LUCIANI, Luigi
Nacque ad Ascoli Piceno il 23 nov. 1840 da Serafino e da Aurora Vecchi, sorella dello scrittore e patriota Candido Augusto. Allievo inizialmente di un maestro privato senese e poi del locale collegio dei gesuiti, completò il primo ciclo di studi nella città natale.
Non iniziò subito la preparazione universitaria e rimase per due anni ad Ascoli, sia per le ristrettezze economiche nelle quali versava la sua famiglia che lo indussero a partecipare a un concorso per il posto di segretario comunale, sia per la difficile situazione politica.
Nel 1862 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'Università di Bologna. Dopo aver superato il primo biennio, soggiornò brevemente a Napoli, dove fu affascinato dalle concezioni e dai metodi degli illustri docenti di quell'ateneo; ritenne allora di aver individuato le autentiche basi scientifiche della medicina. La fisiologia sperimentale insegnata da G. Albini, la patologia generale e l'anatomia patologica illustrate da A. De Martini e da O. von Schrön, gli apparvero gli unici strumenti concettuali in grado di spiegare l'origine e l'evolversi della "vita sana" e delle "funzioni morbose desunte dalla clinica" elevandole "a dignità di vera scienza".
Durante gli anni del corso di laurea, il L. pubblicò a Fano nel 1864 un breve saggio, Del plasticismo organico comparativo, molto apprezzato da G. Franceschi; quindi, sotto la guida del clinico oculista F. Magni, nel cui istituto ricoprì il ruolo di proassistente, scrisse Dell'uso del curaro contro il blefarospasmo e la fotofobia. Considerazioni clinico-terapeutiche, in Rivista clinica di Bologna, VII (1868), pp. 138-143. In tema di oftalmoiatria sarebbe poi tornato con altri contributi: Un caso di embolia delle arterie centrali della retina e di alcuni capillari cerebrali per gastrorragie. Processo diagnostico, ibid., VIII (1869), pp. 138-144; Della cura successiva alla strabotomia, ibid., pp. 168-171.
Il 31 luglio 1868 il L. conseguì la laurea a pieni voti, discutendo una tesi che fu subito pubblicata: Analisi fisio-patologica del tetano, ibid., VII (1868), pp. 225-239. Cominciò immediatamente a lavorare come operatore (dapprima incaricato, poi, dal 1869 al 1874, effettivo) presso il laboratorio di fisiologia dell'ateneo bolognese diretto da L. Vella. Dal marzo 1872 e per quasi tutto l'anno seguente fu a Lipsia, a perfezionarsi alla scuola di K.F.W. Ludwig, lo studioso che aveva impresso la svolta cruciale alla ricerca fisiologica del XIX secolo.
Le concezioni rigorosamente positiviste sulle quali era fondata la metodologia della scuola germanica esercitarono una profonda influenza sulla formazione scientifica del L., che avrebbe poi affermato di considerare il Ludwig il suo vero maestro, determinandone la futura impostazione fisiopatologica nell'interpretazione di taluni fondamentali argomenti medici, pur nella convinzione, come affermò nella sua Fisiologia dell'uomo (I, Milano 1912, p. 6), che i peculiari fenomeni somatici vitali "sono inesplicabili colle note leggi della chimica e della fisica".
Rientrato nell'Università di Bologna, nel 1873 il L. conseguì la libera docenza in patologia generale e fu incaricato nello stesso anno di svolgere un corso libero di patologia sperimentale. Due anni dopo, superato il relativo concorso, divenne professore straordinario di patologia generale nell'Università di Parma; successivamente fu chiamato a dirigere nel 1880 la cattedra di fisiologia presso l'Università di Siena e dal 1882 al 1893 quella nell'Istituto di studi superiori di Firenze. Aveva intanto avuto inizio l'attività di ricerca fisiologica del L., volta allo studio dei meccanismi che presiedono ai processi vitali basato sulla conferma sperimentale dell'interpretazione teorica dei fenomeni osservati.
Col primo importante argomento affrontato, la fisiologia del cuore e dell'apparato respiratorio, poté recare contributi di grande rilievo che lo imposero all'attenzione della comunità scientifica. Anzitutto, operando su un cane a torace aperto con un sia pur rudimentale attrezzatura sperimentale costituita essenzialmente da una cannula introdotta dalla punta del cuore nell'interno di un ventricolo in grado di segnalare le variazioni della pressione intracavitaria, potè dimostrare l'intervento attivo del miocardio e il ruolo dei nervi cardiomotori e vasomotori nella promozione della diastole, deducendo pertanto che tale processo, del tutto indipendente dalla pressione venosa, dalla sistole auricolare e dal rilasciamento passivo del miocardio, costituisce in realtà un fenomeno attivo di dilatazione del tessuto muscolare cardiaco, così come la sistole ne è un processo di contrazione (Dell'attività della diastole cardiaca rilevata dai suoi effetti e dalle potenze nerveo-muscolari che la promuovono. Studi critico-sperimentali, in Rivista clinica di Bologna, s. 2, I [1871], pp. 35-44, 73-88, 109-131, 201-221, lavoro dedicato al rappresentante della iatromeccanica seicentesca G. A. Borelli). L'enunciato, che suscitò inizialmente vivaci polemiche (si veda, per esempio, Dell'attività della diastole cardiaca. Risposta ad una rivista critica del prof. Lemoigne, in Annali universali di medicina, CCXVIII [1871], pp. 180-191), fu in seguito approfondito e ulteriormente elaborato in considerazione della dottrina dell'elasticità muscolare e del concetto di variabilità fisiologica del movimento diastolico e presentato come "dottrina dell'attività diastolica" (Sulla dottrina dell'attività diastolica. Rivista fisiopatologica, in Rivista clinica di Bologna, s. 2, IV [1874], pp. 79-87). L'approccio sperimentale, affrontato nel laboratorio di Ludwig, alla allora dibattuta questione dell'origine miogena o neurogena dell'automatismo cardiaco, gli consentì di fornire importanti chiarimenti: nel cuore di rana in condizione di arresto dell'attività, determinato da legature effettuate in ambiti atriali, l'aumento della pressione intracavitaria ottenuto con l'introduzione attraverso una cannula di siero fresco di coniglio era seguito dalla ripresa delle pulsazioni. Con lo studio attraverso le registrazioni grafiche delle tre diverse fasi dell'attività cardiaca distinse poi una serie di fenomeni che denominò dell'accesso, del periodo ritmico, della crisi, responsabili nel loro succedersi di una sorta di periodicità dell'azione del cuore alla quale fu dato il nome di "fenomeno di Luciani" (Sulla fisiologia degli organi centrali del cuore. Indagini sperimentali sulle rane, ibid., III [1873], pp. 128-148, 168-180, 244-273). In seguito, il suo nome fu associato, con quello di K.F. Wenckebach, a una particolare aritmia cardiaca caratterizzata dall'allungamento progressivo e costante del tempo impiegato dallo stimolo per passare dall'atrio al ventricolo riscontrabile nel blocco atrioventricolare di II grado (blocco incompleto con periodi di LW, si veda: Enc. medica italiana, III, col. 19, s.v. Blocchi cardiaci). Allo stesso modo, considerando i risultati delle indagini sperimentali, interpretò di natura automatica anche l'attività dei centri respiratori (Del fenomeno di Cheyne e Stokes, in ordine alla dottrina del ritmo respiratorio. Studio critico-sperimentale, in Lo Sperimentale, XXXII [1879], pp. 341-355, 449-466).
A Parma il L. iniziò le ricerche sulla fisiologia e la fisiopatologia del sistema nervoso centrale che lo avrebbero reso celebre in campo internazionale. Superò gli ostacoli rappresentati dall'inadeguatezza degli ambienti e dalla mancanza di laboratori dell'Istituto universitario usufruendo dell'ospitalità, dei mezzi e del materiale messigli a disposizione nel manicomio di Reggio nell'Emilia dal collega e amico A. Tamburini.
Gli esperimenti condotti con interventi neurochirurgici sugli animali, nella cui esecuzione divenne in breve abilissimo, gli consentirono di studiare gli effetti conseguenti a lesioni provocate in determinate aree cerebrali, di confrontarli con osservazioni cliniche e anatomopatologiche, di pervenire infine a fondamentali conoscenze, vere conquiste della neurofisiologia: le localizzazioni corticali cerebrali e le loro funzioni motorie e sensoriali, con particolare riferimento a quelle dei centri visivi e delle sensazioni acustiche e alle compensazioni per supplenza, a seguito di disturbi transitori visivi e uditivi, dei centri controlaterali, descritte in collaborazione con A. Tamburini (Centri psico-motorii corticali. Ricerche sperimentali sulle funzioni del cervello, in Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale, IV [1878], pp. 69-89, 225-280; Sui centri psico-sensorj corticali, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, XII [1879], pp. 77-86; Studi clinici sui centri sensorii corticali, in Annali universali di medicina e chirurgia, CCXLVII [1879], pp. 293-329). Proseguì a lungo tali ricerche (I centri psico-motori della corteccia cerebrale nella scimmia, in Arch. italiano per le malattie nervose, XVIII [1881], pp. 15-17; Sur l'excitation mécanique des centres sensitivo-moteurs de l'écorce cérébrale, in Archives italiennes de biologie, IV [1883], pp. 268-273; On the sensorial localisations in the cortex cerebri, in Brain, VII [1884], pp. 145-160), che perfezionò e riassunse nella monografia Le localizzazioni funzionali del cervello, pubblicata a Napoli nel 1885 in collaborazione con G. Seppilli, premiata dal r. Istituto lombardo di scienze e lettere e recentemente ristampata a cura di C. Morabito, Firenze 2001: alla concezione ivi esposta della "natura mista sensitiva e motrice della zona eccitabile del cervello", in seguito ampiamente confermata, è collegata inoltre la dottrina enunciata dallo studioso ascolano sulla base dei suoi studi critico-sperimentali, ampiamente confermata poi dalle osservazioni di F.V. Krause sull'epilessia umana, della patogenesi corticale dell'epilessia (Sulla patogenesi dell'epilessia, in Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale, IV [1878], pp. 617-646; Sulla epilessia provocata da traumatismi del capo e sulla trasmissione ereditaria della medesima, in Arch. italiano per le malattie nervose, XVIII [1881], pp. 206-214). Nel periodo fiorentino il L. proseguì le sue ricerche di neurofisiologia con lo studio dell'attività del cervelletto condotto sperimentalmente per la prima volta con tecnica vivisettoria su animali superiori (cani e scimmie), per la prima volta impiegati nella tecnica vivisettoria: la perfetta esecuzione chirurgica degli interventi di ablazione totale o parziale dell'organo, la rigorosa metodica di osservazione, l'interpretazione logica dei risultati furono i momenti fondanti di quella fisiologia cerebellare che G. Moruzzi volle chiamare "fisiologia patologica". L'esame critico della mole dei risultati acquisiti gli consentì di formulare nel 1891 la sua teoria sul ruolo di centro integratore per il controllo della postura e dei movimenti volontari svolto dal cervelletto tramite le tre fondamentali funzioni, che sinteticamente definì tonica, stenica e statica; e di descrivere le manifestazioni patologiche proprie dell'insufficienza cerebellare, consistenti quindi nell'atonia o perdita del tono muscolare, nell'astenia o perdita delle forze, nell'astasia o perdita della capacità di mantenere la corretta postura (Linee generali della fisiologia del cervelletto, in Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale, X [1884], pp. 1-26; Il cervelletto: nuovi studi di fisiologia normale e patologica, Firenze 1891, opera premiata dall'Accademia nazionale dei Lincei, tradotta in tedesco e pubblicata a Lipsia nel 1893). Sulla scorta della sua preparazione teorica e dell'esperienza acquisita in questo settore di ricerca non esitò a confutare le conclusioni alle quali do gli effetti della sezione sperimentale del verme cerebellare (Nota critica del prof. Luciani alla precedente memoria dei dottori Borgherini e Gallerani, in Rivista sperimentale di freniatria e di medicina legale, XVIII [1892], pp. 381-387).
A Firenze il L. concluse inoltre lo studio, già da tempo iniziato, sull'inanizione e sulla fisiologia del digiuno: a seguito di indagini sperimentali sugli animali e delle accurate osservazioni condotte per un mese su un digiunatore volontario, poté disporre di una serie di dati sulle modificazioni delle funzioni circolatoria e respiratoria, sulla condizione termica dell'organismo, sul consumo dei tessuti e sulla cenestesi conseguenti a un prolungato periodo di inedia.
Formulò quindi una dottrina generale dell'inanizione, nel cui processo distinse tre fasi: un breve periodo iniziale o "periodo della fame"; uno più lungo e complesso caratterizzato dalla graduale diminuzione del consumo giornaliero e della termogenesi, o "periodo dell'inanizione fisiologica"; infine il periodo che precede la morte, o "della crisi", contrassegnato da ipertermia, vomito, diarrea e collasso terminale (Sul decorso dell'inanizione, in Arch. per le scienze mediche, V [1882], pp. 338-365, in collab. con G. Bufalini; Fisiologia del digiuno: studi sull'uomo, Firenze 1889 e, nella traduzione in tedesco, Hamburg-Leipzig, 1890).
Chiamato all'unanimità dalla facoltà medica dell'Università di Roma, il L. ne assunse la direzione della cattedra di fisiologia umana nell'anno accademico 1893-94, succedendo a J. Moleschott. Il suo magistero nella capitale, che inaugurò con la prolusione Lo svolgimento storico della fisiologia (il cui manoscritto è conservato nella Biblioteca medica Pinali dell'Università di Padova), segnò l'inizio del rinnovamento e della modernizzazione dell'insegnamento della disciplina, che divenne vera scienza sperimentale; volle inoltre che fosse ripristinato il corso di tecnica fisiologica, soppresso nel precedente anno accademico, del quale fu egli stesso incaricato. A Roma, ove concluse la sua carriera, il L. esercitò anche le funzioni di rettore dal 1898 al 1899.
Nell'ateneo romano il L. proseguì le sue ricerche sperimentali sulla fisiologia cerebellare pubblicando ancora importanti lavori, tra i quali si ricordano: De l'influence qu'exercent les mutilations cérébelleuses sur l'excitabilité de l'écorce cérébrale et sur les réflexes spinaux, in Archives italiennes de biologie, XXI (1894), pp. 190-194 (comunicazione presentata al Congresso internazionale di medicina di Roma, marzo-aprile 1894); Les récentes recherches sur la physiologie du cervelet, suivant le prof. David Ferrier, rectifications et répliques du prof. L. L., ibid., XXIII (1895), pp. 217-239; La questione del moto e del cammino in ordine alla dottrina del cervelletto. Risposta al prof. Murri, in Arch. di fisiologia, XIV (1916), pp. 147-156. Meritano ancora di essere ricordati i suoi studi sulla fisiologia del linguaggio, condotti con rigore di metododo e impostazione autenticamente filosofica, che lo indussero, tra l'altro, a proporre una riforma dell'alfabeto italiano: Di una riforma ortografica basata sulla fonetica fisiologica, in Rivista pedagogica, IV (1910), pp. 893-945; Per la riforma ortografica, in Atti della Soc. italiana per il progresso delle scienze, quarta riunione, 1910, Roma 1911, pp. 79-114.
Una particolare menzione, infine, va riservata al trattato Fisiologia dell'uomo, edito a Milano in 3 volumi nel 1901 e, riveduto e ampliato, in quattro successive edizioni (1904, in 4 volumi; 1911-12, 1915 e 1915-21, in 5 volumi): l'opera, ispirata al proposito fondamentale di "addestrare i medici a pensare fisiologicamente", esprime, in uno stile letterario che consente di temperare la crudezza della scienza sperimentale, la concezione della complessità armonica e olistica delle funzioni dell'organismo umano.
Il L. partecipò anche alla vita pubblica: membro del Consiglio superiore dell'Istruzione, nel 1904 fu nominato senatore del regno. Appartenne a numerose accademie scientifiche nazionali ed estere, tra le quali la R. Accademia nazionale dei Lincei, la R. Accademia delle scienze, le R. Accademie mediche di Roma, Torino e Napoli; le Accademie dei Georgofili di Firenze, dei Fisiocritici di Siena, Gioenia di Messina, la Leopoldina Carolina di Halle, la medica del Belgio, quelle delle scienze di Gottinga e di Amsterdam. Fu membro dell'Istituto veneto di scienze lettere ed arti, della Royal Society di Londra, della Società di medicina di Vienna.
Dopo una lunga malattia, il L. morì a Roma il 23 giugno 1919.
Fonti e Bibl.: Necrologi, in La Riforma medica, XXXV (1919), pp. 4-7; in Ergebnisse der Physiologie, XVIII (1919), pp. XIV-XXVII; in Il Policlinico, sez. pratica, XXVI (1919), pp. 839-841; in Archives italiennes de biologie, LXX (1920), pp. 228-244; in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XXIX (1920), pp. 219-230; in Picenum, XVII (1920), pp. 29-39; in Arch. di farmacologia sperimentale e scienze affini, XXXI (1921), pp. 66-68. Il L. lasciò alcune note autobiografiche, pubblicate a cura di G. Fano - S. Baglioni, in Arch. di fisiologia, XIX (1921), pp. 317-353 (con l'elenco degli scritti scientifici).
G. Simonelli, La dottrina di L. sulla funzione del cervelletto, in Arch. di fisiologia, XIX (1921), pp. 355-389; A. Mieli, Gli scienziati italiani dall'inizio del Medioevo ai nostri giorni. Repertorio biobibliografico, I, Roma 1923, pp. 336-343; G. Martino, La circolazione del sangue, in Un secolo di progresso scientifico italiano, 1839-1939, IV, Roma 1939, p. 213; S. Baglioni - G. Simonelli, Il cervelletto e il cervello anteriore, ibid., pp. 247-260; R. Gabrielli, All'ombra del colle di S. Marco (memorie storiche degli ascolani illustri e benemeriti dal 1830 ai giorni nostri), Ascoli Piceno 1948, pp. 202-211; G. Moruzzi, L. L., in Scientia medica italica, VI (1955), pp. 399-407; A. Pazzini, La storia della facoltà medica di Roma, Roma 1961, I, pp. 311, 315-317, 421; II, p. 502; P. Crepax, The first contributions to the study of cerebellar functions and the work of L. L., in Essays on the history of Italian neurology, a cura di L. Belloni, Milano 1963, pp. 225-236; L. Premuda, Storia della fisiologia, Udine 1966, pp. 184, 291; A. Ferraro, L. L. (1840-1919), in Founders of neurology, a cura di W. Haymaker - F. Schiller, Springfield, IL, 1970, pp. 233-237; E.C. Clarke, L. L., in Diz. biogr. della storia della medicina e delle scienze naturali (Liber amicorum), III, Milano 1988, pp. 64 s.; B. Zanobio - G. Porta, L. L., in Dictionary of scientific biography, VIII, New York 1973, pp. 535 s.; L. Sterpellone, Eponimia medica, Roma 1976, p. 276; G. Berti Bock - L. Premuda, Catalogo dei manoscritti medici esistenti nella Biblioteca Pinali (sezione antica), annessa all'Istituto di storia della medicina dell'Università di Padova, in Acta medicae historiae Patavina, XXIV (1977-78), p. 94; G. Cosmacini, Una dinastia di medici. La saga dei Cavacciuti Moruzzi, Milano 1992, pp. 264 s.; G. Marinelli, Diz. toponomastico ascolano (la storia, i costumi, i personaggi nelle vie della città), Ascoli Piceno s.d., pp. 163 s.; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte(, III, pp. 947 s.; Enc. Italiana, XXI, pp. 581 s.