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LECHI, Luigi

di Luciano Faverzani - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)
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LECHI, Luigi

Luciano Faverzani

Nacque a Brescia il 14 dic. 1786, penultimo figlio del conte Faustino e della contessa Doralice Bielli. Poco più che decenne assistette, il 18 marzo 1797, alla rivoluzione bresciana nella quale ebbero un ruolo di primo piano i fratelli Giuseppe, Giacomo, Angelo, Bernardino e Teodoro. La reazione austro-russa del 1799 costrinse poi la famiglia a riparare a Genova e a restarvi, in attesa del ritorno delle armate francesi al comando di Napoleone Bonaparte (1800).

Iscritto al milanese collegio Longone, il L. ebbe quali compagni di studi A. Manzoni, F. Confalonieri e G.B. Pagani. Ultimati gli studi letterari e filosofici, passò all'Università di Pavia dove conseguì la laurea in medicina (1809). A Pavia conobbe U. Foscolo con il quale strinse una forte amicizia e che ebbe modo di frequentare a Brescia in occasione della pubblicazione dei Sepolcri, a opera dell'editore N. Bettoni. Fu in questi anni che il L. studiò disegno e musica, dando buoni risultati in ambedue i campi. Nel 1808 fu affiliato, come i fratelli, alla loggia massonica di Brescia "Amalia Augusta" cui dedicò la cantata massonica La luce (Brescia 1808). L'interesse per le scienze fisiche e naturali, derivatogli dall'adesione al razionalismo, lo portò nel 1810 a Parigi dove ebbe modo di conoscere il geografo A. von Humboldt e il mineralogista abate R.-J. Haüy, dal quale ebbe in dono vari minerali che, in numero di circa 200, avrebbe poi (1814) regalato all'Ateneo di Brescia che lo aveva eletto socio nel 1809 e per i cui Commentari aveva pubblicato la Traduzione dal greco di Ero e Leandro, poemetto di Museo Grammatico, seguita, nel 1810, dalla versione dei Dialoghi delle cortigiane di Luciano, per l'editore Bettoni di Milano.

Al ritorno a Brescia il L. si dedicò alla mineralogia e alla chimica collaborando con i professori G.B. Brocchi e C. Malacarne. Presente nella vita sociale cittadina non meno che in quella scientifica, la frequentazione del salotto della contessa Marzia Martinengo lo pose in contatto con i più eminenti letterati e uomini di cultura bresciani, come C. Arici, G. Nicolini, G. Scalvini, G. Mompiani, i fratelli C. e F. Ugoni, l'abate A. Bianchi, G.B. Pagani.

A sua volta, acquistata nel 1817 l'Isola del lago di Garda, ne fece, oltre che il suo rifugio preferito, un rinomato punto d'incontro per gli intellettuali non solo bresciani, ma anche della riviera benacense e veronesi; fra coloro che si recarono all'Isola si devono ricordare i musicisti G. Rossini e G. Donizetti, e la cantante Giuditta Pasta.

Fu in questi anni che il L., già da tempo sorvegliato dalla polizia austriaca, si avvicinò agli ambienti della carboneria. Allo scoppio dei moti del 1821, durante un suo soggiorno a Bergamo, l'Isola del Garda fu accuratamente perquisita dalla polizia. Lo compromisero le successive ammissioni dei primi cospiratori arrestati che gli attribuirono il ruolo di esponente di primo piano dei federati lombardi. Arrestato nell'Isola il 5 luglio 1823, il L. fu condotto prima a Brescia e poi a Milano, ma, nonostante le ripetute contestazioni, non fu possibile scalfire la sua resistenza e la sua rettitudine morale, tanto che dopo sedici mesi di carcere il giudice A. Salvotti dovette autorizzarne nel novembre del 1824 il rilascio per mancanza di prove legali.

Dopo la liberazione gli fu concesso di recarsi all'Isola del Garda dove risiedette sino alla morte della cantante Adelaide Malanotte (31 dic. 1832), cui da alcuni decenni il L. era sentimentalmente legato. Era stata lei, tra l'altro, la protagonista del Tancredi di G. Rossini nella versione rappresentata a Ferrara nel 1813, con il finale tragico introdotto appunto dal Lechi.

Nonostante la prigionia ne avesse minato il fisico, il L. continuò assiduamente e con impegno i suoi studi letterari. Fu un fecondo epigrafista e numerose sono le iscrizioni da lui lasciate nel cimitero Vantiniano di Brescia.

Tra i molti suoi lavori accolti nei Commentari dell'Ateneo di Brescia vanno ricordati: un Compendio della vita di Demostene e traduzione della terza delle Filippiche (1822); le Osservazioni meteorologico-agrarie d'un'isola del Benaco (1829); un articolo Della miglior fattura dell'olio nelle nostre riviere (1834); le Osservazioni alla memoria del padre Maurizio di Brescia. "Melometria dei cantici originali della Sacra Scrittura" (1847). Frattanto, tra il 1842 e il 1845, erano apparsi nella collana milanese degli antichi storici greci volgarizzati i due volumi delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, lavoro che fu ampiamente lodato per il rigore letterario.

Allo scoppio delle insurrezioni del 1848 il L. fu chiamato a presiedere, nella notte del 22 marzo, il governo provvisorio bresciano; e quando, per ordine del governo centrale di Milano, fu costituita la Congregazione provinciale di Brescia il L. fu confermato alla presidenza guidando la Congregazione sino all'11 ag. 1848. In questi mesi, costante fu il suo impegno in difesa della città e soprattutto dei suoi concittadini per i quali operò sempre con l'intento di salvaguardarli da iniziative azzardate e tali da metterne a repentaglio l'incolumità: provvide dunque a organizzare i battaglioni dei volontari e della guardia civica, a favorire lo sviluppo delle fabbriche di armi, a emanare una legge sulla libertà di stampa. Il ritorno degli Austriaci lo costrinse a fuggire precipitosamente e a recarsi in Piemonte insieme con il fratello Teodoro. Amnistiato, il L. fece ritorno a Brescia dove riprese gli studi. Nel 1849, allo scoppio delle Dieci giornate bresciane, pur non essendo coinvolto nella direzione del moto, fu costantemente a fianco di G. Sangervasio, divenendone il più ascoltato consigliere. Ebbe inoltre l'ingrato incarico di recarsi al convento di S. Giuseppe, al fine di convincere padre M. Malvestiti a presentare al maresciallo J.J. von Haynau la capitolazione della città. Del biennio rivoluzionario il L. lasciò un'interessante memoria.

Eletto alla presidenza dell'ateneo cittadino il 2 genn. 1848 e riconfermato il 22 apr. 1850, nel successivo mese di agosto vi lesse un interessante studio dal titolo Sulla tipografia bresciana del secolo XV. La sua riconferma e l'appartenenza della maggioranza dei soci allo schieramento liberale spinsero nel 1851 il governo austriaco a sospendere le attività accademiche, mentre forti pressioni erano compiute sul L. perché lasciasse la presidenza. Il governo autorizzò la riapertura dell'ateneo solamente nel dicembre 1855, a patto però che a presiedere le adunanze non fosse il L., ma il socio più anziano.

In questi anni di costante ostilità nei confronti dell'ateneo da parte delle autorità, il L. si trovò a dovere anche gestire la presentazione del nuovo statuto, motivo questo di costante attrito con il governo, a causa della volontà di quest'ultimo di avere un controllo diretto sulla vita dell'ateneo e dell'altrettanto ferma volontà del L. di mantenerne l'autonomia. Le sedute furono nuovamente sospese nell'aprile 1859 e ripresero all'indomani della liberazione della città da parte delle truppe franco-sarde nel giugno del medesimo anno. Il 21 ag. 1859, il L. fu rieletto all'unanimità, per la terza volta, presidente dell'ateneo, incarico che tenne sino al 1861 quando per motivi di salute fu costretto a dimettersi.

Con la liberazione della Lombardia, il 29 febbr. 1860 il L. fu nominato senatore del Regno per gli "alti meriti patriottici". Nel 1867 fece dono alla Civica Biblioteca Queriniana di 220 volumi di rare edizioni di autori antichi e moderni, specialmente bresciani e di argomento militare.

Il L. morì a Brescia il 13 dic. 1867.

Oltre che degli scritti citati, il L. fu autore di numerose altre opere: Il vaticino della rondine. Apologo in onore di C. Arici, Brescia 1808; I tre apologhi, ibid. 1809 (pubbl. anonimo); Le avventure di Ero e Leandro di Museo Grammatico, ibid. 1811 (l'edizione fu decorata dal pittore L. Basiletti); Dono fatto all'ateneo di più di 200 pezzi di minerali, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1814; Il Tasso che legge la sua Gerusalemme liberata alla corte degli Estensi. Quadro del Podesti, commissione del conte P. Tosio, Milano 1843; Sulla tipografia bresciana, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1848-50; Allocuzione letta all'Ateneo di Brescia nel giorno 5 genn. 1851, Brescia 1851; Parole dette il giorno 18 maggio 1851 nel presentare al corpo accademico il progetto di statuto compilato dalla Commissione, ibid. 1851; Del Laocoonte Tosio, ibid. 1852-57; Della tipografia bresciana nel secolo decimoquinto: memorie, ibid. 1854; Delle Storie bresciane e di alcuni scritti di Federico Odorici, ibid. 1857; Parole del presidente nella sessione pubblica dell'Ateneo di Brescia per la solenne distribuzione dei premi Carini al merito filantropico… 1° luglio 1860, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1858-61; Rapporto della commissione eletta dall'ateneo per l'erezione del monumento al pittore G. Battista Gigola, ibid. 1858-61; Iscrizioni in onore di Paolo Tosi, in Elogio funebre del conte Paolo Tosio, detto nelle sue pubbliche esequie in S. Alessandro di Brescia il giorno 13 luglio 1843 da Giuseppe Nicolini, ibid. 1843; Di un monumento eretto in Brescia per grazioso dono di Vittorio Emanuele II e di altri lavori dello scultore Lombardi, ibid. 1865; Iscrizioni del conte L. L. senatore del Regno, ibid. 1866; Avvenimenti accaduti in Brescia nel marzo 1849. Contributo alla storia delle X giornate di Brescia. (Da un manoscritto inedito del senatore conte L. L.), in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1929. Sono rimasti inediti: i Pensieri e studi dal carcere; l'Epistola in versi in morte della Malanotte; la Traduzione della storia della filosofia greca di Diogene Laerzio; gli Studi inediti su le varie lezioni di "Suso in Italia bella"; gli Studi inediti preparatori di una storia della filosofia; gli Studi inediti sulla donna; la Versione inedita della terza Filippica di Demostene; gli Studi inediti di acustica e di musica; la Vita di Demostene e una delle sue orazioni tradotta; l'Elogio di G. Battista Gigola; le Osservazioni su un passo della Divina Commedia; il Romanzo storico su Brescia ai tempi di Arrigo VII.

Fonti e Bibl.: Brescia, Arch. privato Lechi (in fase di ordinamento); A. Lumbroso, Il generale d'armata conte Teodoro Lechi da Brescia (1778-1866) e la sua famiglia, in Riv. storica del Risorgimento italiano, III (1898), pp. 349 s., 371-373; G. Solitro, Nuovo contributo alla storia dei processi del Ventuno, Il conte L. L., in Rass. storica del Risorgimento, IV (1917), pp. 1-45; G. Gallia, Commemorazione del conte L. L., in Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1876, pp. 88-94; L. Re, Il conte L. L. nel processo del 1821, in Misc. di studi su Brescia nel Risorgimento, suppl. ai Commentari dell'Ateneo di Brescia, 1933, pp. 171-226; Storia di Brescia, V, Indice dei nomi e degli argomenti, Brescia 1961, ad nomen; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (E. Michel).

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Panizza, Bartolomeo Panizza ‹-zza›, Bartolomeo. - Anatomista, chirurgo e fisiologo (Vicenza 1785 - Pavia 1867), allievo di M. Bufalini e di A. Scarpa, seguì l'armata napoleonica in Russia (1812) come chirurgo militare; poi (dal 1817) fu prof. di anatomia nell'univ. di Pavia; senatore (dal 1860). Dimostrò per primo (fin ... Lèchi, Giuseppe Lèchi, Giuseppe. - Generale (Brescia 1766 - ivi 1836). Fratello di Angelo, Luigi e Teodoro, fece le campagne di Napoleone, distinguendosi a Marengo, nel Trentino (1801), ad Austerlitz (1805) e in Spagna; richiesto da G. Murat, militò nell'esercito napoletano (1811-14). Lèchi, Teodoro Lèchi, Teodoro. - Generale (Brescia 1778 - Milano 1866), fratello di Giuseppe, Luigi e Angelo. Appartenne all'esercito cisalpino; partecipò a varie campagne napoleoniche, distinguendosi a Wagram (1809) e durante la spedizione di Russia; dopo i rovesci delle armate di Napoleone, si rifiutò di ricevere ... Ferrara Comune dell’Emilia-Romagna (404,3 km2 con 133.591 ab. nel 2008) e capoluogo di provincia. È situata a circa 4 km a S del Po (lungo il quale è ubicato il centro satellite di Pontelagoscuro). ● Il nucleo originario dovette sorgere, in epoca bizantina, sulla sponda sinistra del Po di Volano, che, regolarizzato ...
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