FIRPO, Luigi
Nacque a Torino il 4 genn. 1915, da Oreste e Angiola Ramella. La famiglia, di modeste condizioni, apparteneva ad un vecchio ceppo piemontese con lontane origini liguri. Frequentò il liceo "Massimo d'Azeglio", in un susseguirsi di forzate dimissioni di insegnanti (come nel caso di A. Monti) e di brevi quanto prestigiose supplenze (tra cui quelle di F. Antonicelli e di L. Ginzburg), che lo lasciarono, come ebbe poi a ricordare, "con un bagaglio di cultura fragile e squinternato" (Gente di Piemonte, Milano 1983, p. 289). Nel 1934 il F. si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Torino.
La genericità degli interessi, insieme con una precoce insofferenza per le discipline giuridiche, lo portò a trascurare gli insegnamenti canonici della facoltà scelta. Privilegiò invece le lezioni di L. Einaudi o quelle dello storico del diritto F. Patetta, mentre frequentava sempre più spesso la contigua facoltà di lettere, dove ebbe tra l'altro modo di ascoltare le letture dantesche di F. Pastonchi. A partire da questi stessi anni, sino al 1940, il F. andò pubblicando su fogli giovanili ed universitari fascisti, come Il Lambello di Torino, numerosi componimenti poetici ed articoli di vario genere, spesso forbitamente inneggianti al regime e, come molti altri della sua generazione, che ebbero poi modo di distinguersi in vari campi della vita democratica, partecipò in quegli anni ai littoriali di arte e cultura, classificandosi di frequente ai primi posti.
Determinante, perché si chiudesse questo periodo di approssimazione giovanile e si aprisse quello del rigore e della ricerca, fu l'incontro con G. Solari. Questi chiarì in lui interessi sino ad allora confusi avvicinandolo al metodo della ricerca. Pur insegnando filosofia del diritto, il Solari era soprattutto uno storico del pensiero politico e giuridico ed aveva diretto gli studi di personalità come Piero Gobetti, A. Passerin d'Entrèves, M. Einaudi, P. e R. Treves, A. Garosci e N. Bobbio. Fu quindi un valido maestro nel guidare i primi passi del F. nello studio di T. Campanella, a cui il giovane si era autonomamente avvicinato con la lettura delle opere poetiche.
Con la dissertazione di laurea (discussa nel 1937 ed intitolata "Tommaso Campanella nell'unità del suo pensiero filosofico, politico e religioso") e la di poco successiva prima pubblicazione scientifica (uno studio sui persecutori romani del monaco stilese apparso nella Rivista di filosofia, XXX [1939], pp. 200-215) iniziò la sua lunghissima frequentazione con le opere e la vita del Campanella.
Furono gli anni del conflitto mondiale (durante i quali il F. evitò per motivi di salute l'esperienza del fronte, prestando servizio militare nella scuola di artiglieria del castello di Moncalieri) quelli in cui si consolidò questo primo e decisivo settore dei suoi studi. Alla Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, giunta nel 1940 a mettere ordine in un settore fino ad allora confuso, seguì una fitta serie di edizioni critiche e di studi sulle opere del pensatore calabrese, la maggior parte dei quali furono poi raccolti nel volume Ricerche campanelliane (Firenze 1947). Dal 1942 il F. iniziò un altro percorso di ricerca destinato a svilupparsi negli anni, quello dedicato a Traiano Boccalini, che prese le mosse da varie note critiche e bibliografiche e dalla pubblicazione di alcuni scritti inediti dell'autore dei Ragguagli di Parnaso.
Con questa prima sequela di studi la personalità scientifica del F. poteva dirsi orinai formata, ed evidenti erano i contributi metodologici che egli stava fornendo alla storia delle dottrine politiche. Sin dagli annì Quaranta si impose, infatti, l'opera di meticolosa ricostruzione bibliografica e filologica sulla quale il F. impiantava ogni ricerca, e che si sarebbe poi rivelata come uno dei tratti peculiari di tutto il suo lavoro. Tale impostazione era ancor più significativa perché interveniva in un settore, quello degli studi italiani sul pensiero politico dell'età moderna, nel quale l'attenzione critica e filologica "poco e solo sporadicamente era stata recepita": già con questi studi, dunque, il F. "contribuì fortemente a fare trovare alla storia delle dottrine politiche una sua identità precisa, liberandola da quei tentennamenti tra la filosofia del diritto e la pubblicistica politica, in cui si era spesso involuta negli anni precedenti" (Spini, 1990, p. 197).
Egli così iniziava un percorso che lo doveva condurre ad indagare, con organicità ed ansia di completezza, la storia del pensiero politico italiano ed europeo tra Cinquecento e Seicento. Campanella rimarrà un costante punto di riferimento in questo percorso, trovandosi al crocevia delle principali tematiche di studio del F.: l'eresia e l'eterodossia nel cattolicesimo controriformistico, la riflessione sul rapporto tra etica e politica, il pensiero utopistico. Pur accingendosi a spingersi ben oltre il confine degli studi campanelliani, il F. è attratto dall'aver sempre posto il Campanella al centro delle proprie meditazioni "il consorzio civile, con tutti i suoi problemi etici, sociali e politici" (Introduzione, in G. Bruno - T. Campanella, Scritti scelti, Torino 1949, p. 13), ovvero quella stessa centralità della politica umana che accompagnerà l'intera riflessione del Firpo.
Nel 1946 il F. venne incaricato dell'insegnamento di storia della dottrine politiche presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Torino, dove negli anni successivi tenne anche corsi di storia delle dottrine economiche. Ma solo nel 1956, quando si tenne il primo concorso in storia delle dottrine politiche dopo quello vinto nel 1935 da A. Passerin d'Entrèves, il F. poté acquisire un posto di ruolo. Dopo un anno di insegnamento alla facoltà di magistero di Messina tornò definitivamente a Torino.
Negli anni del dopoguerra i suoi interessi iniziarono ad allargarsi verso l'età contemporanea. Significative, a tal proposito, appaiono le sue indagini marxiane. Nel 1945 curò la riedizione, per la UTET, della traduzione italiana del primo libro del Capitale.
Nell'introduzione il F. distingueva il Marx teorico dell'economia, considerato "fallimentare", dal Marx "politico del riscatto delle masse oppresse", i cui frutti positivi riconosceva nella realtà sovietica: una realtà che, con i toni di chi stava assistendo alle ultime settimane del conflitto mondiale, egli giudicava come "la costruzione statale di originalità più spiccata, il più recente e tipico apporto dell'inesausta Europa alla soluzione dei problemi collettivi dell'umanità" (Introduzione, in C. Marx, Il Capitale, Torino 1945, P. XXXVIII) .
II passo successivo, in questa direzione di ricerca, fu la traduzione e l'edizione, per Einaudi nel 1950, degli Scritti politici giovanili di Marx: una raccolta integrale dei saggi e degli articoli scritti tra il 1842 e il 1845. Il F. si confrontava con un pensatore lontano dai suoi sentimenti (Spini ricorda il suo voto monarchico al referendum istituzionale del 1946, "per timore che la Repubblica portasse a troppo radicali cambiamenti": 1990, p. 198), ma applicandovi quegli stessi strumenti filologici e quella curiosità interpretativa che aveva sperimentato nelle ricerche sul Campanella. Ne risultava l'introduzione "nella cultura italiana [di] quel Marx umanista e radicale, che sarebbe poi stato oggetto di ripetute riflessioni e discussioni" (Bravo, 1989, p. 761).
L'esplorazione del pensiero politico cinque-seicentesco rimaneva tuttavia il filone maestro dei suoi studi. Oltre ai lavori di questi anni su F. Pucci e L. Zuccolo, deve essere ricordata la pubblicazione, nel 1948-49, di una lunga ricerca sull'intricata vicenda processuale di Giordano Bruno (Il processo di Giordano Bruno, in Rivista storica italiana, LX [1948], pp. 542-97; LXI [1949], pp. 5-59; nuova edizione corretta dall'autore, pubblicata postuma a cura di D. Quaglioni con una appendice di documenti: Roma 1993).
In queste pagine il F. rendeva conto delle vere e proprie "scoperte" effettuate sugli ultimi otto anni di vita del monaco, utilizzando tra l'altro i materiali esaminati nell'archivio del S. Uffizio, dove era riuscito ad entrare con un'autorizzazione straordinaria. Da questa puntuale ricostruzione usciva un quadro fortemente critico verso "il mito del Bruno eroico e indomabile", che il F. considerava espressione di "una tendenza a ridurre a moduli elementari e puramente razionali un comportamento certo complesso e intessuto di molteplici motivi" (ibid., pp. 105 s.). La sua attenzione andava invece al suo essere innanzitutto pensatore e filosofo, come risultava dalla sua condotta nella vicenda processuale, e quindi "alla umanità del Bruno ed al bisogno di fame il centro della riflessione storica" (Quaglioni, Introduzione, ibid., p. XIV). Inevitabile fu l'incontro tra la riflessione su Bruno e quella su Campanella, concretizzatasi nell'edizione citata di una selezione delle opere dei due pensatori.
Le ricerche del F. sul Campanella continuarono infatti ad occupare largo spazio nella sua attività (specie con i regolari contributi che egli iniziò a pubblicare dal 1950 sul Giornale critico della filosofia italiana, nella rubrica "Appunti campanelliani"), mentre sempre maggiore diveniva l'attenzione dedicata al tema generale delle utopie e dell'utopismo. Iniziò dunque quel multiforme percorso d'indagine nel campo più ampio del pensiero utopistico tra Cinquecento e Seicento, che doveva portarlo a dedicarsi ora al tema della città ideale del Rinascimento (con gli studi su L.B. Alberti e sul Filarete), ora a quello dell'utopismo straniero, visto nei personaggi minori (come K. Stiblin) e maggiori (Th. More). Una tappa importante di questo percorso furono i suoi studi su Ludovico Agostini, "l'utopista tipico della Controriforma" (Lo Stato ideale della Controriforma. L. Agostini, Bari 1957, p. 5).
Sin dall'immediato dopoguerra fu intensa la sua attività di organizzazione editoriale, che egli concepiva come corollario delle proprie ricerche, convinto com'era del bisogno di pubblicare in modo filologicamente rigoroso i testi fondamentali del pensiero politico europeo. Si adoperò dunque nella gestione diretta delle edizioni Ramella, dove nel 1945 fece riprendere la stampa della Rivista di filosofia, ma soprattutto avviò nel 1948 la collana dei "Classici politici" per la UTET, consolidando così quella collaborazione con la casa torinese che si sarebbe protratta fino alla morte.
Tra i primi titoli della collana vi fu una nuova ed. delle opere di Giovanni Botero (Della Ragion di Stato, con tre libri Delle cause della grandezza delle città, due "Aggiunte" e un "Discorso" sulla popolazione di Roma, Torino 1948), con la quale il F. apriva un altro filone di ricerca, imperniato sul dibattito intorno al rapporto tra morale e politica, e quindi sull'"invenzione" dell'antimachiavellismo nell'Italia del primo Seicento. La sua lettura del Botero, di poco successiva alle ricerche di F. Meinecke e di F. Chabod ed a queste inevitabilmente rivolta, era innovativa per il suo voler superare l'immagine puramente controriformistica del pensatore piemontese, che veniva valutato anche come osservatore attento della propria realtà storica. Ne derivava un profilo diverso, "in cui le ragioni del momento sociale in largo senso - demografico, economico, geografico - cominciano ad avere più importanza di quelle politiche o etico-politiche (Isnardi Parente, 1992, p. 478).
Preparò poi l'edizione (Torino 1949) degli Scritti politici di Lutero (premessa di quell'interesse per la Riforma italiana che lo porterà a curare dal 1958 il Corpus Reformatorum Italicorum, con D. Cantimori, E. Garin e G. Spini); e le edizioni di I. Kant, Beccaria e Manzoni. Importanti furono anche i suoi contributi bibliografici su alcune figure centrali della cultura italiana del Novecento: da quelli su F. Chabod a quelli su L. Einaudi, divenuto "con gli anni la figura del maestro ideale" (Bobbio, 1990, p. 18), del quale il F. ricostruì la bibliografia, il catalogo della biblioteca e il carteggio con B. Croce. Non mancarono, inoltre, i risultati di una più ampia curiosità e versatilità, come la traduzione delle Georgiche o la pubblicazione di un fortunato manuale di bridge (Il sistema "Torino", Torino 1959 e successive edizioni).
Nella sua opera di organizzatore editoriale si riflesse anche quell'attenzione per la definizione scientifica e la promozione culturale della disciplina che lo aveva occupato sin dai primi lavori. Gli anni Sessanta videro infatti il suo impegno per la pubblicazione di importanti opere storiografiche straniere (l'edizione per Laterza del lavoro dei fratelli Carlyle sul pensiero politico medievale, cui seguirono i volumi di T. Sinclair sull'età classica e di P. Mesnard sul pensiero rinascimentale) e la fondazione della rivista Il Pensiero politico (1968). Il momento più significativo in questo sforzo di sistematizzazione della disciplina (affine peraltro a quella di promozione accademica, dato che il F. fu tra i più accesi fautori dell'istituzione delle facoltà universitarie di scienze politiche) fu tuttavia quello che lo vide ideatore e direttore della monumentale Storia delle idee politiche, economiche e sociali (Torino 1972-87, in 6 volumi).
Quest'opera, per l'organicità del progetto e il valore dei collaboratori, fu per il F. un'importante occasione di sintesi della propria quarantennale attività di ricerca. Per il primo volume redasse un'Introduzione che aveva il respiro di un autentico statuto scientifico della disciplina. Dissentiva innanzitutto dalla dizione "storia delle dottrine politiche", che attribuiva al clima idealistico degli anni Trenta, "momento culturale di attardato isolamento" nel quale era maturata la prima definizione accademica della materia. Preferiva invece pensare ad una disciplina storica pleno iure, fondata "su rigorosi accertamenti filologici" che abbracciasse "con le austere "dottrine" anche i meno ambiziosi "pensieri" e tutta quanta la materia, tanto più varia e ineguale, del ribollente magma delle "idee"" (Introduzione. in Storia delle idee..., I, L'antichità classica, Torino 1982, p. VI). Ne risultava una precisa definizione dei compiti della storia del pensiero politico, identificati con "la ricostruzione storica e l'analisi critica delle riflessioni che sono state elaborate... sui problemi via via sollevati dalle aggregazioni sociali, in tema di potere, governo, organizzazione, consenso, rapporti di dipendenza, distribuzione dei compiti e delle risorse".
Per la Storia delle idee elaborò anche un lungo saggio sull'utopismo, nel quale avanzò un'interpretazione sintetica e complessiva del significato dell'utopia, secondo cui "l'autentico utopista non è affatto un sognatore e, anzi, dev'essere considerato un personaggio dotato di estremo realismo", in quanto "riformatore così profondamente consapevole del carattere prematuro, avveniristico, extratemporale del suo progetto, che sa di non poterlo redigere in forma di programma concreto e si induce perciò a escogitare una forma diversa di comunicazione e di proposta" (L'utopismo, in Storia delle idee..., III, Umanesimo e Rinascimento, Torino 1987, p. 811).
Dagli anni Sessanta il F. si dedicò con impegno anche all'attività di pubblicista, intensificando la collaborazione a La Stampa di Torino, che aveva avviato nel 1964. Nei suoi articoli spiccarono le note dedicate alla propria regione, parte di un suo più generale "piemontesismo", "prima di tutto di natura etica" (Bobbio, 1990, p. 6), che si era tradotto anche nell'impegno profuso per lo sviluppo culturale di Torino. Un impegno concretizzatosi tra l'altro, nella partecipazione diretta alla nascita e all'attività della Fondazione Luigi Einaudi e nell'intenzione di destinare ad uso pubblico la propria biblioteca, composta da più di 40.000 volumi raccolti in tanti anni di appassionata bibliofilia. Una intenzione che poté attuarsi solo dopo la sua morte, con la nascita a Torino della Fondazione Luigi Firpo - Centro di studi sul pensiero politico. Dal 1977 alla morte il F. acquistò notorietà soprattutto con la rubrica settimanale "Cattivi pensieri", che tenne su La Stampa. Indossando i panni del "giudice severo e senza peli sulla lingua" (Bobbio, 1990, p. 4), con le sue intelligenti provocazioni seppe suscitare vivaci e stimolanti discussioni sui molti paradossi di quegli anni.
Volle infine sperimentare la strada della politica attiva. Dopo essersi candidato, senza successo, alle elezioni politiche del 1979 nelle file del Partito repubblicano italiano, fu nominato consigliere di amministrazione della RAI. Nel 1987 venne eletto come indipendente nelle liste repubblicane alla Camera dei deputati, dove si segnalò per i suoi interventi sulla commissione inquirente e sul sostegno statale alle associazioni culturali.
Colpito da ictus nel gennaio, il F. morì a Torino il 2 marzo 1989.
Fonti e Bibl.: Per gli scritti del F. si veda A.E. Baldini - F. Barcia, Bibliografia degli scritti di L. F. (1931-1989), in Studi politici in onore di L F., a cura di S. Rota Ghibaudi - F. Barcia, IV, Problemi, metodi e prospettive, Milano 1990, pp. 563-789.
Necrologi: N. Bobbio, Erudizione e stile (raro esempio di cultura sterminata nei campi più diversi e di eleganza), in La Stampa, 3 marzo 1989; G. Galasso, L. F., l'utopia della Storia, in Il Mattino, 3 marzo 1989; R. Monteleone, Un aristocratico amico dell'utopia, in Il Secolo XIX, 3 marzo 1989; D. Novelli, F., il "cattivo", in L'Unità, 3 marzo 1989; G. Spadolini, Le "prediche inutili" di un piemontese testardo, in La Stampa, 3 marzo 1989; G. Spini, Sotto il segno della coerenza, in Il Messaggero, 3 marzo 1989; N. Tranfaglia, Intellettuale rigoroso e caparbio, censore implacabile dell'Italia di oggi, in La Repubblica, 3 marzo 1989.
Si vedano: G.M. Bravo, L. F. uomo di cultura, studioso, accademico, scrittore, in Boll. storico-bibliografico subalpino, LXXXVII (1989), pp. 758-765; G. Spini, Ricordo di L. F., in Riv. stor. italiana, CII (1990), pp. 195-203; N. Bobbio, L. F. ricordato nel primo anniversario della morte, in Il Pensiero politico, XXIII (1990), pp. 3-18; E.A. Albertoni, Una storia delle dottrine politiche in Italia, ibid., XXV (1992), pp. 27-43; G.M. Bravo, L. F., in Belfagor, XLVII (1992), pp. 295-312; D. Quaglioni, Introduzione, in L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, Roma 1993, pp. VII-XXII. Del volume Botero e la "Ragion di Stato". Atti del Convegno in memoria di L. F. (Torino, 8-10 marzo 1990), Firenze 1992, si vedano: M. Isnardi Parente, Il Botero di L. F. (pp. 473-484); A.E. Baldini, Le ultime ricerche di L. F. sulla messa all'indice delle "Relazioni universali" di Botero (pp. 485-492); C. Dionisotti, Chiusura del Convegno (pp. 497-500).