CAPPONI, Luigi
Nacque a Firenze, nel quartiere di S. Spirito (gonfalone del Nicchio), il 10 luglio 1505 da Giuliano di Piero di Gino e da Ginevra Sacchetti.
Avviato ben presto alla mercatura, nel 1521 il C. era titolare, insieme al cugino Piero di Niccolò, del banco di Firenze organizzato dai rispettivi padri. Le prime notizie sulla sua posizione politica risalgono al tempo dell'elezione di Francesco Carducci a nuovo gonfaloniere (aprile 1529). Con la vittoria degli arrabbiati il C., come molti altri membri dell'aristocrazia fiorentina, riparò a Lucca dove si trattenne fino alla caduta della Repubblica fiorentina, sfidando, a differenza del fratello Alessandro, i bandi promulgati dal governo repubblicano contro i fuorusciti. Rientrato a Firenze con la restaurazione dei Medici, il C. sposò nel 1533 Luisa di Filippo Strozzi e di Clarice di Pietro dei Medici.
Sin dal 1525 Filippo Strozzi aveva avuto intenzione di maritare la figlia Luisa con il C. offrendo unadote di 4.000 fiorini; il matrimonio con Luisa, famosa per la sua bellezza, oltre che per il suo parentado, contribuì notevolmente ad accrescere la considerazione del C. in Firenze. Luisa, oggetto di particolari attenzioni da parte di Giuliano Salviati, protetto del duca Alessandro, se non addirittura (com'è più attendibile), da parte del duca stesso, fu causa di una vicenda che mise in pericolo i buoni rapporti del C. con la casa Medici. Infatti Piero e Tommaso Strozzi, fratelli di Luisa, con Francesco de' Pazzi, per difendere l'onore della famiglia macchiato da alcune frasi oltraggiose di GiulianoSalviati, lo aggredirono ferendolo. Arrestati per volere del duca Alessandro, essi furono poi rilasciati grazie all'intercessione pontificia e ripararono in Roma (1534). Anche Filippo Strozzi, ormai in aperto contrasto con il duca, colse l'occasione delle offese arrecate alla figlia per abbandonare Firenze e rifugiarsi a Parigi (1535). Luisa, rimasta a Firenze, poco dopo venne avvelenata in casa della sorella Maria, moglie di Lorenzo di Piero Ridolfi, secondo alcuni per ordine dei suoi stessi fratelli che non volevano lasciarla, con disonore di tutto il loro casato, alla mercé del duca Alessandro, secondo altri per ordine del duca cui si era rifiutata. In seguito a questi fatti il C., per tenersi ostentatamente fuori della vicenda, si ritirò in campagna e non rientrò a Firenze se non dopo la morte del duca Alessandro (1537). Ritornato a Firenze, il C. sposò Onesta di Marco di Simone del Nero dalla quale ebbe tutti i suoi figli: Giuliano (1540-1578), Luisa (1548-1585), andata sposa nel 1565 a Vincenzo Giraldi e legataria del padre alla sua morte, Piero (morto in fasce), Niccolò (1546-1579).
Il C., le cui attività mercantili e finanziarie furono tutte strettamente legate a quelle del padre e del fratello Alessandro, a differenza di quest'ultimo, non fu schivo dal ricoprire pubblici uffici. Nominato dal duca Cosimo ambasciatore in Francia (21 sett. 1550), il C. si trattenne presso la corte di Enrico II dal 24 ott. 1550 al 27 nov. 1551, rientrando a Firenze il 16 dicembre dello stesso anno. Successivamente fu eletto senatore per il quartiere di S. Spirito (13 marzo 1566); nel 1569 fu uno degli Otto di guardia e balia; nel 1572 ricevette l'incarico di riformare gli statuti della Compagnia del Tempio. Nella seconda metà del novembre 1576 coadiuvò i commissari delle porte di Firenze per controllare il rispetto delle norme sanitarie prese per fronteggiare l'epidemia di peste diffusa in gran parte della penisola.
Di tutti questi incarichi il più importante, dal punto di vista politico, fu l'ambasceria in Francia. Cosimo I, dando il 21 settembre del 1550 al C. le istruzioni per la sua missione a Parigi, gli raccomandava di felicitarsi con Caterina de' Medici ed Enrico II per la nascita del quintogenito Carlo e di risolvere l'annosa controversia tra gli ufficiali dell'Abbondanza di Firenze e monsignor de Langes per una partita di grano che l'Abbondanza non aveva pagato perché consegnata fuori dei termini previsti dal contratto. La nomina del C. come ambasciatore in Francia non era dovuta solo alla sua fama di mercante esperto e conosciuto anche oltr'Alpe per la sua compagnia di Lione, e quindi indicato per risolvere la suddetta controversia, ma anche ai suoi vincoli di parentela con Piero di Filippo Strozzi, generale delle fanterie italiane in Francia, influentissimo alla corte di Enrico II, vincoli che rendevano il C. meglio di ogni altro idoneo a favorire un riavvicinamento tra Parigi e Firenze. Infatti il C. venne accolto benissimo alla corte di Enrico II, ove si attribuì alla sua missione un'importanza straordinaria, credendo i Francesi che Cosimo I avesse intenzione di abbandonare la sua tradizionale politica filoimperiale. Il C. non mancò durante il suo soggiorno di stabilirecontatti, oltre che con i regnanti, con tutti i più alti dignitari di corte. Nel giugno del 1551 cominciava i negoziati per operare il riavvicinamento definitivo tra il duca di Toscana ed il re di Francia. La trattativa venne però interrotta bruscamente per l'opposizione di Caterina de' Medici, sentitasi esclusa e soprattutto profondamente ostile al segretario del C., Bernardo Giusti, da lei sospettato di essere un agente di Carlo V. Per un momento sembrò che tutto dovesse finire nel nulla e che il C. fosse congedato, ma grazie proprio ai buoni uffici del C., che per salvare la sua missione andò a parlare con la regina, riuscendo nuovamente ad accattivarsi la sua benevolenza, il lavoro diplomatico poté essere ripreso.
Il C., mentre continuava ad interessarsi alla vertenza tra l'Abbondanza fiorentina e monsignor de Langes, valendosi dell'aiuto di Amerigo Benci, discuteva alla corte di Enrico II su un progetto di lega tra Francia, Venezia e Ferrara, cui si sarebbe voluto far partecipare anche Cosimo I, o almeno guadagnarsi la sua neutralità. Tuttavia, nonostante l'attività del C., non si poté né superare la diffidenza di Enrico II per Cosimo I, ne sconfiggere le manovre degli avversari del duca, in special modo dei fuorusciti fiorentini. I rapporti tra Toscana e Francia erano sempre più tesi e gli sforzi del C. sempre più vani. Quando, in seguito ad un breve di papa Giulio III contro Enrico II, questi congedò il nunzio apostolico, il C. fu richiamato a Firenze, ufficialmente per esaudire la richiesta sua e del padre di dover attendere ai propri affari domestici, senza che fosse nominato un suo successore. In realtà la missione del C. era fallita, non tanto per manchevolezze nella sua azione di diplomatico (anche se secondo il suo segretario B. Giusti il comportamento del C. era improntato ad una certa ingenuità), quanto perché la politica estera di Cosimo I, indirizzandosi di nuovo verso una completa riaffermazione della sua alleanza con Carlo V, non gli lasciava ormai più alcun margine di manovra.
Il C. non s'impegnò solo nell'attività mercantile e politica, ma il suo nome figurò pure negli ambienti intellettuali fiorentini. L'8 marzo 1543, sotto il consolato di Bernardo Segni, cugino del C. per parte di madre, fu chiamato a far parte dell'Accademia fiorentina, ulteriore conferma degli ottimi rapporti tra il C. e Cosimo I. Il C., da tempo legato a B. Segni (di cui era ammiratore entusiasta) anche da vincoli culturali, dopo la morte di quest'ultinio (1558), ricevette dal figlio Giovan Battista il suo manoscritto sulla "Vita di Niccolò Cappon". Il manoscritto fu rivisto, corretto in alcune parti ed integrato con alcune notizie dal Capponi. Comunque solo il 1º sett. 1565 il C. informò Piero di Niccolò Capponi dell'esistenza di quest'opera sul padre. Sicuramente il C. era a conoscenza dell'esistenza dell'opera sin dall'epoca della sua stesura ed aveva preso accordi con B. Segni per farne la revisione. Il ritardo con cui ne dava notizia era dovuto probabilmente - secondo Lupo Gentile - più che alla trascuratezza di G. B. Segni nel consegnare il manoscritto, alla prudenza politica del C. che temeva le reazioni di Cosimo I di fronte alla biografia di uno dei più famosi avversari dei Medici.
Il C. morì a Firenze il 10 nov. 1584 e fu sepolto con grandi onori nella chiesa di S. Spirito, portato al sepolcro dai "ministri delle sue ragioni, traffichi e botteghe". Morto privo di figli maschi, il fratello Alessandro e gli altri eredi delle compagnie del C. crearono un'unica ditta chiamata "Compagnia Eredi di Luigi Capponi".
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