GIUSTI, Luigi
Nacque a Venezia l'11 nov. 1709 da Pietro, di famiglia cittadina antica ma decaduta. Scarse sono le notizie intorno ai primi anni della sua vita; risulta comunque che ricevette una buona educazione umanistica e che fu discepolo dell'abate D. Lazzarini, professore di lettere greche e latine a Padova. In seguito, amante di letteratura ed erudizione, divenne amico dei letterati veneziani che facevano capo ad A. Zeno e dal 1729 circa tenne nella propria casa un'accademia in cui si discettava di storia romana, ove conobbe l'erudito trentino G.B. Gaspari, rimasto per tutta la vita legato a lui da stretta amicizia. Nel 1733 compose due melodrammi, l'Argenide e il Motezuma, il secondo dei quali musicato da A. Vivaldi.
Entro il 1734 il G., probabilmente in difficoltà economiche, si trasferì a Milano come precettore dei figli della marchesa Isabella Vidoni Rasini, e nella capitale lombarda non tardò a entrare nei circoli letterari frequentati dalla migliore società. Ammesso nel marzo 1735 nell'Accademia milanese dei Filodossi, vi conobbe probabilmente la poetessa Francesca Manzoni, oltre a molti rappresentanti della cultura cittadina, gran parte dei quali dovevano poi passare, come il G. stesso, nella più celebre Accademia dei Trasformati. Nello stesso 1735 era apparsa a Milano la sua traduzione delle Favole di Fedro e nel 1741, nel quadro della commemorazione organizzata dall'Accademia degli Affidati di Pavia, alla quale pure era ascritto, compose una Orazione in morte di Carlo VI. Il 10 apr. 1741 egli coronò il suo intenso idillio sposando la Manzoni, e da allora soggiornò sempre più spesso nella villa di lei a Cereda. Negli anni successivi legò il suo nome a numerosi componimenti pubblicati in raccolte poetiche miscellanee allestite nell'ambiente dei Trasformati, presso i quali godeva, come la moglie, di una certa notorietà, come appare chiaramente da accenni di F.S. Quadrio, G. Baretti e altri accademici.
La morte della giovane sposa nel giugno 1743, nel secondo parto, mutò radicalmente la sua esistenza: addoloratissimo, si fece consacrare sacerdote dall'arcivescovo di Milano G. Pozzobonelli e nell'agosto 1745 divenne segretario del ministro plenipotenziario della Lombardia austriaca, G.L. Pallavicini, allontanandosi sempre più dalla poesia e dagli studi eruditi per dedicarsi ai compiti amministrativi. Al servizio del Pallavicini, fra 1745 e 1753, compì un apprendistato decisivo, che lo mise nelle condizioni di conoscere minutamente le realtà della situazione politica lombarda, tanto che, succeduto nella carica di ministro plenipotenziario B. Cristiani, nel giugno 1754 questi lo pose a capo della segreteria del vicegoverno di Mantova, con uno stipendio di 1000 fiorini annui. L'incarico nella città virgiliana, dove fra veloci spostamenti a Milano o brevi incombenze diplomatiche restò fino al 1757, soddisfece ampiamente il Cristiani il quale per la sua scrupolosità e infaticabilità nell'agosto dello stesso anno lo propose a W.A. Kaunitz quale segretario del dispaccio nel Dipartimento d'Italia a Vienna, il nuovo organismo che, in sostituzione del vecchio Consiglio d'Italia e in stretto rapporto con il cancelliere di corte, era incaricato di occuparsi dalla capitale austriaca della Lombardia e di reggere le fila fra potere sovrano e amministrazione locale. Stabilitosi a Vienna, in breve il G., per l'esperienza nella materia lombarda e l'operosità (era lui a redigere normalmente i rapporti da trasmettere all'imperatrice, i dispacci da inviare in Italia e la stessa corrispondenza riservata del Kaunitz, e a sbrigare i più importanti compiti nell'ufficio), si guadagnò i favori della corte e subentrò, nel gennaio 1762, al debole vallone A-.J.-Ph. Du Beyne nella carica di referendario del Dipartimento, conservando nello stesso tempo anche le mansioni di segretario. In questi anni il G. assunse, da Vienna, un ruolo preminente nella direzione delle riforme del sistema di governo patrizio della Lombardia. A lui principalmente si deve infatti l'istituzione nel giugno 1765, per risanare il deficit finanziario, della ferma mista, che riservava all'Erario parte degli appalti delle entrate, dapprima invece riscosse totalmente da esosi fermieri, e, nel novembre 1765, del Supremo Consiglio di economia, tribunale stabile e permanente con sede a Milano, dotato di competenze giuridiche e amministrative in ogni materia economico-finanziaria.
Nella riforma della ferma, avviata il 1° genn. 1766, giocarono probabilmente un ruolo importante anche il manoscritto di P. Verri, Considerazioni sul commercio dello Stato di Milano, inviato nel giugno 1763 proprio al G. perché lo sottoponesse al Kaunitz, e un anonimo progetto contro i fermieri giunto a corte nello stesso periodo, che spinse il G. a scrivere in risposta il 12 dic. 1763 il Sentimento dell'abate Giusto sopra la scrittura anonima detta Osservazioni sopra la ferma generale di Milano e futura sua locazione (Vienna, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Hofkammerarchiv, Akten des italienischen Departements, rote 46), che ribadiva la necessità di riformare il sistema. Per quanto riguarda il Consiglio di economia, il G. ne studiò il varo con Kaunitz e C.G. Firmian dopo aver ricevuto al riguardo un piano formulato dall'istriano G.R. Carli. Nelle Riflessioni sopra i magistrati e leggi di Milano, stese probabilmente nel dicembre 1765 e rimaste inedite (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Handschriftensammlung, cod. 12979), egli riepilogò il significato che intendeva dare alle riforme poste e da porre in atto. Si trattava di rivendicare allo Stato i vari poteri usurpati nel corso dei secoli dagli organismi locali (Senato, Chiesa, ferma generale), non, come sostenuto dai più autorevoli esponenti dell'illuminismo lombardo, per garantire meglio la libertà e i diritti degli individui di fronte agli arbitri dei giudici, ma, all'opposto, per far giungere ovunque in maniera equa la legge e la volontà del sovrano. Da qui la necessità di abrogare le costituzioni di Carlo V e le varie collezioni di ordini del Senato, sulle quali da secoli si reggeva il sistema giudiziario e criminale lombardo, e l'esigenza, sentita dal G., di costituire un nuovo più moderno codice di leggi.
Il G. fu autore inoltre di alcuni componimenti: Poesie di Luigi Giusto viniziano e Le Memorie della famiglia di Luigi Giusto e di Francesca Manzoni iugali, che si trovano in Vienna (ibid., rispettivamente codd. 13951 e 15211).
Unanimemente apprezzato per incorruttibilità e onestà, a corte il G. fu il primo protettore di P. Verri, favorendone l'accesso agli uffici; mantenne rapporti di amicizia anche con G.B. Gaspari, chiamato presso l'Università di Vienna come professore di diritto pubblico e storia.
Il G. morì a Vienna il 2 maggio 1766, mentre in Lombardia si manifestava una dura opposizione alle riforme da parte dei ceti privilegiati, con accenni di sollevazione.
Per lo stato malandato delle sue finanze i funerali avvennero a spese di Maria Teresa, che pure non gli aveva risparmiato alcune critiche, imputando alle sue innovazioni il malcontento delle popolazioni lombarde.
Dei due figli del G. e della Manzoni è degno di menzione il primogenito, Pietro Paolo (nato nel 1742), laureato in giurisprudenza, dotato di buona cultura letteraria ed economica e in contatto con le maggiori personalità del mondo culturale milanese. Iniziata nell'aprile 1765, sulle orme del padre, la carriera come segretario nel Dipartimento d'Italia, ufficio che mantenne fin verso il 1769, nel maggio 1771 fu promosso nel Supremo Consiglio di economia, ma fu prevalentemente a Vienna per servire la corte in incarichi relativi all'Italia; dal 1772 al settembre 1781 fu a Madrid come segretario dell'ambasciata in Spagna; poi, rientrato in Italia, fu in rapida successione membro del magistrato camerale, consigliere di governo per il II Dipartimento relativo agli affari della commissione ecclesiastica e della giunta delle Pie Fondazioni (dicembre 1786), commissario della giunta delle Pie Fondazioni (ottobre 1789), commissario generale dei Confini (1791-96). Durante il periodo napoleonico restò fedele all'imperatore (nel 1803-04 era ambasciatore straordinario a Genova). Compose molte opere letterarie e storico-economiche, tutte inedite, tra le quali: Relation sur les charges publiques et les revenus du prince de l'État; Memoria sopra l'abuso delle monete; Mémoires sur les manifactures par ordre de sa majesté; Memoria sopra la riforma generale degli studi nella Lombardia austriaca; Pensieri sull'emozione involontaria cagionata dal Bello e dal Sublime (dedicati a P. Verri). Le opere di Pietro Paolo sono quasi tutte conservate a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek (cfr. C. Cremonini, I microfilm dei fondi viennesi negli archivi e nelle biblioteche di Milano e Pavia. Ricognizione e catalogo, Milano 1993, pp. 11, 203, 421-429, 502; G. Panizza - B. Costa, L'Archivio Verri, Milano 1997, p. 44).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Atti di governo, Uffici e tribunali regi, p.a., cartt. 46, 97, 219, 231, 241 (per Pietro Paolo); Ibid., Araldica, p.a., cart. 84, f. 10; Collezione autografi, cart. 132, f. 14 (per Pietro Paolo); Archivio Giulini, araldica, cart. 40 (per Pietro Paolo); Archivio di Stato di Venezia, Misc. codici, s. I, T. Toderini, Genealogia delle famiglie venete ascritte alla cittadinanza originaria, famiglia Giusti; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione di ogni poesia, III, Milano 1742, pp. 124, 184 s.; VI, ibid. 1751, p. 104; VII, ibid. 1752, p. 130; Catalogue raisonné de la collection de livres de M. Pierre Antoine Crevenna négociant à Amsterdam, VI, Amsterdam 1776, pp. 266-268, 274-283; A. Zeno, Lettere, VI, Venezia 1785, pp. 206 s.; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, III, Venezia 1830, pp. 158-160, 484, 515; G.B. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, II, Milano 1833, pp. 352 s.; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, II, Venezia 1835, pp. 275-277; F. Cusani, Storia di Milano, III, Milano 1864, p. 340; Lettere inedite alla celebre Laura Bassi scritte da illustri italiani e stranieri con bibliografia, Bologna 1885, pp. 89 s., 93 s., 227; Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri dal 1766 al 1797, a cura di E. Greppi - A. Giulini, I, 2, Milano 1923, pp. 166, 308, 433; II, ibid. 1910, p. 85; III, ibid. 1911, p. 311; IV, ibid. 1919, pp. 256, 316, 347, 349, 355; V, ibid. 1926, p. 54; VIII, ibid. 1934, p. 100; X, ibid. 1939, p. 261; XI, ibid. 1940, pp. 58, 228, 232; XII, ibid. 1942, p. 336 (anche per Pietro Paolo); A. Casati, Giuseppe Gorani e la guerra dei sette anni, in Archivio storico lombardo, LVIII (1931), p. 15; C.A. Vianello, La giovinezza di Parini, Verri e Beccaria con scritti, documenti e ritratti inediti, Milano 1933, pp. 12, 49, 73, 99, 158 s., 169, 172, 249, 253, 296 s., 305, 310, 324; Id., Il Settecento milanese, ibid. 1934, p. 204; F. Valsecchi, L'assolutismo illuminato in Austria e in Lombardia, II, Bologna 1934, pp. 150, 159, 214, 254; G. Baretti, Epistolario, a cura di L. Piccioni, I, Bari 1936, pp. 5, 12, 15, 52, 99, 243; G. Carducci, L'Accademia dei Trasformati e Giuseppe Parini, in Edizione nazionale delle opere di G. Carducci, XVI, Studi su Giuseppe Parini. Il Parini minore, Bologna 1937, pp. 82, 95; N. Valeri, Pietro Verri, Milano 1937, pp. 76, 102, 105, 135, 150 s.; A. Cetto, Uno storico trentino muratoriano e riformatore di scuole in Austria nel Settecento: G.B. de Gaspari di Levico (1702-1768), in Studi trentini di scienze storiche, XXIX (1950), pp. 49 s., 52, 55; XXX (1951), pp. 238, 410; F. Valsecchi, Dalla pace di Aquisgrana alla battaglia di Lodi, in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 303, 322, 376; G. Seregni, La cultura milanese nel Settecento, ibid., pp. 576-578, 580, 605 s.; M. Zolezzi, Lettere inedite di Pietro Verri, 5 maggio 1759 - 1° dicembre 1760, Milano 1965, pp. 8, 81, 86, 136; F. Venturi, Settecento riformatore, I, Torino 1969, pp. 667, 694; V, 1, ibid. 1987, pp. 425-427; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1973, pp. 140, 471; II, ibid. 1973, p. 20; C. Capra, Riforme finanziarie e mutamento istituzionale nello Stato di Milano: gli anni Sessanta del secolo XVIII, in Rivista storica italiana, XCI (1979), pp. 324, 333-335, 338-340, 347 s., 357, 367; La cultura a Milano nell'età di Maria Teresa (catal.), a cura di G. Gaspari, Milano 1980, pp. 19 s.; C. Capra, L. G. e il Dipartimento d'Italia a Vienna (1757-1766), in Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell'età di Maria Teresa, a cura di A. De Maddalena - E. Rotelli - G. Barbarisi, III, Milano 1982, pp. 365-390; E. Garms Cornides, La destinazione del conte Firmian a Milano: analisi di una scelta, ibid., II, ibid. 1982, p. 1021; C. Capra, La Lombardia austriaca nell'età delle riforme (1706-1796), Torino 1987, pp. 163, 183 s., 185-188, 191 s., 210, 216 s., 220, 222-224, 226 s., 229, 252, 257, 259 s., 265, 267, 366, 368, 375, 442 (anche per Pietro Paolo); S. Scharrer, Il Dipartimento d'Italia a Vienna dal 1753 al 1792: monarchia asburgica e nuovi strumenti di governo, in Annali di storia moderna e contemporanea, I (1995), pp. 157, 162, 166-169, 171, 174, 180; S. Mori, La ferma Greppi, Mellerio e Pezzoli a Mantova (1761-1769), in Finanza e politica nell'età di Maria Teresa: Antonio Greppi (1722-1799), in Archivio storico lombardo, CXXII (1996), p. 179.
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