FERA, Luigi
Nacque a Cellara (Cosenza) il 12 giugno 1868, da Rachele Crocco e da Michele, medico e professore di scienze naturali al liceo "Telesio", presidente del Comizio agrario cosentino.
Compiuti gli studi e laureatosi in lettere, il F. insegnò per breve tempo (1892-93) filosofia nel liceo di Cosenza e quindi si dedicò all'avvocatura: oratore affascinante, divenne presto un esponente di rilievo della grande tradizione forense cosentina. Membro della massoneria, iniziò negli anni '90 ad interessarsi delle vicende politiche locali.
Il F. in quegli anni si distinse particolarmente per l'affività forense, pronunciando, in processi seguiti con grande attenzione dall'opinione pubblica, poderose arringhe difensive, che suscitavano un vasto interesse. Alle elezioni politiche del 6 nov. 1904 si presentò e venne eletto nel collegio di Rògliano, sconfiggendo L. Quintieri, esponente di una famiglia calabrese economicamente in ascesa.
La modernità del tratto politico del F., rispetto al ceto calabrese dominante, emerge fin dai primi anni della sua attività. Con lo sguardo costantemente rivolto alla politica nazionale, il F. si liberò presto, infatti, dall'angustia di una visione localistica delle urgenti questioni economiche e sociali della regione, riuscendo a collocarle - in un dialogo dai tratti a volte anche aspri con F. S. Nitti - nelle grandi tematiche nazionali affrontate in quegli anni dai governi giolittiani. Col Nitti, tuttavia, condivideva la necessità di una azione risoluta e costante da parte dello Stato nel processo di modernizzazione del Mezzogiorno, nel rispetto però, da autentico liberale, dei "rapporti sociali e giuridici" imposti dal diritto di proprietà.
Nel 1905 fu attivo in favore della ferrovia Cosenza-Crotone, ed anche in seguito l'interesse per lo sviluppo delle ferrovie calabresi continuò a caratterizzare i suoi interventi parlamentari a favore della regione. Fu fra i protagonisti del movimento politico che portò all'approvazione della legge sulla Calabria il 26 giugno 1906. Nel 1911 fu relatore alla Camera del progetto di legge per il piano regolatore di Cosenza, divenuto legge n. 746 del 30 giugno 1912. Nel gennaio 1911 fu relatore anche della legge sul Fondo silano.
Il F. si distinse per la novità delle sue posizioni a proposito delle riforme sociali del Mezzogiorno. Egli infatti si staccò dalla tradizionale posizione del ceto politico meridionale, tesa alla conservazione ed alla tenace difesa del latifondo.
Nel dibattito che portò all'approvazione della legge sulla Calabria polemizzò con il Nitti, propugnando, invece di una libera contrattazione fra proprietari e contadini, "una riforma coraggiosa dei rapporti sociali e giuridici", e richiamandosi a S. Sonnino ed a S. jacini ricordava l'avvertimento che il rispetto del diritto di proprietà non poteva cancellare i bisogni dei contadini (Atti parlamentari, Camera, Discussioni, 16 giugno 1906, pp. 8604-8608). Nel 1919, ancora in polemica con Nitti, sostenne la riduzione del dazio sul grano: "Nell'animo nostro al sentimento di compatimento per il latifondista si sostituisce un grande e sano sentimento di gaudio allo spettacolo di questo proletariato che si organizza rompendo le camorre, la mafia, il brigantaggio, che è stato il corteo del latifondo nelle nostre province" (Ibid., 11 maggio 1909, p. 613).
Il F., che nel 1904 era stato eletto alla Camera come radicale indipendente, nel 1907 divenne membro della direzione centrale dei partito radicale. Al IV congresso del partito, insieme con G. Bandini, pronunciò la relazione "La riforma elettorale", in cui si dichiarò favorevole al suffragio universale e al sistema proporzionale, incontrando una fredda accoglienza fra i colleghi di partito.
Il 18 marzo 1911 intervenne a nome del gruppo radicale nel dibattito che provocò la caduta del ministero Luzzatti, sostenendo con forza le ragioni della riforma elettorale. Essendo diventato "il campione di un così radicale allargamento del suffragio", egli "era penetrato nelle cerchia degli esponenti di primo rango del partito e proprio in quelle settimane esercitava una forte influenza sulla politica del gruppo parlamentare e della Direzione centrale" (Ullrich, p. 782).
II F. era espressione di una linea politica radicale favorevole ad uno spostamento a sinistra della maggioranza governativa e in questa direzione impostò la sua campagna elettorale del 1913 e fu fautore al congresso radicale di Roma del febbraio 1914 dell'opposizione alla maggioranza governativa giolittiana, comprendente anche i clericali, nella speranza di assorbire attorno ad un comune programma democratico e laicista i riformisti di Bissolati e i liberisti intransigenti.
Allo scoppio della guerra il F., già su posizioni filotripoline in occasione della guerra libica, si dichiarò interventista fin dal mese di luglio del 1914, manifestando la propria debolezza, comune d'altronde a diverse frange del mondo radicale, nei confronti delle correnti nazionaliste. Dapprima si espresse a favore di un'alleanza con l'Austria, a novembre invece si pronunciò per la guerra a fianco della Francia contro l'Austria. Fu nominato nel giugno 1916 ministro delle Poste e Telegrafi nel gabinetto Boselli; ricoprì lo stesso incarico anche durante il ministero Orlando fino al giugno 1919.
Il F. entrò a far parte dei governo in una fase cruciale della vita istituzionale del paese. La vicenda bellica, infatti, condizionava in modo decisivo l'assetto dell'amministrazione centrale dello Stato che svincolandosi dal controllo della politica assumeva finalmente una nuova autonomia di azione. Crebbero così le funzioni economiche degli apparati burocratici e trovarono ampio spazio le élites tecniche. La pubblicazione dei risultati delle diverse commissioni di riforma dello Stato, istituite tra il 1918 e il 1921 e incaricate di studiare nuove soluzioni organizzative e di razionalizzazione del lavoro, contribuiva a stimolare la discussione e ad alimentare progetti di rinnovamento in senso tecnico degli apparati amministrativi. Il ministero delle Poste e Telegrafi, tradizionalmente legato, per la sua natura tecnica, ai problemi dell'"azienda industriale" (G. Melis, pp. 55 ss.) assunse, in questo clima, il ruolo di una vera e propria "amministrazione pilota" e il contributo del F. fu, in tal senso, di grande rilievo. Convinto sostenitore di "una non sfruttatrice applicazione del sistema dei premi di assidua diligenza e di intensificazione dei lavoro" (Id., p. 60), il F. introdusse nel 1919 nell'amministrazione delle Poste e Telegrafi (e in seguito nelle altre amministrazioni) l'istituto dei fondi di cointeressenza, quale importante strumento di semplificazione burocratica dei servizi e "incentivo all'iniziativa individuale". Si consentiva, in tal modo., all'alta burocrazia di provvedere in forma diretta e immediata alla razionalizzazione produttiva delle proprie amministrazioni, contribuendo a valorizzarne l'autonomia di governo. Il progetto complessivo di riordinamento del settore, perfezionato nella riforma Fera-Chimienti, tuttavia non ebbe seguito, poiché, come osservò Giuffrida nel 1921, non furono creati quegli organi direttivi, disciplinari ed esecutivi necessari alla sua realizzazione.
Nelle elezioni del 1919 il F. risultò eletto a Cosenza nella lista radicale, da lui raccolta sotto la bandiera dell'antimiffisterialismo e del liberismo antinittiano. Dal 15 giugno 1920 al 4 luglio 1921 fu ministro di Grazia e Giustizia del governo Giolitti. Propose il 1' dic. 1920 i disegni di legge sull'ordinamento giudiziario, sull'ordinamento della professione di avvocato e sulla riforma delle circoscrizioni giudiziarie.
Nel discorso elettorale pronunciato a Catanzaro il 15 maggio 1921 il F. ebbe modo di esprimere la sua posizione nei confronti del fascismo: "alle violenze che i comunisti consumarono per lunghi mesi in alcune provincie ... hanno opposto i fascisti una decisa resistenza imponendo il rispetto dei simboli nazionali e della volontà delle maggioranze, distruggendo talvolta gli organi sindacali, e impegnando cosi contrasti violenti, che furono causa di gravi lutti" (nella sua raccolta di scritti e discorsi. Per la patria e la democrazia, Roma 1924, pp. 18 s.).
Le elezioni del 1921 determinarono negli schieramenti politici calabresi un processo di aggregazione al centro, con una forte concentrazione delle forze democratiche e liberali nella lista "Aratro" (Unione nazionale democratica), guidata dal F., G. Colosimo e G. De Nava. La lista, che presentava anche il nazionalista M. Maraviglia e godeva dell'appoggio del fascio provinciale di Cosenza, ebbe un buon successo e il F. venne rieletto. La sua posizione nei confronti del fascismo si mantenne benevola anche dopo la marcia su Roma. Egli infatti, pur prendendo le distanze dagli eccessi del fascismo, confidava in un'evoluzione democratica ed in un inevitabile pieno inserimento nel sistema liberale del partito mussoliniano. Il F., membro del Consiglio nazionale del nuovo raggruppamento politico radicale di Democrazia sociale, appoggiò il governo Mussolini. Fece parte della Commissione per la riforma elettorale presieduta da Giolitti e insediata nel 1923. Solo durante le trattative per la formazione delle liste elettorali fasciste, in cui i deinosociali sarebbero voluti entrare a condizione di essere riconosciuti come partito e non come singoli esterni, di fronte alla decisa intenzione fascista di annullamento degli altri partiti il F. maturò una posizione critica e decise di non presentarsi alle elezioni (cfr. l'intervista al Giornale d'Italia, 28 marzo 1923, e quanto scrive in Per la patria e la democrazia, cit., ove definisce la sua rinunzia "atto spontaneo di intima e profonda espiazione, e di serena e sicura protesta": in Spezzano, p. 79). Al secondo congresso nazionale della Democrazia sociale, tenutosi a Roma il 28 e il 29 marzo 1925, propose un ordine del giorno in cui rivendicò il pieno rispetto dei poteri del Parlamento e delle libertà civili sancite dallo statuto.
Con l'affermazione definitiva del fascismo il F. si ritirò dalla politica e continuò la sua attività forense, a Cosenza ed a Roma, fino alla morte, avvenuta a Roma il 9 maggio 1935.
Fonti e Bibl.: Fra le commemorazioni sono da segnalare: il necrologio in Tribunali calabresi, 1936, 6, pp. 3-32; N. Serra, Commemor. di s. e. L. F. nel maggio 1947, Cosenza s.d. Si vedano fra le opere di memorialistica e i carteggi pubblicati: F. Martini, Lettere (1860-1928), Milano 1934, p. 525; O. Malagodi, Conversazioni della guerra, 1914-1919, a cura di B. Vigezzi, Milano-Napoli 1960, pp. 387, 436, 644 s.; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni dipolitica italiana, III, a cura di C. Pavone, Milano 1962, p. 341; F. S. Nitti, Scritti politici, VI, a cura di G. Carocci, Bari 1963, p. 426; L. Albertini, Epistolario, 1911-1926, a cura di O. Barié, Milano 1968, ad Indicem;S. Sonnino, Carteggio 1914-1916, a cura di P. Pastorelli, Bari 1974, pp. 42 s.; ... 1916-1922, a cura di P. Pastorelli, Bari 1975, pp. 319 ss., 688; F. Turati-A. Kuliscioff, Carteggio 1898-1925, a cura di A. Schiavi-F. Pedone, Torino 1977, ad Indicem;F. S. Nitti, Scritti politici, XVI, a cura di P. Alatri, I, Roma-Bari 1979, p. 109; II, ibid. 1980, pp. 661 s. Sui rapporti fra l'attività politica del F. e la Calabria si vedano: J. Lattari Giugni, Iparlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, pp. 281 ss.; F. Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Manduria 1968, pp. 45 s., 56, 68, 78 s., 83, 116-19, 190-213; L. Caruso, Storia di Cosenza, Cosenza 1970, ad Indicem;A. Guarasci, Politica e società in Calabria dal Risorgimento alla Repubblica, I, Il collegio di Rogliano, Chiaravalle Centrale 1973, ad Indicem;E. Misefari-A. Marzotti, L'avvento del fascismo in Calabria, Cosenza 1980, ad Indicem;G. Masi, Socialismo e socialisti di Calabria (1861-1914), Salerno-Catanzaro 1981, ad Indicem;G. Cingari, Storia della Calabria dall'Unità a oggi, Roma-Bari 1982, ad Indicem;V. Cappelli, Politica e politici, in Storia d'Italia (Einaudi). Le regioni..., La Calabria, a cura di P. Bevilacqua-A. Placanica, Torino 1985, ad Indicem;E. Misefari, Ilsocialismo in Calabria nel periodo giolittiano, Soveria Mannelli 1985, ad Indicem;E. Stancati, Cosenza e la sua provincia dall'Unità al fascismo, Cosenza 1988, ad Indicem. Cfr. inoltre: Enc. biegr. e bibl. "Italiana", s. 43, A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, I, p. 409; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1956, pp. 174 s.; G. Salvemini, Ilministro della malavita e altri scritti sull'Italia giolittiana, a cura di E. Apih, Milano 1962, ad Indicem;P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1963, p. 60; G. Salvemini, Scritti sul fascismo, I, a cura di R. Vivarelli, Milano 1963, ad Indicem;R. Zangrandi, Illungo viaggio attraverso il fascismo, Milano 1963, ad Indicem;P. Spriano, L'occupazione delle fabbriche: settembre 1920, Torino 1964, pp. 121, 159; A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Bari 1965, p. 194; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere 1921-1925, Torino 1966, ad Indicem;G. Salvemini, Scritti sul fascismo, II, a cura di N. Valeri-A. Merola, Milano 1966, ad Indicem;B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, pp. 175, 420 s., 814 s., 820; G. Neppi Modona, Sciopero, potere politico e magistratura 1870-1922, Bari 1969, ad Indicem;G. De Rosa, Ilpartito popolare italiano, Bari 1972, pp. 42, 232 ss.; A. Galante Garrone, Iradicali in Italia (1849-1925), Milano 1973, p. 398; R. Paris, L'Italia fuori d'Italia, in Storia d'Italia (Einaudi), IV, 1, Torino 1975, p. 574; F. Barbagallo, Stato, Parlamento e lotte politico-sociali nel Mezzogiorno 1900-1914, Napoli 1976, ad Indicem;A. A. Mola, Storia della massoneria italiana dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem;G. Candeloro Storia dell'Italia moderna, VIII, La prima guerra mondiale - Il dopoguerra - L'avvento del fascismo, Milano 1978, ad Indicem;H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana. Liberali e radicali alla Camera dei deputati 1909-1913, Roma 1979, ad Indicem;A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal1919al 1929, Roma-Bari 1982, ad Indicem;L. D'Angelo, Radical-socialismo e radicalismo sociale in Italia (1892-1914), Milano 1984, ad Indicem;G. Melis, Due modelli di amministrazione tra liberalismo e fascismo, Roma 1988, pp. 60 e n., 64 n., 126 n., 127 s.; L. D'Angelo, La democrazia radicale tra la prima guerra mondiale e il fascismo, Roma 1990, ad Indicem; Il partito politico nella belle époque. Il dibattito sulla forma-partito in Italia tra '800 e '900, a cura di G. Quagliarello, Milano 1990, ad Indicem;R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo, Bologna 1991, ad Indicem.