CANALI, Luigi
Nacque in Perugia il 29 ott. 1759 da Giuseppe e da Antonia Dati. Fu nell'adolescenza indirizzato dai genitori allo studio delle lettere; apprese, più tardi, le discipline "geometrico-matematiche" e filosofiche, laureandosi nel patrio ateneo nel 1781.
Nell'anno successivo il C. ottenne un seggio in seno al Collegio dei filosofi, medici, artisti di Perugia, dove venne dichiarato aggregato, senza seguire le norme prescritte per esplicita dispensa di quell'assemblea. Fu lettore (dapprima straordinario, poi dal '97 ordinario) di filosofia allo Studio. Studioso appassionato di Bacone, familiarizzatosi con le correnti ideologiche di moda (Locke, Malebranche, Condillac), portò un soffio di vita nuova nel pesante e tradizionale filosofico dell'epoca; nominato nel 1785 coadiutore alla direzione della Biblioteca comunale di Perugia, nel 1803 ne ottenne la direzione succedendo ad A. Cocchi.
Ma l'importanza del C. come letterato è minore di fronte alla sua figura di fisicochimico, notevole per un'epoca in cui la chimica era agli albori; lasciò così ben presto l'insegnamento di logica e metafisica, chiamato (nel 1799) alla cattedra di fisìca e chimica, dopo il ritiro di L. Pellicciari, di cui era già stato allievo. Il C. portò un tale risveglio negli studi fisico-chimici in Perugia che per suo merito le scienze fisiche, naturali e matematiche acquistarono una loro propria autonomia nella vita dell'ateneo. Seguace di Cartesio e di Galileo, nello studio dei fenomeni meccanici non disgiunse mai la teoria dalla pratica, mettendosi costantemente sulla via dell'osservazione e dellesperimento di laboratorio. Il C. scrisse in questo periodo di tempo il suo corso di lezioni di fisica insieme a molte altre note sulla storia della terra e sulle opere del Beccaria e del Volta, che sono rimaste tutte manoscritte, nonché varie Memorie, Lettere, Sunti ed Analisi di opere, Osservazioni, Note in materie fisiche, agrarie, mineralogiche, litologiche, filologiche, ecc., inserite in riviste letterarie o scientifiche dell'epoca.
Il C. si occupò anche di astronomia, fino a quando tenne abbinate le due cattedre di fisica e di chimica.
Probabilmente sulla scia di una tradizione dei benedettini locali (B. Castelli aveva inventato il pluviometro nel 1639, A. Bina il sismografo nel 1751), il C. si occupò anche di fenomeni meteorologici in maniera sistematica, iniziando il 10 febbr.1800 una vera e propria registrazione, che condusse di sua mano fino all'ottobre 1835 e mediante un suo applicato fino al 20 ott. 1841. Le osservazioni si riferiscono alle condizioni barometriche, termometriche, pluviometriche, nonché allo stato del cielo, ma soltanto dopo il 10 apr. 1811 le registrazioni risultarono compiute con regolarità e precisione: il 15 ott. 1810, infatti, la Consulta straordinaria degli Stati romani aveva stabilito norme precise circa l'osservazione meteorologica per il dipartimento del Trasimeno.
Nel 1815, ad opera del C., venne eretto nel palazzo universitario un piccolo osservatorio in torretta, fornito degli indispensabili strumenti, che funzionò anche dopo la sua morte, fino al 1865, anno in cui venne trasferito, a spese del comune, in palazzo Cesarei.
Il C. ebbe scambi di idee e di materiale scientifico con letterati e scienziati italiani e stranieri e ancor più ampi contatti egli dovette mantenere con vari naturalisti di tutte le nazioni europee, a causa del ricco Museo di storia naturale che seppe raccogliere in tre saloni ed in cui dispose una ricchissima collezione, che volle poi destinare a pubblica utilità, ed ora conservata nell'istituto di mineralogia e di geologia della facoltà di agraria di Perugia.
Quando dopo il 1810 ottenne la separazione dalla fisica della cattedra di chimica, il C. riservò per sé quest'ultima ed è appunto nel campo della chimica che il suo nome si afferma brillantemente.
Prima del C. aveva dominato incontrastato a Perugia (come del resto in tutta Italia) il sistema di Stahl, che di tutti i fenomeni chimici dava spiegazione mediante la teoria del flogisto, e appunto a tale scuola era stato educato il C. che, però, sperimentatore provetto, non poté restare soltanto ammiratore delle nuove teorie di Lavoisier ma, facendole sue, si adoperò ad applicarle, insegnando, prima d'ogni altra cosa, la natura composta dell'aria e dell'acqua. Egli fu perciò tra i primi ad abbandonare la dottrina dei quattro elementi (aria, acqua, terra, fuoco), che aveva dominato per secoli, mostrando l'esistenza di particolari sostanze gassose e la natura composta dell'acqua e dell'aria: la sua fama lo pose in relazione con i più noti chimici europei.
Considerando il progresso gigantesco e il continuo smembramento della chimica nelle sue suddivisioni, il C. si decise a optare per un ramo netto e preciso specializzandosi in mineralogia (già nel 1813 G. Cuvier, nel fargli visita in Perugia, aveva giudicato tra le più ricche esistenti in Europa la raccolta di minerali amorosamente curata nel suo palazzo, traendo da essa argomento per alcune sue osservazioni sui fossili). Ma il C. non fu soltanto semplice e appassionato raccoglitore di materiale naturalistico, bensì anche un valente illustratore dei suoi esemplari anche dal punto di vista chimico: elaborò infatti la sua classificazione mineralogica, appoggiandola sull'analisi chimica e sul diverso grado di affinità che presentano i vari corpi con l'ossigeno, l'elemento più largamente diffuso in natura. Questa nuova classificazione, assai affine a quella chimica da tutti attualmente adottata per la mineralogia descrittiva, è pertanto da riconoscersi come un saggio estremamente valido sia da un punto di vista scientifico sia didattico, oltre che come esempio di anticpazione dei più moderni oggi in uso.
L'anno accademico 1814-15 si inaugurò in Perugia conservando gli ordinamenti francesi con carattere provvisorio, in attesa che la segreteria di Stato emanasse da Roma definitive disposizioni in materia di riforma e circa la sistemazione dei locali universitari nel palazzo di Monte Morcino. Nominato dal pontefice, assieme al Vermiglioli, prefetto degli studi, col compito di vigilare sulla vita universitaria, il C., al termine dell'incarico, ottenne con abile missione diplomatica il dominio utile in perpetuo all'università di Perugia dell'ex convento olivetano di Monte Morcino ove l'università si era trasferita nel 1810. Nel 1824 il C. divenne rettore dell'università di Perugia, e l'anno successivo chiese il collocamento a riposo, mantenendo il titolo di rettore perpetuo.
Il C. morì in Perugia l'8 dic. 1841.
Altre opere, oltre quelle citate: Amor chimico, Perugia 1794; Lettera di prefazione al dizionario universale, Perugia 1801; Delle lodi del dottore Annibale Mariotti, Perugia 1801; Sulla non originalità della commedia di Dante in Giorn. scient. e letter. dell'Acc. it. di scienze, lettere e arti, I(1810), n. 26, p. 291; Di alcune zanne elefantine fossili, Macerata 1810; Orazione in morte di Baldassarre Orsini, Perugia 1811; Lettera a G. B. Vermiglioli in appendice all'opera: Saggio sui bronzi etruschi trovati nell'agro perugino, Perugia 1813; Sulla classe dei corpi ai quali si è creduto appartenere il Clorino e l'Jodio..., in Giorn. arcadico, XII (1821), pp. 129-156; Sugli acidi risultanti del Clorino e dell'Jodio con l'ossigeno..., ibid., pp. 273-313; Lettera su varie notizie riguardanti le piante fossili al sig. Vito Procaccini, Roma 1828; Breve ragguaglio del gabinetto di mineralogia dell'Università di Perugia donato dal ... L. C. ..., Perugia 1838.
Fonti e Bibl.: G. B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini..., Perugia 1829, I, 2, pp. 264 ss.; Q. Testi, L. C., in La chimica, VI (1930), pp. 203 ss.; P. Pizzoni, Scienziati umbri, in Boll. della deput. di stor. patr. per l'Umbria, XXXIX(1942), pp. 143-149; A. Baltadori, Un secolo e mezzo di osservazioni meteorologiche a Perugia, ibid., XLIII(1946), pp. 108-115; C. LippiBoncambi, L. C., ibid., XLV(19148), pp. 134-154; G. Ermini, Storia dell'Università di Perugia, Firenze 1971-1972, ad Indicem.