CANALE, Luigi Girolamo Malabaila conte di
Nacque a Torino il 10 nov. 1704, figlio unico del conte Giacomo Ignazio e di Anna Lovisa Vallesa dei conti della Morra. La sua famiglia, di antica nobiltà terriera ma di non cospicua ricchezza, da secoli dimorava nelle Langhe: per primo il C., spezzando la tradizione, rifiutò di dedicarsi all'allevamento dei bachi da seta e alla produzione delle pesche, per intraprendere la carriera diplomatica. Compiuti regolari studi a Torino, prese a frequentare la corte sabauda: ispirò fiducia a Carlo Emanuele III che, volendo svecchiare i quadri della diplomazia piemontese, lo prescelse nel 1733 quale suo legato all'Aja. Fino al 1736 il C. risiedette in Olanda, ma nonostante la buona volontà (rivelata nei numerosi dispacci inviati a Torino) non gli riuscì di afferrare la realtà viva di un centro cosmopolita qual era L'Aja a metà del sec. XVIII, quando rappresentava il miglior rifugio per esuli politici, liberi pensatori, autori di scritti clandestini: l'attenzione del diplomatico subalpino non fu rivolta né al mondo culturale né a quello economico, limitandosi egli ad osservare le variazioni del clima o il cerimoniale del gran pensionario. Fu questa la prima occasione in cui il C. rivelò le sue scarse capacità di approfondimento e di critica; sia per mancanza d'interesse, sia per assuefazione alla chiusa corte torinese, sia per naturale freddezza, egli non seppe cogliere i fermenti, le passioni, i problemi dell'ambiente che lo circondava. Ma queste carenze potevano essere considerate buone qualità in un diplomatico: e Carlo Emanuele III, soddisfatto della sua precisione e meticolosità, nel 1736 lo trasferì all'ambita sede di Vienna. Giunto nella capitale austriaca nel gennaio 1737, a trentadue anni, il C. vi si costruì una comoda posizione che non vorrà mai più abbandonare, neppure quando, poco prima della morte, gli verrà proposto di ritornare a Torino.
Innanzitutto ottenne in moglie una donna nobile e ricca, Maria Anna Palffy-Ordöd degli Esterházy di Galántha: essendo costei dama d'onore e intima amica di Maria Teresa, non fu difficile per il giovane diplomatico piemontese essere introdotto a corte in un clima confidenziale, che semplificò notevolmente il suo lavoro. Inoltre le rendite della moglie erano cospicue: palazzo a Vienna, tenute in Boemia, beni ovunque, permisero al C. di condurre una vita tranquilla. Un'amica di Maria Anna Palffy, la contessa d'Althann, favorì il sorgere di una lunga e intima amicizia tra l'ambasciatore sabaudo e un altro italiano residente a Vienna: Pietro Metastasio. Nella di lui casa, insieme col barone Hagen, vicepresidente del Consiglio imperiale, essi compivano ogni giorno "una lunga e ordinata passeggiata nel mondo antico, evitando così di diventar affatto misantropi tra le stravaganze del moderno" (Metastasio, IV, p. 618) traduzioni da Orazio (l'Arspoetica), esercizi di composizione latina, discussioni sulla validità di Persio: questele "classiche conversazioni" da cui era bandito - ogni tema d'una attualità che avrebbe potuto rivelarsi scomoda. Il legame tra i due durerà sino alla scomparsa delC.: proprio al Metastasio, in punto di morte, egli rivolgerà le sue ultime parole. Da Maria Anna Palffy il C. ebbe undici figli, la cui sistemazione gli procurò ansie e preoccupazioni a non finire: da ultimo, quale nell'esercito, quale in convento, quale col matrimonio, gli riuscì di collocarli tutti, benché in quel difficile compito non fosse per nulla coadiuvato dalla moglie, di carattere "bavard et méchant", che gli avvelenò l'esistenza con un seguito di rimproveri, accuse, lamentele.
Nei lunghi anni trascorsi a Vienna dal 1737 fino al 1773 (ma con l'incarico ufficiale di ambasciatore dal 1737 al 20 ott. 1740 e dal gennaio 1752 in poi) il C. tenne informato il suo re con estrema regolarità, tramite dispacci settimanali, di tutte le vicende occorse nell'Impero. Ma questo lavoro, per quanto minuzioso, gli lasciava ampio tempo per dedicarsi al suo più vivo interesse: la lettura. In quei decenni gli passarono tra le mani tutte le più importanti "novità" (né egli trascurava lo studio dei classici della storiografia, della letteratura, della politica): di ciascuna veniva elaborando un compterendu che luistesso copiava su grossi volumi, e che sono tutto ciò che ci resta della sua intensa attività (i Comptes-rendus à lui même, raccolti in trevolumi di complessivi 587 fogli eora conservati nell'Archivio dell'Opera pia Barolo di Torino, furono manoscritti tra l'anno 1754 e il 1773).
Infatti i suoi ozi letterari avevano dato altri, numerosi frutti: ben 16 opere manoscritte (di cui i Comptes-rendus non sono che una, anche se, forse, la più importante, perché le compendia tutte), che oggi risultano disperse: Instructions au comte François son fils; Réflexions sur les livres de Machiavelli intitulés "Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio"; Essai sur l'origine du gouvernement, pour servir d'introduction à la science du droit, avec un discours adressé à mes enfants; Ebauche d'un plan sur l'éducation politique; Essai d'une bibliothèque militaire; Pensées et méditations sur divers objets; Réflexions sur plusieurs auteurs anciens et modernes; Réflexions sur la vieillesse; Réflexions sur le Vieux Testament; Observations sur l'histoire ecclésiastique; De sacra doctrina ac theologia; Réflexions sur divers objets; Notes sur la peinture des meilleurs maîtres; Ouvrages des sculpteurs les plus anciens; Petites notes sur divers sujets.
I Comptes-rendus, che il C. scrisse ad imitazione della Bibliothèque choisie pour servir de suite à la Bibliothèque universelle diJean Le Clerc (Amsterdam 1703-1713, 26 volumi), senza peraltro progettare di darli alle stampe, rispecchiano la varietà d'interessi del loro autore: dalla pedagogia al commercio, dalla storia alle arti, dalla religione alla letteratura. Ma di fronte a ciascun argomento egli mantiene, con esasperante coerenza, il medesimo atteggiamento di rifiuto per tutto ciò che è nuovo, di allarme per ogni innovazione, di ansia per qualsiasi minaccia alle strutture tradizionali. Ora, pur riconoscendo al C. l'attenuante di esser cresciuto alla chiusa corte sabauda, tuttavia stupisce il suo ostinato misoneismo quando si pensi che per quarant'anni era vissuto in una città quale la Vienna del '700, dove soggiornavano intellettuali, politici, artisti tra i più aperti (egli stesso ebbe contatti con Vittorio Alfieri, Pietro Verri, Giuseppe Gorani), e.dove giungevano i libri più spregiudicati, ch'egli leggeva con interesse e metodicamente rifiutava. L'ortodossia bigotta del C. si rivela appieno di fronte a opere di carattere religioso: allora, sia che si tratti di confutare le tesi gianseniste di Pierre Barral (Appelans célèbres..., s.l.1753), o di scagliarsi contro i valdesi (Histoire des Vaudois, di P. Boyer, La Haye 1753) o di difendere i gesuiti (H. M. Sauvage-J. N. Grou, Réponse au livre intitulè "Extrait des assertions dangereuses...", s.l. 1763-65), il mite diplomatico subalpino, con cieca intolleranza, per un'intransigente difesa del più retrivo cattolicesimo, scaglia invettive feroci contro gli eterodossi, presso cui "...tout est intrigues, cabale et désobéissance opiniâtre aux supérieurs". Anche il suo atteggiamento di fronte alla storia è dei più reazionari: anzitutto, il suo interesse va principalmente alle opere a carattere compilativo, utili per il suo mestiere di diplomatico (storie della Borgogna, della Savoia, del Delfinato), ai trattati storico-geografici (descrizioni della Francia); inoltre egli è ancorato a una concezione storiografica già al suo tempo del tutto superata, che gli fa apprezzare nei Principes de l'art militaire di Raimondo Montecuccoli il non plus ultra dell'indagine storica.
Il terzo tomo dei Comptes-rendus è il più interessante, perché il più personale: traendo spunto dalle sue letture, il C. si dedica alle Matières politiques et sur le commerce (tale è il titolo del volume) elaborando una serie di saggi: Du pouvoir souverain; Maximes sur le commerce; Mémoire en réponse à quelques questions sur le commerce; Remarques sur le commerce; Pensées sur des objets qui concernent le gouvernement.
Questi scritti, sia pur tra incertezze ed esitazioni, rivelano una qualche apertura verso tempi nuovi, nuovi problemi. Le otto Maximes sur le commerce, ispirate al Traité sur le commerce di Child (Amsterdam 1754), dovrebbero concorrere a creare un sistema d'organizzazione commerciale valido per tutti i paesi: un Consiglio di commercio formato da ricchi mercanti, esperti e giusti; sovvenzioni gratuite agli inventori; poche tasse sulle merci importate; giudici incorruttibili nel Tribunale di commercio; potenziamento dell'agricoltura. Il Mémoire en réponse à quelques questions sur le commerce, pur meno interessante delle Maximes, offre tuttavia spunti nuovi, in quanto dipinge un quadro completo delle attività economiche degli Stati asburgici nella seconda metà del sec. XVIII: dai grani al sale, dalle tele agli specchi, dai pizzi ai libri, il rapporto abbraccia tutta la produzione austriaca, e rivela finalmente nel C., oltreché una discreta competenza, anche un approfondimento dei problemi che negli anni precedenti gli erano sfuggiti. Dal Mémoire nascono le Remarques sur le commerce, serie di sagge massime e buoni consigli scaturiti dalle osservazioni che l'autore era venuto facendo sui libri e sulla viva realtà nell'arco del quarantennio del soggiorno viennese. Ma nel saggio Du pouvoir souverain gli spunti originali intravisti nelle Remarques (ad esempio, egli suggeriva l'istìtuzione di molte accademie agrarie) lasciano il posto a un'arida esposizione del Contrat social, assai addomesticato. Il C. espose le sue personali teorie politiche nelle Pensées sur des objets qui concernent le gouvernement, che si esauriscono in una pedantesca proposta di alcune riforme burocratiche; il saggio si conclude con un breve quadro della storia piemontese ove, più che mai, l'autore rivela le sue caratteristiche essenziali: fedeltà al re in quanto rappresentante dell'unica forma di governo accettabile; difesa delle classi privilegiate ("Les gens d'une naissance distinguée ont ordinairement des sentiments plus élevés que les autres; ils sont plus dèsintéressés; l'éducation, l'exemple, le point d'honneur les éloignent davantage de certaines bassesses"); disprezzo per i ceti inferiori.
L'azione politica del C. fu esigua: i quarant'anni del suo soggiorno viennese trascorsero in gran parte quieti sotto il dominio di Maria Teresa, da lui venerata e compianta perché circondata da collaboratori senza scrupoli (Kaunitz, Lacy, ecc.). La sola occasione in cui l'ambasciatore piemontese avrebbe potuto dimostrare qualche particolare abilità diplomatica gli sfuggì miserevolmente: quando infatti, nel 1764, Stanislao Poniatowski fu insediato, per volontà di Caterina II, sul trono polacco, si pose il problema di ottenerne il riconoscimento. A questo scopo il fratello del re, Andrea, fu inviato alle varie corti europee, e tra l'altro a Vienna, ove scelse il C. quale intermediario tra Stanislao e Maria Teresa. Allorché si profilò la minaccia del primo smembramento della Polonia, Stanislao II perorò con passione la causa del suo regno presso il C., scongiurandolo di prenderne le difese sia con MariaTeresa sia con Carlo Emanuele III: ma evidentemente l'opera del mediatore fu del tutto infruttuosa se l'imperatrice annetté la Galizia e la Lodomiria senza alcuno scrupolo e se il re di Sardegna non fece alcun passo diplomatico in favore della Polonia. L'assunzione di un impegno di mediazione tanto delicata, più che il suo fallimento ineluttabile, prova una volta di più che le conoscenze storiche, politiche, economiche del C., rimanendo sempre su un piano di astrattezza, non potevano fare di lui una grande personalità in alcun campo: probo, retto, ricco di senso del dovere, ma sostanzialmente incapace di cogliere la realtà del suo secolo pregna di fermenti, egli morì il 18 luglio 1713.
Fonti e Bibl.: Torino, Arch. dell'Opera pia Barolo, mazzi 19 e 20 d'addiz.; Arch. di Stato di Torino, Sez. prima, Lettere ministri, Austria, mazzi 64-92; Ibid., Lettere ministri, Olanda, mazzi 30-32; Ibid., Materie giurid., Ministri e segret., mazzo da ordinare, 1460-1851; Sez. Riunite, Patenti Piemonte, vol.169; Torino, Archivio dell'Ordine mauriziano, Provisioni, 1762 a 1766; A. R. von Ameth, Briefe der Kaiserin Maria Theresia anihre Kinder und Freunde, Wien 1881, p. 217; P. Metastasio, Tutte le opere, IV, Milano 1943, p. 618; M. A. Campiani, Formularum et orationumliber singularis..., Augustae Taurinorum, 1728; V. Angius, Sullefam. nobili della monarchia di Savoia, Torino 1841, p. 279; D. Carutti, Storia delregno di Carlo Emanuele III, I, Torino 1859, p. 122; G. Gorani, Mem. di giovinezza e di guerra, Milano 1879, p. 70; D. Carutti, Storia della dipl.della corte di Savoia, Torino 1881; D. Perrero, La diplomazia piemontese nel primo smembramentodella Polonia, Torino 1894, p. 54; A. Ruata, L. M.di C. Riflessi della cultura illuministica in un diplomatico piemontese, Torino 1969 (con ampia bibl.); A. Manno, Il patriziato subalpino, I, Firenze 1895, p. 157; V. Spreti, Encicl. storico-nobiliare italiana, IV, p. 245.