CARBONIERI, Luigi
Nato a Campagnola Emilia (Reggio Emilia) il 14 giugno 1821 da Giuseppe e da Anastasia Marmiroli, in una famiglia arricchitasi fra il Settecento e l'Ottocento con affittanze agricole e commerci, dopo aver studiato nel seminario di Nonantola si iscrisse all'università di Modena laureandosi in giurisprudenza. Nel 1848, dopo la costituzione del governo provvisorio seguita alla fuga del duca, fu eletto a far parte della commissione per il riordinamento dell'università e di quella, per il rinnovo delle leggi comunali.
Prendendo occasione proprio dall'espletamento di questo secondo incarico, il C. pubblicò sul periodico modenese L'Italia centrale due articoli che dibattevano la convenienza o meno di un ordinamento a base regionale (Se una federazione modellata sull'Elvetica convenga all'Italia, n. 1 del 4 apr. 1848, pp. 2 s.; Se una federazione modellata sull'America convenga all'Italia, n. 8 del 25 apr. 1848, pp. 39 s.), negando per l'Italia la validità dell'esperienza politico-costituzionale dei due paesi. Su un altro periodico sempre di Modena, L'Indipendenza italiana, scriveva (nn. 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 17, 18, dal 2 aprile al 17 maggio 1848) una serie di articoli per esaminare l'istituto comunale degli Stati estensi a partire dal sec. XVIII, concludendo con l'affermare come fosse necessaria una pluralità di istituti comunali ("...dov'è borgata ivi dev'essere comune") e come l'ordinamento locale dovesse solidamente poggiare sulle più ampie libertà.
La casa del C., il quale poi nel 1858 aderì alla Società nazionale, fu un centro cospirativo. Fuggito definitivamente (11 giugno 1859) da Modena Francesco V, e proclamatosi L. C. Farini prima governatore sardo (19 giugno) e poi (28 luglio) dittatore, il C. venne eletto all'Assemblea nazionale delle Provincie modenesi (apertasi il 14 agosto) dal LIX collegio (di Sestola, II di Montese). Insieme con G. Malmusi e C. Fontanelli sarà anche inviato, come oratore delle Provincie dell'Emilia, a Torino, a Parigi e a Londra per patrocinare la causa dell'unità italiana.
Assunto il portafoglio di ministro dell'Interno (16 settembre), il C. ebbe modo di realizzare i suoi orientamenti sullo sviluppo della vita comunale preparando il decreto n. 68 del 4 dic. 1859, che fissava la distrettuazione comunale delle Provincie modenesi. Ma poiché dissentiva dall'unificazione, attuata dal Farini l'8 dic. 1859, dei tre Stati modenese, parmense e bolognese nelle Provincie dell'Emilia, abbandonò la direzione dell'Interno, restando nel gabinetto Farini come ministro senza portafoglio. Dopo l'annessione, il C. fu eletto nella VII legislatura (1860) al primo Parlamento nazionale dai collegi di Pavullo e di Brescello, rimanendo per sorteggio deputato del secondo.
Il progetto per la "istituzione di una sezione [modificata poi in commissione] temporanea presso il Consiglio di Stato per lo studio e la compilazione di progetti di legge", presentato alla Camera il 16 maggio 1860 dal Farini, ministro per l'Interno, e divenuto legge n. 4133 del 24 luglio 1860; il successivo indirizzo, da parte del Farini che ne inaugurava i lavori il 13 agosto, della Nota che indicava gli obbiettivi e l'assetto della circoscrizione politico-amministrativa dello Stato, da consistere nei comuni, mandamenti, circondari, province e regioni ("più provincie insieme riunite", che però non dovevano "fare una rappresentanza amministrativa degli Stati... condannati..., tanto più che quelli nemmen disegnavano sempre le naturali regioni della geografia e della vita storica"); la presentazione poi alla Camera: il 13 marzo 1861 da parte di M. Minghetti, ministro degli Interni, di quattro progetti di legge "sulla ripartizione del Regno e sulle autorità governative", "sull'amministrazione comunale e provinciale", "sui consorzi" e "sull'amministrazione regionale" ("un consorzio permanente di provincie... obbligatorio") sono il quadro politico per intervenire nel quale il C. stese il polemico saggio Della regione in Italia (Modena 1861), uno dei libri antiregionalisti che ebbero maggiore diffusione, rivolto a contrapporre alle regioni, che nelle proposte Farini e poi Minghetti si presentavano come artificiose creazioni, la realtà storica dei grossi municipi sui quali avrebbe dovuto poggiare il vero decentramento.
Il dibattito su questi due progetti di legge, non solo nelle sedi di presentazione ma anche e maggiormente nel paese, fu vasto e acceso, coinvolse i maggiori uomini politici, ed ebbe una pluralità di punti focali. Semplificando al massimo, si discusse sia intorno all'opportunità politica e amministrativa del decentramento, e se reale o apparente; sia intorno alla validità e priorità politica e amministrativa del municipio, o della provincia, o della regione; e in questa parte specialmente del dibattito le opinioni riflessero le diverse realtà storiche e amministrative, le differenze d'assetto oggettive che l'unificazione si trovava di fronte. Certo è che sull'abbandono, poi sulla bocciatura dei progetti (del resto presentati con debolezza e scarsa convinzione dal governo), influì assai il C. col peso dei suoi argomenti.
Il saggio del C., su alcuni punti in accordo con le proposte del Farini e del Minghetti, prende le mosse da una sintesi storico-erudita (che è poi la parte più debole) che illustra il sistema amministrativo dell'antica Roma in Italia, con particolare riguardo al municipio, per giungere alla conclusione che il decentramento debba essere impostato sul comune e non sulle regioni, come lo fu anche nell'ordinamento amministrativo del napoleonico Regno italico.
La parte più interessante, e che ebbe più risonanza, nasce dall'esame della situazione amministrativa dell'Italia a lui contemporanca, e dai caratteri del progetto regionalista. Sostiene il C. che le "regioni" del progetto Farini, e poi "il consorzio permanente e obbligatorio di provincie" del progetto Minghetti, non sono affatto un decentramento, quanto un vero e proprio accentramento. Infatti, invece di trasferire alcune attribuzioni del potere centrale agli organi locali, il potere vi sarebbe esercitato da un governatore che "incarna il concetto di una quasi signoria". Questi poi, per un verso, in quanto rappresentante del governo, eserciterebbe una tipica funzione d'accentramento; e per l'altro, contemporaneamente, data la ampiezza dei suoi poteri (il C. lo paragona ai "pascialati" turchi), sarebbe fonte di anarchia e feudalizzazione dello Stato.
Il C. non proseguì l'attività politica: rifiutò offerte di candidatura al Parlamento, si dimise da consigliere provinciale per il circondario di Modena (ricoprì l'incarico dal 1860 al 1869) e nel 1877 da consigliere comunale (era stato eletto l'anno precedente). Nominato nel 1867 bibliotecario della Biblioteca Estense (nel 1873 pubblicava a Modena i Cenni storici della R. Biblioteca Estense in Modena), non portò più a conclusione una ricerca comparativa sulle istituzioni medievali in Italia e in Germania.
Morì a Colle Gigliato presso Pistoia, il 17 apr. 1883, e fu sepolto a Modena.
Fonti e Bibl.: Oltre gli atti ad annos negli Arch. storici del Comune di Modena e dell'Amministr. provinciale di Modena, si vedano: P. Sbarbaro, Una gloria italiana, in Gazz. di Parma, 24 apr. 1883; A. Cappelli, Commemoraz. di L.C., in Atti e memorie della Deputaz. di storia patria per le prov. di Modena e Parma, s. 3, II (1884), pp. XV s.; C. Carbonieri, Intorno alla famiglia Carbonieri di Campagnola Emilia, Modena 1885; I. Astoffi, Serie storico-cronolog. dei bibliotecari dell'Estense, Modena 1887, pp. 22 s.; E. Sola, L.C. Notizie bio-bibliogr., in Atti e mem. della Deputazione di storia patria per le antiche prov. modenesi, s. 4, X (1900), pp. 125-127; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliot. e bibliof. ital., Firenze 1933, pp. 143 s.; E. Passerin d'Entrèves, La politica naz. nel giugno-settembre 1861,Ricasolie Minghetti, in Arch. stor. ital., CXIII (1955), pp. 225 s.; F. Manzotti, Il progetto Farini-Minghetti sulle regioni e le osservazioni di L.C., in Il Risorgimento e L.C. Farini, II (1960), 2, pp. 121-149; I. Zanni Rosiello, I moderati emil. e i problemi legislativi e amministrativi..., in Rass. stor. toscana, X (1964), I, pp. 69-103; C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica da Rattazzi a Ricasoli(1859-1866), Milano 1964, pp. 46 s., 64 s.) 133, 512, 540, 809.