MARCHESI (Marchesini), Luigi
Nacque a Milano l'8 ag. 1754 da Giovanni e da Isabella Rossi, originari di Modena. Il padre, trombonista, gli insegnò molto presto a suonare il corno da caccia e gli garantì una formazione musicale, facendolo studiare presso il tenore O. Albuzzi e con un cantante evirato, il maestro Caironi. Nel 1765, dopo l'evirazione, il M. entrò nel coro della cappella del duomo di Milano diretto da G.A. Fioroni, con il quale studiò anche composizione. Nel carnevale del 1773 debuttò a Roma al teatro delle Dame nelle prime rappresentazioni de L'incognita perseguitata di P. Anfossi e La contessina di M. Bernardini (Marcello da Capua) interpretando parti femminili.
Nel 1776 firmò un contratto di sei anni con la corte di Monaco di Baviera, ma vi cantò solo due anni; l'impegno con Monaco venne formalmente sciolto in seguito alla morte dell'elettore Massimiliano III (30 dic. 1777). Il M. tornò quindi in Italia, dove iniziò una lunga carriera densa di successi. Tra il 1778 e il 1780 cantò a Napoli in varie rappresentazioni, tra cui l'Olimpiade di J. Mysliveček, L'Ifigenia in Aulide e L'Ipermestra, entrambe di V. Martín y Soler, e l'Armida abbandonata di N. Jommelli. Fu anche a Firenze nel Castore e Polluce di F. Bianchi e nell'Achille in Sciro di G. Sarti, impressionando sempre favorevolmente il pubblico per le sue qualità sceniche e, soprattutto, per le non comuni doti vocali. Nell'autunno 1777 si era esibito anche al teatro Interinale di Milano in La vera costanza di Anfossi e Le astuzie amorose di G. Paisiello; grandi successi ottenne sempre a Milano, al teatro alla Scala, ne L'Armida di Mysliveček (carnevale 1780), nel ruolo di Rinaldo, accanto al soprano Caterina Gabrielli.
In quell'occasione fu coniata una medaglia d'argento in suo onore, uno dei tanti riconoscimenti, insieme con sonetti, ritratti e altre medaglie che gli furono dedicati nel corso della carriera.
Nel 1780 L. Cherubini compose un mottetto per soprano espressamente per il M., che lo cantò per la prima volta nella chiesa di S. Antonio Abate a Milano. Continuò i suoi successi teatrali con L'Olimpiade di Bianchi e L'Ezio di F. Alessandri, sempre alla Scala di Milano.
Man mano che proseguiva la sua carriera e si consolidava il favore presso il pubblico, aumentavano anche le sue pretese nei confronti di impresari e colleghi. A questo proposito un episodio emblematico è quello della disputa con la cantante Nancy Storace.
Riporta Kelly (p. 49) che i due si incontrarono in scena a Firenze e la cantante fu licenziata per avere osato sfidarlo esibendo anche lei una prodezza vocale che era diventata un cavallo di battaglia del M., la "bomba" del M.: si trattava di cantare con potenza l'ultima nota di una volata di ottava in semitoni.
A Siena, nel 1781, fu pubblicato un fascicoletto intitolato Lodi caratteristiche del celebre cantore signor L. M.: "è grande attore, sempre vestito con gusto seducente, ed è tutto bellezza, nobiltà, e grazia quand'è sulle scene. Dice bene i recitativi, e con rara espressione, combinando anche col cantar complicato la sillabazione la più perfetta. Ha molta voce e buona e l'ha composta di tutta quell'estensione di corde che la natura e l'arte insieme unite possono dare, potendosi dire che nella sua voce fa sentire tre voci diverse, l'acutissima di soprano, quella di mezzo o contralto robustissima, e la più virile e toccante di tenore; cantando però le arie in maniera che il passaggio dall'una all'altra voce non rende al delicato orecchio dell'uditore crudezza alcuna, ma anzi un'eguaglianza di armonia singolare assai rara" (pp. 3 s.).
Nel 1782 fu nominato primo virtuoso di camera e cappella del re di Sardegna Vittorio Amedeo II. Il contratto prevedeva una permanenza a corte, a Torino, per tre mesi l'anno, e lo lasciava libero di viaggiare e cantare in altri teatri per il tempo restante. Nel 1785 debuttò a Vienna e a Varsavia nel Giulio Sabino di Sarti, su invito del quale, in quello stesso anno, si stabilì a Pietroburgo, dove ottenne un contratto per tre anni. Cantò nella parte di Rinaldo ne L'Armida e Rinaldo di Sarti accanto a Luísa Todi de Agujar, mezzosoprano portoghese che godeva grande favore presso Caterina II. Partecipò, sempre nella città russa, all'allestimento del Castore e Polluce di Sarti, ma poi, nell'inverno del 1787 (prima della fine del contratto) decise di tornare in Italia, forse per contrasti con la Todi o per il clima troppo rigido. Riprese a cantare in Italia alla fine del 1787, alla Scala di Milano ne Il conte di Saldagna di A. Tarchi, e tornò a riscuotere grandi successi in tutti i teatri della penisola. Nel 1785 compare tra gli iscritti a Milano nella loggia massonica di S. Giovanni (cfr. Maccapani, p. 25).
Nel 1788, con il Giulio Sabino di Sarti, debuttò a Londra, dove nel 1789 cantò al King's theatre nell'Ifigenia in Aulide di Cherubini, ne Il disertore e ne La generosità di Alessandro, entrambe di Tarchi, e nell'Olimpiade di D. Cimarosa. Fu nel periodo londinese che diede alle stampe due volumetti di sua composizione.
Si tratta di due raccolte di sei arie ciascuna per canto con accompagnamento di pianoforte o arpa, pubblicate a Londra da Longman & Broderip. Forse tali arie erano state composte per essere eseguite dal M. stesso, oltre che in concerti privati, anche durante rappresentazioni di opere, tra le "arie di baule". Esse mostrerebbero le sue peculiarità vocali, essendovi inseriti molti abbellimenti che comprovano le sue abilità esecutive.
Sempre a Londra il M. incontrò per la prima volta il sopranista G. Pacchiarotti, suo rivale canoro, in un concerto privato che si trasformò in un'amichevole gara, nella quale i due cantanti esibirono tutte le loro doti. Il M. si fermò a Londra fino al 1790, anno in cui il miniaturista R. Cosway dipinse un suo ritratto. La moglie del miniaturista, Maria, in quell'anno lasciò il marito per seguire il M., con cui ebbe una relazione che durò fino al 1795.
Dal 1790 il M. fu di nuovo in Italia. A Venezia, nella stagione del carnevale del 1790-91, si trovò coinvolto in una competizione canora con la Todi. In quell'occasione il pubblico veneziano si schierò tutto a favore della cantante portoghese, come documentato in varie pubblicazioni dell'epoca.
In particolare La dissertazione ragionata sul teatro moderno di I. Della Lena, quasi interamente dedicata all'analisi delle peculiarità dei due cantanti, esalta la Todi e denigra in maniera talmente esagerata il M. da risultare poco credibile. Dallo scritto di Della Lena il M. sembra essere un pessimo attore dalla presenza sgradevole, con il solo pregio di avere una bella voce ma con un brutto modo di cantare. Dietro questa vicenda pare ci fosse una questione di altra natura. P.M. Zaguri in una lettera a G. Casanova del 1791 scriveva: "Ogni verso scritto in favore di Marchesi vien mutilato e poi licenziato dal Magistrato della Bestemmia. Ogni laude sfacciata per la Todi è permessa, perché le Damone e le Case Anziane la proteggono" (Molmenti, p. 136). La Todi cantava al teatro S. Samuele e il M. al teatro S. Benedetto; il primo era proprietà di una società di palchettisti, mentre il secondo era passato da una società appositamente costituita dai palchettisti alla famiglia Venier che, di fatto, aveva espropriato la società. Si può quindi dedurre che dietro alla vicenda ci fosse una disputa tra sostenitori dei due teatri alla vigilia dell'apertura della Fenice.
Il M. tornò comunque a essere applaudito a Venezia nella stagione del carnevale del 1793 e in quella del 1795 alla Fenice con tre opere di N. Zingarelli: Il conte di Saldagna, Ifigenia in Aulide e Il Pirro e ancora nel 1798 con Carolina e Mexicow, dello stesso compositore. Nel 1796 rifiutò di cantare a Milano per Napoleone Bonaparte. Il gesto gli procurò un elogio di V. Alfieri: un epigramma dal Misogallo in cui lo si loda per non essersi sottomesso al potere precostituito. Il M. si esibì quindi a Lisbona, Livorno, Genova. Nel 1800, tornato a Milano, cantò in concerti in onore di Napoleone accanto al contralto Giuseppina Grassini; l'occasione si ripeté anche nel 1805, quando Napoleone venne a Milano per essere incoronato re d'Italia. In quell'anno il M. lasciò le scene e si ritirò nella sua villa di Inzago, continuando l'attività solo in occasione di qualche concerto privato.
Il M. morì a Inzago il 14 dic. 1829, dopo una lunga malattia.
Dagli studi di Maccapani sugli ultimi anni del M., sembra che a Inzago abbia attraversato una profonda crisi spirituale che lo portò a riavvicinarsi alla fede. Destinò parte delle ingenti fortune accumulate al Pio Istituto filarmonico di Milano, da lui fondato nel 1783, che provvedeva al sostentamento di vedove e orfani di musicisti. Inoltre, grazie ai suoi lasciti, fu aperto nella villa di sua proprietà a Inzago un ospedale a lui intitolato e tuttora operante.
Fonti e Bibl.: Lodi caratteristiche del celebre cantante L. M., Siena 1791; I. Della Lena, Dissertazione ragionata sul teatro moderno, Venezia 1791, passim; M. Kelly, Reminiscences, London 1975, pp. 44-50 (rist. in facsimile dell'ed. 1826); Musicisti del passato. L. M., in Ars et labor, musica e musicisti, LXI (1906), 3, pp. 216-220; P. Molmenti, Carteggi casanoviani, Palermo 1918, pp. 128-131, 136 s.; A. Heriot, The castrati in opera, London 1956, pp. 156-160; R. Edgcumbe, Musical reminiscences, New York 1973 (rist. in facsimile dell'ed. del 1834), pp. 60-72; A. Maccapani, L. M., il sopranista pentito di Inzago (1754-1830), Inzago 1989; P. Barbier, Histoire des castrats, Paris 1989, ad ind.; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 101 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 641 s.; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, II, pp. 400 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 823 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), coll. 1048-1050.