CARAFA, Luigi
Nacque a Napoli il 17 maggio del 1797 da Francesco duca di Traetto e da Paola Orsini, che era figlia di Filippo principe di Solofra. Nel 1826 iniziava la carriera diplomatica come aggiunto alla legazione napoletana a Roma, mentre era ministro plenipotenziario Tommaso Spinelli Barile, marchese di Fuscaldo. Nel 1831 resse, quale incaricato d'affari, la legazione del Regno nello Stato pontificio. Nel 1831 fu nominato incaricato d'affari a Vienna e, nelle istruzioni inviategli il 4 settembre, gli fu precisato che "i di Lei rapporti dovranno estendersi anche alle notizie che potranno colà pervenire da' varii punti della Confederazione germanica, ed in generale da' paesi ove S. M. non ha alcun rappresentante". Dopo un breve soggiorno, nel 1834, a Costantinopoli quale incaricato d'affari, fu inviato, nel 1835, a Parigi quale responsabile sempre in qualità di incaricato d'affari della rappresentanza diplomatica del Regno delle Due Sicilie; nell'autunno del 1838, a Parigi, lo incontrò il Massari, che ne tracciò poi nel Diario un rapido, poco favorevole profilo. Nel 1840, all'epoca della crisi degli zolfi con l'Inghilterra, seguì la sorte del ministro degli Esteri, principe di Cassaro, lasciando temporaneamente l'attività diplomatica.
Caduto in disgrazia il Fortunato in seguito alla pubblicazione delle lettere del Gladstone, Ferdinando II formò, il 19 genn. 1852, un nuovo governo presieduto da Ferdinando Troya e preferì non assegnare definitivamente il portafoglio degli Affari Esteri, risultandogli molto più semplice imporre immediatamente le sue direttive di politica estera. Fu così incaricato di reggere "provvisoriamente" il ministero degli Esteri quale "direttore con referenda e firma" il C., che peraltro conservò questo incarico fino al 27 giugno 1860. In effetti la progressiva esasperazione delle tendenze autocratiche di Ferdinando II gli renderà insopportabile persino la "dignità ministeriale" e preferibili "direttori" pagati meno e, soprattutto, "più soggetti", giacché effettivamente la carica di direttore non aveva alcuna autonomia, non è altro che un passacarte: gli ordini e le direttive dell'augusto padrone "gli giungono direttamente o attraverso la segreteria particolare"(Moscati).
Pur nei limiti così posti all'iniziativa del responsabile del ministero degli Esteri negli ultimi anni del Regno delle Due Sicilie, vanno peraltro ricordati alcuni momenti non irrilevanti dell'attività ministeriale del Carafa. Nel 1853, aggravandosi la carestia di grani nel Regno, il C. incaricò il console generale a Odessa, Massimo Nugnes di San Secondo, di far conoscere nei mercati russi il decreto del governo napoletano, sospensivo dei dazi gravanti sull'importazione dei grani e gli ordinò di acquistare 200.000 tomoli di grano e di spedirli a Napoli mediante bastimenti nazionali o stranieri: in questa operazione, conclusasi allo scoppio della guerra di Crimea, furono impegnati nove bastimenti inviati da Napoli e undici navi noleggiate per l'occasione.
Il C. fu, in definitiva, il fedele esecutore della tradizionale politica di "indipendenza" di Ferdinando II, che negli ultimi anni divenne soltanto aspirazione a che il Regno delle Due Sicilie "dietro, alla muraglia di Tartaria" fosse completamente dimenticato dalle potenze europee.
Erano gli anni in cui la Francia e, soprattutto, l'Inghilterra chiedevano a Fernando riforme per il Regno e libertà per i detenuti politici. Ma gli atti di accusa pronunciati al congresso di Parigi, nell'aprile 1856, contro il governo borbonico convinsero Ferdinando II a rompere le relazioni diplomatiche con l'Inghilterra e la Francia. Il C. fu incaricato di comunicare agli ambasciatori delle due nazioni che il re delle Due Sicilie non riconosceva ad alcuna potenza il diritto di intervenire negli affari interni del Regno, mentre avrebbe ritenuto riconducibile propriò alle accuse lanciate durante il congresso qualsiasi futuro tentativo rivoluzionario.Agli inizi del marzo 1859 il C. raccomandava al console napoletano a Genova, Ippolito Garron, di sorvegliare l'attività del "sedicente generale Garibaldi" e "di tener docchio tanto che sarà possibile questo pericoloso soggetto". Alla morte del re Ferdinando II, il C. continuò a dirigere il ministero degli Esteri, e secondo il giudizio del ministro piemontese, Gropello, "la conferma del comm. Carafa al Dicastero degli Esteri, vuolsi spiegare coll'intendimento di questa Corte di chiarire che in fatto di politica estera, non avvenne mutazione alcuna". Continuò infatti la neutralità del Regno delle Due Sicilie di fronte alla guerra tra il Piemonte e l'Austria.
L'annessione dell'Italia centrale al Piemonte, agli inizi del 1860, sembrò quindi al C. "la legalizzazione di un pericoloso precedente: l'abbandono dei diritti dei sovrani legittimi al voto nemmeno delle popolazioni, ma di una fazione", il risultato in definitiva di "una politica di violenza e di audacia che calpesta i più sani diritti della Religione, dei Troni, della Società e tiene l'Europa in un pericolo permanente".
Risultata inarrestabile l'avanzata di Garibaldi in Sicilia, il C. riunì, ai primi del giugno 1860, i diplomatici stranieri accreditati a Napoli e richiese che i rispettivi consoli residenti a Palermo fossero autorizzati a trattare con Garibaldi il ritiro delle truppe borboniche da Palermo con l'onore delle armi; su preciso incarico del re Francesco II, chiese anche l'impegno dei diplomatici accreditati a sostenere presso i loro governi la difesa del Regno, anche mediante un intervento navale. Di fronte al precipitare degli eventi, ormai sfiduciato, scriveva l'11 giugno in via confidenziale al conte Guglielmo Costantino Ludolf, ministro napoletano a Londra: "è triste il doverne convenire, ma il Re è stato eroicamente servito dai soldati, anzi dai Corpi, ma non così dai generali che ne han sacrificato la causa e forse peggio". Promulgata, tra molti contrasti, da Francesco II la costituzione, il 25 giugno 1860, veniva formato il nuovo governo costituzionale presieduto dallo Spinelli, e il C. lasciava il ministero degli Esteri al De Martino. Il 27 giugno 1860 veniva quindi collocato in pensione.
Il C. morì il 25 marzo 1871.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Manoscritti Livio Serra, I, p. 158; Ibid., Arch. Borbone (cfr. Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone,Invent. somm., I, a cura di J. Mazzoleni, ad Ind.); Almanacco reale del Regno delle Due Sicilie, per gli anni 1826-1836; R. Moscati, Ferdinando II di Borbone nei docc. dipl. austr., Napoli 1947, passim; G. Massari, Diario dalle cento voci 1858-1860, a cura di E. Morelli, Bologna 1959, pp. 37 s., 283; Le relaz. diplom. fra l'Austria e il Regno delle Due Sicilie, s. 3, 1848-1861, II, 22 maggio 1859-19 febbr. 1861, a cura di R. Moscati, Roma 1964, pp. 143-53; Le relaz. diplom. fra la Francia e il Regno d. Due Sicilie, s. 2, 1830-1848, II, 6 genn. 1836-3 dic. 1840, a cura di A. Saitta, Roma 1973, ad Ind.; A. Zazo, La polit. estera del Regno delle Due Sicilie nel 1859-60, Napoli 1940, passim; R., Moscati, Austria,Napoli e gli Stati conservatori italiani(1849-1852), Napoli 1942, p. 174; G. Coniglio, Orientamenti della polit. estera napoletana nel 1832-34, in Arch. stor. per le prov. napol., LXXIII (1955), pp. 311 ss.; V. Giura, Russia,Stati Uniti d'America e Regno di Napoli nell'età del Risorgimento, Napoli 1967, pp. 280-83.