FABRIZI, Luigi
Nacque a Modena il 3 febbr. 1812, ultimo di quattro figli, da Ambrogio, avvocato, e da Barbara Piretti. Gli studi, attestati da un certificato di frequenza rilasciatogli nel gennaio del 1830 dal liceo di Carpi quale scolaro di filosofia, non lo interessavano molto; più forte fu certamente il richiamo della cospirazione in cui, seguendo l'esempio dei fratelli maggiori, entrò giovanissimo. Arrestato la sera del 3 febbr. 1831 nella casa di Ciro Menotti alla vigilia dello scoppio dei moto contro Francesco IV, tornò libero dopo la fuga del duca e si arruolò nella guardia nazionale mobile. Esauritosi il tentativo insurrezionale con la capitolazione del 26 marzo 1831, il F. si rifugiò in Toscana e vi restò sino a quando, secondo la testimonianza del La Cecilia, la scoperta di un progetto di sollevazione repubblicana da lui promosso indusse il governo granducale ad espellerlo. Passò allora in Corsica e per qualche tempo visse a Bastia con un sussidio delle autorità francesi. Nel 1832 seguì il fratello Nicola nella Giovine Italia e nel 1834 partecipò alla spedizione di Savoia.
Poco portato alle dispute teoriche, il F. si impegnò nel campo dell'organizzazione delle trame settarie, dei collegamenti tra gli esuli, della diffusione della stampa sovversiva che dalla Corsica, ove si era definitivamente stabilito nel 1838, smistava verso i paesi del Mediterraneo e le zone costiere della penisola. In ciò era agevolato dai molti viaggi che dal 1842 in poi, allorché da Modena gli fu concesso il primo salvacondotto pur dopo la condanna a venti anni inflittagli nel 1837 dal tribunale statario estense per la partecipazione alla rivolta del 1831, periodicamente lo riportarono in Italia per curare gli interessi lasciati nel Ducato, interessi divenuti anche più consistenti dopo il trasferimento alla sua persona dei beni familiari non sottoposti a confisca.
La base dell'attività cospirativa del F. era la Toscana, dove nel 1837 aveva sposato la sorella dell'avvocato Giovanni Fabrizi (non legato a lui da vincoli di parentela) e dove tra il 1843 e il 1845 tentò più volte di riannodare i fili del movimento settario locale con l'endemico malcontento delle Legazioni. I ripetuti fallimenti di questa strategia non erano fatti per indurre alla tenacia un uomo che, come il F., aveva una personalità abbastanza immatura e, come rivela la corrispondenza col fratello Nicola in un arco di quasi trent'anni, sicuramente inferiore a compiti di eccessiva responsabilità. La stessa vita familiare ebbe a riservargli più di un dispiacere e poche soddisfazioni: nel 1846 la separazione definitiva dalla moglie gli lasciò un'altra grave incombenza, quella di educare i tre figli che poi finì per affidare ai parenti; quasi fuggendo, lasciò la Corsica e si stabilì a Malta presso il fratello Carlo, titolare di una florida casa di commercio. Il '48 giunse per lui come un sollievo. Tra le tante insicurezze della sua vita gli parve che il mestiere delle armi potesse costituire un punto fermo e si arruolò nel corpo dei pontifici del generale G. Durando. Con altri conterranei ed amici di cospirazione il F. fu inviato a Treviso, dove affiancò il toscano A. Mordini e il siciliano G. La Masa nel Consiglio militare che, incaricato di regolare l'afflusso e la dislocazione delle truppe nel Veneto, si attirò le critiche di N. Tommaseo per la parzialità con cui avrebbe operato.
Dopo la resa di Treviso 0 3 giugno 1848), cui sembra che tentasse inutilmente di opporsi, e concluso l'armistizio di Salasco, il F. si unì a Garibaldi nella campagna partigiana nell'alta Lombardia, e a Morazzone, fungendo da aiutante di campo, raccolse i volontari sfuggiti all'accerchiamento austriaco e li condusse in Svizzera. Passò quindi in Toscana e, all'indomani della nuova sconfitta del Piemonte, prese la via di Roma per ricongiungersi con Garibaldi, che lo inserì nel suo stato maggiore e lo impiegò nella breve spedizione contro le truppe d'invasione borboniche penetrate dal Sud nel territorio della Repubblica Romana. Per quel che se ne sa, non si segnalò particolarmente, malgrado avvertisse sempre più il bisogno di andare oltre i propri limiti, a ciò stimolato anche dalla presenza ben più autorevole del fratello Nicola.
Passata l'epoca delle rivoluzioni, il F. si stabilì a Genova e si legò ad elementi come R. Pilo, C. Pisacane e F. Abignente; sotto il profilo ideologico, però, cominciava una lenta convergenza sul moderatismo favorita dall'insofferenza per il radicalismo socialisteggiante che prendeva piede in Italia dopo i tracolli del 1849, insofferenza che gli faceva giudicare come ibolto nebulose le idee del Pisacane in fatto di riforma sociale e di scioglimento degli eserciti stanziali. Nel corso del 1852 si trasferì a Nizza; più tardi, all'epoca della guerra di Crimea, prese a sfogare la sua passione per il mestiere delle armi - che per poco non lo aveva condotto fino nell'America del Sud - costruendo plastici in gesso del teatro delle operazioni del conflitto russo-turco: ottenne qualche riconoscimento dal ministero della Guerra piemontese ma non placò la sua ansia di fare. Finalmente nel 1856, anche su pressione dei Mazzini che tuttavia non approvava i suoi orientamenti sempre più filomoderati, il F. entrò col grado di capitano nella legione anglo-italiana, un corpo mercenario concepito dagli Inglesi con funzioni di supporto agli eserciti regolari alleati: raccolta e addestrata in Piemonte, la legione nella primavera del 1856, mentre era in viaggio per la Crimea, sostò a Malta, e qui il F. fu colpito da disturbi cardiaci che lo costrinsero a rientrare in Italia.
Da allora cercò di evitare ogni impegno che non fosse l'attività commerciale avviata a Nizza sulle orme di quella che, intrapresa a Malta dal fratello Carlo, era ormai diventata una tradizione di famiglia. Verso il fratello Nicola, dal quale lo divideva la valutazione della situazione italiana in una prospettiva che gli appariva sempre più favorevole alla dinastia sabauda, operava anche in maniera latente una sorta di risentimento per gli ostacoli che, per coerenza con i propri principi repubblicani, quegli aveva sempre frapposto alle sue aspirazioni ad una carica pubblica.
Nell'agosto del 1860, galvanizzato dai primi successi di Garibaldi, che nel recente passato aveva mostrato di tenerlo in una certa considerazione, il F. non esitò a partire per il Sud. Da Napoli si portò con G. Matina nella zona di Salerno, che alla vigilia dell'arrivo del Garibaldi riuscì a fare insorgere senza però sentirsi poi in grado di assumere il comando militare della provincia che pure gli era stato offerto. Non rinunziò tuttavia ad organizzare una colonna di siciliani e a prendere le redini di una brigata di 1.500 uomini che, inserita nella divisione Bixio, il 1º ottobre al Volturno fu schierata di riserva, a San Salvatore nei pressi di Maddaloni, alle spalle della brigata Eberhard, e dopo la repentina ritirata di quest'ultima ne occupò disciplinatamente le posizioni. Il 28 e il 29 ott. 1860 il F. si trovò ancora ad affrontare le truppe borboniche: la seconda volta, combattendo davanti a Capua "completamente allo scoperto" (come avrebbe scritto l'8 novembre al fratello Nicola in una lettera conservata in Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Fabrizi, scatola 2), fu raggiunto da un colpo di mitraglia che gli frantumò il braccio destro in tre punti. Una lunghissima convalescenza, resa più sofferta dal mancato accoglimento di ogni sua richiesta di concessione del comando di una piazza, non bastò a restituirgli l'uso del braccio. Ebbe inizio allora una estenuante lotta con la burocrazia per il riconoscimento dei servizi prestati: alla fine, ritiratosi a Castelnuovo in Garfagnana dopo essere stato collocato a riposo col grado di colonnello, il F. ottenne una medaglia d'argento e, a partire dal 16 maggio 1863, una pensione che non teneva conto, come egli aveva chiesto, della sua partecipazione alle guerre nazionali dal 1831 in poi.
Colto da una crisi cardiaca mentre si trovava a Pisa presso il figlio, il F. morì il 28 febbr. 1865
Fonti e Bibl.: Tutta la documentazione manoscritta qui utilizzata e in gran parte inedita è conservata in due grossi fondi di Carte Fabrizi custoditi rispettivamente a Roma, Archivio centr. dello Stato (4 scatole di corrispondenza, particolarmente ricca per quanto riguarda le lettere del F. al fratello Nicola negli anni 1859-64) e nel Museo centr. d. Risorgimento di Roma, busta 923, fascicoli 69-79: su questo fondo, che comprende oltre a materiale documentario sulla carriera militare del F. anche il lungo carteggio con Nicola per la parte non confluita nell'Arch. centr. dello Stato, cfr. E. Morelli, L'archivio di Nicola Fabrizi, in Rass. stor. del Risorg., XXV (1938), pp. 553 ss., e Id., Italiani in Corsica: i Fabrizi, C. Pigli, A. S. Padovani, ibid., LVII (1970), pp. 461 ss. Notizie di fonte poliziesca modenese nei documenti della famiglia Fabrizi, una raccolta a stampa conservata a Roma nella Biblioteca di storia mod. e contemp., poi ripresa per una pubblicazione su La famiglia Fabrizi. Estratti di memorie tratti dagli atti politici del governo estense..., Modena 1896. Brevi biografie del F. in Diz. del Risorg. nazionale, II, sub voce, e in Enc. Ital., XIV, sub voce; altre note in G. Canevazzi, Ricordanze di L. Generali, in Arch. emil. del Risorg. naz., II (1908), p. 163. Qualche contributo documentario alla ricostruz. della vita del F. in S. Mirone, Ricordi politici, Torino 1872, pp. 28 s.; Ed. naz. d. scritti di G. Mazzini, ad Indices; Protocollo della Giovine Italia. Congrega centrale di Francia, 6 voll., Imola 1916-1922, ad Indicem; E. Casanova, Professione di fede di Nicola Fabrizi, in Rass. stor. del Risorg., XVII (1930), pp. 385-93; G. La Cecilia, Memorie stor-polit., a cura di R. Moscati, Roma 1946, ad Indicem; G. Garibaldi, Epistolario, III, a cura di G. Giordano, Roma 1981, e IV, a cura di M. De Leonardis, Roma 1983, ad Indices; R. Pilo, Lettere, a cura di G. Falzone, Roma 1972, ad Indicem. Pochi e marginali i contributi della storiografia: per il 1831 G. Silingardi, Ciro Menotti e la rivol. dell'anno 1831 in Modena, Firenze 1880, pp. 102, 122 s., 250, e G. Sforza, La rivol. del 1831 nel Ducato di Modena. Studi e documenti, Roma-Livorno 1909, ad Indicem; per l'esilio in Corsica, E. Michel, Esuli ital. in Corsica (115-1861), Bologna 1938, ad Indicem; per il 1860 C. Tivaroni, Storia critica del Risorg. it. L'Italia degli Italiani, Torino 1895-97, II (1859-1866), pp. 291 s., 324, 328; G. M. Trevelyan, Garibaldi e i Mille, Bologna 1910, ad Indicem, ed E. Casanova, La Brigata Fabrizi da Salerno a Capua, in Bollett. d. Uff. storico, V (1930), pp. 170-180.