DELLA STUFA, Luigi
Nacque a Firenze il 5 luglio 1453 da Angelo di Lorenzo e da Margherita Ridolfi. Appartenente ad una famiglia ormai da generazioni schierata con i Medici, ai quali era legata anche da rapporti di parentela, il D. fece parte del gruppo di cittadini che, dopo la fallita congiura dei Pazzi (1478), protessero ormai Lorenzo.
Iscrittosi all'arte della lana nel 1483, si dedicò alla carriera politica, impegnandosi in particolare nell'attività diplomatica. A soli trentacinque anni, infatti, fu impiegato in una missione di un certo impegno presso il sultano mammalucco dell'Egitto Qā'it Bey.
Nel 1486 Lorenzo de' Medici aveva inviato da Qā'it Bey uno dei suoi agenti, Paolo da Colle, per sondare se fosse possibile stabilire relazioni economiche fra l'Egitto e Firenze. In seguito alla morte di Paolo da Colle era stato poi lo stesso sultano, favorevole a questa iniziativa, ad inviare a Firenze, l'anno successivo, uno dei suoi ambasciatori per sottoporre alla Signoria una sorta di accordo commerciale. Il 5 nov. 1488, pertanto, la Signoria, che nel frattempo aveva approvato i capitoli commerciali presentati dagli Egiziani, deliberò di inviare al Cairo il D. con il compito di informare i consoli fiorentini intorno ai nuovi capitoli e con quello di accompagnare i doni offerti dalla Signoria e dallo stesso Lorenzo al sultano per ringraziarlo del leone e della giraffa che lo stesso aveva inviato l'anno precedente.
Una dettagliata relazione di questa missione si conserva all'Arch. di Stato di Firenze tra le Carte Della Stufa del fondo Guicciardini Corsi Salviati.
Anonima, ma attribuita dal Corti, che l'ha pubblicata, ad uno dei componenti la spedizione, il cappellano Zanobi di Antonio del Lavacchio di Volognana, la relazione fornisce una serie di informazioni non solo sullo svolgimento del viaggio, ma anche sui diversi usi delle popolazioni incontrate.
Partiti da Firenze il 20 nov. 1488, il D. e i suoi accompagnatori il 5 dicembre giunsero a Napoli, dopo una breve sosta a Roma per rendere omaggio al pontefice. A Napoli si fermarono per più di tre mesi (partecipando tra l'altro ai festeggiamenti per il prossimo matrimonio fra Gian Galeazzo Sforza e Isabella figlia di Alfonso, duca di Calabria) per imbarcarsi alla volta di Messina il 23 marzo 1489. Dopo varie soste giunsero ad Alessandria d'Egitto il 9 giugno; ripreso via terra il viaggio, la spedizione raggiunse il Cairo il 21 giugno e due giorni dopo il D. fu ricevuto da Qā'it Bey.
Terminata la missione, il D. e i suoi compagni proseguirono il viaggio via terra alla volta di Gerusalemme per visitare la Terrasanta. Dopo molte difficoltà dovute in particolare alle esose richieste degli arabi per concedere i lasciapassare ("e voi lettori che andate in Jerusalem per la via di Alessandria e del Caero e per terra insino alla Terra Santa, come abbiamo fatto noi, è una grande ispesa") raggiunsero i luoghi sacri l'11 settembre e vi si trattennero fino al 28, quando ripartirono per fare ritorno in Italia, via mare, imbarcandosi a Giaffa. Il 5 gennaio raggiunsero Ancona; dopo una sosta a Loreto per sciogliere un voto fatto durante una tempesta, la spedizione concluse il viaggio il 16 genn. 1490.
Rientrato a Firenze, il D. riprese la normale attività politica riservata ai cittadini fiorentini, ricoprendo cariche sia nella città sia nel dominio. Nel 1491 fu per sei mesi vicario della Valdicecina a Ripomarance, l'anno successivo era a San Miniato, vicario del Valdarno inferiore, nel 1503 a Pioppi, vicario del Casentino. In precedenza era stato del novero dei Priori nel 1484, di quello dei Dodici buonuomini nel 1486 (carica che ricoprirà anche nel 1493) e dei Sedici gonfalonieri nel 1485 e nel 1497.
Nello stesso tempo, oltre a queste cariche connesse alla cittadinanza fiorentina e sorteggiate "per tratta" fra i cittadini fiorentini abilitati agli uffici, al D. vennero assegnati anche incarichi più specifici; dopo la cacciata dei Medici nel 1494, infatti, molti degli uomini politici più in vista, come Bernardo Rucellai, Piero Guicciardini o Giovan Battista Ridolfi, avevano preferito mettersi in disparte, costringendo la nuova Signoria a ricorrere a personaggi nuovi a non sempre fidati nella loro fede antimedicea. Così il D. ricoprì la carica di commissario dei Dieci di balia ad Arezzo dal 26 marzo al 27 giugno 1495; nel 1497 fu commissario dell'ufficio dell'Abbondanza in seguito alla carestia; due anni più tardi fu inviato, insieme a Braccio Marte, a ricevere Paolo Vitelli, uno dei comandanti al servizio di Firenze richiamato in Toscana per prendere parte alla guerra di Pisa.
Nonostante questo incarico, il D. non intervenne nella nota vicenda di Paolo Vitelli, il quale, dopo il fallito assedio di Pisa dell'estate del 1499, fu accusato di tradimento dai Fiorentini ed ucciso nell'ottobre dello stesso anno. Solo il 6 sett. 1500 troviamo infatti il D. commissario generale per le cose di Pisa, ma anche in questo caso con compiti di poca importanza, se già il mese successivo era adoperato per un'altra missione.
Preoccupata per le iniziative che Cesare Borgia andava prendendo in Romagna, la Repubblica, mentre inviava al Valentino Piero Del Bene "amico suo privato, per mantenerlo in amicizia con la città e per certificare la Signoria della mente e intenzione di quel duca", nominò il D. commissario in Romagna (6 ott. 1500) "per tenere difesa quella provincia e osservare i movimenti del duca e provvedere quanto fusse di bisogno".
Al D. fu assegnata una commissione dettagliata e furono attribuiti ampi poteri per rafforzare le fortezze della Romagna. Tra gli altri compiti conferitigli era anche quello di reclutare soldati: infatti nella primavera del 1501 fu fatto rientrare a Firenze con un piccolo esercito per proteggere la città dalle eventuali iniziative del Borgia. Effettivamente la situazione si faceva sempre più difficile per la Repubblica fiorentina: il Valentino e lo stesso Piero de' Medici utilizzavano il tradizionale astio delle popolazioni delle città soggette per creare nuove tensioni a Firenze. Così quando Vitellozzo Vitelli si avvicinò alla Toscana, nel maggio del 1502, anche Arezzo e molte altre città della zona si sollevarono cacciando le guarnigioni fiorentine.
A Firenze si decise pertanto di ricorrere al tradizionale alleato francese: per questo motivo il D. e Francesco Gualterotti furono inviati a Milano per trattare con Luigi XII (giugno 1502).
I due dopo lunghe trattative riuscirono a stipulare un accordo, in base al quale il re di Francia si impegnava ad assistere militarmente Firenze nella riconquista di Arezzo (28 luglio 1502).
Va tuttavia precisato che, sebbene il D. e il Gualterotti fossero gli autori materiali dell'accordo, questo era stato preparato da due personaggi di ben altro peso della politica e della diplomazia fiorentina quali Luca Albizzi, da alcuni mesi ambasciatore fiorentino presso il re di Francia, e Piero Soderini, il futuro gonfaloniere a vita, che a più riprese si era incontrato con Luigi XII durante la sua permanenza in Italia per cercare di convincerlo a riavvicinarsi a Firenze, superando l'iniziale diffidenza verso la Repubblica antimedicea.
Incaricato di sostituire l'Albizzi quale oratore fiorentino in Francia, il D. seguì quindi Luigi XII nel suo viaggio di ritorno verso Lione e si trattenne presso la corte francese, insieme con Ugolino Martelli, fino al dicembre 1502. Durante la sua permanenza comunicò, tra l'altro, al re l'avvenuta elezione di Piero Soderini a gonfaloniere a vita della Repubblica fiorentina "come grandissima unione, con grande concorso di oppinioni", suscitando la piena soddisfazione di Luigi XII che si felicitò con i Fiorentini per la nomina del "carissimo e grande amico Piero Soderini".
In questi anni il D. entrò anche in contatto con Niccolò Machiavelli e non poteva essere altrimenti dal momento che questi ricopriva allora le cariche di cancelliere della seconda cancelleria del comune e di segretario dei Dieci di libertà e pace. Proprio dalla Francia il D. scrisse al Machiavelli, allora in missione presso Cesare Borgia, il 27 ott. 1502: "Di voi avemo qualche compassione che avete lasciata la donna e la casa come noi ... se non giudicassimo ... che il mutare aria e veder altri volti e massime di codesta qualità suole assottigliare le menti".
Rientrato a Firenze, il D. venne messo in disparte forse a causa di un episodio che si sarebbe verificato durante il periodo trascorso in Francia.
Luigi XII, su consiglio dell'influente arcivescovo di Rouen George d'Amboise, aveva infatti deciso di proporre una mediazione fra Firenze e Pisa particolarmente favorevole a quest'ultima. L'ipotesi di pace prevedeva Pisa indipendente sotto la protezione della Francia e i fiorentini riammessi a Pisa, ma solo forestieri: quando l'Amboise riferì queste proposte al D., questi "fuor di una commissione" avrebbe subito sottoscritto un tale accordo, provocando l'immediato intervento di Firenze che richiamò il D. alle istruzioni ricevute e a non commettere altri errori.
A prescindere da questo episodio, la lunga assenza dalla vita politica del D. deve però essere messa in relazione con la tradizionale appartenenza della sua famiglia al partito mediceo. Pochi anni più tardi, nel 1510, uno dei figli del D., Prinzivalle, restò, infatti, coinvolto in un tentativo di attentare alla vita del Soderini per favorire il ritorno dei Medici a Firenze. L'iniziativa, che non sortì effetto alcuno, anche perché Prinzivalle non ottenne l'assenso di Filippo Strozzi con il quale si era confidato, si concluse comunque con la dichiarazione di ribelle per Prinzivalle e con il confino per cinque anni ad Empoli per il D. (31 dic. 1510). Ma con il ritorno dei Medici a Firenze nel 1512, anche il D. poté rientrare nella sua città e riprendere l'attività politica.
Il 22 marzo 1513 infatti fu eletto fra i dodici ambasciatori incaricati di andare a Roma a congratularsi con Giovanni de' Medici della sua elezione al soglio pontificio. Leone X colse questa occasione per ricompensare il D. della lunga milizia nel partito mediceo insignendolo, insieme con un altro degli ambasciatori, Filippo Buondemonti, della dignità di cavaliere.
Rientrato a Firenze, il D. esercitò la carica di gonfaloniere di Giustizia dal gennaio al marzo del 1515. Nello stesso anno, in sieme a Luigi de Rossi e a Iacopo Salviati, tornò nuovamente dal papa che si apprestava a raggiungere Bologna per incontrarvi il nuovo re di Francia, Francesco I: una prima volta a Viterbo (1ºnov. 1515) per prepararne il passaggio da Firenze e per avere le ultime notizie "circa le cose di Lombardia", una seconda, con il solo Salviati, a Bologna, in previsione della nuova sosta di Leone X a Firenze durante il viaggio di ritorno a Roma (dicembre 1515). Infine il 2 apr. fu nominato, insieme con il Salviati e Matteo Niccolini, commissario generale dell'esercito fiorentino guidato da Lorenzo de' Medici e approntato per la riconquista di- Urbino.
Dopo la nuova cacciata dei Medici da Firenze nel 1527, la famiglia del D. si schierò apertamente dalla parte medicea. Quando Francesco Carducci, prima di prendere la decisione della resistenza ad oltranza, decise di convocare una "pratica larga" aperta anche ai personaggi del partito mediceo ancora presenti in città, fu convocato anche il D., ormai da tempo assente dalla vita politica per ragioni di età; ma, presa la decisione di non venire a patti con Clemente VII, i figli del D. furono tra i cittadini filomedicei che vennero rinchiusi nel palazzo della Signoria dal 13 ott. 1529 fino alla capitolazione dell'agosto successivo. Il vecchio D. si salvò solo per l'età ma non sfuggì alle beffe degli antimedicei: "Messere Luigi Della Stufa / ha fitto il capo di una buca / il qual non ne può uscire / se il grano non vale tre lire".
Dopo il ritorno dei Medici, nel 1530, nonostante l'età avanzata e proprio per la lunga militanza nel partito mediceo, il D. fu richiamato alla vita politica, entrando a far parte della Balia di dodici cittadini, eletta dal "parlamento" del 20 ag. 1530 e dotata di ampi poteri, in particolare quello di conferire per la prima volta le cariche e quello di riformare lo Stato. Il D. fu eletto anche tra gli Otto di pratica, nuovamente istituiti con deliberazione della Balia del 26 settembre, restò in carica fino al 24 marzo 1531, quando fu nominato - sempre dalla Balia e per un anno prorogabile - tra gli accoppiatori, tra coloro cioè che dovevano predisporre le borse per le elezioni agli uffici dello Stato.
Il D. morì a Firenze il 9 apr. 1535 e fu sepolto in S. Lorenzo.
Nel 1483 aveva sposato Guglielmina Schianteschi dei conti di Montedoglio, fervente sostenitrice del Savonarola, dalla quale ebbe nove figli. Di essi il già ricordato Prinzivalle e Pandolfo seguirono la carriera politica fino ad essere nominati senatori, il primo nel 1532, il secondo nel 1561; Agnolo intraprese la carriera ecclesiastica; Francesco e Giovanni quella militare. Quest'ultimo fece parte dell'esercito di Ferrante Gonzaga durante l'assedio di Firenze nel 1530.
Dal matrimonio con la Schianteschi il D. ricevette in dote, tra l'altro, la tenuta di Montedoglio; nello stesso anno acquistò dalla Repubblica fiorentina la tenuta del Calcione in Val di Chiana, già appartenuta alla famiglia senese dei Tolomei. Questo acquisto va ricordato non solo perché testimonia la ricchezza e la potenza della famiglia alla fine del '400, ma anche perché in seguito alle richieste dei pronipoti del D. la tenuta fu eretta in marchesato dal granduca di Toscana Ferdinando II nel 1632.
Fonti e Bibl.: Cenni biogr. sul D. in Arch. di Stato di Firenze, Carte Sebregondi 3091; per la carriera politica Ibid., Tratte 69, c. 25v; 70, cc. 20, 24; Ibid., Signori Collegi. Missione I Cancell. 54, cc. 85, 105, 116; Ibid., Legaz. e commiss. 21, c. 78v; 23, c. 111, 27, cc. 16, 21; Ibid., Delib. speciale autorità 41, c. 1v; Ibid., Balie 43, cc. 23, 33; Ibid., Otto di pratica. Legaz. e commiss. 12, cc. 1r-2v. Per il carteggio conservato Ibid., Mediceo avanti il principato, sirimanda alla bibliografia. Sempre Ibid., si vedano le Carte Della Stufa nel fondo Guicciardini Corsi Salviati, in partic. ff. 89, 117, 121, 211 ins. 9. Per la data di morte cfr. Ibid., Medici e speziali 250, cc. non num. Cfr. inoltre: B. Varchi, Storie fiorentine, Colonia 1721, pp. 286, 432, 467; I. Nardi, Istorie della città di Firenze, a cura di A. Gelli, Firenze 1858, I, pp. 195, 203; II, pp. 11 s., 28, 222; N. Machiavelli, Le opere, a cura di L. Passerini-G. Milanesi, II, Firenze-Roma 1874, pp. 161, 174 s.; IV, ibid. 1875, pp. 132 ss.; L. Landucci, Diario fiorentino dal 1450 al 1516..., a cura di I. Del Badia, Firenze 1883, pp. 304 s.; Lettera di L. D., oratore dei Dieci di balia in Francia agli stessi da Lione, 28 sett. 1502, in Arch. stor. ital., s. 51 (1888), pp. 131 ss. Arch. di Stato di Firenze, Archivio mediceo avanti il principato. Inventario, Roma 1951-63, s.v . Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74 e 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, s.v.; Relazione di un viaggio al Soldano d'Egitto e in Terra Santa, a cura di G. Corti, in Arch. stor. ital., CXVI(1958), pp. 247-66; Memorie stor. e geneal. d. nobilissima casa de' signori Della Stufa, già Lotteringhi, marchesi del Calcione, in Delizie degli eruditi toscani, XV (1781), pp. 330-75; A. Gherardi, Nuovi doc. e studi intorno a Girolamo Savonarola, Firenze 1887, pp. 124-291 P. I. Perrens, Histoire de Florence, Paris 1889, II, pp. 404, 413 s., 475 s s.; R. Ridolfi, La vita di N. Machiavelli, Roma 1954, p. 86, M. Luzzati, Una guerra di popolo, Pisa 1973, p. 49; G. Caciagli, I feudi medicei, Pisa 1980, pp. 79 s., 91 s., 137 s.; G. Pansini, Le segreterie nel principato mediceo, in Carteggio universale di Cosimo I de' Medici, I, Inventario, a cura di A. Bellinazzi-C. Lamioni, Firenze 1982, p. IX; G. Mazzatinti, Invent. dei mss. d. Biblioteche d'Italia, VII,p. 71.