CAPUANA, Luigi
Nacque a Mineo (Catania) il 28 maggio 1839. Troncati al secondo anno gli studî di legge iniziati a Catania, il C. nel '64 si stabilì a Firenze, donde poi passò a Milano e a Roma, finché fu nominato professore, prima nell'Istituto superiore di magistero di Roma e poi (1902) nell'università di Catania. Morì il 29 novembre 1915. Spirito curioso, il C. Si occupò di diversissimi problemi, oltre che di critica e di letteratura; e di curiosità e previsioni a base naturalistica sono pieni i suoi romanzi e le sue novelle. Ritrattosi ben presto dalla poesia, nella quale aveva esordito, egli fu in giovinezza soprattutto un critico; e come tale ha un posto assai notevole, non solo perché incitò il Verga a perseverate nella nuova via - la buona - in cui si era messo, abbandonando i mediocri romanzi mondani della giovinezza, ma anche perché fu il primo a propugnare in Italia il romanzo naturalistico. Giunse persino a credere (l'insegnamento hegeliano gli era giunto attraverso il De Meis) a una prossima dissoluzione della letteratura nella scienza, nel puro pensiero. Per intanto, sebbene in seguito attenuasse il suo pensiero e rifiutasse di essere chiamato romanziere naturalista, egli bandiva l'arte "impersonale", il romanzo "documento" e "analisi", il personaggio studio di un "caso", attraverso il quale si risalisse alla verità scientifica o sociale. Non esente da contraddizioni fu questa parte dell'opera del C., e minata alla base dal preconcetto hegeliano; ciò non toglie per altro che la sua opera di critico, in generale nitida, acuta, pervasa da sentita passione per l'arte, abbia grandemente giovato, provvedendo a sgombrare il terreno da molte preoccupazioni extra-artistiche, comuni nella critica del suo tempo. Del resto, molte delle sue idee critiche procedono dal De Sanctis.
Col suo primo volume di novelle, Profili di donne (Milano 1877), ma specialmente col suo primo romanzo, Giacinta (ivi 1879) siamo in pieno dominio zoliano. Già in esso c'è lo studio d'un caso psicologico determinato dall'eredità, totalmente fuori dal comune, e la peregrinità scientifico-sociale delle invenzioni - costante poi nell'abbondantissima produzione del C. - lo distingue nettamente dal Verga, di cui solo grossolanamente lo si può considerare imitatore, sebbene il paesanismo dell'uno e quello dell'altro siano interdipendenti. In fondo una tale predilezione per il meraviglioso scientifico non è molto lontana da quell'amore per il meraviglioso d' altro genere, che fece del C. un efficacissimo raccontatore di fiabe: né è senza importanza che molto spesso questo meraviglioso scientifico gli si dissolva in un grottesco di gusto modernissimo.
Opere principali: Studi sulla letteratura contemporanea, s. 1ª, Milano 1879; s. 2ª, Catania 1882; La scienza della letteratura, prolusione, Catania 1902; Fumando, Catania 1889; Le appassionate, ivi 1893; Le paesane, ivi 1894; Fausto Bragia, ivi 1897; Nuove paesane, Torino 1898; Nel paese della zàgara, Firenze 1910, ecc. - Oltre Giacinta, cfr. i romanzi Profumo, Palermo 1890; Rassegnazione, Milano 1907; e specialmente Il marchese di Roccaverdina, ivi 1901; C'era una volta..., Milano 1882; Il raccontafiabe, Firenze 1894; Scurpiddu, Torino 1898; Cardello, Palermo 1907. Molte di queste opere sono state più volte ristampate.
Bibl.: B. Croce, La lett. della nuova Italia, III, 2ª ed., Bari 1922, pp. 101-118; A. Pellizzari, Il pensiero e l'arte di L. C., Napoli 1919 (con accurata bibliografia); P. Vetro, L. C., Catania 1922.