoto. Milano: disegno per il cenotafio a Maria Beatrice, in duomo, catafalco in forma di tempietto di ordine toscano e addobbi per le esequie dell'arcivescovo Filippo Visconti (disegni incisi da Ferdinando Albertolli).
Prima del 1805. Fara Gera d'Adda: facciata della parrocchiale di S. Alessandro in stile "settecentesco" e forse tutta la chiesa (attr. da F. Vaccari, Giubileo parrocchiale di Antonio Terraneo, 1937, pp. 11 s.; V. Zanella, Breve ricognizione bergamasca, Bergamo 1968, p. 60).
1805. Abbiategrasso: altare maggiore di S. Pietro (dis. nella Racc. Bertarelli del Castello Sforzesco, Archivio Cagnola;doc.nell'Arch. di S. Maria Nuova ad Abbiategrasso, cart. 30).
1806. Milano: progetto di un ingresso trionfale inserito nella facciata del palazzo del Senato.
1807. Milano: in duomo, cenotafio e addobbi per le esequie del conte Anguissola.
1810. Milano: progetti per porta Nuova: arco a tre fornici; ponte coperto ispirato al Theseion, collegato ad un orto botanico, scuola, biblioteca, z00 e musei di storia naturale, da realizzare fuori delle mura (ma gli fu preferito il progetto di G. Zanoja); progetto per "edificio di pubblico passeggio", ai giardini pubblici; progetto per la facciata del pal. Arese, in corso Venezia 14, non realizzato.
1811. Milano: progetto per il palazzo Rampini in corso di porta Orientale; disegni per il palazzo Saporiti, non realizzato.
1812. Milano: rafforzamento delle colonne di S. Lorenzo; cappella di S. Marcellina in S. Ambrogio (iniziata nel 1807).
1814. Milano: progetto di un ponte trionfale (forse per un concorso dell'Accademia).
1818. Saronno: cappella della Passione in S. Maria dei Miracoli (Grande illustrazione del Lombardo-Veneto, Milano 1857, I, pp. 612 s.). Oreno: tempietto nel giardino della villa Gallarati Scotti.
1820-21. Milano: rifacimento interno di S. Giorgio, esclusa l'abside (successivamente rimaneggiato).
1823. Verdello: cappella funeraria Gambarini (Angelini, pp. 26 s.). Vicenza: modifiche al campanile della chiesa di Monte Berico (C. Jacini, Viaggio del Po, VII, Milano 1958).
1826. Varallo Sesia: completamento e facciata del Sacro Monte. Rosate: disegni per la parrocchiale (non eseguiti). Milano: piedistallo per un busto dell'imperatore Francesco I.
1829-33. Milano: soprintende ai lavori di G. Moraglia e A. Santagostino per atrio, facciata e cortile dell'Ambrosiana (A. Galbiati, Itinerario dell'Ambrosiana, Milano 1951, pp. 53, 56).
1830 circa. Ozzero: scaffali della parrocchiale.
1830. Milano: progetto di sistemazione della corsia del giardino e di una piazza sul fianco del teatro alla Scala.
1832. Milano: edicola del giardino della Guastalla, a forma di pronao ionico tetrastilo; cappella circolare e salone nel parco del collegio e tabernacolo della cappella delle Signore della Guastalla.
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