CAMPOLONGHI, Luigi
Nacque il 14 ag. 1876 a Pontremoli, in provincia di Massa, da Agostino e Marianna Agnoloni.
Figlio di piccoli commercianti originari dell'Emilia, iniziò gli studi secondari presso il collegio Maria Luigia di Parma. Negli anni della scuola, ancora giovanissimo, si appassionò prima alla lettura di Mazzini, quindi si accese degli ideali del socialismo; prese allora contatto con alcune personalità dell'appena costituito partito - Prampolini e Lazzari - e iniziò quella che sarebbe stata la sua futura carriera di giornalista inviando alla Giustizia alcune corrispondenze da Pontremoli. Ma bastò questo, nell'Italia crispina del tempo, perché accusato di "propaganda sovversiva" nel 1894 venisse espulso dal collegio e successivamente da altre due scuole. Superato alfine l'esame di licenza liceale come privatista, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Parma. Nel frattempo, facendo anche per ragioni di studio la spola tra Pontremoli e la città emiliana, si diede con passione a organizzare i primi nuclei socialisti della Val di Magra; gli fu compagno nell'opera Alceste De Ambris, suo conterraneo, assieme al quale il C. fondò il foglio socialista La Terra (1896-97), che ebbe diffusione in tutta la Lunigiana. Mentre da queste colonne prendeva le difese delle plebi contadine e svolgeva un'accesa polemica anticrispina, in specie contro la guerra d'Africa, cominciò a saggiare i rigori della legge penale: arrestato una prima volta il 1º marzo 1896 - ma quasi subito rilasciato - per aver fischiato al passaggio di alcuni ufficiali del presidio di Parma, sopraggiunta la reazione novantottesca fu denunciato al Tribunale militare di Firenze per "eccitamento all'odio di classe", e allora si rifugiò all'estero.
Il socialismo del C. poco o nulla aveva a che fare con il marxismo. Egli stesso scriverà mezzo secolo più tardi: "Per me, come per altri della mia generazione, il socialismo è stato, nei primi tempi della sua annunciazione, uno slancio di solidarietà umana, che è la forma laica della pietà, verso un desiderio sempre insoddisfatto di giustizia". Per modo che le radici ideologiche, inconsapevolmente forse, restavano quelle dell'estrema radical-repubblicana con i miti e con il costume che la tradizione paesana da esse aveva derivato; alla base di quel socialismo così concepito e vissuto vi erano pur sempre i principî dell'89, l'egualitarismo piccolo borghese d'ascendenza giacobina, una devozione sincera alla patrie, il gusto del gesto e della frase, la posa libertaria, e naturalmente la passione un po' esibita per la parola scritta e parlata: insomma la conferenza, il comizio, il giornalismo come linea politica e abito di vita.
Il C. emigrò dunque nella sua patria ideale - la Francia - e dal 1898 al 1901 risiedette a Marsiglia. Costretto per mantenersi a far mille mestieri, visse in mezzo all'emigrazione italiana più miserabile che si addensava nella grande città mediterranea, e qui riprese la sua azione di propaganda e di proselitismo fondando e dirigendo il foglio socialista L'Emigrante (1899) e trovando anche il tempo di svolgere le funzioni di corrispondente in prova dell'Avanti! e di collaborare saltuariamente al Petit Provençal. Poco dopo, il deputato socialista G. De Felice gli ottenne la corrispondenza del Secolo ed egli si procurò per suo conto quella del Caffaro e del Giornale, entrambi di Genova.
Prosciolto dall'accusa di due anni prima, nel 1900 il C. poté recarsi a Roma ad assistere ai lavori del congresso socialista; fu in questa occasione che conobbe la figlia di Carlo Cassola, Ernesta, sorella di Garzia, redattore capo dell'Avanti!, che l'anno seguente sposò.
Il C. restò a Marsiglia ancora pochi perché nel marzo 1901 le autorità francesi ernisero contro di lui un provvedimento di espulsione. Da Marsiglia passò allora a Barcellona, dove conobbe Francisco Ferrer, e poi a Savona. Qui si diede a organizzare i portuali, fu per breve tempo segretario della Camera del lavoro, e assunse la direzione di un giornaletto socialista locale, La lima, attirandosi come al solito una sfilza di denunce e di procedimenti penali per reati di stampa. Finalmente, nel 1903, essendo entrato nella redazione del Lavoro - cui peraltro collaborava già da due anni - poté trasferirsi a Genova dove non cessò di svolgere attività politica e di conferenziere.
Nel più disteso clima giolittiano la parabola politica del C. giunse all'approdo definitivo che gli era proprio della democrazia radicale e dell'affiliazione alla massoneria anche se egli conservò con le correnti di destra del Partito socialista italiano rapporti di collaborazione e di amicizia (era tra l'altro, per parte della moglie, imparentato con Bissolati).
Nel 1906 il C. fu chiamato alla direzione del Nuovo Giornale di Firenze, organo del partito radicale; poco dopo, tuttavia, in seguito a una polemica con il Fieramosca, sorta per gli apprezzamenti fatti dal Nuovo Giornale sulla figura dell'on. Cambray Digny in occasione della sua morte, il C. si trovò in contrasto con il consiglio d'amministrazione del suo giornale e rassegnò quindi le dimissioni, dando vita immediatamente dopo a un nuovo quotidiano dal titolo Il Popolo. Nel 1910 riprese la collaborazione al Secolo:dapprima come corrispondente viaggiante fu a Barcellona, dove seguì il processo farsa che doveva portare alla condanna a morte di Ferrer, quindi a Lisbona per seguire le vicende della rivoluzione repubblicana scoppiata in quei giorni; infine, avendo ottenuto la revoca del provvedimento di espulsione, si stabilì a Parigi in qualità di corrispondente ufficiale dalla capitale francese del Secolo stesso e più tardi del Messaggero.
A Parigi il C. riuscì a inserirsi rapidamente tanto nell'ambiente radical-socialista gravitante intorno ad alcuni dei massimi esponenti della III Repubblica - collaborò tra l'altro all'Humanité di Jaurès e al grande quotidiano d'informazione Le Petit Parisien - quanto nei circoli dell'emigrazione italiana dove conobbe e divenne amico intimissimo di Amilcare Cipriani.
Scoppiato il conflitto mondiale, il C. si recò immediatamente in Belgio da dove trasmise al suo giornale una serie di servizi sull'invasione tedesca, e quindi sul fronte francese. Interventista convinto, come del resto qualche anno prima era stato fautore altrettanto convinto della conquista della Libia, nei mesi della neutralità italiana egli si diede molto da fare per assicurare i collegamenti d'ognì tipo tra la democrazia d'oltralpe e quella italiana: organizzò in Italia conferenze di ministri francesi e belgi, fece la staffetta tra Bissolati e Thomas, Painlevé, Clémenceau, Hervé, aiutò infine Mussolini a trovare presso il governo di Parigi l'aiuto finanziario necessario al suo giornale. Per tutta la durata del conflitto, insieme con le mansioni di corrispondente di guerra e di giornalista il C. continuò a svolgere anche quelle, se così si può dire, di agente di collegamento ad altissimo livello e di propagandista dell'amicizia franco-italiana.
Nel dopoguerra, deluso dal trattato di Versailles, il C., che da circa venti anni era amico di Alceste De Ambris, dovette guardare con simpatia alla spedizione fiumana e più in generale alla figura e ai multiformi progetti di D'Annunzio. Certo si è che nell'estate del 1922, assieme per l'appunto a De Ambris e ad altri, si recò a Gardone per cercare di indirizzare verso il poeta le forze fasciste. Nell'agosto 1923, comunque, allorché la vecchia proprietà del Secolo cedette il giornale a Senatore Borletti che provvide a "fascistizzarlo", il C. si recò a Milano a presentare le proprie dimissioni e subito dopo fece ritorno in Francia, ancora una volta, dopo tanti anni, come semplice fuoruscito.
Da allora in poi la sua vita fu dedicata pressoché alla battaglia antifascista, in cui egli svolse un ruolo tutt'altro che secondario quale presidente della Lega italiana dei diritti dell'uomo (L.I.D.U.).
La L.I.D.U. era stata fondata sotto gli auspici dell'analoga lega francese nel 1922 da De Ambris, che ne fu anche il primo presidente, mentre il C. vi teneva le funzioni di segretario validamente aiutato dalla moglie Ernesta. Nell'aprile del 1927, nel castello di Douazan vicino Nérac (Lot-et-Garonne), dove il C. per conto dell'ex proprietario del Secolo senatore, Della Torre aveva preso a gestire una grande azienda agricola di bonifica, egli e De Ambris organizzarono la riunione delle forze antifasciste da cui nacque la Concentrazione antifascista. Benché nelle intenzioni dei promotori questa dovesse rappresentare un'organizzazione aperta a tutte le correnti politiche, la conferenza decise invece che ne facessero parte solo i partiti socialisti, la C.G.L. di Buozzi e la L.I.D.U. stessa, con esclusione cioè dei cattolici e dei comunisti, i quali, dal canto loro, ripagarono la Concentrazione con l'epiteto di "secondo Aventino social-fascista d'ispirazione massonica".
Anche alla fondazione dell'organo della Concentrazione La libertà il C. non mancò di dare il suo contributo. Nel frattempo, morto De Ambris, egli era stato eletto presidente della L.I.D.U.
Negli anni tra le due guerre la L.I.D.U. assolse una funzione importante nell'ambito dell'emigrazione antifascista; proprio grazie alla sua generica piattaforma democratica, infatti, essa poté prestarsi bene a rappresentare un luogo di incontro e di discussione tra tutti i militanti di base. Non solo: in mille contingenze pratiche essa fu anche un utilissimo strumento di ralliement tra il fuoruscitismo italiano e le sinistre governative francesi. Il C. dispiegò nella lega un'azione intensissima: fondò sezioni in tutto il paese, fu conferenziere instancabile, animatore di riunioni dovunque, ricucitore di dissidi, e grazie alle sue conoscenze negli ambienti francesi riuscì a fornire lavoro, permessi di soggiorno, aiuti di ogni genere a decine e decine di esuli.
Sempre in quegli anni il C. svolse un'intensa e, da un punto di vista politico, non meno importante attività pubblicistica sui giornali francesi. Collaborò tra gli altri all'Oeuvre (1918-'38) e a Le Quotidien (1924)di Parigi, alla Dépêche de Toulouse, al Progrès di Lione, al Populaire de Nantes (con un articolo settimanale dal 1930 al 1940, fondò e diresse dal 1925 al 1928 la pagina italiana del quotidiano nizzardo La France de Nice et du Sud-Est;senza contare la collaborazione ai Cahiers de la Ligue, editi dalla Lega francese.
Nelle complesse vicende del fuoruscitismo il C. si collocò sempre in posizione di mediatore, anche se fu vicino soprattutto ai repubblicani, e a favore della più ampia unità d'azione tra tutte le forze antifasciste, comunisti compresi, tanto che nel 1931, essendo nati dei contrasti tra la Concentrazione e la Lega, abbandonò per qualche tempo la presidenza di quest'ultima.
Più che logico quindi che la stagione del Fronte popolare lo vedesse tra i protagonisti più disponibili. Nell'autunno del 1935, pur contro l'opposizione di Giustizia e Libertà, favorì l'adesione della L.I.D.U. al Congresso degli Italiani all'estero contro la guerra d'Etiopia organizzato a Bruxelles dal P.C.I. e dal P.S.I. come tipica manifestazione unitaria, di cui per l'appunto il C. tenne la presidenza insieme a Gennari e Modigliani. Verso la fine del 1936, e più volte in seguito, si recò in Spagna per conto del Soccorso rosso e della stessa Lega italiana; nel marzo 1937, infine, partecipò al congresso di fondazione dell'Unione popolare italiana - costituita al termine dei lavori del Fronte unico italiano, e in pratica egemonizzata dal P.C.I. - collaborando poi assiduamente al suo quotidiano La voce degli Italiani di cui fu anche direttore tecnico. A più riprese si recò anche in Tunisia a fare opera di propaganda antifascista tra i membri della locale comunità italiana.
Nel 1939 uscì per motivi politici dalla redazione della Voce degli Italiani e prese a collaborare al settimanale repubblicano La Giovane Italia, di cui era magna pars Alberto Tarchiani. Sempre in quell'anno, scoppiata la guerra, fondò con il partito repubblicano, quello socialista e con Giustizia e Libertà un Comitato nazionale italiano al fine di costituire una legione di combattenti contro il fascismo. Il progetto tuttavia era destinato a svanire per l'opposizione del governo francese.
Colpito da un'emiplegia nell'aprile del 1940, al sopraggiungere dell'invasione tedesca riparò nel Sud-Ovest della Francia e qui rimase fino all'agosto 1943 allorché fece ritorno in Italia stabilendosi dapprima in Liguria e quindi in Val d'Aosta.
Il C. morì a Settimo Vittone (Torino) il 21 dicembre del 1944.
Molto abbondante, anche se di valore discontinuo, fu la produzione del C. al quale piacque cimentarsi nei campi più disparati, dal racconto alla poesia, dal profilo biografico al saggio politico. L'elenco che segue, pur cercando di essere quanto più possibile esauriente, non ha tuttavia pretese di completezza: Vita d'esilio, Savona 1902 (novelle); La zattera, Genova 1907 (novelle illustranti la vita dei bassifondi di Marsiglia; tradotte anche in spagnolo con il titolo Los Vencidos, Barcelona-Buenos Ayres 1909); L'assassinio di Francisco Ferrer y Guardia, Genova 1909; La nuova Israele, Piacenza 1909 (romanzo ambientato nel Parmense all'epoca dei grandi scioperi bracciantili); Popolo, Genova 1909 (novelle); Amilcare Cipriani. Una vita di avventure eroiche, Milano 1912; Nella tormenta. Diario di un giornalista durante la guerra. 30 luglio-6 settembre 1914, Milano 1917; Avec l'Italie? - Oui! Avec le fascisme? - Non!, Paris 1930; La rivoluzione spagnola, Paris 1931; Esilio, Marseille 1932 (poesie); Una cittadina italiana tra l'800 e il '900 (ritratto in piedi), Montgaillard par Vianne s. d.; 2 ediz., Milano 1962 (gustosi ricordi degli anni giovanili a Pontremoli e delle prime battaglie politiche); Camillo Prampolini e il suo tempo, Paris 1931.
Fonti e Bibl.: Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, 988, Luigi Campolonghi; Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, Il programma, i metodi e l'azione della L.I.D.U., Paris 1929; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Torino 1965, p. 285; C. Delzell, Inemici di Mussolini, Torino 1966, p. 55; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, pp. 36, 38, 107, 171, 188, B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, pp. 407-408; M. Tassi, L. C. Pellegrino e soldato della libertà..., Pontremoli s.d. (ma 1969).