LIPPOMANO, Luigi (Aloisio, Alvise)
Nacque a Venezia nel 1496, figlio illegittimo del banchiere veneziano Bartolomeo, unitosi in matrimonio nel 1488 con Orsa Giustinian. La madre probabilmente fu una serva di nome Marta, menzionata nel testamento del padre.
Il L. intraprese gli studi umanistici e teologici. Le fonti indicano che frequentò gli atenei di Padova e di Roma, dove dal 1515 viveva lo zio Girolamo. Il L. giunse a Roma al più tardi nell'estate del 1522 - fu, infatti, testimone dell'ingresso solenne e dell'incoronazione di Adriano VI (fine agosto 1522); nel novembre 1523 assistette all'incoronazione di Clemente VII. Decise ben presto di intraprendere la carriera ecclesiastica e ottenne come primo beneficio un canonicato a Bergamo, dove si erano succeduti al vescovato lo zio Nicolò (1512-16) e dal 1516 il cugino Pietro Lippomano.
Nel 1528 soggiornò per oltre sei mesi a Orvieto, alla corte di Clemente VII, fuggito da Roma dopo il sacco. In una lettera al cugino vescovo descrisse la misera situazione economica e la decadenza dei curiali: "Come de lì la corte è qual falita, senza un carlino. Li vescovi vanno a piedi con un capeleto in testa et mantellini frusti, et li cortesani biastemano Idio; sono come disperati. Li cardinali vanno con 4 servitori et su la sua mula sicome andavano in primitiva ecclesia; pur a li soliti costumi disonesti, et per uno iulio si venderebbe Christo" (Sanuto, XLVI, col. 488). Nell'ottobre dello stesso anno inviò, sempre al cugino Pietro e al fratello Tommaso, relazioni dettagliate della grande inondazione del Tevere, vissuta in prima persona.
Nel 1529 divenne protonotario apostolico e nel 1535 camerario segreto del papa. Il 23 sett. 1538 Paolo III lo nominò coadiutore cum iure successionis del cugino Pietro, vescovo di Bergamo, concedendogli la dispensa super defectu natalium. Il 7 febbr. 1539 seguì la nomina a vescovo titolare di Metone. Il L. aveva ottenuto la coadiutoria bergamasca non da ultimo grazie all'interessamento del cardinale Gian Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV, lo stesso che a Roma lo avrebbe consacrato vescovo.
Nel maggio 1542 fu incaricato della sua prima missione diplomatica come nunzio pontificio. Fu inviato in Portogallo per comunicare ai vescovi del paese l'invito di Paolo III a partecipare all'imminente concilio che si sarebbe tenuto a Trento. Nell'autunno 1545 rientrò in Italia e dall'aprile 1546 prese parte attivamente al concilio. Nel 1547 seguì i padri conciliari a Bologna, dove assistette a tutte le sessioni. Già in questo periodo si manifestò il suo atteggiamento intransigente "contra questi tristi lutherani", che nello Stato della Chiesa andrebbero perseguitati con i mezzi di una "severissima inquisitione" (Buschbell, p. 289).
Il 9 ag. 1548 il L. succedette al cugino Pietro, deceduto nel castello di Edimburgo nel luglio - o 9 agosto - 1548 durante una missione diplomatica in Scozia. Quest'ultimo, dopo la morte di Gian Matteo Giberti, aveva assunto la carica di vescovo di Verona il 30 dic. 1543 e la nomina era stata di conseguenza integrata con il trasferimento della coadiutoria bergamasca del L. alla diocesi di Verona. Il doge Francesco Donà, con decreto del 29 genn. 1549, investì il L. della diocesi di Verona di cui, in sua assenza, prese possesso il 7 marzo 1549 il vicario generale Giacomo Livrieri. Alla fine di agosto 1548, infatti, grazie all'interessamento del cardinale Marcello Cervini (futuro papa Marcello II), cui era legato da amicizia, fu nominato nunzio straordinario per la Germania.
Oltre al L. erano incaricati della missione Sebastiano Pighino, vescovo di Ferentino, e Pietro Bertano, vescovo di Fano, che risiedeva già presso la corte imperiale come nunzio ordinario. Le facoltà loro concesse regolavano le modalità per il reinserimento dei protestanti nella Chiesa cattolica e comprendevano il potere di concedere in alcuni casi la comunione sub utraque specie o di riconoscere i matrimoni di sacerdoti disposti a rientrare in seno alla Chiesa romana.
Per la prima volta il L. si trovò nel paese sconvolto dallo scisma. Tappe del viaggio furono Innsbruck, Magonza, Colonia. Quasi ovunque in Germania furono accolti con ostilità e diffidenza, come testimonia una lettera del L. a Cervini del 16 nov. 1548: "tutti ci fuggono come serpenti" (Simoni, p. 19). Le trattative di Carlo V a Bruxelles, dove il L. era giunto il 22 dicembre, procedevano in maniera poco soddisfacente. Su nessuno dei punti negoziati con l'imperatore (misure contro i luterani e i loro scritti, riforma del clero, questione del concilio e di Piacenza) si riuscì a ottenere un accordo. Il L. lasciò Bruxelles il 15 giugno 1549 e, dopo essersi trattenuto a Salisburgo e avere visitato Ingolstadt e Dillingen, tornò a Verona nell'agosto 1550, dove partecipò al processo tenutosi in quell'anno contro alcuni eretici.
Il 4 marzo 1551 il L. - nuovamente grazie a una raccomandazione di Marcello Cervini - fu nominato da papa Giulio III, accanto al cardinale legato Marcello Crescenzio e a Sebastiano Pighino, suo collega in Germania, terzo presidente del concilio. I tre prelati fecero il loro ingresso solenne a Trento il 29 aprile. Ignazio di Loyola aveva affiancato al L., in veste di consiglieri teologici, Diego Laínez e Alfonso Salmerón; il L. conosceva e stimava quest'ultimo da quando lo aveva conosciuto Verona, e lo ebbe al suo seguito anche nella successiva nunziatura in Polonia. Il L., che ora considerava insuperabile il divario tra cattolici e protestanti, restò a Trento fino all'interruzione del concilio, alla fine di aprile 1552. Negli anni 1553-55 nella diocesi di Verona furono compiute visite apostoliche, in parte dal L. in persona (L. Lippomano, Visitationum dioecesis Veronensis annorum 1553 et 1555: trascrizione dei registri X-XI-XII delle visite pastorali, a cura dell'Archivio storico della Curia di Verona, Verona 1999).
Il 13 genn. 1555 fu scelto da Giulio III come nunzio in Polonia. L'inizio della missione fu tuttavia ritardato dai due conclavi del 1555; la nunziatura fu infine confermata al L. da Paolo IV il 13 giugno. Durante il viaggio il L. dovette fermarsi ad Augusta, dove era in corso una Dieta imperiale decisiva dal punto di vista politico-confessionale.
Nell'istruzione per la sua commissione straordinaria nell'Impero il L. venne incaricato di far sì "che la dieta si dissolva senza recesso o, pur facendosi, che in essa non si faccia cosa che sia mala, cercando di persuadere al re che alla M.tà S., che è sempre stata catholica et nata da principi catholici, non si conviene per alcun rispetto del mondo consentire a cosa che catholica non sia" (Nuntiaturberichte aus Deutschland, I, 17, p. 97). Ad Augusta la posizione del L. era in effetti disperata. Il re Ferdinando non voleva in nessun caso sposare l'argomentazione della Curia. Il L. era quasi del tutto isolato poiché non poteva assicurarsi nemmeno il sostegno dei principi cattolici (fatta eccezione per i duchi di Baviera, Brunswick e Cleve).
All'inizio di settembre Paolo IV ordinò al L. di proseguire immediatamente il viaggio per la Polonia, sua effettiva destinazione, e il 7 sett. 1555 il L. lasciò Augusta. Così, dopo Giovanni Morone e Zaccaria Delfino, l'ultimo rappresentante pontificio ancora rimasto in sede abbandonò la Dieta, che si concluse, tre settimane più tardi, con il riconoscimento ufficiale del protestantesimo nell'Impero (pace di Augusta), suggellando così la rottura dell'unità cristiana in Europa.
Nell'istruzione per la missione in Polonia, redatta dai cardinali Alessandro Farnese e Iacopo Puteo, si metteva in guardia dal pericolo di una generale disputa sui problemi confessionali, come era in atto nell'Impero. Inoltre, l'elemento cattolico doveva essere rafforzato nella vita pubblica nel suo complesso, ricorrendo a predicatori e docenti affidabili e mediante il controllo della stampa e il divieto di importazione di libri luterani dalla Germania.
L'8 ott. 1555, dopo un viaggio faticoso, il L. giunse a Varsavia, dove fu ospite della regina Bona Sforza, e il 28 a Vilna, dove fu ricevuto in prima udienza dal re Sigismondo Augusto.
Dovette accorgersi subito che la situazione confessionale in Polonia era disperata: "le cose della fede et della Chiesa in questo Regno sono ridotte a malissimi termini" (Acta nuntiaturae Polonae, III, 1, p. 73). Il protestantesimo era molto diffuso anche nell'aristocrazia, che aveva come portavoce il principe Nicola Radziwiłł cancelliere e gran maresciallo di Lituania nonché palatino di Vilna. Nel suo tentativo di ricattolicizzare il paese il L. non poteva contare sull'appoggio del re, che avanzava pretese inaccettabili anche tramite il suo inviato speciale a Roma, Stanislao Maciejowski (uso del vernacolo nella liturgia, comunione sub utraque specie, matrimonio per i sacerdoti e convocazione di un concilio nazionale). Il nunzio fu invece sostenuto da parte dell'episcopato, soprattutto da Nicolao Dzierzgowski, arcivescovo di Gniezno e primate di Polonia, e da Stanislao Osio, vescovo di Warmia.
Dal febbraio all'ottobre 1556 il L. soggiornò a Łowicz, residenza dell'arcivescovo di Gniezno. Da qui scrisse a Radziwiłł il 21 febbraio, per tentare di riportarlo alla fede cattolica. La lettera rimase però priva di risposta. Nell'aprile e giugno 1556, in seguito a una profanazione di ostie, furono messi al rogo una certa Dorothea Łazęcka e diversi ebrei a Sochaczew e Plocia (Płock). In numerosi opuscoli i protestanti attaccarono violentemente come responsabile dell'esecuzione, oltre al re e all'arcivescovo di Gniezno, il Lippomano.
Un certo successo fu conseguito dal L. nella riforma interna della Chiesa. Insieme con Nicolao Dzierzgowski nell'aprile e maggio 1556 visitò le diocesi di Gniezno, Posnania (Poznań), Vladislavia (Włocławek) e Plocia. Si consigliò con i rispettivi capitoli, di cui il L. riteneva indispensabile la collaborazione, sui mezzi più adeguati per rimediare ai problemi. I canonici gli garantirono per iscritto la propria collaborazione alla riforma dei rispettivi vescovati conformemente alle disposizioni del concilio di Trento. A settembre il L. partecipò a Łowicz al sinodo provinciale, presieduto dall'arcivescovo di Gniezno, in cui fu stilata - in buona misura sulla base della formula dell'Università di Lovanio - una Confessio fidei cattolica come risposta alla professione di fede riformata della Dieta di Petricovia (Piotrków) del maggio 1555. In dicembre il L. partecipò a Varsavia alla Dieta polacca, caratterizzata da un forte antagonismo tra cattolici e protestanti. Immediatamente dopo lasciò il paese, dove, alla fine, si era trovato isolato anche tra i cattolici. Indubbiamente, tuttavia, la nunziatura del L. aveva rafforzato il cattolicesimo in Polonia e sotto la sua guida era stata avviata la riforma della Chiesa.
Dopo una breve sosta a Verona, dove si ristabilì da un attacco di gotta, il L. giunse a Roma nel giugno 1557. Qui sarebbe rimasto fino alla sua morte, assumendo una posizione preminente in Curia. In ottobre Paolo IV lo nominò suo segretario particolare, mettendolo al vertice dei segretari pontifici responsabili per gli affari pubblici. Nel 1558 cedette la diocesi di Verona al nipote e coadiutore Agostino Lippomano e fu nominato vescovo di Bergamo. In quel periodo, al più tardi dopo la caduta in disgrazia del cardinal nipote Carlo Carafa, fu considerato il prelato più potente in Curia. Malgrado lo stretto rapporto di fiducia che lo legava a Paolo IV, il L. non riuscì tuttavia a ottenere il cardinalato; talvolta vengono addotti quale motivazione della mancata porpora i natali illegittimi (Alberigo, p. 76).
Oltre che nella sua attività pastorale e diplomatica e quale consigliere nell'amministrazione centrale della Chiesa, il L. si distinse come autore di scritti dogmatici e agiografici. I testi, nati da un profondo interesse per le Sacre Scritture e i Padri della Chiesa, erano pensati in buona misura come sussidi per il clero, non da ultimo per difendere la dottrina cattolica nei confronti del protestantesimo.
Ai Sermoni sopra tutte le principali feste dell'anno (Venezia 1536) seguì un piccolo trattato teologico sul Credo (Esposizione volgare sopra il Simbolo, ibid., G. Scoto, 1541), poi la Catena in Genesim (Parigi, C. Guillard, 1545), raccolta di commenti scritti da circa sessanta autori greci e latini, dedicata, come già l'Esposizione, a Paolo III e integrata dalla Catena in Exodum (ibid., C. Guillard, 1550) e dalla Catena in Psalmos (pubblicata postuma dal nipote Andrea, Roma, In aedibus Populi Romani, 1585). Per confutare la dottrina protestante, nel 1553 (Venezia, Al segno della speranza) uscì l'opera in tre parti Confirmatione et stabilimento di tutti li dogmi cattolici, in cui il L. tratta tra l'altro della dottrina della Chiesa: primato e infallibilità del papa (I), grazia, predestinazione e giustificazione (II), sacramenti (III).
In questo periodo, incoraggiato dal cardinale Marcello Cervini, il L. aveva già iniziato a lavorare alla sua opera principale Sanctorum priscorum patrum vitae, che doveva comprendere complessivamente otto volumi (I-V, Venezia, Al segno della speranza, 1551-56; VI, Roma, Ex officina Salviana, 1558; VII-VIII, ibid., A. Blado, 1558 e 1560, il vol. VIII pubblicato postumo dal nipote Girolamo). La raccolta, nata con la collaborazione di numerosi eruditi, tra cui l'umanista Gentien Hervet e il custode della Biblioteca Vaticana e futuro cardinale Guglielmo Sirleto, conteneva anche la prima edizione latina di Simone Metafraste, del martirologio di Adone di Vienne e del Pratum spirituale di Giovanni Mosco. L'opera costituì la base per le vite dei santi di Lorenzo Surio e dei bollandisti, ma viene in genere considerata di mediocre valore scientifico.
Il L. morì a Roma il 15 ag. 1559, tre giorni prima del suo protettore Paolo IV, dopo una breve malattia; fu sepolto in S. Caterina dei Funari.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 822 (2); M. Sanuto, I diarii, XX, XXXIII, XXXV, XXXVI, XLVI-XLVIII, L, LII, LIV, Venezia 1892-99, ad indices; Epistolae P. Alphonsi Salmeronis Societatis Iesu…, Matriti 1906-07, ad ind.; Nuntiaturberichte aus Deutschland, I, 2, Nuntiatur des Bischofs Pietro Bertano von Fano 1548-1549, a cura di W. Friedensburg, Berlin 1910, ad ind.; I, 17, Nuntiatur Delfinos. Legation Morones. Sendung Lippomanos (1554-1556), a cura di H. Goetz, Tübingen 1970; Acta nuntiaturae Polonae, I, De fontibus eorumque investigatione et editionibus. Instructio ad editionem. Nuntiorum series chronologica, a cura di H.D. Wojtyska, Romae 1990, pp. 208 s.; III, 1, Aloisius L. (1555-1557), a cura di H.D. Wojtyska, Romae 1993; M. Foscarini, Della letteratura veneziana ed altri scritti intorno ad essa, Venezia 1854, ad ind.; G. Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI. Jahrhunderts, Paderborn 1910, s.v.Verona; F. Lauchert, Die italienischen literarischen Gegner Luthers, Freiburg i.Br. 1912, pp. 569-584; L. von Pastor, Storia dei papi, V-VI, Roma 1924-27, ad indices; J. De Castro, Portugal no Concilio de Trento, I, Lisboa 1944, pp. 246 s., 384 s., 388 s., 396-399, 414-416; P. Paschini, Tre ricerche sulla storia della Chiesa nel Cinquecento, Roma 1945, ad ind.; H. Jedin, Geschichte des Konzils von Trient, I-IV, Freiburg i.Br. 1949-75, ad indices; E. Mioni, Le "Vitae Patrum" nella traduzione di Ambrogio Traversari, in Aevum, XXIV (1950), p. 327; G. Rambaldi, "Heresia", "traditioni apostoliche" e "scommunica" in uno scritto di L. L., in Gregorianum, XXXVI (1955), pp. 196-211; G. Alberigo, I vescovi italiani al concilio di Trento (1545-1547), Firenze 1959, ad ind.; K. Reindel, Studien zur Überlieferung der Werke des Petrus Damiani, I, in Deutsches Archiv, XV (1959), pp. 23-102 passim; H. Goetz, Die Vertreter der Kurie am Augsburger Reichstag 1555, in Festgabe Leonhard von Muralt, a cura di M. Haas - R. Hauswirth, Zürich 1970, pp. 197-208; Id., Zur Nuntiatur L. L.s in Polen (1555-1557), in Miscellanea in onore di mons. M. Giusti, I, Città del Vaticano 1978, pp. 331-345; L. Tacchella, Visite pastorali di L. L. 1553-1555, in Vita veronese, XXXI (1978), pp. 130-134, 201-208, 260-267; Id., Il processo agli eretici veronesi nel 1550: s. Ignazio di Loyola e L. L. (carteggio), Brescia 1979; Id., Paolo IV e la nunziatura in Polonia di L. L. vescovo di Verona (1555-1557), in Dalla Chiesa antica alla Chiesa moderna…, a cura di M. Fois et al., Roma 1983; S. Boesch Gajano, La raccolta di vite di santi di L. L.: storia, struttura, finalità di una costruzione agiografica, in Raccolte di vite di santi dal XIII al XVIII secolo. Messaggi, strutture, fruizioni, a cura di S. Boesch Gajano, Fasano di Brindisi 1990, pp. 110-130; D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento e altri scritti, a cura di A. Prosperi, Torino 1992, ad ind.; P. Simoni, L. L. vescovo e nunzio apostolico del Cinquecento, Verona 1993; A. Lane, Did Calvin use Lippoman's Catena in Genesim?, in Calvin Theological Journal, XXXI (1996), pp. 404-419; A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996, ad ind.; Europa sacra. Raccolte agiografiche e identità politiche in Europa fra Medioevo ed Età moderna. Atti del Seminario…, 2002, a cura di S. Boesch Gajano - R. Michetti, Roma 2002, ad ind.; Hierarchia catholica, III, pp. 132 s., 251, 331; Iter Italicum, II, pp. 217, 279, 323, 445, 548.