CAPUCCI, Luigi
Nacque a San Bernardino di Lugo (Ravenna), secondo alcuni il 12 e secondo altri il 18 apr. 1857, da Pietro e da Antonia Minguzzi. Compiuti gli studi d'ingegneria a Pisa e poi a Roma, attratto dal miraggio delle esplorazioni e del commercio nel continente nero, che in quegli anni si andava schiudendo alla conoscenza europea, strinse amicizia con Giovambattista Licata, dal quale fu presentato a Nicola Lazzaro, vicepresidente della Società africana d'Italia di Napoli, sotto il cui patrocinio, alla fine di novembre del 1884 in compagnia dell'ing. Costanzo Bonetti, dell'avv. Emilio Dulio e del compagno di studi Luigi Cicognani maggiore finanziatore dell'impresa si portò ad Assab dove giunse nel dicembre successivo.
Lasciato il Bonetti ad Assab, il 28 luglio 1885 il C. con gli altri compagni prese la strada dell'Aussa, aperta due i prima dal conte Pietro Antonelli per conseguire il collegamento della costa del Mar Rosso con lo Scioa. La missione, che si proponeva di dedicarsi ad attività agricole e commerciali anche in quella regione, fu fermata dal locale sultano Mohammed ibn Anfari che, in violazione degli accordi conclusi nell'aprile del 1883 con l'Antonelli, pretendeva il pagamento di un esoso pedaggio. Il C. fu, così, costretto a riguadagnare Assab sia per riferire al commissario civile, Giulio Pestalozza, sulla violazione degli accordi dovuta, a suo parere, allo scarso impegno messo dal funzionario nel garantire la sicurezza della strada e degli italiani che la percorrevano, sia per raccogliere il denaro necessario a rimuovere l'inaspettato ostacolo apposto al proseguimento del viaggio verso lo Scioia.
Serie critiche non risparmiò a Pietro Antonelli, cui rimproverava non solo di aver esagerato l'importanza dell'accordo concluso con Mohammed ibn Anfari ma anche di aver reso difficile, con la sua prodigalità, il transito alle carovane che si avventuravano in quelle regioni. Del resto era anche vero che la strada dell'Aussa più che il commercio italiano serviva a soddisfare gli ambiziosi disegni di Menelik al quale, allora, premeva garantirsi uno sbocco al mare fuori dal controllo dell'Egitto e del negus Giovanni.
Una volta raggiunta Gherfa l'8 novembre, il Cicognani preferì rimanere sul posto per rientrare nell'agosto dell'anno successivo in Italia dove si spense, a Lugo, il 19 apr. 1892; il resto della spedizione alla quale si era aggiunto il commerciante Anacleto Gagliardi raggiunse il 12 dicembre Let-Marefià, località dello Scioa nella quale era stata fondata, nel 1876, una stazione commerciale dal marchese Orazio Antinori per conto della Società geografica italiana, allora sotto la direzione del dott. V. Ragazzi.
Una volta nello Scioa, dove risiedevano oltre al conte Antonelli anche il dott. Raffaele Alfieri, il commerciante Cesare Viscardi, il dott. Leopoldo Traversi e il suo collaboratore Remo Bartolucci, il C. - unico rimasto della spedizione per il rimpatrio dell'avv. Dulio - offrì i suoi servizi a Menelik, al quale consegnò i doni destinatigli dalla Società africana d'Italia che lo annoverò tra i suoi soci d'onore. Dal sovrano gli furono commissionate le costruzioni di una villetta, di una segheria e di un mulino sul fiume Akaki e la riattivazione, a Mahal Uonz, di una fabbrica di polvere da sparo saltata, però, in aria per un'imprudenza commessa dallo stesso Capucci.
Nel 1889 con Pietro Antonelli, accompagnò in Italia la missione scioana a cui era preposto ras Makonnen per la ratifica del trattato di Uccialli: rientrato in Africa, si licenziò dal servizio della corte per dedicarsi in proprio sia al commercio del caffè e delle cotonate organizzando carovane verso Harar e i paesi Galla meridionali, sia all'attività edilizia costruendo, tra l'altro, una seconda fabbrica di polvere da sparo, la residenza imperiale in Addis Abeba e due chiese.
La sua opera assunse, però, un particolare rilievo quando iniziò la crisi dei rapporti tra l'Italia e Menelik. Partiti dallo Scioa per la costa Pietro Antonelli, Augusto Salimbeni, Cesare Nerazzini e Carlo Starabba di Rudinì, approfittò della sua conoscenza delle lingue locali per iniziare l'attività di informatore "eccellente, avveduto, arditissimo". Completò il suo isolamento nel giugno del 1894 quando anche Leopoldo Traversi e il colonnello Piano, che avrebbe dovuto sostituire il primo nella direzione di Let-Marefià - assunta, invece, dal C. - lasciarono Addis Abeba interrompendo ogni rapporto ufficiale con Menelik il quale, nel novembre, condusse a termine una grande razzia nel Uollamo per rifornirsi di schiavi con i quali sostituire le numerose vittime mietute dalla carestia.
All'inizio dell'anno seguente, dopo Coatit e Senafè, Menelik scrisse due lettere, una a Umberto I e una seconda a Oreste Baratieri - governatore dell'Eritrea dalla fine del 1894 - con l'intenzione di sbarazzarsi del C. cui voleva affidare il recapito delle missive: declinato l'invito, il C. continuò ad assolvere al suo compito con scrupolo eccezionale in quanto era riuscito anche ad avere tra i segretari del negus confidenti dai quali otteneva le copie dei più gelosi documenti.
I suoi rapporti precisi, ricchi di notizie e di rivelazioni vennero, in un primo tempo, indirizzati a Leopoldo Traversi e, in seguito, direttamente a Roma e al Baratieri a mezzo di corrieri fidati che consegnavano i plichi a Pietro Felter, rappresentante della casa Bienenfeld di Aden, rimasto ad Harar: successivamente, dopo la cattura di un corriere, la corrispondenza fu avviata per la strada dell'Aussa e del Tigrai. Purtroppo le sue rivelazioni vertenti sulla consistenza delle forze a disposizione di Menelik e sui loro armamenti, sugli intrighi orditi contro l'Italia dagli europei di Addis Abeba e sui contrastanti atteggiamenti dei capi più influenti, non furono prese in seria considerazione come avvenne, tra l'altro, per la denuncia del tradimento ordito a danno dell'Italia da Bata Agos in Eritrea.
Col precipitare degli eventi, il C. venne a trovarsi in una posizione insostenibile: il 10 maggio 1895 fu arrestato e tradotto dinanzi a un tribunale composto da un greco, da due armeni e da sei francesi che, per rendere un servizio a Menelik, lo condannarono alla pena di morte, dal più clemente imperatore commutata nella relegazione sull'Amba Quollàsh da dove, verso la fine di agosto, tentò invano di fuggire. Messo ai ferri e trasferito ad Ancober fu liberato nel novembre del 1896 dopo la conclusione della pace di Addis Abeba.
Chiusa laparentesi più avventurosa della sua vita, per la via di Harar con un gruppo di prigionieri condotto dal tenente Castagni raggiunse, all'inizio del 1897, la costa per rientrare in Italia: qui si schierò tra i più strenui difensori della permanenza nella colonia Eritrea non risparmiando acerbe critiche a quanti sostenevano l'opportunità dell'abbandono dell'altopiano.
Breve fu il soggiorno in patria perché non seppe resistere al richiamo dell'Africa: a una breve permanenza in Somalia fece seguito un più lungo soggiorno in Harar, lasciata per stabilirsi in Eritrea, dove, esplicando un'attività di pioniere, eseguì con non grande successo, ricerche minerarie nella zona di Barentù. Dimenticato da tutti nonostante i servizi resi e le peripezie attraversate, riuscì, alla fine ad avere una discreta sistemazione come rappresentante, a Gibuti, della Società coloniale italiana.
Pietro, uno dei tre figli avuti da una donna locale, gli procurò cocenti amarezze negli ultimi anni della sua vita: caporale della sezione operai di artiglieria in Asmara, disertò in Etiopia nel marzo del 1918 e, malgrado le esortazioni del padre, non volle recedere dal suo atteggiamento che gli fruttò una condanna in contumacia dal Tribunale militare dell'Eritrea. Il dolore procuratogli dalla triste vicenda del figlio non fu estraneo alla sua morte avvenuta a Gibuti, il 12 genn. 1920.
Vanno ricordati i seguenti scritti del C.: Lettere da Assab e dall'Aussa, in Boll. d. Soc. africana d'Italia, IV (1885), pp. 103-118, 138-148, 171-176; VII (1888), pp. 118-121, 184-187; VIII (1889), pp. 90-92; insieme con Luigi Cicognani, Esplorazione africana,ibid., V (1886), pp. 32-34, e Itinerario da Assab all'Aussa,ibid., pp. 61-65; Corrispondenza dallo Scioa,ibid., pp. 221-226; VI (1887), pp. 266-268; Condizioni dell'agricoltura nello Scioa,ibid., pp. 275-283; La politica italiana in Africa, in Nuova Antologia, 1º ag. 1897, pp. 547-556.
Fonti e Bibl.: L. Cicognani, Attraverso il paese Danachili. Alcuni appunti, in Boll. d. Soc. africana d'Italia, V (1886), pp. 270-281; VI (1887), pp. 3441, 127-132, 173-178; E. Dulio, Dalla baia di Assab allo Scioa per l'Aussa - Diario del viaggio, in Cosmos, IX (1886-88), pp. 102-118, 163-172, 273-278; L. C[ufino], L. C., in Boll. d.Soc. africana d'Italia, XXXIX (1920), pp. 28-31; C. Zaghi, L. C., in L'Oltremare, VI (1932), pp. 252-254; Id., La spedizione C. e Cicognani in Abissinia(con lettere e docum. ined.), in Riv. delle colonie italiane, VIII (1934), pp. 668-687, 840-856; Id., La conquista di Cassala, in Nuova Antol., 16 ott. 1934, pp. 601-612; C. Conti Rossini, Italia ed Etiopia dal trattato di Uccialli alla battaglia di Adua, Roma 1935, passim; C. Zaghi, Pietro Antonelli e l'ambiente scioano nel diario ined. di Luigi Cicognani, Ferrara 1935, p. 90; Id., Ildiario ined. della spedizione C. e Cicognani all'Aussa nel 1885, in Boll. d. Soc. geogr. italiana, s. 6, XII (1935), pp. 571-596; Id., L'Italia e l'Etiopia alla vigilia di Adua nei dispacci segreti di L. C., in Annali dell'Africa italiana, IV (1941), pp. 517-557; L. Traversi, Let - Marefià, Roma 1941, p. 478; E. de Leone, Le prime ricerche di una colonia e la esplor. geografica,politica ed economica, Roma 1955, p. 386; Enc. It., App. I, p. 357.