CARRER, Luigi
Nacque il 12 febbraio 1801 a Venezia, e vi morì il 23 dicembre 1850. Giovinetto ancora, l'esempio dello Sgricci lo trasse a girare il Veneto improvvisando con gran plauso tragedie; ma ben presto abbandonò la poesia estemporanea. Stabilitosi a Padova, attese, per conto della tipografia della Minerva, a pubblicare classici, a tradurre, a comporre biografie e opere filologiche varie. Ma la poesia non è per questo abbandonata: al primo Saggio di poesie (Venezia 1819) seguono in questo tempo la byroneggiante novella Clotaldo (del '25; pubblicata a Venezia nel 1826) e altre raccolte di versi (Poesie, Padova 1831 e 1832). Passato nel 1832 a Venezia, vi restò sino alla morte, collaborando a parecchie imprese editoriali, compilando, dal '33 al '43, il Gondoliere, giornale sulle prime fortunato, lavorando sempre assiduamente a opere di erudizione e di poesia.
La prima raccolta delle sue Ballate (v. ballata) è del '34; altre ne aggiunse di poi; del 1838 è la sua maggiore opera in prosa, l'Anello di sette gemme o Venezia e la sua storia, sorta di collana di biografie o romanzetti storici, talvolta frammisti di versi, talaltra sceneggiati o in forma epistolare, intesa a celebrare Venezia in sette delle sue donne fra le più famose.
Solo con la nomina a vicesegretario dell'Istituto veneto (1845) e con quella a direttore del museo Correr (1846) il C. poté raggiungere quell'indipendenza economica che tanto aveva desiderata. Poté così attendere a una nuova raccolta delle sue opere (Poesie edite ed inedite, Venezia 1845; Prose edite ed inedite, ivi 1846); ma il 1848 è alle porte. Il C. si lascia dapprima travolgere dall'entusiasmo generale sino a comporre canti patriottici, ma ben presto rinnega e, peggio, deride quell'entusiasmo. Trascorre gli ultimi anni intorno a un poema, La fata vergine, cominciato gia trent'anni prima: la morte lo interrompe al 13° canto.
Forse non c'è ramo della letteratura che il C. non abbia tentato. Dovunque nitore e scrupolo; ma anche, sempre, un passar vicino a problemi critici e a situazioni poetiche senza approfondire né gli uni né le altre, e senza quindi raggiungere né il progresso scientifico in un campo, né la poesia nell'altro. In sostanza il C. restò sempre un superficiale: il suo stesso eclettismo, in politica come nelle polemiche linguistiche e letterarie, deriva più da personale quietismo che da meditate convinzioni; e la sua posizione intermedia fra classicisti e romantici rimane storicamente sterile di effetti, come quella che tendeva a un istintivo e incoerente salvataggio di formule settecentesche piuttosto che a un superamento consapevole e lungimirante delle due scuole.
Bibl.: L. Lattes, in Miscellanea di storia ven., s. 3ª, X (1916); C. de Lollis, Saggi nella forma poetica italiana dell'Ottocento, Bari 1929, pp. 160-172.