Luigi Luzzatti
Luigi Luzzatti appartiene a quella vasta schiera di economisti italiani che, pur praticando l’insegnamento universitario, elaborarono idee fuori da qualunque mainstream accademico, allo scopo di contribuire all’incivilimento del Paese secondo principi di equità e promozione delle classi popolari. Ciò che li interessava era molto di più trovare lumi per avviare innovazioni politico-istituzionali in campo economico e sociale piuttosto che contribuire a una disciplina i cui presupposti antropologici (l’utilitarismo) nemmeno condividevano. Gli ambiti di riflessione di Luzzatti sono soprattutto la cooperazione in campo creditizio e i presupposti a favore di una legislazione sociale, una questione che lo vede dalla stessa parte di Giuseppe Toniolo e di altri esponenti della Scuola lombardo-veneta.
Nato a Venezia il 1° marzo 1841 in una famiglia israelitica benestante, verso i sedici anni Luigi Luzzatti si allontanò dal giudaismo, diventando «un deista che sente e ammira l’idea religiosa in qualsiasi prisma se ne franga la luce» (come si definiva in una lettera a mons. Bonomelli del 18 settembre 1903, in Memorie, 3° vol., 1966, p. 114). Nel 1858 intraprese gli studi giuridici a Padova, dove divenne discepolo e amico di Fedele Lampertico, Angelo Messedaglia e Luigi Bellavite. Laureatosi nel 1863, dopo due mesi pubblicò il suo primo lavoro scientifico La diffusione del credito e le banche popolari. Trasferitosi a Milano con l’intenzione di dedicarsi alla creazione di banche popolari, il giovane Luzzatti riuscì a conquistare alla sua causa la Società di mutuo soccorso di Lodi, dove il 28 marzo 1864 venne fondata la prima Banca popolare italiana (di cui Luzzatti fu nominato presidente), seguita l’anno dopo da quelle di Milano, Cremona, Codogno e Faenza. In realtà, fu solo con gli statuti delle banche di Milano e Cremona che il modello italiano della banca popolare si affermò.
Fu l’inizio di un vasto movimento, basato sull’originalità dell’assetto giuridico voluto da Luzzatti per le nuove banche popolari italiane (società cooperative per azioni a responsabilità limitata, aperte anche ai non soci, e non società a responsabilità illimitata come in Germania), un assetto che generò un successo economico anche troppo vivace, tale da portare in alcuni casi all’affievolimento dell’ispirazione originaria. Nel 1876, anno in cui costituirono un’associazione nazionale, le banche popolari italiane erano già 118, di cui però solo 16 nell’Italia meridionale. La divaricazione fra Nord e Sud fu oggetto di una lettera che Luigi Luzzatti inviò nel 1881 ai soci della ormai potente Banca popolare di Milano, sollecitando un contributo per avviare anche nel Sud iniziative di credito cooperativo.
Non è lecito – scriveva Luzzatti in tale lettera – lasciar mezza Italia senza la luce ed il sussidio delle nostre istituzioni: bisogna unificare la nostra Patria anche nel credito popolare.
A partire da tale data, sia il Banco di Napoli sia la Banca Nazionale praticarono un tasso di risconto assai favorevole alle banche popolari del Mezzogiorno, che fu un potente incentivo al diffondersi di questi istituti anche nel Sud, dove nel 1888 se ne contavano 362. La susseguente crisi bancaria non risparmiò nemmeno le banche popolari, ma nel 1893 quelle sopravvissute erano ben 730, arrivate all’alba della Prima guerra mondiale a 848, con mezzo milione di soci e una quota di mercato pari a circa 1/4.
Nel 1864 sposò Amelia Levi e nel 1866 fu nominato professore straordinario di diritto costituzionale all’Università di Padova, posizione che accettò l’anno dopo. Contribuì alla fondazione della Scuola superiore di commercio di Venezia (1868), fu segretario generale del MAIC (Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio). Divenne deputato nel 1871 e iniziò a elaborare quella sua critica al liberismo radicale che lo portò alla messa a punto della dottrina dello «statalismo sussidiario», vicina, ma non coincidente con il «socialismo della cattedra». Tale dottrina contribuì alla svolta semiprotezionista del 1878, che attirò gli strali di Francesco Ferrara, con cui Luzzatti polemizzò a lungo, fondando nel 1874 insieme a Lampertico, Antonio Scialoja e Luigi Cossa l’Associazione per il progresso degli studi economici in Italia (che sosteneva il periodico «Rassegna d’agricoltura, industria e commercio» poi serie padovana del «Giornale degli economisti») per contrastarlo, unendo strettamente pensiero e azione, teoria e prassi.
Luzzatti collaborò con Marco Minghetti alla prima legge bancaria italiana (1874); avviò nel 1870 l’Inchiesta industriale, creò l’Associazione nazionale delle banche popolari (1876). Più volte ministro del Tesoro (1891-92, 1896-98, 1902-05, 1906), divenne ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio con Sidney Sonnino (1909-10) e poi presidente del Consiglio (1910-11). Come ministro del Tesoro fu l’artefice del rientro dagli alti livelli di debito pubblico precedentemente raggiunti dal Paese, fino a poter operare nel 1906 la ‘conversione della rendita’, ossia il taglio dei tassi d’interesse sul debito pubblico dal 5 al 3,5%. Questo risultato venne propiziato dalla prosperità goduta in quel periodo dall’economia italiana, ma anche dalla solidità della finanza pubblica italiana dell’epoca. Ecco come Luzzatti commentava il traguardo raggiunto:
È l’epilogo di eroiche gestioni della finanza e della circolazione, succede a fatali rilassatezze; è il premio delle lunghe fatiche, raccolto dal contribuente italiano, il vero eroe della conversione.
Luzzatti fu un acceso sostenitore della tutela della salute fisica e morale delle donne e dei bambini in fabbrica; a lui si deve l’approvazione nel 1898 della legge che rendeva obbligatoria l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e della legge che istituiva la cassa previdenza per la malattia e la vecchiaia su base volontaria; nel 1907 emanò la legge che aumentava a 12 anni l’età minima per il lavoro dei fanciulli e nel 1910 quella che istituiva la cassa nazionale di maternità obbligatoria. Contribuì in modo decisivo all’elaborazione della legge che istituì l’Ufficio e il Consiglio superiore del lavoro e nel 1902 presentò una proposta di legge per favorire la costruzione di case popolari, da cui derivò, nel 1903, la prima legge organica in materia e la nascita degli Istituti autonomi per le case popolari (IACP).
Con l’obiettivo di sostenere l’emigrazione, promosse l’assegnazione delle rimesse al Banco di Napoli (1904), istituto al quale già precedentemente (1901) aveva affidato l’esercizio del credito agrario. Fu promotore di vari interventi in campo cooperativo, fra cui, nel 1913, la creazione di un solido organismo bancario dedito al finanziamento delle cooperative, l’Istituto di credito per la cooperazione, eretto a Roma il 9 giugno, con un capitale iniziale sottoscritto dalla Cassa nazionale di previdenza e da numerose casse di risparmio (tale istituto divenne in seguito la Banca nazionale del lavoro). Fu fautore della diffusione della proprietà contadina e dell’introduzione della giornata lavorativa di otto ore. Nei suoi ultimi anni continuò a occuparsi dei problemi della cooperazione, scontrandosi con i voleri delle autorità fasciste. Morì a Roma il 29 marzo 1927.
Luzzatti lasciò scritti per più di 6000 pagine e un robusto carteggio, ancora non tutto edito. La sua grande capacità di comprendere i problemi del tempo e di offrire suggerimenti pratici efficaci per la loro soluzione fa premio rispetto a una trattazione rigorosa della materia economica. Fin da molto giovane si era appassionato al tema del credito cooperativo, in particolare alle banche popolari, da poco diffusesi in Germania, dove Franz Hermann Schulze-Delitzsch, giudice e membro dell’Assemblea nazionale di Berlino, aveva fondato il primo esemplare nel 1850 in un cantone prussiano, ottenendo un successo strepitoso. Le banche popolari erano in Germania già 111 nel 1859 e già nel 1864 avevano formato un’organizzazione centrale, arrivando nel 1910 a 2103 istituti, con un milione di soci. Forte era stata anche la loro diffusione all’estero.
Luzzatti, a soli ventidue anni, pubblicò a Padova uno studio su questa nuova formula creditizia nel volumetto La diffusione del credito e le banche popolari, in cui mostrò con chiarezza i vantaggi della banca cooperativa inventata dallo Schulze-Delitzsch. In tale lavoro Luzzatti considera il credito cruciale per la prosperità economica, perché attiva ricchezze che potrebbero rimanere sterili (anche se non condivide l’idea di chi sosteneva che il credito ‘creasse’ capitale), ma ritiene che le grandi banche poco si volessero interessare di modeste operazioni e che solo banche cooperative potessero fornire garanzie sufficienti per dare credito alle classi popolari, in quanto il socio, essendo legato alla sua banca, non aveva alcun incentivo a chiedere un credito che non potesse onorare. I modelli di banche cooperative a cui lui guarda sono quelli del Belgio e soprattutto della Germania.
Queste istituzioni del Belgio e della Germania – scriveva Luzzatti – sorgono per opera di coloro che, non trovando accesso alle banche ordinarie, si stringono assieme in un sodalizio fraterno per farsi credito a vicenda […] Così che nella duplice qualità di debitore e creditore, un socio è in mille modi istigato ad adoperarsi pella prosperità della istituzione comune. Le banche di sconto e circolazione si formano da una riunione di capitalisti che curano principalmente il loro interesse e pospongono il vantaggio pubblico ai grossi profitti […] Invece nelle società belgiche e tedesche si paga un interesse per le somme tolte al prestito secondo le condizioni di mercato, ma i mutuatari ritrovano come soci a fine d’anno sotto forma di dividendo tutto il guadagno netto, che nelle altre banche impingua le borse degli azionisti (La diffusione del credito e le banche popolari [1863], a cura di P. Pecorari, 1997, p. 59).
Il credito cooperativo era dunque visto da Luzzatti non solo come modo per contrastare l’usura, ma come propulsore di crescita economica soprattutto in relazione ai contesti locali di piccole-medie imprese. Condivideva anche quell’approccio che era già stato dei francescani con i loro Monti di Pietà e successivamente delle Casse di risparmio, secondo cui «bisogna promuovere tutte quelle istituzioni che con lodevole intento procurano di prevenire la miseria piuttosto che sovvenirla» (p. 87), educando le classi popolari alla libertà e all’amore del lavoro. Riflettendo su come dare inizio a banche cooperative, Luzzatti si convinse che partire dalle Società di mutuo soccorso era l’idea vincente. In realtà, le Società di mutuo soccorso in altri Paesi già effettuavano i cosiddetti prestiti d’onore, ma la loro erogazione era saltuaria e poco efficiente. Su questa scia, nel 1863 era stata fondata a Milano la Compagnia del credito sul lavoro, affratellata a una locale Società di mutuo soccorso. Ma l’idea luzzattiana era che la Società di mutuo soccorso potesse essere la culla di una banca a sé stante, organizzata sotto forma cooperativa sul modello tedesco. Come Luzzatti afferma nelle sue memorie,
questo libricciolo l’ho scritto […] per prepararmi ad applicarne le idee; mi ripetevo il detto di Voltaire: étudier le vrai pour faire le bien […] Quel libro è stato la mia guida (Memorie, 1° vol., 1931, pp. 119-20).
Da allora per tutta la sua vita, Luzzatti continuò il suo ‘apostolato’ cooperativo, ricercando sempre, sia in quanto uomo politico sia in quanto studioso, il punto di equilibrio tra solidarismo e scienza dell’economia, tra lavoro e capitale. Pur essendo ideologicamente vicino ai principi liberali, Luzzatti si discostava tuttavia dalla convinzione che il processo naturale e graduale di selezione tra gli uomini dovesse prescindere dal concetto di fraternità. Egli riteneva che in ciascun individuo non si dovesse vedere un concorrente da sopraffare, ma un compartecipe di un’opera complessa e multiforme di consapevole miglioramento sociale.
Luzzatti ricoprì a più riprese responsabilità di governo della finanza pubblica. Le sue idee in materia erano ortodosse: riequilibrio della bilancia dei pagamenti, pareggio di bilancio senza artifici, riduzione del debito, bassi tassi d’interesse. Già dagli anni Novanta aveva in mente di attuare la ‘conversione’ del debito pubblico verso più bassi tassi d’interesse, una manovra che gli riuscì solo a metà del decennio successivo. Non gli sfuggivano i possibili benefici di una spesa a debito, ma li considerava di breve periodo, mentre il circolo virtuoso dello sviluppo era per lui basato su risparmio e credito a buon mercato, che potevano scaturire dalla diffusione della raccolta del risparmio e dalla moderazione dei profitti delle banche, un binomio che, come si notava sopra, poteva essere realizzato al meglio dalle banche cooperative. Ma Luzzatti non fu contrario all’introduzione in Italia anche delle banche universali tedesche. Si deve sostanzialmente a lui anche quel ritorno di fatto al gold standard (sospeso ufficialmente a febbraio 1894, al culmine della crisi bancaria), che consentì all’Italia dal 1896 in poi di attirare capitali stranieri. Tale adesione venne realizzata con una complessa manovra di copertura della moneta cartacea circolante con adeguate riserve metalliche.
Vi è un altro ambito, sempre correlato ai temi creditizio-finanziari, a cui Luzzatti contribuì quando ebbe responsabilità massime di governo agli inizi del 20° sec. ed è quello relativo ai problemi di sostenibilità del sistema finanziario internazionale. Dopo la crisi internazionale del 1907 Luzzatti offrì contributi che analizzavano il marcato policentrismo assunto dalla finanza internazionale e la tendenza da parte delle banche centrali dei maggiori Paesi ad accumulare oro, sottraendolo al meccanismo di aggiustamento voluto dal corretto funzionamento del gold standard (si tratta di quella prassi nota come sterilizzazione dell’oro). La soluzione del problema veniva vista da Luzzatti, con una capacità anticipatoria di quanto John Maynard Keynes sosterrà nel 1944, nella predisposizione di meccanismi capaci di garantire la circolazione delle riserve dalle piazze finanziarie che le accumulano verso quelle che le perdono. Egli si era spinto a sollecitare che fosse reso «obbligatorio e permanente l’aiuto reciproco tra banche centrali» attraverso una clearing house. A questo scopo, Luzzatti arrivò a raccomandare una conferenza internazionale dove si identificassero gli strumenti necessari per realizzare lo scopo di riportare in equilibrio le transazioni monetarie internazionali e di porre fine all’uso di politiche monetarie allo scopo di rafforzare il dominio politico di certi Paesi a costo di pesanti e ricorrenti crisi di altri, che innescavano crisi internazionali generalizzate. Rispondendo ai suoi critici, Luzzatti aveva ribadito in un articolo che, poiché gli
scambievoli aiuti fra le banche, in oro [si erano] già prodotti spontaneamente per la forza naturale degli interessi, la sua proposta di esaminare l’opportunità di trasformare i casi eccezionali in casi generali [nel corso di] una conferenza di tecnici [era] affatto evidente e si presenta[va] come la conseguenza di un ragionamento giusto e non oscurato da sottigliezze dialettiche (Da Vienna. La risposta di Luzzatti ai critici della conferenza per la pace monetaria, «Corriere della sera», 12 dicembre 1907).
Luzzatti non si illudeva con questa sua proposta di aver risolto tutte le cause degli squilibri economici internazionali, ma almeno quelle derivanti dalla mancanza di un organismo internazionale che fosse in grado di provvedere a una necessaria cooperazione monetaria. In realtà, vi era qui l’anticipazione delle discussioni che si sarebbero puntualmente verificate a Bretton Woods nel 1944.
L’inchiesta industriale e i trattati di commercio, Roma 1878.
Grandi italiani, grandi sacrifici per la patria, Bologna 1924.
Dio nella libertà. Studi sulle relazioni tra lo Stato e le Chiese, Bologna 1926.
Memorie, 1° vol., Memorie autobiografiche e carteggi. 1841-1876, Bologna 1931; 2° vol., Memorie tratte dal carteggio e da altri documenti. 1876- 1900, Bologna 1935; 3° vol., 1901-1927, Bologna 1966.
L’ordine sociale, Bologna 1952.
La diffusione del credito e le banche popolari (1863), a cura di P. Pecorari, Venezia 1997.
P. Pecorari, Luigi Luzzatti e le origini dello ‘statalismo’ economico nell’età della Destra storica, Padova 1983.
G. Petrovich, Luigi Luzzatti 1841-1927, in I protagonisti dell’intervento pubblico in Italia, a cura di A. Mortara, Milano 1984.
Finanza e debito pubblico in Italia tra ’800 e ’900, Atti della seconda Giornata di studio Luigi Luzzatti per la storia dell’Italia contemporanea, Venezia (25 novembre 1994), a cura di P. Pecorari, Venezia 1995.
P. Pecorari, Luigi Luzzatti economista e politico della nuova Italia, Napoli 2003.
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