CAPRANICA, Luigi
Nato a Roma il 13 nov. 1821 dal marchese Bartolomeo e Flaminia dei principi Odescalchi, compì gli studi nel collegio di Propaganda Fide. Poi, in contrasto col desiderio della famiglia, che lo destinava all'abito ecclesiastico, entrò (1844) nel corpo delle guardie nobili pontificie. A quel tempo il C. aveva già cominciato l'attività letteraria, con una cantica di gusto montiano dal titolo IlGiudizio universale, apparsa a Roma nel 1842. Egli compì anche alcuni tentativi teatrali: uno dei primi lavori, La congiura dei Fieschi, venne recitato da dilettanti al teatro Metastasio, e ottenne un discreto successo; il dramma successivo, Francesco Ferruccio, venne recitato dalla Ristori e dal Salvini il 15 nov. 1848, nel giorno dell'assassinio di P. Rossi, suscitando le ire della censura per l'ispirazione repubblicana. Il 24 nov. 1848 Pio IX fuggiva a Gaeta, e il corpo delle guardie nobili veniva provvisoriamente sciolto. Il C., vestita la divisa della guardia nazionale, combatté a porta S. Pancrazio; ristabilito il governo pontificio, fu incarcerato ed espulso dalle guardie nobili. Liberato, emigrò a Venezia dove compose un nuovo dramma storico, Vittoria Accoramboni, la cui rappresentazione segnò tuttavia un notevole insuccesso. Abbandonata, in seguito a questo fallimento, la letteratura drammatica, pubblicò un'altra cantica, Piccarda Donati (Venezia 1855), e una raccolta di poesie, Veglie d'amore (Venezia 1855). Questa attività di verseggiatore proseguì sporadicamente, anche dopo che l'interesse letterario del C. si era rivolto interamente alla narrativa, ripercorrendo in brevi poesie d'occasione i temi e i modi delle poesie giovanili: ballate romantiche (Lucrezia Buti e Filippo Lippi, in Strenna italiana, Milano 1867), idilli campagnuoli a tesi (Innocenza campagnuola,ibid., Milano 1871); rievocazioni di storia patria (La Lega lombarda e la battaglia di Legnano,ibid., Milano 1876). Il primo romanzo, Giovanni dalle Bande Nere (Venezia 1857), fu dedicato a M. d'Azeglio, che lo aveva avviato al romanzo storico di intenti patriottici: lo schema narrativo del Giovanni dalle Bande Nere rimarrà sostanzialmente immutato, a parte alcune eccezioni in tutta la sua successiva produzione.
La preferenza per l'argomento storico, dietro la facciata della divulgazione e dell'impegno politico-patriottico, era guidata da un prevalente gusto antiquario, che appariva nelle frequenti digressioni riguardanti non soltanto la rievocazione di eventi storici connessi alla vicenda (ricostruzione quasi sempre isolata, con evidente intenzione didascalica, in note a piè di pagina), ma anche la ricostruzione di ambienti, di usi e costumi delle diverse classi sociali. La narrativa del C. si sorregge del resto con tutti gli ingredienti consueti del romanzo storico: gli intrecci complicati e sovrabbondanti basati in genere sul congegno della suspence, le agnizioni, gli ambienti, i personaggi mutuati dalla maggiore letteratura romantica europea, ridotti ormai a tipi fissi (l'antieroe satanico come emblema del male, la vittima perseguitata come emblema della virtù oppressa e del bene, la dama fatale, ecc.). Il C. poi non mancava di collegare tutto questo armamentario mitologico per mezzo dell'espressione diretta dell'ideologia patriottico-risorgimentale vivacemente nutrita di spiriti anticlericali.
Nel 1859 il C. veniva espulso da Venezia dalla polizia austriaca, e si recava a Ferrara dove rimase fino alla pace di Villafranca. Ritornato a Venezia, dove fu eletto presidente del Comitato segreto, vi rimase per un anno; nuovamente espulso nel 1861, si stabilì a Milano, proseguendo l'attività di narratore storico con La congiura di Brescia (Milano 1862) e Fra' Paolo Sarpi (Milano 1863). Tentò poi l'affresco di costume contemporaneo con Imoderni farisei (1865; poi Milano 1871), ambientato nella Roma di Pio IX; in realtà nel romanzo gli eventi contemporanei sono ancora trattati secondo i moduli consueti, cioè come storia sia pure nutrita di un più accentuato ideologismo anticlericale. La rappresentazione della società dei suoi tempi era infatti estranea agli interessi dello scrittore, anche se nell'introduzione al romanzo egli sembra voler generalizzare ed estendere alla società contemporanea il giudizio moralistico annunciato sin dal titolo. I modelli della sua narrativa andavano modificandosi: dallo stereotipo abbondantemente usurato del romanzo storico italiano egli passava all'imitazione del romanzo storico d'avventura sul tipo di quello di Dumas padre, si attenuava e poi scompariva l'ideologismo politico-patriottico, si accentuava nell'intreccio l'elemento avventuroso, l'ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi finivano per rispondere ad una tipologia più varia e cosmopolita. Nascevano così Donna Olimpia Panfili,storia del secolo XVII (Milano 1868); La festa delle Marie (Milano 1869; ripubblicato poi in Racconti); La contessa di Melzo (Milano 1872); I misteri del biscottino (Milano 1872; ripubblicato poi con il titolo di Maschere sante, Milano 1875); Racconti (L'amore di Dante; Sopra una tomba; La festa delle Marie; Milano 1877); Papa Sisto (Milano 1877); Re Manfredi (Milano 1884); Maria Dolores (Milano 1887); Le donne di Nerone (Milano 1890).
Tuttavia, pur rappresentando motivi e personaggi largamente utilizzati nel romanzo di costume contemporaneo che si veniva intanto affermando, il C. rimase sempre lontano dal nuovo modello di romanzo psicologico ormai prevalente nella narrativa del tempo.
Il 9 nov. 1878 il C. aveva sposato la contessa polacca Maria Obniski. A Milano, dove aveva trascorso un trentennio di vita letteraria non priva di aspetti mondani, morì il 7 genn. 1891.
Fonti e Bibl.: L. C., in L'Illustr. ital., 18genn. 1891, p. 42; L. Parenti, Una lettera di Massimo d'Azeglio a L. C., in Nuova Antologia, 1º genn. 1935, pp. 159s.; A. Vismara, Bibliogr. del marchese L. C., Como 1892; V. Turri-U. Renda, Diz. storico-critico della letter. italiana, Torino 1941, s.v.; L. Russo, Inarratori(1850-1957), Milano-Messina, 1958, p. 49; S. Romagnoli, Narratori e prosatori del Romanticismo, in Storia della letter. italiana, a cura di E. Cecchi-N. Sapegno, VIII, Milano 1968, p. 83.