CASALE, Luigi
Nato a Langosco Lomellina (Pavia) il 22 nov. 1882 da Santo e Maddalena Balocco, proprietari terrieri, nel 1908 si laureò in chimica industriale presso l'università di Torino, ove rimase, prima quale assistente poi come primo aiuto di M. Fileti, fino al 1915. Prima di tale data ebbe occasione di frequentare per un anno il laboratorio dell'università di Berlino diretto da H. W. Nernst. Tornato in Italia, dopo una breve opera presso l'università di Torino, passò come aiuto presso l'istituto di chimica farmaceutica dell'università di Napoli (1915-17), effettuando ricerche di chimica organica orientate prevalentemente verso la sintesi di gas asfissianti, allora di grande importanza bellica. Nel corso di una sperimentazione. egli stesso subì le conseguenze di un principio di intossicazione da gas. In tale periodo iniziò a pubblicare, sia da solo sia in collaborazione, alcuni lavori di chimica organica.
Poco prima e nel corso della prima guerra mondiale, il problema dell'approvvigionamento di prodotti azotati, sia per uso bellico sia per la fertilizzazione dei terreni agricoli, era diventato di importanza assoluta, particolarmente negli Imperi Centrali rimasti isolati dalle fonti cilene di nitrato sodico.
Alcuni anni prima del conflitto (1905-08) era stato realizzato in Germania, da F. Haber, il processo per la sintesi dell'ammoniaca direttamente da idrogeno e azoto. Sviluppato da C. Bosch presso la Badische Anilin- und Soda-Fabrik, il processo aveva permesso, già in tempo di guerra, produzioni in grandi quantità negli stabilimenti di Oppau (1913) e Leuna presso Merseburg (1917). Terminata la guerra, tutti i paesi industrializzati si interessarono all'acquisizione di un'autonomia in tale campo.
Il C. iniziò le sue ricerche quando ancora era diffusa la convinzione che, per la sintesi industriale dell'ammoniaca, fossero indispensabili mezzi, esperienze ed organizzazioni eccezionali. Tale stato d'animo era determinato anche dalle notizie lasciate filtrare ad arte dai tecnici della B.A.S.F. al termine della guerra. Le difficoltà da superare riguardavano soprattutto i materiali (acciai speciali per i reattori) e le particolari apparecchiature necessarie per raggiungere regimi di pressione così elevati con enormi quantità di gas.
Il C., dal 1917 al 1919, con intensi studi ed originali sperimentazioni riuscì ad approntare ed a far funzionare (primavera del 1919), nello stabilimento Rumianca presso Domodossola, un impianto semindustriale capace di produrre un quintale al giorno di ammoniaca anidra.
Il processo operava alla pressione di 600-800 atm (a seconda dell'età del catalizzatore) e a temperature di c. 450-500 °C, condensando l'ammoniaca alla temperatura dell'acqua refrigerante di fonte e moderando la temperatura del catalizzatore (allo scopo di allungarne la vita attiva) con un accorgimento capace di attivare un meccanismo chimico-fisico di autoregolazione termica, cioè col riciclo di gas non completamente privati di ammoniaca (v., p. es., il brevetto tedesco n. 374-773 del 1921). Il catalizzatore era a base di ferro attivato con ossidi metallici vari.
Dopo due anni di alterne vicende, nel 1921 veniva fondata, con capitale misto italiano ed americano, la Società Casale Ammonia, che iniziò la costruzione di impianti in tutto il mondo. Il primo impianto in Italia fu costruito a Nera Montoro (Terni), ove esisteva una larga disponibilità di energia elettrica necessaria allora, in Italia, per produrre idrogeno. Esso cominciò la produzione nel 1921. Nel 1927 gli impianti eretti nel mondo ammontavano già a 22; tra essi quello di Tolosa, per il quale il processo Casale fu fuso con l'Haber-Bosch, di cui lo Stato francese aveva già i diritti per lo sfruttamento, e fu quindi preferito persino al processo dell'eminente francese G. Claude.
Il processo Casale s'affiancò facilmente al più vecchio Haber-Bosch, al contemporaneo processo Fauser e a quello Claude, di poco posteriore, grazie alle sue ottime caratteristiche e al rendimento economico.
L'Haber-Bosch era allora assai complicato: operava con reattori tubolari di piccolo diametro, montati a gruppi paralleli. Questa soluzione, ideata per smaltire il calore di reazione, in realtà si dimostrava molto onerosa, in quanto i tubi (dalle pareti di limitato spessore) si lesionavano facilmente perché assoggettati all'azione contemporanea del calore, della pressione e dell'idrogeno. Per meglio resistere dovevano essere costruiti con acciai speciali, allora costosissimi, e che poche ditte (fra cui la Krupp) potevano produrre e lavorare.
Nell'altro processo italiano, dovuto a G. Fauser, la temperatura viene abbassata gradualmente frazionando il catafizzatore in tanti piccoli strati sovrapposti, fra i quali sono inseriti refrigeranti ad acqua. Il metodo Casale, invece, fa asportare il calore di reazione dai gas freddi di alimentazione e ficiclo fatti circolare, in controcorrente ai gas di sintesi, nell'intercapedine tubolare più esterna, cioè fra il tubo contenente il catalizzatore e la parete esterna del reattore. Questa parete, la sola a dover sopportare la pressione, a contatto coi gas freddi di fresca alimentazione, è assoggettata a temperature non superiori ai 200 °C, che si verificano soltanto ad uno degli estremi del reattore. Per tale motivo non è necessario costruire il reattore con acciai speciali. La pressione di esercizio è intermedia fra quelle dei processi Haber-Bosch e Fauser e quella, intorno alle 1000 atmosfere, del Claude. Rispetto a quest'ultimo, quindi, il metodo Casale presenta il vantaggio di non avere le esigenze merenti all'uso di alte pressioni (ipercompressori, maggiori misure di sicurezza. maggior manutenzione, maggiori difficoltà costruttive) e realizza maggiori rendimenti sui gas alimentati, in quanto opera a ciclo chiuso, mentre il Claude disperde nell'aria i gas non convertiti.
Quello Casale è stato il primo grande processo chimico italiano esportato all'estero con largo successo. Ancora oggi sono costruiti nel mondo impianti basati sul processo Casale perfezionato. L'importanza industriale di tale processo a confronto con gli altri è desumibile dal fatto che oggi, ad oltre 50 anni dalla sua realizzazione, esso è, dopo l'Haber-Bosch (modificato) che primeggia quasi dappertutto, il più usato, insieme col Fauser; seguono il Claude ed altri di minore importanza.
L'opera del C. è stata ed è tuttora un grande contributo alla soluzione della fertilizzazione chimica azotata dei terreni agricoli, e quindi in definitiva alla nutrizione del genere umano.
Il C. conseguì, in Italia e all'estero, oltre trenta brevetti; la maggior parte riguarda procedimenti o impianti inerenti alla sintesi dell'ammoniaca, ivi compresa la produzione industriale di azoto e idrogeno; alcuni riguardano la preparazione dell'urea da ammoniaca e biossido di carbonio. Il C. morì a Vigevano il 18 febbr. 1927.
Bibl.: Necr. in Giorn. di chimica industr. ed applicata, IX (1927), p. 90; La produz. dell'ammoniaca sintetica. Il processo italiano del dottor C. in confronto di quello tedesco e di quello francese, in Riv. del freddo, VII (1921), pp. 1-7; A. Coppadoro, I chimici ital. e le loro associazioni, Milano 1961, p. 286; Pagine di storia della chimica, L. C., in Il Chimico, I (1963), p. 3; Enciclopedia of Chemical Technology, II, pp. 282-87; Enc. Ital., IX, p. 278; Lessico universale italiano, I, pp. 557-559 (sub voce Ammoniaca).