RICCOMANNI, Luigi Ernesto
RICCOMANNI, Luigi Ernesto. – Nacque a Scandriglia, in Sabina, il 10 settembre 1741 da Paolo Morichelli Riccomanni, allora governatore in quel luogo, e dalla seconda moglie, Maria Alessandra Cerasoli Angeletti.
La famiglia Riccomanni di San Ginesio, nelle Marche, si era estinta nel 1716, ma l’ultimo esponente, Filippo, aveva designato quale erede Maria Crivellani, a condizione che sia lei, sia il marito e i figli assumessero il cognome Riccomanni. Maria aveva sposato Paolo Morichelli, ma era morta ben presto, lasciando al marito il cognome.
Luigi seguì il padre, governatore pontificio, nei suoi spostamenti in diverse località dello Stato, fino alla morte di questi, avvenuta a Sarnano nel 1764. La sua formazione giovanile fu curata prima a Recanati dal gesuita Florio Luigi Buch e poi a Ripatransone dal domenicano Ignazio Vai, nonché dal padre, erudito e letterato. A lui si deve uno scritto (Della Cupramontana ginesina), poi completato da Luigi, sulla storia di San Ginesio, suo luogo di origine, da lui identificato con la località Cupra Montana, descritta da Plinio. Abbandonati gli studi teologici, ai quali voleva indirizzarlo la famiglia in vista di una carriera ecclesiastica, Luigi Riccomanni studiò giurisprudenza a Camerino e poi, alla morte del padre, tornò a San Ginesio. Qui entrò in contatto con un gruppo di eruditi locali tra i quali i fratelli Giovan Callisto, Fortunato e Telesforo Benigni. Fu proprio quest’ultimo, tra l’altro suo primo biografo, a spingerlo a recarsi a Roma, nel novembre 1766, dove fece pratica legale e aprì in seguito un proprio studio. A Roma si legò inizialmente ad ambienti eruditi e letterari, entrando in contatto con Francescantonio Zaccaria, Agostino Antonio Giorgi e soprattutto con Giovanni Cristoforo Amaduzzi e Antonio Maria Curiazio.
Agli iniziali interessi di storia erudita e di antiquaria si deve la ricerca di epigrafi romane nelle campagne marchigiane, citate anche nel Corpus Inscriptionum Latinarum di Theodor Mommsen (IX, Berolini 1883, passim). Un suo manoscritto con la trascrizione di numerose epigrafi, ritrovato da Gianfranco Paci, è depositato presso l’archivio dell’Accademia Georgica di Treia (Paci, 1988). Ben presto, tuttavia, affiancò a questi studi un crescente e prevalente interesse per l’agricoltura e l’economia. Nel 1776 divenne procuratore e amministratore del duca Averardo Salviati e in questa veste si recò a Firenze e visitò le proprietà Salviati in Toscana e nel Lazio. A lui si deve un inventario dell’archivio e una storia genealogica della famiglia, corredata dall’elenco delle proprietà. Alla morte del duca, nel 1783, passò al servizio del fratello, il cardinale Gregorio, del quale curò anche la ricca biblioteca. Entrò ben presto in contatto con eminenti personaggi dell’amministrazione pontificia, tra i quali i cardinali Alessandro Albani e Fabrizio Ruffo e allacciò stretti legami di amicizia con Giovanni Cristiano Miller.
Originario di Magonza, Miller era arrivato a Roma nel 1774, dopo una fase toscana nella quale era stato in stretto contatto con il granduca Pietro Leopoldo e aveva svolto importanti incarichi per il risanamento della Maremma; l’esito negativo di tali incarichi, nonché conflitti di potere tra funzionari granducali produssero però il suo allontanamento dal Granducato (V. Becagli, La pipa di gesso di Pietro Leopoldo, in Il Granducato di Toscana e i Lorena, nel secolo XVIII, a cura di A. Contini - M.G. Parri, Firenze 1999, pp. 285-326). A Roma Miller fu ben presto coinvolto nell’elaborazione di numerosi progetti per lo sviluppo economico dello Stato pontificio, per incarico della Tesoreria generale dello Stato.
Fu proprio a partire dalla seconda metà degli anni Settanta che l’impegno di Riccomanni nello studio delle scienze agronomiche, nella promozione del miglioramento delle pratiche agrarie, ma anche nello sviluppo delle attività manifatturiere si fece più fattivo. Erano anche gli anni in cui, sotto il pontificato di Pio VI, venivano messi in atto tentativi di riforme economiche e finanziarie, coinvolgendo intellettuali ed economisti; in questo quadro, larga attenzione fu prestata al sorgere di accademie di agricoltura nel territorio dello Stato e Riccomanni partecipò attivamente a queste iniziative. Nel 1776 pubblicò il Giornale di agricoltura, manifattura e commercio, dedicato a Pio VI, e nel 1777 il Giornale di agricoltura o sia Diario economico, ma dovette poi interrompere la pubblicazione, forse per ragioni economiche o, come suggerisce Franco Venturi (1963, p. 802), perché non troppo gradito al governo pontificio.
Nelle pagine del periodico infatti, oltre a discutere di pratiche agrarie, di nuove colture e di educazione dei contadini, si dava largo spazio all’informazione di ciò che si faceva all’estero in questi settori, si dava notizia delle teorie economiche che circolavano in Francia e in Inghilterra, dalla fisiocrazia di Guillaume-François Le Trosne, al liberalismo di Adam Smith, si dava conto delle opere di David Hume, Pietro Verri, Étienne Bonnot de Condillac. Non a caso Venturi definiva Riccomanni «il maggior conoscitore romano degli economisti inglesi e francesi» e il Giornale «il miglior periodico della Roma settecentesca» (Illuministi italiani, VII, Milano-Napoli 1965, p. XXVI).
Nel 1778 a Montecchio, cittadina vicina a Macerata, poi ribattezzata con l’antico nome Treia da Pio VI, Giovan Callisto e Fortunato Benigni, Patrizio Castellani e Riccomanni trasformarono una preesistente Accademia letteraria detta dei Sollevati nella prima Società agraria dello Stato pontificio. Numerose furono le memorie da lui inviate alla Società e al periodico della stessa, il Giornale di agricoltura, arti e commercio, pubblicato a Macerata dal 1780 al 1781 e del quale fu uno dei principali animatori. Numerosi anche i soci corrispondenti, che grazie alle sue relazioni riuscì a procurare. A questa società agraria ne seguirono poi altre alle quali Riccomanni partecipò come socio o come collaboratore; tutte società unite da una medesima rete di rapporti tra di loro e con il governo di Roma, dove nel 1787, con il preciso intento di controllare queste istituzioni e renderle partecipi delle riforme economiche che si volevano promuovere nello Stato, venne fondato il Congresso accademico di agricoltura, manifatture e commercio, presieduto da Fabrizio Ruffo, tesoriere generale dello Stato e con Riccomanni come segretario.
Diversi furono gli incarichi affidati a Riccomanni a vario titolo; tra questi l’istituzione di case di lavoro per i poveri e di case di correzione a Montecchio e in altre località dello Stato. Nel 1782 compilò un estratto del secondo volume di Arthur Young, Political arithmetic, uscito nel 1774 e in traduzione francese nel 1775 (Estratto delle cose più rimarchevoli contenute nel volume secondo dell’Arimmetica Politica di Mons.r Young coll’applicazione allo Stato Pontificio di alcune massime contenute in detto libro fatta nel 1782, pubblicato da Dal Pane, 1959, pp. 689-717); Miller l’anno prima aveva sunteggiato il primo volume.
I due manoscritti sono rilegati insieme e furono evidentemente concepiti come punto di partenza per una discussione delle riforme da approntare nello Stato. Il sunto che Riccomanni fece dell’opera di Young e le sue note di commento offrono un quadro più preciso del suo pensiero: favorevole alla libertà di commercio, ma non ‘illimitata’, soprattutto per quanto attiene al commercio dei grani, per evitare possibili carestie e, a questo proposito, sostenitore della messa a coltura dei terreni abbandonati e dell’adozione delle rotazioni con foraggere. Si dichiarava, inoltre, favorevole ai consumi di lusso, purché prodotti all’interno dello Stato e auspicava un ‘giusto equilibrio’ tra agricoltura e manifattura.
Socio corrispondente della Società agraria di Torino e dell’Accademia dei Georgofili, fu in stretto rapporto epistolare con molti degli intellettuali italiani del secondo Settecento, come Giovanni Lami, Giovanni Battarra – del quale pubblicò nel Giornale del 1776 una prima redazione dei Dialoghi agrari –, Saverio Manetti, Angelo Maria Bandini, Domenico Sestini, Giovanni Arduino.
Morì a Bracciano il 7 aprile 1788, mentre era in viaggio su incarico del cardinale Salviati. Il governo pontificio stabilì un vitalizio per la moglie e l’educazione per i due figli Paolo e Mattia.
Opere. Giornale di Agricoltura, Roma 1776 e 1777; Appendix ad Decisiones S. Rote Romane coram R.P.D. Ansaldo de Ansaldis eiusdem S.R. Auditore, et postea Decano, Romae 1779; G.C. Benigno - L. Riccomanni - P. Scilingo, Rerum naturalium Montis Marii prope Urbe descriptio, Romae 1787.
Fonti e Bibl.: Molto ricco e disperso l’epistolario; il nucleo principale è depositato presso l’Archivio dell’Accademia Georgica di Treia, ma numerose sue lettere si trovano anche nel fondo Amaduzzi, conservato a Savignano, nella Rubi-conia Accademia dei Filopatridi.
G. Colucci, Delle antichità picene, X, Fermo 1791, pp. I-XX, elogio redatto da T. Benigni; Biografia degli italiani illustri nelle scienze lettere ed arti, a cura di E. De Tipaldo, VI, Venezia 1838, pp. 163-165, voce redatta da C. Masetti; G. Meloni, L’Accademia georgica di Treja relazione del dott. Fortunato Benigni, in Fonti per la storia delle Marche, Ancona 1939, pp. 171-192; E. Piscitelli, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1958, pp. 124-128; L. Dal Pane, Lo Stato pontificio e il movimento riformatore del Settecento, Milano 1959, pp. 419, 424, 478, 689-717; F. Venturi, Elementi e tentativi di riforme nello Stato pontificio del Settecento, in Rivista storica italiana, LXXXV (1963), pp. 778-817; G. Ricuperati, Giornali e società nell’Italia dell’«ancien régime» (1688-1789), in La stampa italiana dal Cinquecento all’Ottocento, Bari 1976, p. 316; R. Paci, Un notabile marchigiano: il conte Girolamo Spada tra agronomia e politica, in Quaderni storici, 1978, n. 37, pp. 126-164; A.M. Napolioni, Tra mercantilismo e fisiocrazia: cultura e proposte degli accademici georgici di Treia, in Scritti storici in memoria di Enzo Piscitelli, a cura di R. Paci, Padova 1982, pp. 245-272; F. Allevi, Paolo Morichelli Riccomanni nella «querelle» sui «Cuprenses cognomine montani», in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Marche, XCIII (1988), pp. 93-168; G. Paci, Un ignorato manoscritto epigrafico di L.E. R. presso l’Accademia Georgica di Treia, ibid., pp. 65-92; M. Caffiero, Centro e periferie. Reti culturali e patronati politici tra Roma e la Marca nella seconda metà del Settecento, in La nobiltà della Marca nei secoli XVI-XVIII: patrimoni, carriere, cultura, Macerata 1998, pp. 133-160; Ead., Accademie e autorappresentazione dei gruppi intellettuali a Roma alla fine del Settecento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens ( XVII-XVIII siècles ) , a cura di J. Boutier - B. Marin - A. Romano, Roma 2005, pp. 277-292.