ARAGONA, Luigi d'
Primogenito di Enrico, marchese di Gerace, figlio naturale del re di Napoli, Ferdinando I, e di Polissena Genteglia, dei marchesi di Crotone, nacque a Napoli nel 1474. Alla morte del padre, nel 1478, ereditò il marchesato e la carica di gran protonotario del Regno. Nel 1492, in pegno del ritrovato accordo tra la Santa Sede e la corte napoletana, Innocenzo VIII e Ferdinando d'Aragona decisero il suo matrimonio con una nipote del pontefice, Battistina Usodimare Cybo, figlia di Gherardo Usodimare. Le nozze, che furono a lungo ricordate per il fasto e per l'eccezionale concorso della più alta nobiltà della Chiesa e del Regno, vennero celebrate il 3 giugno 1492; meno di due anni più tardi, nel marzo 1494, esse erano, però, annullate da Alessandro VI, per permettere all'A. di intraprendere la carriera ecclesiastica, alla quale era destinato da una clausola del trattato di alleanza stipulato tra il nuovo re di Napoli Alfonso II e il Borgia: quest'ultimo si era, infatti, impegnato ad elevare l'A. alla porpora nella prima promozione cardinalizia. Il 5 maggio 1494 l'A. rinunciò al marchesato in favore del suo più giovane fratello Carlo e il giorno successivo ricevette la tonsura dal vescovo di Napoli Alessandro Carafa.
Trasferitosi alla corte romana, ottenne l'ufficio di protonotario apostolico e nello stesso mese di maggio, m concistoro segreto, il pontefice lo elevò alla dignità cardinalizia, assegnandogli il titolo diaconale di Santa Maria in Cosmedin. Questa nomina venne, però, resa pubblica soltanto nel 1496. In seguito Alessandro VI assegnò all'A. numerosi e importanti benefici nel Regno, tra i quali l'amministrazione dei vescovati di Lecce (19 dic. 1498), Aversa (10 marzo 1501), Policastro (1501) e Capaccio (20 genn. 1503). Nel settembre 1499, in seguito alla conquista francese di Milano, Federico III d'Aragona inviò l'A. in Spagna, insieme con la regina Giovanna, vedova di Ferdinando I, per richiedere l'aiuto del re Cattolico contro l'incombente minaccia degli eserciti di Luigi XII. Per questa missione l'A. si trattenne a Granada sino al novembre dei 1500, allorché, venuto forse a conoscenza del trattato segreto stipulato tra Ferdinando e Luigi ai danni degli Aragonesi di Napoli, lasciò la corte spagnola. Recatosi in Francia, vi incontrò nel 1501 il detronizzato Federico e rimase con lui alla corte di Parigi sino all'agosto 1503, quando fu convocato a Roma per il conclave seguito alla morte di Alessandro VI. Ostilissimo agli Spagnoli, ai quali non sapeva perdonare il tradimento compiuto ai danni della sua famiglia, l'A. fu nel sacro collegio uno dei più attivi sostenitori del cardinale Giorgio d'Amboise, candidato della Francia al soglio pontificio, e un uguale atteggiamento egli tenne anche nel conclave successivo alla morte del pontefice Pio III.
Dotato di notevoli qualità politiche, l'A. fu durante il pontificato di Giulio II uno dei più ascoltati collaboratori del papa: in più occasioni, e particolarmente nei famosi convegni politici di Ostia, tra il 1508 e il 1510, nei quali i cardinali fedeli al Della Rovere si consultavano sulle spregiudicate iniziative del pontefice, nell'incontro di Bologna dell'agosto 1510 tra Giulio II e Alfonso I d'Este, nella campagna dell'inverno 1510-1511 contro il duca di Ferrara, il parere dell'A. influi notevolmente sulle decisioni del "pontefice terribile". La fedeltà dell'A. a Giulio II rimase immutata anche durante la grave crisi determinata dalla convocazione del conciflo scismatico di Pisa e fu confermata con la partecipazione al concilio del Laterano nel maggio del 1512. Non è da escludere che tanta devozione fosse alimentata anche dalla speranza che dalla avventurosa politica del Della Rovere risultasse qualche vantaggio alla causa della restaurazione degli Aragonesi di Napoli: in effetti il Sanuto (Diarii, XV, col. 10) testimonia che il papa nell'agosto 1512 pensava seriamente ad una iniziativa per scacciare dall'Italia gli Spagnoli e addirittura si proponeva di "far re di Napoli il cardinal di Ragona". Quali che fossero, comunque, i progetti della curia, la morte di Giulio II mise fine ad ogni aspirazione che l'A. potesse nutrire sulla corona napoletana. Il pontificato di Leone X, la cui elezione, del resto, anche l'A., insieme agIi altri "cardinali giovani", aveva sostenuto nel conclave del 1513, si apriva con una promessa di pace universale, che escludeva qualsiasi proposito di modificare la situazione del Regno di Napoli, ed è forse in conseguenza di ciò che l'A. rinunziò a sostenere ancora l'importante ruolo politico esercitato durante il pontificato precedente: tranne una breve legazione nella Marca nel 1514 e la partecipazione alla congregazione cardinalizia p reposta alla stipulazione del concordato con Francesco I, egli non ebbe più alcun incarico di un qualche rilievo politico. Tuttavia l'A. non fu meno vicino a Leone X di quanto non fosse stato a Giulio II: come a questo lo aveva saldamente legato l'ambizione politica, così lo fecero intimo del Medici i gusti raffmati, l'amore per le arti, le lettere, la musica, la magnificenza delle abitudini, che gli venivano sia dall'alta origine sia dall'educazione umanistica.
Sin dal pontificato di Giulio II egli aveva eminentemente contribuito allo splendore della corte romana; era rimasta famosa la sua sfarzosa partecipazione ai camevali, particolarmente a quello del 1508,così come i festini nel suo magnifico palazzo San Clemente (ora dei Penitenzieri), dove l'A. ospitò poi il duca dì Ferrara Alfonso d'Este (1513) e la duchessa di Mantova Isabella d'Este Gonzaga (1514). Dotato di rendite assai cospicue (Beatrice d'Aragona, figlia di Ferdinando I e moglie del re d'Ungheria Mattia Corvino, gli aveva lasciato nel settembre 1508 un'eredità di quarantamila ducati; Giulio II gli concesse l'amnùffistrazione dei vescovati spagnoli di León, il 6 giugno 1511, e di Cadice, il io febbraio dello stesso anno, oltre al decanato della chiesa di Siracusa il 10 apr. 1512; Leone X gli attribuì le rendite dell'abbazia di Chiaravalle e di quella di Montevergine e l'amministrazione del vescovato di Nardò il 17 giugno 1517), l'A. era tra i più munifici protettori di artisti e letterati, tra i quali Giangiorgio Trissino e Pietro Martire di Anghiera, che gli dedicò il quinto e il sesto libro delle Decades de Orbe novo: aveva, insomma, tutte le qualità per piacere all'umanista e mondano Leone X, di cui, infatti, fu uno dei favoriti, l'inseparabile compagno dei gioiosi conviti vaticani, il direttore delle famose partite di caccia al cervo nella villa della Magliana, l'accompagnatore prediletto nel viaggio compiuto dal pontefice nell'Italia settentrionale nel 1516.
Nel maggio 1517 l'A. partì nuovamente da Roma per recarsi nei Paesi Bassi a rendere omaggio a Carlo d'Asburgo, recentemente salito sul trono di Spagna.
Questa, almeno, fu la ragione ufficiale del viaggio, ma l'arresto seguito di lì a poco del cardinale Petrucci e di altri membri del sacro collegio, accusati di cospirare contro il papa, fece nascere a Roma le voci più disparate intorno ai motivi che avevano indotto l'A. a lasciare improvvisamente la città; si avvertì retrospettivamente un certo raffreddamento nei rapporti tra Leone X e il suo favorito, per l'innanzi così cordiali; si ricordò che l'A. non aveva potuto ottenere dal pontefice la carica di camerlengo alla quale aspirava, si sottolineò la sua amicizia con i cardinali Castellesi e Soderini e con il maestro di cerimonie del papa Paride Grassi, tutti compromessi nel complotto, per concludere che egli era stato certamente a conoscenza della congiura e si era sottratto con la partenza al dovere di informarne il suo protettore; ovvero lo si sospettò addirittura di essere stato uno dei promotori della cospirazione e di essersi messo in salvo tempestivamente, quando l'aveva vista scoperta. In realtà non c'è alcuna prova che l'A. abbia avuto qualche parte nell'episodio, sia stato o no questo soltanto una mistificazione di Leone X, come prova del resto l'immutato favore col quale lo accolse il papa al suo ritorno. La ragione dei lungo peregrinare del cardinale attraverso l'Austria, la Germania, i Paesi Bassi e la Francia, sino al marzo del 1518, era invece la sua insaziabile curiosità di umanista, il desiderio di conoscere paesi lontani e genti diverse, paesaggi inconsueti e personaggi singolari, senza immediati fini pratici e senza programmi, così da prolungare di alcune settimane il suo viaggio per andare ad osservare le maree sulle coste bretoni e normanne, mentre non era stato disposto ad un breve ritardo di pochi giorni per recarsi a rendere omaggio all'imperatore Massimiliano.
Il segretario dell'A., Antonio de Beatis, canonico di Molfetta, ha lasciato una narrazione del viaggio compiuto dal cardinale attraverso l'Europa centro-settentrionale e la Francia alla immediata vigilia della rivoluzione luterana.
Il 16 marzo 1518 l'A. era nuovamente a Roma, dove il pontefice lo accoglieva con l'abituale benevolenza. Per assai breve tempo l'A. riprese però la sua brillante vita di corte: moriva, infatti, ancora giovane di lì a poco, il 21genn. 1519
Tre giorni prima aveva fatto testamento, lasciando tutte le sue sostanze al duca di Amalfi Federico d'Aragona, a Enrico Orsini duca di Nola, e al conte di Venafro Enrico Pandano. Dall'A. trasse il cognome la famosa etèra Tullia d'Aragona, che si compiaceva, ma pare senza fondamento, di far risalire la propria nascita alla relazione del cardinale con la coltigiana, ferrarese Giulia Campana.
Fonti e Bibl.: Fondamentale la biografia premessa dal Pastor alla sua edizione del diario del de Beatis, Die Reise des Kardinals L. d'A. durch Deutschland, die Niederlande, Frankreich und Oberitalien 1517-1518 beschrieben von Antonio de Beatis, a cura di L. v. Pastor, Freiburgi. Br. 1905; cfr. poi ancora M. Sanuto, Diarii, I-XXVI, Venezia 1879-1889, passim; I. Frati, Le due spedizioni milit. di Giulio II tratte dal diario di Paride Grassi bolognese, in Docum. e studi pubbl. per cura della R. Deputaz. di Storia patria per le Prov. di Romagna, I, Bologna 1886, passim; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, I, p. 44; II, pp. 25, 101; L. Volpicella, Viaggio del Cardinal d'A., in Arch. stor. per le prov. napol., I(1876), pp. 106-117; A. Ademollo, Alessandro VI, Giulio II e Leone X nel carnevale di Roma, Firenze 1886, passim; D. Gnoli, Le cacce di Leone X, Roma 1893, passim; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medio-Evo, IV, Roma-Torino 1902, p. 18; T. De Wyzewa, Un touriste italien en France sous François Ier, in Revue des deux mondes, LXXVIII, 5 (1908), pp. 457-468; L. Volpicella, Federico d'Aragona e la fine del Regno di Napoli nel 1501, Napoli 1908, pp. 19-20; G. Suster, Relazione d'un viaggio fattosi attraverso il Trentino nel 1517, in Arch. trentino, XXV (1910), pp. 149-153; L. v. Pastor, Storia dei Papi, III, Roma 1912, passim; IV, 1, Roma 1908, passim; C.Eubel, Hierarchia catholica, I, Monasterii 1914, ad indicem; II, ibid. 1923, ad indicem; G. A. Cesareo, Pasquino e pasquinate nella Roma di Leone X, Roma 1938, pp. 72, 76, 94, 135; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano s. d., pp. 535, 567; F. Winspeare, La congiura dei cardinali contro Leone X, Firenze 1957, pp. 5, 24, 146.