Luigi Firpo
È stato senza alcun dubbio uno dei grandi maestri della storia del pensiero politico, e non solo per la sua indefessa attività di studioso e di organizzatore di cultura, che gli diede notorietà nazionale e internazionale. Contribuì infatti in maniera decisiva a una più puntuale e articolata definizione degli studi sulle idee politiche rispetto ad altri saperi, caratterizzati da più consolidata tradizione scientifica e accademica; parimenti si batté con impegno negli organismi istituzionali e ministeriali, soprattutto italiani, per definire lo statuto disciplinare della storia delle dottrine politiche e per l’istituzione di riformate e autonome facoltà universitarie di Scienze politiche.
Luigi Firpo nacque a Torino il 4 gennaio 1915 «da un vecchio ceppo piemontese», come amava ricordare. Alla ‘sua’ città lo legavano radici profonde che non vennero mai meno e non solo per le numerose pubblicazioni di carattere scientifico e divulgativo che a essa ha continuato a dedicare nell’arco della sua più che cinquantennale attività di studioso.
Le origini modeste della sua famiglia, da lui peraltro ribadite più volte con orgoglio, non gli impedirono di completare gli studi classici nel prestigioso liceo torinese Massimo d’Azeglio e di iscriversi poi alla facoltà di Giurisprudenza, dove si laureò nel 1937. Gli studi liceali e quelli universitari non riuscirono a coinvolgerlo, né lasciarono in lui ricordi esaltanti, tranne quelli di alcuni insegnanti nei confronti dei quali non cessò di manifestare tutta la sua riconoscenza.
Lo scarso interesse per gli insegnamenti giuridici e il suo amore per la letteratura e per la poesia lo portarono a seguire alcuni corsi della facoltà di Lettere e, in particolare, quelli di Francesco Pastonchi. Almeno sino all’incontro con Gioele Solari (1872-1952), che a Giurisprudenza insegnava filosofia del diritto: il maestro per eccellenza con il quale si erano già laureate generazioni di intellettuali formatisi nell’ateneo torinese, da Piero Gobetti ad Alessandro Passerin d’Entrèves, da Uberto Scarpelli a Norberto Bobbio. Fu un incontro «occasionale e scabro», originato, come ricorda Firpo, dal ritrovamento su di una bancarella di un’edizione «filologicamente infame, ma per me benedetta, delle Poesie di Campanella» (Testimonianza per due maestri, in Id., Gente di piemonte, 1983, p. 291), che gli fece scoprire il pensatore di Stilo e lo portò a decidere di scrivere su di lui la tesi di laurea. Superata l’iniziale diffidenza di Solari, Firpo si laureerà con una tesi dal titolo già emblematico: Tommaso Campanella nell’unità del suo pensiero politico, filosofico e religioso. L’incontro decisivo con quello che sarebbe diventato l’autore della sua vita fu quindi determinato dal suo grande amore per la poesia.
Gli anni liceali e quelli universitari erano stati parimenti caratterizzati da una fitta collaborazione con riviste giovanili e con periodici fascisti, in particolare il «Lambello», la rivista del GUF (Gruppo Universitario Fascista) torinese, oltre che dalla partecipazione ai Littoriali, nei quali primeggiò ripetutamente con i suoi componimenti poetici. Una collaborazione che venne progressivamente meno e che cessò del tutto con l’impegno nella ricerca scientifica già all’inizio degli anni Quaranta (Bravo 1992, p. 299).
L’incontro con Solari era stato determinante per le sue scelte di vita e per quelle di studioso («non ci lasciammo più»). Lo stesso Solari resterà stupito dai numerosi e puntuali articoli pubblicati dal suo allievo già nel 1939, a partire da Il Campanella astrologo e i suoi persecutori romani, seguito da altri cinque contributi in sedi prestigiose come il «Giornale critico della filosofia italiana», gli «Atti della Regia Accademia delle scienze di Torino» e il «Giornale storico della letteratura italiana». Era solo l’inizio di una poderosa serie di saggi, bibliografie, note filologiche ed edizioni di testi (ben 130) che sarebbe continuata per tutta la sua lunga vita di studioso.
Dal 1939 al 1941 le pubblicazioni di Firpo furono concentrate sul domenicano calabrese. Nel 1940 usciva la preziosa Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, che metteva finalmente ordine nella selva delle edizioni campanelliane e che gli valse il premio dell’Accademia d’Italia, portata a termine durante il servizio militare, con quei pochi strumenti che Solari riusciva a procurargli. Seguiva nel 1941 l’edizione critica degli Aforismi politici, integrati dal commento di Ugo Grozio; ma già dal 1940, oltre a numerosi altri contributi, aveva pubblicato gli Appunti campanelliani: una quantità notevole di documenti inediti, note di ricerca, articoli eruditi, una sorta di «bollettino degli scavi» (per usare una felice espressione di Giorgio Spini) che continuerà a pubblicare con cadenza impressionante sino al 1962 e che fu rifusa parzialmente, almeno per la parte uscita fino allora, nel volume Ricerche campanelliane (1947). Nel frattempo aveva dato alle stampe in edizione critica altri testi editi e inediti di Campanella: Antiveneti e Poetica, entrambi nel 1944, e i Discorsi ai principi d’Italia e altri scritti filo-ispanici nel 1945.
Nel 1942 irrompeva in maniera prepotente Traiano Boccalini, uno degli autori che le sue ricerche campanelliane gli avevano fatto conoscere e apprezzare, e che catturerà gran parte delle sue energie degli anni immediatamente successivi, fino ad approdare nel 1948 a una nuova edizione critica dei Ragguagli di Parnaso e altri scritti minori, nella quale Firpo non solo rivedeva in maniera marcata i due volumi curati da Giuseppe Rua a inizio secolo, ma soprattutto ne aggiungeva un terzo, nel quale inseriva, con maestria filologica, ben 67 ragguagli inediti, oltre a quelli stampati postumi con il titolo Pietra del paragone politico, integrandoli con altri ‘scritti minori’, con numerose lettere e con traduzioni boccaliniane.
Sempre nel 1948, oltre a nuovi articoli su Campanella, pubblicò contributi fondamentali come la prima parte del Processo di Giordano Bruno (sarà congiunta con la seconda, uscita nell’anno seguente, nel primo dei «Quaderni della Rivista storica italiana»); seguiranno l’edizione della Ragion di Stato di Giovanni Botero e il vigoroso contributo Il pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, chiestogli da Ettore Rota per le Questioni di storia moderna da lui curate.
Nel 1944 diede alle stampe il progetto della prestigiosa e innovatrice collana Classici politici da lui diretta, che inizierà a pubblicare nel 1947 (la sua edizione boteriana costituirà il secondo volume, preceduta da quello di Adam Mickiewicz e immediatamente seguita dalle edizioni dei Due trattati di John Locke a cura di Luigi Pareyson e dal De cive di Thomas Hobbes a cura di Bobbio). Parimenti del 1944 è la prima progettazione della grandiosa Storia delle idee politiche, economiche e sociali, che darà alle stampe a partire dal 1972.
Le testimonianze su questo straordinario «avvio» sono numerose e tutte improntate a stupore e ammirazione. «Già negli anni Quaranta [...] ci si cominciò a rendere conto che con Luigi Firpo era spuntata una personalità davvero eccezionale all’orizzonte culturale italiano», scriveva Spini (1990, p. 195); gli faceva eco Carlo Dionisotti, ricordando la
commozione mia e dei miei coetanei quando, nell’immediato dopoguerra, vedemmo apparire giovani come Firpo e subentrare a noi con forze intatte nel compito di riprendere e rinnovare gli studi storici in Italia (Dionisotti, in Botero e la ragion di Stato, 1992, p. 499).
La bibliografia dei suoi scritti è ricca di ben 1910 titoli, comprendendo la sua attività pubblicistica, abbastanza consistente negli ultimi anni di vita, ma escludendo le numerose ristampe e traduzioni e soprattutto i lavori da lui lasciati in tronco e pubblicati solo dopo la morte.
Trascinati da Campanella, arrivarono gli studi sugli «eretici» Giordano Bruno e Francesco Pucci (compagni di cella del calabrese) e sul piemontese Botero teorico della ragion di Stato («plagiato» da Campanella), sui quali scrisse quasi senza interruzione a partire dal 1948. Thomas More con la sua Utopia entrò nel 1952 nel novero dei pensatori particolarmente cari a Firpo e mai da lui abbandonati, subito seguito da Filarete e la «città ideale nel Rinascimento» (1954), Ludovico Agostini (1954), Kaspar Stüblin (1959): un filone utopico affrontato sulla scia della Città del Sole. Nell’approfondimento delle tematiche campanelliane e nella ricerca delle loro fonti, Firpo ‘incontrò’ numerosi altri personaggi e altri filoni di pensiero ai quali dedicò contributi ancor oggi di fondamentale importanza: basti citare quelli a lui più cari: Galileo Galilei (1962), Leonardo da Vinci (1962), Girolamo Savonarola (1963) ed Erasmo da Rotterdam (1966); ma nel novero possono essere inseriti anche Francesco Guicciardini (1952) e Niccolò Machiavelli (1960).
Proprio l’inevitabile allargamento degli studi campanelliani lo portò ben presto ad affermarsi – malgrado le enormi difficoltà di quegli anni di guerra e di immediato dopoguerra – come «lo studioso» del pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma.
Frattanto, dopo essere stato nominato assistente straordinario presso l’Istituto giuridico dell’Università di Torino nel 1940 e, dal 1941, presso la facoltà di Giurisprudenza, nel 1942 aveva conseguito la libera docenza in storia delle dottrine politiche e dal 1946 aveva ricoperto l’incarico d’insegnamento in tale disciplina presso la facoltà di Giurisprudenza torinese. Vincitore di cattedra nel 1956, nel primo concorso bandito per la ‘sua’ disciplina a distanza di decenni, dopo un anno d’insegnamento a Messina, fu richiamato a Torino presso la facoltà di Giurisprudenza e, nel 1969, si trasferì definitivamente in quella di Scienze politiche, istituita in quell’anno grazie anche al suo decisivo impegno, ricoprendo inoltre l’insegnamento di metodologia della ricerca storica. Vi terminò la sua carriera di docente di storia delle dottrine politiche nel 1985.
Negli ultimi anni della sua vita (morì a Torino il 2 marzo 1989) la produzione scientifica diminuì di intensità, anche a causa dei crescenti impegni politici e giornalistici. Nel 1980 fu infatti designato nel Consiglio di amministrazione della RAI, carica che mantenne sino al 1987, quando fu eletto deputato al Parlamento come indipendente nelle liste del Partito repubblicano italiano. Aveva tuttavia continuato le amate ricerche campanelliane; anzi, le aveva intensificate dopo che, in concomitanza con i suoi nuovi appuntamenti romani a cadenza settimanale, aveva nuovamente ottenuto l’autorizzazione a entrare nell’Archivio del Santo Uffizio. Era finalmente determinato a porre mano ai due volumi da tempo progettati su Campanella, uno biografico e uno documentario: ce lo confermano la voluminosa cartella delle Ricerche in corso, rimasta sul suo tavolo di lavoro, e ancor più i numerosi fascicoli lasciati sugli scaffali del suo studio: ordinati e catalogati con l’abituale rigore.
Fu socio dell’Accademia dei Lincei, direttore della Classe di scienze morali dell’Accademia delle Scienze di Torino, presidente del Centro nazionale di studi alfieriani (Asti), della Commissione nazionale vinciana (Roma) e del Comitato scientifico della Fondazione Luigi Einaudi (Torino), alla quale dedicò molte energie.
Firpo amava presentarsi come «storico delle idee politiche», ribadendo con forza che le idee andavano anzitutto studiate e ricostruite in quella composita trama di situazioni storiche, di polemiche e di percorsi teorici al cui interno si erano affermate, articolate, modificate e diffuse. Da qui la sua attività di ricercatore rigoroso, di instancabile frequentatore di fondi manoscritti: un lavoro meritorio che gli ha permesso magistrali ricostruzioni storiche e filologiche di personaggi, dibattiti e idee politiche, insieme con preziosissime edizioni critiche di numerose opere di pensatori del Rinascimento e della Controriforma, in particolare, ma anche di secoli successivi (valgano per tutti i suoi contributi su Cesare Beccaria, Francesco Mario Pagano, Karl Marx, Francesco Saverio Nitti, Benedetto Croce e Luigi Einaudi). La sua era infatti una storia delle idee politiche che – pur nella sua consapevole autonomia – era costruita in costante e indispensabile rapporto con la storia delle idee in senso lato, ma in particolare con la storia delle idee giuridiche, economiche e sociali, senza dimenticare l’apporto della filosofia, della letteratura e della scienza. Riconobbe in Einaudi il suo «maestro ideale», ma il «suo» vero maestro fu Solari.
Forse più di altri, i contributi campanelliani ci permettono di capire la prospettiva teorica e quella metodologica di Firpo: due prospettive che finivano in ultima istanza con l’identificarsi. Non si stancava mai di ribadire l’importanza imprescindibile di quell’«oscuro ma non arido» lavoro filologico, di quella fatica «umile e ingrata» sui manoscritti, sulle edizioni critiche dei testi, finalmente affidabili, sulle indispensabili ricerche biografiche e bibliografiche. Solo radicando pienamente un autore nel suo tempo, nelle sue vicissitudini umane, nei suoi studi e nelle sue relazioni, diventava infatti possibile dar corpo pienamente al suo pensiero e soprattutto evitare di fraintendere le sue idee.
Firpo viveva la ricerca come un processo senza fine, al punto che l’articolo, il saggio e l’edizione critica avevano finito per diventare gli strumenti «naturali» («naturalmente» provvisori o parziali) del suo dialogo con la comunità scientifica. Il libro gli appariva invece sempre più come un risultato finale, definitivo, e comunque non ipotizzabile prima di avere ricostruito e messo ben in ordine tutte le tessere del mosaico-ricerca: ecco perché finiva con il non trovare quasi mai posto nella programmazione delle sue pubblicazioni. Altri, non lui, avrebbero potuto e dovuto progettarlo e scriverlo, seguendo le loro inclinazioni di studiosi; anzi, la sua portentosa attività di organizzatore di cultura, di promotore e direttore di collane editoriali attesta con quanto impegno abbia agito in questa direzione.
Fu tra i primi a ricevere l’autorizzazione a svolgere ricerche presso l’Archivio dell’Inquisizione subito dopo la fine della Prima guerra mondiale, quando l’Archivio era ancora inaccessibile agli studiosi; vi tornò nell’ultimo decennio di vita (di nuovo con un permesso straordinario visto che l’Archivio era ancora chiuso al pubblico), traendone documentazioni di fondamentale importanza, e non solo per lo studio di autori come Bruno, Campanella e Galilei.
Nei momenti di spensierata conversazione, quasi a rimarcare una sintonia decisamente singolare nella sua intensità, si spingeva addirittura ad ammettere con studiato stupore la propria somiglianza fisica con il Campanella del celebre ritratto di Francesco Cozza. Chi lo conosceva meglio sapeva però cogliere dietro quelle espressioni solo accennate, l’allusione – ovviamente mai apertamente confessata – a una somiglianza ben altrimenti significativa: quella tra due temperamenti particolarmente forti e rari.
Come ha fatto notare Margherita Isnardi Parente, la progressiva presa di coscienza delle caratteristiche dell’utopia nell’età della Controriforma, la loro attribuzione a una mutata sensibilità e lo sforzo di abbracciare il pensiero del calabrese nella sua unità («di inserire i Solari nell’orizzonte della Monarchia»), gli hanno fatto ben presto apparire Campanella non più come colui che, «ignorando il travaglio della Riforma cattolica, compie una riconversione verso l’utopia rinascimentale ‘pura’, quella del Filarete o del Doni», vale a dire come un’attardata figura del Rinascimento, ma come un pensatore ben calato nel proprio tempo (Isnardi Parente, in Botero e la ragion di Stato, 1992, pp. 480-81). Non più quindi il Campanella sulla linea di coloro che hanno idealizzato la città, non più l’«eroe» esaltato dalla prospettiva storiografica nazionalista di fine Ottocento e inizio Novecento, ma per molteplici aspetti il rappresentante di un’epoca che aveva enormemente ampliato i propri orizzonti e le proprie problematiche, di un’età controversa e tormentata, pervasa nel contempo di fremiti innovatori e di piatto conformismo: l’età della Controriforma.
La riflessione su Campanella (e su Bruno) lo aveva quindi portato a superare gli stereotipi di una storiografia che troviamo ancora in qualche modo presente nei suoi primi scritti, anche se questi contenevano già tutte le potenzialità dei successivi mutamenti interpretativi. Luigi Bulferetti fa notare come nella Torino degli anni Trenta – quella che a suo dire rappresentava una sorta di punto di incontro tra discipline umanistiche e scientifiche, ma anche tra diverse discipline umanistiche – le ricerche campanelliane di Firpo abbiano rappresentato un «esempio di interdisciplinarità» (Bulferetti 1980, p. 665). Quest’affermazione consente un rapido cenno a un argomento che meriterebbe più approfondite riflessioni. L’arricchimento e l’ampliamento da parte di Firpo dell’ambito specifico della politica, la negazione della sua priorità, così come la messa a punto di un metodo di indagine e di riflessione volto a ricostruire la complessa trama delle «idee politiche», trovano la loro origine e una graduale definizione proprio nelle variegate e ariose ricerche campanelliane. Fu parimenti un infaticabile promotore e direttore di numerose collane e iniziative editoriali: prime fra tutte i Classici politici e l’imponente Storia delle idee politiche, economiche e sociali, in 8 voll., entrambe per la UTET, gli Utopisti (Guida), il Corpus reformatorum italicorum (Newberry Library di Chicago e Prismi). Nel 1968, insieme con Mario Delle Piane, Salvo Mastellone e Nicola Matteucci, fondò la rivista «Il pensiero politico» (Olschki), che s’impose immediatamente come solido punto di riferimento scientifico in ambito nazionale e internazionale.
Oratore forbito e fluente, ma anche brillante polemista e scrittore di raffinata eleganza, Firpo collaborò a numerosi quotidiani e periodici, in particolar modo a «La Stampa» di Torino. Dal dicembre 1976, dapprima alternandosi con Alessandro Galante Garrone e ben presto da solo, a partire dal luglio 1977, tenne una rubrica domenicale molto seguita dal titolo Cattivi pensieri, che divenne una palestra di riflessione e di critica dei costumi e della vita politica molto seguita, al punto da far dire a Bobbio che «il Firpo censore» era «ben più noto dell’uomo di studi» (Bobbio 1990a, p. 18). E, sempre Bobbio, con la puntualità di chi lo conosceva profondamente, ricordava come il Firpo bibliofilo appassionato e tenace, abbia dato il meglio di sé non a caso con Campanella, inseguendo il suo «immenso lascito di opere, spesso rarissime, nelle biblioteche antiquarie di mezzo mondo» (Bobbio 1990b, p. 64). Queste parole richiamano inevitabilmente alla mente le centinaia di cataloghi d’antiquariato che Firpo era solito spogliare con cura e avidità, traendone non solo preziosissime schede di lavoro, ma soprattutto volumi e codici per la sua straordinaria biblioteca. Coloro che lo frequentavano avranno certamente ascoltato rapiti gli affascinanti racconti di alcuni di questi acquisti, talora fortuiti, altre volte avventurosi, sempre però guidati da perizia, intuito e ostinazione, come nel caso del codice miscellaneo di manoscritti anonimi, ma con singolari assonanze campanelliane che si lasciavano cogliere nella descrizione che ne forniva il catalogo. Acquistato tempestivamente a Parigi da Firpo dal collezionista che ne era appena diventato proprietario, conteneva ben sette scritture politiche di Campanella, tutte sconosciute e inedite, oggi a disposizione degli studiosi nella biblioteca della Fondazione Firpo a Torino (Baldini 1996, pp. 336-37).
Del resto, nell’elogio sincero che Firpo scriveva su Luigi Einaudi bibliofilo (1981), capace di raccogliere e di rendere disponibile per la ‘repubblica delle lettere’ un prezioso e omogeneo fondo librario e documentario, non era difficile intravedere in controluce sé stesso, o meglio quanto egli stesso aveva fatto, e continuava a fare con determinazione, avendo già ben chiara la destinazione di questo enorme lavoro.
La preziosa e ricca biblioteca da lui raccolta con tanta passione e perizia, in particolare il suo fondo antico di circa 6000 volumi, costituisce ora una struttura portante della Fondazione Luigi Firpo-Centro di studi sul pensiero politico, nata a Torino nel 1989, che è diventata ben presto un punto di riferimento e di incontro nazionale e internazionale per gli studiosi e per gli storici delle idee politiche dell’età moderna in particolare, grazie anche ai numerosi convegni e seminari, oltre che alle sue iniziative volte a formare e valorizzare giovani studiosi.
Per l’enorme produzione scientifica di Luigi Firpo si veda A.E. Baldini, F. Barcia, Bibliografia degli scritti di Luigi Firpo (1931-1989), in Studi politici in onore di Luigi Firpo, a cura di S. Rota Ghibaudi, F. Barcia, 4° vol., Milano 1990, pp. 563-789.
Tra gli scritti si vedano:
Il Campanella astrologo e i suoi persecutori romani, «Rivista di filosofia», 1939, 30, pp. 200-15.
Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella, Torino 1940.
Ricerche campanelliane, Firenze 1947.
L’utopia politica nella Controriforma, in Contributi alla storia del Concilio di Trento e della Controriforma, «Quaderni di ‘Belfagor’», 1948, 1, pp. 78-108.
Il processo di Giordano Bruno, «Quaderni della Rivista storica italiana», 1949, 1; nuova ed. a cura di D. Quaglioni, Roma 1993.
Filosofia italiana e controriforma, «Rivista di filosofia», 1950, 41, pp. 150-73 e 390-401, e 1951, 42, pp. 30-47.
La satira politica in forma di ragguaglio di Parnaso, «Atti della Accademia delle scienze di Torino», Classe di scienze morali, storiche e filologiche, 1952-1953, 87, t. 2, pp. 197-294, e 1953-1954, 88, t. 2, pp. 48-83.
Cinquant’anni di studi sul Campanella (1901-1951), «Rinascimento», 1955, 6, pp. 209-348.
Gli scritti di Francesco Pucci, «Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino», serie III, t. 4, parte II, 1957, pp. 195-368.
Lo Stato ideale della Controriforma. Ludovico Agostini, Bari 1957.
La Chiesa italiana di Londra nel Cinquecento e i suoi rapporti con Ginevra, in Ginevra e l’Italia, raccolta di studi promossa dalla facoltà valdese di Teologia di Roma, Firenze 1959, pp. 307-412.
Appunti e testi per la storia dell’antimachiavellismo. Corso di storia delle dottrine politiche, Torino [1961].
L’iconografia di Tommaso Campanella, Firenze 1964.
Le origini dell’antimachiavellismo, in Machiavellismo e antimachiavellici nel Cinquecento, «Il pensiero politico», 1969, 2, pp. 337-67 (ora in Scritti sul pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, Torino 2005, pp. 25-56).
La Facoltà di Scienze politiche. Cronaca di una battaglia, «Annuario delle facoltà di Scienze politiche», 1974, pp. 9-58.
Studi sull’Utopia, raccolti da L. Firpo, «Il pensiero politico», 1976, 9, 2-3, pp. 181-536.
Luigi Einaudi bibliofilo, in D. Franceschi Spinazzola, Catalogo della Biblioteca di Luigi Einaudi. Opere economiche e politiche dei secoli XVI-XIX, Torino 1981, pp. XVII-XX.
Cattivi pensieri, Milano 1983 (raccoglie testi dal 1976 al 1982).
Cattivi pensieri, premessa di L. Salvetti Firpo, postfazione di S. Ricci, Roma 1999 (raccoglie testi dal 1982 al 1989).
Gente di Piemonte, Milano 1983.
L’utopia nell’età della Controriforma. Appunti e testi, Torino 1983.
Il supplizio di Tommaso Campanella. Narrazioni. Documenti. Verbali delle torture, Roma 1985.
L’utopismo, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, 3° vol., Umanesimo e Rinascimento, Torino 1987, pp. 811-88.
Ritratti di Antenati, premessa di F. Venturi, Torino 1989.
I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, Roma 1998.
Scritti sul pensiero politico del Rinascimento e della Controriforma, Torino 2005.
L. Bulferetti, Testimonianza, in Atti del convegno Piemonte e letteratura nel ’900, Alessandria 1980, pp. 661-68.
N. Bobbio, Luigi Firpo ricordato nel primo anniversario della morte, in «Il pensiero politico», 1990a, 23, pp. 3-18.
N. Bobbio, Firpo in Utopia, in L. Firpo, L’utopismo del Rinascimento e l’età nuova, Alpignano 1990b, pp. 63-91.
G. Spini, Ricordo di Luigi Firpo, «Rivista storica italiana», 1990, 102, pp. 195-203.
Studi in onore e memoria di Luigi Firpo, Lunigiana 1990 (in partic. A.E. Baldini, Luigi Firpo e la Lunigiana. Un ricordo, pp. 7-9; C. Vasoli, Luigi Firpo: lo storico e il maestro, pp. 21-28).
A.E. Baldini, Firpo Luigi, in Enciclopedia Italiana. Appendice V, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2° vol., Roma 1992, ad vocem.
G.M. Bravo, Luigi Firpo, «Belfagor», 1992, 47, pp. 295-312.
Botero e la ragion di Stato, Atti del Convegno in memoria di Luigi Firpo, Torino (8-10 marzo 1990), Firenze 1992 (in partic. M. Isnardi Parente, Il Botero di Luigi Firpo, pp. 473-84; C. Dionisotti, Chiusura del Convegno, pp. 497-500).
G.M. Bravo, Le scienze e le discipline politiche all’Università di Torino, «Il pensiero politico», 1994, 27, pp. 60-71.
A. D’Orsi, Guida alla storia del pensiero politico, Firenze 1995, pp. 259-64.
A.E. Baldini, Luigi Firpo e Campanella: cinquant’anni di ricerche e di pubblicazioni, «Bruniana e Campanelliana», 1996, 2, pp. 324-58 (ora nel volumetto dallo stesso titolo, Pisa-Roma 2000).
D. Quaglioni, Il Bruno di Luigi Firpo, in Giordano Bruno. Note filologiche e storiografiche, Prima Giornata Luigi Firpo (3 marzo 1994), Firenze 1996, pp. 37-55.
G. Spini, Luigi Firpo e la riforma italiana del Cinquecento, in L. Firpo, Scritti sulla Riforma in Italia, Napoli 1996, pp. 7-11.
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N. Bobbio, Postfazione, in T. Campanella, La Città del Sole, a cura di L. Firpo, nuova ed. a cura di G. Ernst, L. Salvetti Firpo, Roma-Bari 1997, pp. 105-109.
A. Romano, Firpo Luigi, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 48° vol., Roma 1997, ad vocem.
Una eredità intellettuale. Maestri e allievi della Facoltà di scienze politiche di Torino, a cura di G.M. Bravo, L. Sciolla, Firenze 1997 (in partic. S. Rota Ghibaudi, Luigi Firpo (1915-1989), pp. 133-45; T. Gregory, Luigi Firpo, pp. 289-94).
E. Canone, Premessa e Avvertenza, in L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, Roma 1998, pp. VII-XIV e XV-XVI.
C. Vasoli, C. Gilly, G. Spini, Luigi Firpo e i «riformatori» italiani. A proposito di una recente raccolta di saggi sulla Riforma in Italia, «Il pensiero politico», 1998, 31, pp. 89-98.
A.E. Baldini, Firpo Luigi, in Enciclopedia del pensiero politico, diretta da R. Esposito, C. Galli, Roma-Bari 2000, pp. 247-48.
A.E. Baldini, Luigi Firpo. Profil bio-bibliographique, «Cités: philosophie, politique, histoire», 2000, 2, pp. 231-34.
A.E. Baldini, Il Defensor pacis tra Luigi Firpo, Felice Battaglia e Cesare Vasoli, «Il pensiero politico», 2004, 37, pp. 100-107.
Fondazione Luigi Firpo-Centro di studi sul pensiero politico, Catalogo del fondo antico, a cura di C. Stango, A. De Pasquale, 3 voll., Firenze 2005-2010.
A.E. Baldini, Il Machiavelli di Firpo, in Machiavelli nella storiografia e nel pensiero politico del XX secolo, Atti del convegno, Milano (16-17 maggio 2003), a cura di L.M. Bassani, C. Vivanti, Milano 2006, pp. 139-66.
A.E. Baldini, Bobbio, Firpo e una rivista mai nata (1941-1944). Un’amicizia a prova di intrighi accademici, in De amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini, M. Tesoro, Milano 2007, pp. 621-35.