AGRICOLA, Luigi e il figlio Filippo
Pittori romani. Di Luigi, nato circa il 1750, accademico di San Luca, si sa solo che fu uomo modesto e pio, intimo del Canova, e che dipinse pel Quirinale un quadro a olio, Orazio Coclite, e uno a tempera, Giustiniano che detta le Pandette, e per Sant'Antonino dei Portoghesi nel 1801 una Santa Elisabetta, sul bozzetto di Giuseppe Cades, ammirata anche da Stendhal nelle sue Promenades dans Rome. Presto fu, nell'arte e nella fama, sopravanzato dal figlio Filippo, nato a Roma il 12 aprile 1795, prima discepolo del padre, poi, per la prospettiva e geometria, di Pietro Delicati e Angelo Toschi; infine, per la pittura, nell'Accademia di San Luca di Gregorio Fidanza, del Landi e del Camuccini. Nel 1812 già vinceva il concorso detto Napoleonico con un quadro Mario che medita sulle rovine di Cartagine, e la pensione triennale istituita dal Canova. Caduto Napoleone, quando tornarono a Roma dal breve esilio di Parigi le opere di Raffaello, per seguir la moda che allora le adorò con rinnovata passione, e anche la sua inclinazione alla composta e madonnesca gentilezza dei volti, il giovane A. si dette tutto a copiare e a plagiare Raffaello. E venne presto in gran nome per alcuni suoi dittici nei quali dipingeva le coppie dei più celebri innamorati della nostra storia artistica e letteraria: Dante e Beatrice, Boccaccio e Fiammetta, Tasso ed Eleonora, Ariosto e Alessandra, Raffaello e la Fornarina: povere e fredde cose che mandarono in visibilio gli stranieri. La duchessa di Sagan gli comprò nel 1826 i primi quattro di quei dittici, e anche il Monti li cantò nella nota canzone: Nell'ora che più l'alma è pellegrina. Né, a giudicar dalle tante incisioni che si fecero di questi dittici, ci duole di non saper più dove siano finiti. Poi per una lady Murray dipinse il Doge Enrico Dandolo che in San Marco giura d'andar crociato, pel conte Lützow, una Giovane albanese che inseguita da un turco si precipita da una rupe; pel re del Württenberg, le Dame di Tiziano. Ma agli stranieri, che allora in Italia non compravano solo le opere degli antichi, si unirono nell'ammirazione per l'A. anche molti italiani. Don Marino Torlonia gli commise un Tasso ricevuto nell'Ospizio di Sant'Onofrio; il ravennate conte Giulio Rasponi una Morte di Camilla; il parmense conte Poldi Pezzoli una Maddalena; il fiorentino conte Lenzoni, gli affreschi nel suo palazzo. E per San Giovanni in Laterano dipinse il quadro dell'altar maggiore, ora, nel rifacimento dell'abside, scomparso; e, per San Paolo, l'Assunta, che piacque poco, ma fu portata là con un corteggio imponente: prima, cioè, una fila di dragoni a cavallo, poi un carro d'acqua per inaffiar la strada, poi il quadro sulle spalle dei facchini, poi la carrozza del pittore, infine altri dragoni. Non aveva ventisei anni, quando il 10 marzo 1821 l'Accademia di San Luca lo acclamò suo accademico di merito, e alla seduta parteciparono Canova, Thorwaldsen, Laboureur, Valadier, Camuccini, Landi. Il segretario Melchiorre Missirini lodava della pittura di lui "la pura e casta maniera che tiene del lionardesco". Il 22 marzo 1836 la stessa Accademia gli dette la cattedra di pittura, e dal 1854 al 1855 lo ebbe presidente. Dal 1840 dirigeva lo Studio vaticano del mosaico, e in questa funzione disegnò cartoni pel gran mosaico da collocarsi sulla facciata di San Paolo. Nel 1843 succedette al Camuccini nel posto d'ispettore delle pitture pubbliche a Roma. A Roma l'A. morì il 2 dicembre 1857. Dei molti suoi ritratti i più lodati furono quello della Principessa di Danimarca (cfr. Tambroni, in Giornale Arcadico, 1822) e quello della bella Costanza Perticari figlia di Vincenzo Monti, che l'aveva conosciuto a Roma nel 1819 e lo chiamava coraggiosamente "il Raffaello del secolo". Più che ai quadri, la fama di F. A. è ormai affidata al sonetto che il Monti scrisse su quel ritratto: Più la contemplo, più vaneggio in quella Mirabil tela.
Bibl.: M. Missirini, Memorie della Romana Accademia di S. Luca, Roma 1823; G. de Sanctis, T. Minardi e il suo tempo, Roma 1900; M. Romano, Costanza Monti-Perticari, Rocca S. Casciano, 1903.