DE GREGORI, Luigi
Nato il 2 maggio 1874 a Roma, da Francesco e da Teresa Ghobert, si laureò in lettere alla Sapienza nel 1899 con la tesi Di Dioscuride e i suoi epigrammi, che venne pubblicata sugli Studi italiani di filologia classica (IX [1901], pp. 149-93). Collaborò in quegli anni con il Bessarione, manifestando uno spiccato interesse per gli studi bizantini, ai quali tuttavia - non appena abbracciata, sull'esempio dello zio Ignazio Giorgi, la professione di bibliotecario - fu costretto a rinunciare. Come sottobibliotecario lavorò per dieci anni presso la Biblioteca nazionale di Roma, il cui direttore D. Gnoli esercitò su di lui grande influenza soprattutto per la capacità di coltivare insieme interessi letterari e attenzione costante alle questioni organizzative emergenti dal quotidiano lavoro.
Dal 1913 al 1921 diresse la Biblioteca del ministero della Pubblica Istruzione; successivamente, fino al 1925, ebbe il compito di costituire quella dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte. Negli stessi anni assunse anche altri incarichi: dal 1915 si occupò della Biblioteca romana Antonio Sarti, e dal 1920 riorganizzò quella della Casa di Dante. Gli venne affidata la custodia del patrimonio librario, sequestrato e trasportato a Castel Sant'Angelo, dell'Istituto archeologico germanico: in riconoscimento della capacità dimostrata in un compito così delicato, il D. ne fu nominato, nel 1925, socio corrispondente. Nel dicembre dello stesso anno divenne direttore della Casanatense, una delle più antiche e prestigiose biblioteche pubbliche romane, fondata agli inizi del XVIII secolo dai padri domenicani. Continuando l'opera avviata da I. Giorgi, che ne era stato a capo dal 1893 al 1923, compì ogni sforzo per rendere la biblioteca più efficiente e sicura: ampliò i depositi, allungò gli orari di consultazione, realizzò un moderno impianto di illuminazione e un locale blindato destinato alla conservazione dei manoscritti, fece eseguire numerosi interventi di restauro. Negli stessi anni, nella veste di soprintendente per l'Abruzzo e il Molise, aveva modo di constatare la desolante realtà delle biblioteche comunali e popolari. Ebbe anche occasione - nel corso di frequenti missioni di lavoro all'estero o in qualità di rappresentante dell'Associazione italiana delle biblioteche - di verificare l'arretratezza del sistema bibliotecario italiano rispetto alla modernità e all'efficienza raggiunta in altri paesi. L'assidua presenza ai congressi organizzati dalla International Library Association gli consentì di stringere rapporti di collaborazione con famosi bibliotecari stranieri, tra cui l'americano W. W. Bishop e lo svedese I. Collijn. Fu uno dei più attivi organizzatori del Congresso mondiale delle biblioteche che si tenne a Roma nel 1929.
La consapevolezza maturata lungo la sua attività sull'abbandono in cui versavano le biblioteche italiane, spinse il D. a intervenire pubblicamente sulla stampa, rivelando doti di abile polemista.
Lo stato di abbandono delle biblioteche, in Il Messaggero, 23 febbr. 1926; A inchiesta finita. Salviamo le nostre biblioteche, in Corriere della sera, 16 apr. 1926; I guai dellaBiblioteca "Vittorio Emanuele". Intervista a D. Gnoli, in Il Messaggero, 18 apr. 1926; Ancora in difesa delle biblioteche d'Italia, in Corriere della sera, 17 ag. 1926; Le biblioteche, spesa improduttiva, ibid., 17 genn. 1928: sono alcuni dei suoi interventi sui maggiori quotidiani di Roma e di Milano. La campagna, condotta in prima persona, ma anche ispirando gli articoli di Ugo Ojetti sul Corriere della sera, mirava da un lato a risollevare dalla generale arretratezza le trentadue biblioteche dello Stato, e in particolare la Vittorio Emanuele, modernizzandole e accrescendone il patrimonio anche col ricorso a un contributo speciale che i cittadini - sull'esempio di quanto già avveniva all'estero - avrebbero dovuto pagare per quel servizio; dall'altro a diffondere l'idea di una biblioteca "nuova", che - superando il tradizionale e vieto concetto di biblioteca popolare - fosse realmente aperta a tutti, presente anche nei centri minori, moderna e ben fornita di testi divulgativi tecnici e scientifici. Un primo concreto risultato fu la creazione presso il ministero della Pubblica Istruzione di una Direzione generale delle Accademie e Biblioteche.
Gli interventi a difesa del patrimonio librario pubblico si alternavano a temi di carattere erudito per lo più dedicati a Roma (Orti letterari nella Roma di Leone X, in Il Messaggero, 13 marzo 1930; Figure del Seicento romano, Il commissario dell'Acqua Mariana (Giano Nicio Eritreo), ibid., 5 marzo 1931; ma anche altri scritti rivolti alle sue due maggiori passioni di romanista, piazza Navona e Gioacchino Belli).
Contemporaneamente avviò studi di topografia romana e di storia della stampa, anche se, per il limitato tempo disponibile, le sue accurate indagini si tradussero in brevi articoli. Collaborò assiduamente con l'Istituto di studi romani e curò alcune importanti mostre di topografia romana, tra cui la mostra di Roma secentesca del 1930. Postuma è una importante edizione di tutte le più significative piante iconografiche e plastigrafiche di Roma antica, medievale, moderna e contemporanea. Esperto conoscitore di incunaboli romani, fu soprattutto alle vicende della stampa a Roma nel '400 che il D. dedicò le sue migliori energie di studioso, curando tra l'altro una esemplare mostra di edizioni quattrocentine allestita nel 1933 nel salone della Casanatense. Anche le ricerche di storia della tipografia nei secoli XV e XVI trovarono, tuttavia, sempre un limite nei pressanti impegni di bibliotecario.
Nel 1936, nominato ispettore, lasciò la Casanatense per importanti incarichi presso il ministero, tra cui la guida dei progetti di modernizzazione in corso presso alcune biblioteche statali. Nel 1939 gli venne affidata la protezione, dai pericoli bellici, del materiale bibliografico di maggiore valore storico; negli anni della guerra si trovò così a viaggiare da un ricovero all'altro per verificarne personalmente le condizioni di sicurezza. Nel gennaio del 1944 intuì la convenienza di trasferire nella Biblioteca Vaticana i manoscritti più preziosi delle biblioteche romane, fino ad allora depositate nel ricovero di S. Scolastica a Subiaco, che pochi mesi dopo venne completamente distrutto durante una incursione aerea.
Le soste ispettive di questi anni nel monastero benedettino, che nel '400 aveva visto nascere la più antica azienda tipografica italiana ad opera di due tipografi renani, gli fornirono peraltro l'occasione per sollevare un problema su cui da tempo anche altri studiosi ed esperti di incunaboli si interrogavano. Il D. vi dedicò un breve scritto nel 1942, quello della origine dei caratteri delle prime opere a stampa (I tipi sublacensi, in Studi e ricerche sulla storia della stampa del Quattrocento, Milano 1942, pp. 47-61).
La fine della guerra non significò per le biblioteche la conclusione del periodo di emergenza: i gravi danni prodotti dai bombardamenti, soprattutto nelle grandi città del Nord, imposero al D. altri viaggi e ispezioni. Curò, in particolare, la sistemazione a palazzo Venezia della biblioteca dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte, collaborò al lavoro di recupero e restituzione di alcune importanti biblioteche d'arte, tra cui la Hertziana, le biblioteche dell'Istituto archeologico e dell'Istituto storico germanico a Roma, e la biblioteca dell'Istituto di storia dell'arte a Firenze.
Già ammalato agli inizi del 1947, accettò la direzione della nuova Rivista delle biblioteche, per la quale scrisse il suo ultimo articolo, Il bibliotecario (I [1947], pp. 1-11), una sorta di testamento professionale, da cui emerge una nuova figura di bibliotecario capace da un lato di dirigere il personale e di svolgere le necessarie mansioni amministrative, dall'altro aperto alla cultura, aggiornato e disponibile nel compito di orientare e guidare il lettore nelle sue ricerche.
Morì a Roma il 4 ott. 1947.
Altri scritti: Piccola antologia patristica. Parte I: S. Atanasio - S. Gregorio Nazianzeno - S. Basilio - S. Giovanni Crisostomo, Roma 1902; Il chiostro della Minerva e il primo libro con figure stampato in Italia, in Memorie domenicane, XLIII (1926), pp. 327-366, 424-442, 501-526; Bibliografia e censimento dei libri italiani del secolo XVI, in Atti del Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Roma-Venezia, 16-30 giugno 1929, Roma 1931-1933, III, pp. 113-18; La Biblioteca nazionale, in Nuova Antologia, 1° luglio 1932, pp. 88-96; La stampa a Roma nel secolo XV. Mostra di edizioni romane nella R. Biblioteca Casanatense, aprile-maggio 1933, Roma 1933; Le Biblioteche popolari all'estero, in Accademie e biblioteche d'Italia, VIII (1934), pp. 585-99.Un elenco completo degli scritti del D., a cura di F. Barberi, si trova in Studi di bibliografia ... in memoria di L. D., pp. 32-39.
Bibl.: In Studi di bibliografia e di argomento romano in mem. di L. D., Roma 1949, si vedano in particolare: F. Barberi, L. D., pp. 17-39; C. Galassi Paluzzi, Le piante di Roma in un'opera postuma di L. D., pp. 164-76; C. Garinei Canori, La coll. Busuttil della Biblioteca romana Sarti, pp. 177-82; G. Incisa della Rocchetta, Osservazioni sugli autografi delle "Epistolae ad Tyrrhenum" di Giano Nicio Eritreo, p. 215; L. Olivieri Sangiacomo, La nuova sistemazione della Biblioteca di archeologia e storia dell'arte (Problemi di una moderna biblioteca specializzata), pp. 333 s.Cfr. inoltre M. Parenti, Aggiunte al Diz. biobibliografico dei bibliotecari e bibliofili ital. di Carlo Frati, Firenze 1959, II, p. 16.