CORTESE, Luigi (Louis)
Nacque a Genova il 19 nov. 1899, primogenito di Andrea, agiato commerciante, e della francese Jeanne Constant, che aveva studiato pianoforte. Avviato molto presto allo studio del pianoforte (con sua sorella Solande, mentre l'altro fratello Jean-Marie si dedicava al violino), ebbe per maestri R. Lusana, poi il napoletano E. Perotti ed infine M. Ferrari. Conseguita la maturità all'istituto Arecco, s'iscrisse alla facoltà di matematica, ma nell'inverno del 1917 venne richiamato alle armi. Mentre frequentava l'Accademia militare di Torino, fu colpito da una polmonite e trascorse una lunga convalescenza a Genova. Finita la guerra, riprese gli studi universitari e soprattutto quelli musicali col Ferrari, iniziando a comporre alcune pagine pianistiche, come il Preludio (1921) e le Trois pièces (1923-24), edite a Parigi nel 1927-28. Laureatosi nel 1924 in matematica e contemporaneamente diplomatosi in pianoforte al liceo musicale di Bologna, si recò a Parigi presso lo zio M. Constant, un industriale appassionato di musica, che per primo gli fece conoscere composizioni di D. Milhaud, A. Honegger e di A. Roussel, fin da allora prediletto dal C., che più tardi gli dedicherà uno dei primi saggi italiani.
A Parigi, ove si stabilì per qualche anno, il C. studiò nel biennio 1924-26 armonia con A. Gédalge (già maestro di Ravel, Bloch, Ibert, Honegger e Milhaud), composizione con E. Lévy e pianoforte (per brevissimo tempo) con A. Cortot: ma fu soprattutto decisiva per il suo stile musicale la frequentazione dell'ambiente dominato da Stravinski e dal "Gruppo dei sei". Sempre a Parigi venivano pubblicate nel 1928-29 due liriche composte a Genova nel 1925 e 1928, ossia Heures d'été e L'adieu (su testo, rispettivamente, di A. Samain e G. Apollinaire). Rientrato in Italia, il C. completò a Roma la sua formazione musicale con A. Casella da cui desunse il "concetto costruttivo e oggettivo della composizione" (come ha scritto il De Paoli, p. 221), evidente in composizioni vocali (il Sonetto di Lorenzo de' Medici e i Trois poèmes di G. Apollinaire, composti nel 1930, e i due Canti persiani per voce, flauto e pianoforte op. 8, scritti nel 1932 ma pubblicati dieci anni più tardi a Milano) e soprattutto strumentali, quali i due Pezzi per pianoforte (1932), la Sonatina per violino e pianoforte terminata nel 1935, la Serenata per archi op. 10 (che è la sua prima opera orchestrale, del 1936) e l'Introduzione e scherzo per pianoforte (1933-36), dedicato appunto a Casella.
In questi anni il C. si segnalava, oltre che come concertista e docente di pianoforte (particolarmente aperto alla musica del Novecento), come pubblicista e saggista, collaborando dal 1932 a quotidiani genovesi (Il Secolo XIX, Il Corriere mercantile) e dal 1934 a periodici, come L'Italia letteraria diretta da Casella, la Rivista musicale italiana (ove apparve nel 1937 il suo ritratto di A. Roussel) e la Revue musicale, per la quale scrisse nel 1940 il saggio Deux siècles de musique en Italie. Pubblicò, inoltre, la prima vera monografia critica italiana su Alfredo Casella (edita nel 1930 a Genova): "minuto e attentissimo saggio", come lo definì il Gavazzeni, che chiarisce la definizione stilistica di questo rinnovatore della musica italiana.
Intanto, come compositore, il C. conseguiva i primi successi internazionali (il Preludioe fuga per clavicembalo, poi trascritto per orchestra, ottenne consensi nel 1939 alla Société nationale de musique di Parigi, come pure i due Sonetti 137 e 138 del Petrarca dedicati nel 1940 a Suzanne Danco, con cui il musicista svolse tournées concertistiche) e si affermava con la sua prima opera impegnativa, l'oratorio David, il re pastore (1936-38), eseguito al teatro Carlo Felice di Genova nel 1941, a cui seguì l'opera lirica in tre atti Prometeo, scritta tra il 1941 e il 1947 ed eseguita, sotto la direzione di G. Gavazzeni, al teatro delle Novità di Bergamo nel 1951. Da quest'opera (che fu giudicata, per la sua "staticità", un oratorio da R. Malipiero sulla Rassegna musicale), il C. trasse una Suite sinfonica in sei parti, composizione che si associa a un'altra pagina orchestrale, il Canto notturno del 1940. Ma agli anni di guerra, che videro il musicista ritirarsi per protesta da ogni attività pubblica, risalgono soprattutto composizioni cameristiche come i cinque Momenti musicali su testi di Rilke (eseguiti dalla Danco nel 1942 all'VIII Rassegna internazionale di Venezia), il Capriccio e 4 Pezzi brevi per pianoforte, e il Salmo VIII per soprano, flauto, violoncello e pianoforte (1943), eseguito nel 1946 al IX Festival internazionale di musica contemporanea di Venezia.
Dopo il conflitto, il C. riprese la sua attività di critico, collaborando alla rivista Emporium, al quotidiano milanese Il Popolo (1946) e alla rivista Sipario, di cui fu, nel 1946, uno dei fondatori; inoltre, curò la traduzione di scritti di Liszt (Confessioni di un musicista romantico, Milano 1945), di Debussy (Il signor Croche antidilettante, Milano 1945) e di Chopin (Lettere intime, Milano 1946), opere associate a due brevi scritti su Ravel (Milano 1944) e Chopin (Milano 1949). Inoltre, il C. fu promotore della rinascita concertistica a Genova, fondando nel 1945 la Società filarmonica genovese, di cui divenne direttore artistico, che ebbe vita solo un anno, ospitando nondimeno direttori e solisti illustri come C. Zecchi, G. Gavazzeni, L. Dallapiccola, I. Markevich e A. Benedetti Michelangeli. Tornava intanto alla composizione con due opere pianistiche dedicate ad A. Cortot (Barcarola e Suite française, 1947-51) e due raccolte vocali (due Odi da Ronsard, op. 25 e Tre poemi di Rilke, op. 27), occupandosi, tra il 1948 ed il 1952, anche di musiche per film (Suite d'entrèves per i film Monte Bianco, Caratteri mobili, Incontri genovesi e Bambini tardivi) e di musiche di scena per La Celestina di De Rojas e Il fuoco sulla terra di Mauriac (1952-53): esperienze che sfociarono nell'altra opera lirica in due atti La notte veneziana (tratta da A. de Musset), conunissionatagli dalla R.A.I. (1953-55) e dedicata a Giuliana Gabanizza, che nel 1954 era diventata sua moglie.
Intanto il C. occupava importanti cariche pubbliche a Genova, venendo prima nominato (1951) direttore del liceo musicale "N. Paganini" (carica che mantenne fino al 1964) e poi direttore artistico del Premio internazionale di violino N. Paganini (istituito nel 1954 nel quadro delle celebrazioni colombiane), carica che mantenne fino alla morte. Nell'ultimo ventennio di vita viaggiò molto, recandosi più volte a Mosca, Parigi, Bruxelles e Lisbona, sia come concertista sia come membro di giuria di concorsi internazionali; tuttavia non tralasciava la composizione di opere anche eseguite all'estero, quali la Sonata per corno (1955) e quella per violoncello e pianoforte (1960), la Sinfonia Op. 35 (1957), il Concerto per violino e orchestra dedicato ad A. Grumiaux (1960-61) e la Fantasia per orchestra op. 44; inoltre, parecchie liriche per voce e pianoforte (Cinque poesie di Apollinaire, op. 36, Due odi di Ronsard, op. 37, Vocalizzo e Due canti per voci infantili) e varie composizioni da camera: Introduzione e Allegro e Melodia per flauto e pianoforte, Capriccio per violino e piano, Improvviso per viola e pianoforte (opere commissionategli dal conservatorio di Parigi per i concorsi del 1964 e del 1967) e Cinque pezzi per pianoforte op. 45 (1965). Invece, la produzione musicale si dirada nell'ultimo decennio, anche per l'impegno al Premio Paganini a cui viene ad associarsi per pochi mesi (marzo-luglio 1969) la nomina a direttore artistico del teatro Comunale dell'Opera di Genova: accanto a Cinque canti popolari della Liguria e ad un'Invenzione per due flauti, il C. ora attendeva a creazioni impegnative, quali l'opera in due atti Le notti bianche (da Dostojevski), rappresentata alla Piccola Scala di Milano nel 1973, e due composizioni religiose, ossia la Sinfonia sacra "Inclina Domine aurem tuam"per coro ed orchestra (1966-67) ed i Tre salmi per voce ed orchestra (1973-74), composizioni ispirate alla coscienza di una fine che avvertiva imminente.
Morì a Genova il 10 giugno 1976, lasciando abbozzato un Concerto per due violini e orchestra; un anno più tardi, le sue spoglie furono traslate, col patrocinio del comune, nel Pantheon del cimitero di Staglieno.
Proprio la molteplice attività didattica, organizzativa, concertistica e critica del C. favorì la sua posizione di musicista moderatamente moderno, capace di contemperare (dietro il "bilinguismo" che il De Paoli rinviene nella sua formazione e nella sua stessa origine) eredità caselliane e del postimpressionismo francese. Vera è la sua asserzione di sentirsi "essenzialmente melodista", come mostra la sua copiosa produzione di liriche e altresì le sue esperienze corali e teatrali, pur innervate da salde tessiture contrappuntistiche e da procedimenti politonali, attuati da un'orchestrazione trasparente e timbricamente varia. Le sue opere maggiori (l'oratorio David, il Prometeo) evidenziano la tendenza a un'interiorizzazione emotiva che rende "statica" l'azione e mostra una "leale accettazione dei mezzi espressivi sia del passato che del presente" (De Paoli). Il clima si fa meno severo e più arioso nella francesizzante Notte veneziana, preparata, nell'atmosfera accurata ed elegante delle arie vocali e degli episodi strumentali, da parecchie raccolte di liriche, molte delle quali sono preziose e raffinate, mentre nelle Notti bianche la vocalità riecheggia, nel declamato e nell'assorta emozione interiore delle vicenda, il Peléas debussiano, come ha stigmatizzato, fin troppo duramente, la critica. Maggior autonomia mostrano composizioni orchestrali come la Sinfonia ed il Concerto per violino, sostanzialmente devote a strutture formali della grande tradizione ma intese nell'ottica del neoclassicismo, laddove echi stravinskiani traspaiono nella Sinfonia sacra che, coi Tre salmi, decide il finale orientamento religioso del musicista, che in verità ricapitola e conclude ciclicamente quell'istanza spirituale già enunciata nei testi biblici del David, una delle sue opere più emblematicamente europee, come notò il Gavazzeni.
Fonti e Bibl.: R. Bernard, L. C., in Revue musicale, II, (1937), pp. 25 s.; L. Rognoni, Ritratto di L. C., Milano 1941; J. Stehman, L. C., in La Lanterne (Bruxelles), 4, 1948; Gianandrea Gavazzeni, Il genovese L. C., in Musicisti d'Europa, Milano 1951, pp. 240-45; M. Pincherle, Musiciens italiens à Gines et à Paris, in Les Nouvelles littéraires (Parigi), 5 maggio 1955, pp. 8 ss.; R. Dumesnil, Le mythe de Prométhée dans la musique moderne: G. Fauré, M. Emmanuel, L. C., in Le Monde (Parigi), 8 sett.. 1960; Id., La symphonie de L. C., ibid., 25 genn. 1964; D. De Paoli, Ricordo di L. C., in Notiziario Suvini-Zerboni, Milano 1977, pp. s-16; Id., L. C., in Nuova Rivista musicale italiana, II (1977), pp. 220-231; R. Iovino-D. Perfumo, L. C., La vita e l'opera, Genova 1979; Die Musik in Geschichte u. Gegenwart, XV, coll. 1607 s.; The New Grove Dict. of Music and Musicians, IV, pp. 809 s.