FIORONI, Luigi
Figlio di Nicola e Anna Rosa Pigliucci, nacque a Roma, come documentato dall'atto di battesimo della parrocchia di S. Andrea della Valle datato 7 genn. 1793. Non trova riscontro documentario quanto riportato dal Thieme - Becker (1926) sia sulla nascita a Santa Fiora nel 1795 sia sul trasferimento a Roma nel 1823, in quanto, dal 1820, è già provata la sua residenza nell'abitazione di famiglia in via Sistina, dove trascorse i suoi ultimi anni il pittore Domenico Del Frate che influenzò notevolmente il giovane artista. La formazione artistica del F. si svolse nell'ambito dell'Accademia di San Luca, ove fu premiato per tre anni consecutivi: 1814, 1815 e 1816. Nel 1821 partecipò al premio Canova con l'opera La continenza di Scipione che non gli assicurò il pensionato, ma una sovvenzione di 60 zecchini. Il F. si dedicò essenzialmente a dipinti di genere, ritratti e vedute e, a partire dal 1829, le cronache artistiche del tempo registrano regolarmente la sua produzione. In quell'anno, infatti, il Diario di Roma commentò il quadro che rappresenta Leone XII dà udienza a cattolici inglesi e irlandesi esposto nello studio di piazza della Tribuna di S. Carlo; all'anno successivo risale la veduta dell'Osteria di Santa Trinità dei Monti oggi al Museo Thorvaldsen di Copenaghen; un altro dipinto di genere, raffigurante una Osteria romana, probabilmente di quegli stessi anni, è conservato nella Neue Pinakothek di Monaco. Per tre anni consecutivi partecipò alle esposizioni della Società degli amatori e cultori delle belle arti: nel 1831 presentò un ritratto, non meglio identificato (catal., p. 5), e nel 1832 un nuovo ritratto e una veduta con La loggia dei cappuccini a Sorrento; nell'anno successivo ottenne un discreto successo con due quadri di genere, L'intemo di un casolare d'inverno con villici e fuoco e Giovinetta in ginocchio davanti alla Madonna (catal., pp. 5, 11). Entrambe le opere furono lodate da Carlo Falconieri (1833), che ne sottolineava la semplicità e la naturalezza. Scarsa eco ebbero. invece, nelle cronache dell'epoca le decorazioni eseguite dal F. nella volta e nelle pareti del "vasto salone destinato a festevoli radunanze" (Cametti, 1938) del teatro di Tordinona, detto anche Apollo, dove lavoravano anche Francesco Podesti, Francesco Coghetti, Alessandro Capalti, Domenico Toietti e Pietro Paoletti, su committenza di Alessandro Torlonia che aveva acquistato il teatro e che, dopo averlo rinnovato completamente, lo riaprì al pubblico il 15genn. 1831.
Benché in un articolo del Tiberino del 1846 le tempere della volta e delle pareti, raffiguranti le quattro stagioni e i dodici mesi dell'anno personificati da altrettante fanciulle, siano attribuiti a Filippo Bigioli, sembra più attendibile quanto riportato da Pietro Ercole Visconti (1832) che descrive accuratamente e nel dettaglio l'opera come del F. subito dopo la riapertura del teatro. Purtroppo, con la distruzione del teatro, sono andate perdute tutte le decorazioni e non ci è nota alcuna documentazione iconografica. Per il F. l'incarico avuto da Alessandro Torlonia fu di grande importanza, in quanto segnò l'avvio di un periodo di intenso lavoro. I Torlonia infatti erano, all'epoca, i maggiori committenti nell'ambiente romano, avevano avviato numerose fabbriche con l'intento di emulare le residenze delle famiglie di ben più antica nobiltà e non badavano a spese per ottenere risultati grandiosi.
Nel palazzo di piazza Venezia, nelle ville di Porta Pia, di via Nomentana e di Castel Gandolfo, a partire dal 1833 e fino ai primi anni del decennio successivo, furono ingaggiati numerosi artisti tra cui, appunto, il Fioroni. Subito dopo aver acquistato, nel 1835, il quadro di genere Una povera famigliola di pastori che di notte offre ospitalità ad un povero religioso il principe Alessandro Torlonia incaricò il F., insieme con Coghetti, Podesti e N. Carta, di decorare la villa di via Nomentana. Le fonti sono concordi nell'attribuirgli la realizzazione dei quattro dipinti murali della sala egizia del casino nobile della villa, che rappresentano L'incoronazione di Cleopatra, Cleopatra che riceve i Romani, L'incontro di Cleopatra con Marcantonio e una Veduta dell'Egitto con la personificazione del Nilo, eseguiti a mezzo fresco.
Questi dipinti, inseriti in una decorazione parietale a geroglifici, sebbene deteriorati, sono ancora visibili in loco; furono molto lodati in un articolo di G. Melchiorri (1837), che sottolineava il recupero della tradizione della tecnica dell'affresco. Il pavimento della stanza egizia è decorato da mosaici in "opus vermiculatimi" con soggetti sempre ispirati all'antico Egitto, eseguiti, a detta delle fonti, su cartoni di Francesco Podesti. G. Moroni (Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, C, Venezia 1860, p. 306) nella descrizione della sala, attribuisce al Podesti anche i cartoni dei dipinti murali eseguiti dal F.; questa notizia sarà in seguito ripresa più volte senza però alcun riscontro documentario. Sia i mandati di pagamento relativi all'attività del F. nella villa, sia i testi di Checchetelli (1842) e Nibby (1841), assegnano infatti chiaramente l'opera al F. riferendo i cartoni di Podesti unicamente ai mosaici. Sempre nel casino nobile, in una delle camere da letto, il F. eseguì anche alcune figure di baccanti, perdute fin dagli inizi di questo secolo quando furono sostituite con stoffe da parati.
I successi ottenuti permisero al F. di trasferirsi, almeno dal 1831, in un nuovo Studio al n. 45 di via del Vantaggio.
Alle prestigiose committenze per la famiglia Torlonia seguirono alcuni incarichi ufficiali: nel 1836 divenne consigliere artistico della Società degli amatori e cultori delle belle arti, con l'incarico di collocare le opere e scegliere quelle da acquistare; quindi gli fu richiesto, dall'arciprete della cattedrale di Velletri Luigi Landi Vittori, di realizzare due tele ad olio a forma di lunetta, L'annunciazione e L'incoronazione della Vergine (Velletri, Museo capitolare); infine, nel 1842, il governo pontificio affidò al F. il compito di stabilire la tassa per l'esportazione delle opere d'arte.
Tra unanimi consensi ed elogi c'è da registrare l'impietosa critica che Maurizio Colonna pubblicò (1846), commentando il grande quadro ordinato dalla principessa di Sardegna per celebrare la casa Savoia rappresentante Amedeo VI, ricevendo l'investitura dei suoi stati ereditari da Carlo IV imperatore, si oppone perché non sia distrutta l'insegna della Croce bianca, conservato nella galleria dei castello di Aglié, del quale il F. eseguì anche una copia, conservata nella collezione della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Nell'articolo il F. viene infatti definito "pittore al di sotto della mediocrità" e privo di "immaginazione artistica". A tanta durezza fanno da contrappunto le lodi apparse pochi mesi dopo su L'Album in occasione della presentazione di una Sacra Famiglia che il recensore, M.G. Ponta, non esita a dichiarare "rion indegna di occupare posto tra le Sacre Famiglie di Raffaello" e i versi latini che, sulla medesima rivista, gli dedica Tommaso Borgogno.
Tra le ultime opere del F. ci sono note ancora un ritratto di Filippo Albacini (Accademia di S. Luca), una Sibilla e il Ritratto della famiglia Capogrossi (una delle sorelle, Angelina, aveva sposato Giuseppe Capogrossi). Nel 1855 il suo nome compare insieme con quelli dei maggiori esponenti del purismo, quali L. Agricola, G. Tenerani, J. Gibson, G. Tadolini, J.F. Overbeck, T. Minardi, S. Betti, Carta, Coghetti, e altri, in calce ad un appello per il "miglioramento artistico del nostro costume" (L'Album, XXII [1855], pp. 12 s.) da adeguare a canoni di semplicità, stile, eleganza e decoro nazionale. Nel 1856 compare, con la qualifica di "ispettore delle pitture" come autore di una perizia per conto del ministero dei Lavori pubblici relativa a dipinti di pertinenza della villa Mattei dei quali si richiedeva l'esportazione.
Il F. morì a Roma nel 1864.
Anche la sorella Enrichetta, nata a Santa Fiora, nella diocesi di Città della Pieve, nel 1806, insieme con la sorella maggiore Teresa, si dedicò ben presto alla pittura, specializzandosi nella produzione di graziose miniature. Dopo il trasferimento a Monaco della sorella, che aveva sposato l'artista tedesco Karl Voigt, Enrichetta iniziò a lavorare autonomamente, consolidando ed ampliando la fama e la clientela. Il suo successo suscitò la gelosia di Teresa, raffreddando i rapporti e interrompendo ogni collaborazione tra le due sorelle. Un ritratto di Enrichetta, eseguito da Teresa, è conservato presso l'Accademia di S. Luca insieme con quello di D.A. Narducci, primo marito di Enrichetta, sposato il 19 febbr. 1832. Rimasta vedova nel 1845 Enrichetta si risposò con il pittore olandese Jan Hendrick Koelmann; morì a Roma nel 1892.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Ministero dei Lavori pubblici e Commercio, 1857, b. 417; P.E. Visconti, Le stagioni e i mesi dell'anno, pitture di L. F...., Roma 1832; C. Falconieri, Rivista delle opere esposte dalla Società degli amatori e cultori delle belle arti nello studio di Canova nell'aprile del 1833, in Il Tiberino, I (1833), n. 16, p. 62; n. 21, p. 84; A. Ricci, Visita di alcuni studi di belle arti, L. F., ibid., IV (1836), n. 32, p. 122; n. 40, p. 160; G. Melchiorri, L'incoronamento di Cleopatra di L. F., a fresco nella Villa Torlonia…, in L'Ape italiana, 1837, n. 3, pp. 63 s., tav. XXXV; O. Gigli, Alcuni monumenti d'arte della villa del duca D. Alessandro Torlonia, Roma 1840, p. 6; G. Checchetelli, Villa Torlonia fuori Porta Pia, in Il Tiberino, VII (1841), n. 19, pp. 73-75; A. Nibby, Roma nell'anno 1838, IV, Roma 1841, p. 965; G. Checchetelli, Una giornata d'osservazione nella villa e nel palazzo di S. E. il principe D. Alessandro Torlonia, Roma 1842; M. Colonna, Alcuni studi pittorici di Roma, in Museo scientifico ed artistico, VIII (1846), p. 262; M.G. Ponta, La Sacra famiglia, dipinto a olio del sig. L. F. romano, in L'Album, XIV (1847), pp. 143 s.; Miglioramento artistico del nostro costume, in F.S. Bonfigli, The artistical directory or guide to the studios in Roma, Roma 1858, p. 60; B. Magni, Storia dell'arte italiana, Roma 1902, p. 883; F. Noack, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, Leipzig 1926, pp. 6 s.; Id., Das Deutschtum in Rom, Stuttgart 1927, II, p. 324 (per Enrichetta); A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi di Apollo, I, Tivoli 1938, pp. 237 s.; L.R. Schidlof, La miniature in Europe, Graz 1964, I, p. 266; J.B. Hartmann, La vicenda di una dimora principesca romana, Roma 1967, p. 71; O. Michel, Domenico Del Frate, dessinateur et fresquiste méconnu, in Colloqui del sodalizio, s. 2, VII-VIII (1980-1984), p. 164 n. 59; Teresa Fioroni, lettere familiari, a cura di F. Nardelli Petrucci, Roma 1981, passim; M.F. Apolloni - A. Campitelli - A. Pinelli - B. Steindl, Villa Torlonia, in Ricerche di storia dell'arte, 1986, nn. 28-29, pp. 58 s., 162, 165; S. Gnisci, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, pp. 825 s.