BRUZZA, Luigi Maria
Nato a Genova il 15 marzo 1813 da Antonio e da Maria Parodi, studiò lettere e filosofia alla università, discepolo, per la letteratura latina, di G. Spotorno. Conseguita la laurea il 24 luglio 1830, abbracciò lo stato ecclesiastico, entrando il 3 nov. 1831 fra i barnabiti, nel noviziato di S. Bartolomeo degli Armeni. Il 7 ottobre dell'anno seguente professò i voti perpetui, e il 26 si trasferì a Roma. Vi rimase tre anni a studiare teologia, legandosi di amicizia con C. Vercellone e affiancando agli studi teologici, quelli di ebraico e di greco alla scuola di L. Ungarelli. Ordinato sacerdote, il 14 ott. 1835 fu destinato all'insegnamento della grammatica presso il collegio ducale "Maria Luigia" di Parma.
A Parma restò fino al 3 ott. 1839, allorché fu chiamato da L. Spisni a prendere il posto di professore di rettorica alle scuole di S. Cristoforo di Vercelli.
L'Archivio generalizio di S. Carlo ai Catinari a Roma conserva manoscritti (insieme con un Programma degli studi del 1851) i testi delle orazioni, che il B. teneva all'apertura di ogni anno scolastico in occasione della "premiazione degli alunni". Testimonianza diretta della sua attività didattica e scientifica, le orazioni documentano i primi interessi del B. per la storia civile e politica di Vercelli, e quello sempre più urgente per le ricerche archeologiche. Agli importanti discorsi del 1841 e del 1843, Delle lodi della città di Vercelli e Sugli storici inediti vercellesi (pubblicati entrambi a Vercelli nel 1842 e nel 1844), si aggiungevano, infatti, le considerazioni del 1845 Sopra Vibio Crispo (stampate a Vercelli l'anno seguente), che alla questione delle origini vercellesi di Crispo tentavano di dare una soluzione allargando l'indagine sulla vita e le attività di quest'uomo politico romano del I secolo d. C. a tutta la documentazione disponibile e scritta e monumentale. Alla data di pubblicazione del Vibio era, inoltre, avviato, e già da due anni (lettera a C. Gazzera del 21 maggio 1884), il lavoro di raccolta (e commento) delle antiche iscrizioni di Vercelli. L'inizio dei rapporti epistolari con B. Borghesi (lettera del Borghesi al B. sul consolato di Vibio Crispo del 23 febbr. 1846, in Oeuvres complètes, IV, Paris 18653 pp. 529-538) suggellava l'orientamento ormai prevalente del B. verso gli studi di antichità "più coltivati all'estero che in Italia", come egli stesso sottolineava nella orazione del novembre 1846 De utilitate quae ab antiquitatis studio ad omnem sacrarum rerum rationem accedit.
Socio corrispondente dell'Instituto di Corrispondenza archeologica dal 9 dic. 1846, durante la primavera del 1847 (lettera al Vercellone del 17 maggio), il B. fu nominato dal capitolo generale rettore delle scuole di S. Cristoforo. La nuova carica finì con distrarlo da tutti i suoi studi per quasi un anno. Fra l'altro, il 22 giugno 1847 fu autorizzato a condurre le trattative per la fondazione di un convitto nazionale annesso alle scuole degli esterni. I nuovi compiti che era chiamato ad assolvere parvero al B. troppo gravi per il proprio carattere di studioso alieno dalla pratica delle cose. La stessa adesione ai moti di Milano rimase un fatto puramente intellettuale, un entusiasmo ben presto attutito dal desiderio di ritornare ai suoi studi (lettera al Vercellone del 4 apr. 1848). Chiese pertanto, e con insistenza, di essere esonerato dall'incarico di rettore. Fu accontentato il 22 maggio 1848, e ritornò con l'anno scolastico successivo a all'insegnamento della rettorica. Il 15 ott. 1853 le scuole vercellesi dei barnabiti furono soppresse, e il 23 il B. venne trasferito alla scuola di rettorica del collegio di S. Maria di Caravaggio a Napoli.
Negli ultimi tre anni di permanenza a Vercelli il B. era ritornato agli studi e aveva ripreso il lavoro sulle iscrizioni. Ma il suo maggior interesse non si volgeva ora alle antichità: queste anzi "dormivano". Riemergevano, invece, vecchi progetti di studi di storia dell'arte e della cultura a Vercelli (lettera al Vercellone del 16 marzo 1851), accanto a indagini di carattere più propriamente apologetico e confessionale (Detti notabili del ven. p. Antonio M. Zaccaria, Vercelli 1849; Storia patria della festa di s. Eusebio, ibid. 1853).
Al collegio di Caravaggio il B. non doveva restare a lungo. Motivi di salute e soprattutto la fiera letteraria, di "esami e accademie poetiche", con la quale il rettore G. B. Camurani "non dava fiato ai Padri", gli fecero chiedere di essere destinato all'altro collegio napoletano di S. Giuseppe a Pontecorvo: il 31 ott. 1854 dava notizia al Vercellone dell'avvenuto trasferimento. Il soggiorno napoletano del B. durò quasi tre anni, durante i quali strinse amicizia con G. Minervini e certo sentì l'influenza di G. Fiorelli, in quell'atmosfera di fervore archeologico, che le nuove scoperte di Capua e di Cuma e la ripresa (nel 1850) degli scavi di Pompei avevano contribuito a creare. A questo periodo, che vide l'affinarsi dei suoi interessi archeologici, pose fine, il 17 sett. 1856, un nuovo trasferimento al R. Collegio "Carlo Alberto "di Moncalieri.
Tornato in Piemonte, il B. ritornò all'antico proposito di tracciare una storia della pittura vercellese; e nel 1861 ne dava un primo saggio con le Notizie intorno alla patria e ai primi studi del pittore G. A. Bazzi,detto il Sodoma, in Miscellanea di storia itahana, I, pp. 7-45. Ancora nel 1864 lavorava intorno alla vita di Gaudenzio Ferrari. I risultati di questa ricerca non dovevano, però, essere pubblicati: gli inviti e le esortazioni di un G. Calvi (lettera al B. dell'11 marzo 1869) non servirono a nulla; nel 1875 tutto il materiale passava nelle mani di G. Colombo, che l'utilizzava per la sua Vita ed opere di G. Ferrari, pubblicata a Torino nel 1881.
Il progetto di una storia della pittura di Vercelli finì così con l'essere abbandonato. E non fu un caso: dopo il soggiorno napoletano questi lavori si disponevano ai margini dell'attività preminente del B. che era ormai diventata la ricerca archeologica.
Il 14 nov. 1859 inviava all'Instituto di corrispondenza archeologica, per il tramite del suo Vercellone, l'Illustrazione di alcune lapidi antiche d'Ivrea. W.Henzen ne scriveva al B. il 10 dicembre successivo, e nell'aprile del 1860 la pubblicava nel Bullettino (pp.92-95). Nel 1860 entrava, per il tramite ancora del Vercellone, in rapporto con G. B. De Rossi, e ne diventava, oltre che amico, sostenitore. Il Bollettino di archeologia cristiana lo annoverò fra i suoi abbonati sin dal primo fascicolo del 1863; e non fu poco il contributo del B. alla sua affermazione in Piemonte.
Eletto assistente generale dell'Ordine nel 1867 ritornava a Roma, e qui affiancava alle cure del nuovo ufficio l'incarico (fino al 1874) dell'insegnamento della letteratura italiana, latina e greca ai chierici di S. Carlo ai Catinari. Nel gennaio 1868 assisté per ordine di Pio IX agli scavi che P. E. Visconti conduceva alla Marmorata in corrispondenza dell'Emporio.
Nel 1870 il B. redigeva una Descrizione degli scavi fatti nell'Emporio romano, ma non la dava alle stampe (inedita fino al 1936, fu pubblicata da G. Gatti in Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma, n.s., VII, pp. 55-82). Sempre nel 1870 pubblicava, invece, negli Annali dell'Instituto di Corrispondenza archeologica (pp. 106-204) le Iscrizioni dei marmi grezzi trovati negli scavi della Marmorata. Preceduta da un'ampia introduzione sull'amministrazione fiscale delle miniere dell'Impero e da una storia delle diverse cave di marmo, questa memoria del B. diventava premessa di un più impegnativo lavoro di raccolta; tanto più che il progetto di una seconda memoria sullo stesso argomento andò sempre più ampliandosi sino a diventare progetto di tutta una serie di indagini più specifiche a carattere monografico. Ne uscì solo un "trattato" Sui marmi lunensi, che il B. lasciò inedito e H. Dressel, pubblicò postumo nelle Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia del 1884 (pp. 389-448).
Degli avvenimenti del 1870 non si avverte traccia sensibile nelle attività romane del B., al massimo il fastidio che ne derivava per i suoi studi e che si è potuto (Colciago) paragonare a quello della scuola ai chierici barnabiti.
Divenuto socio ordinario dell'Instituto di corrispondenza archeologica il 21 apr. 1871, il B. fu chiamato a far parte della Pontificia Commissione per l'archeologia sacra il 1º giugno 1874. Sempre nel 1874 vedeva la luce a Roma e a Torino la raccolta di Iscrizioni antiche vercellesi, che prima T. Mommsen (lettera senza data allo Henzen) e quindi il Fiorelli (lettera al B. del 10 giugno 1875) accolsero subito con entusiasmo (entusiastiche pure la recensione dello Henzen nel Bullettino dell'Instituto di ottobre 1875, pp. 220-224, e l'altra annotazione del Mommsen, in Corpus inscriptionum Latinarum, V, Berolini 1877, p. 736).
Il 23 marzo 1875 il B. lesse all'Instituto di corrispondenza archeologica una memoria (pubblicata poi negli Annali alle pp. 50-68) Intorno ad un campanellino d'oro trovato sull'Esquilino ed all'uso del suono per respingere il fascino. Memoria, che per la singolarità del tema trattato valicò i confini degli ambienti archeologici e diede origine alla nuova moda del "campanello Bruzza", vera e propria fortuna degli orefici romani (sull'argomento dei campanelli usati per neutralizzare gli effetti del fascino il B. ritornerà con la presentazione di Nuovi campanelli iscritti, in Commentationes philologicae in honorem Theodori Mommseni, Berolini 1877, pp. 555-562).
Cittadino onorario di Vercelli dal 19 giugno 1875, il B. pubblicava negli Annali dell'Istituto del 1876 (pp. 72-105) un saggio Sopra i segni incisi nei massi delle mura antichissime di Roma, di cui per la prima volta si dava una raccolta completa e, nella presunzione (priva di fondamento) che il tratto di muro fra la porta Esquilina e la porta Collina fosse stato innalzato da Servio, si affermava l'importanza per la conoscenza della cultura di Roma nel periodo regio. Nel 1877 la Tipografia della Pace pubblicava il Triplice omaggio alla Santità di Pio IX nel suo giubileo episcopale,offerto dalle tre Romane Accademie: il B.vi contribuì con dieci pagine di relazione su Gli scavi dell'Emporio (pp. 37-46).
Gli scavi di Marmorata avevano, d'altra parte, continuato a fornire materia agli studi del B., e per di più di notevole impegno. Da un lato, la raccolta mai pubblicata dei bolli del Testaccio rifluita successivamente nel Corpus inscriptionum Latinarum, XV, 1, Berolini 1881, pp. 476-487, passim. Dall'altro, la raccolta delle antiche tavole lusorie, inedita per la maggior parte e limitatamente utilizzata nella memoria sulle Tavole lusorie delCastro Pretorio, in Bullettino della Commissione archeologica comunale di Roma, s. 2, V (1877), pp. 81-99.
Continui soggiorni estivi a Tivoli e a Subiaco per trovarvi sollievo dalle sue nevralgie furono all'origine di ricerche di archivio, che portarono il B. ad occuparsi della topografia antica e medievale di quel territorio. Primo (ed unico) risultato di quest'indagine fu la pubblicazione, a partire dal 1880, del Regesto della Chiesa di Tivoli negli Studi e documenti di storia del diritto, secondo l'originale conservato nell'Archivio Segreto Vaticano. Nonostante le cure e l'impegno del B. il commento critico a questo documento della fine del XII secolo o degli inizi del XIII (più che del 1169, come voleva il B.) rimase incompiuto. La pubblicazione, portata avanti dopo la sua morte, fino al 1886, a cura della direzione di Studi e documenti, èstata limitata alla parte già pronta per la stampa; gran messe di materiale, lasciato inedito e non riordinato presso l'Archivio generalizio di S. Carlo ai Catinari, comprende appunti su Tivoli, note di topografia tiburtina, una silloge epigrafica dell'agro tiburtino e dei luoghi confinanti: a pubblicazione ultimata il Regesto veniva stampato a parte dalla Tipografia della Pace con la data di Roma 1880-1886 come VI volume della "Biblioteca dell'Accademia storico-giuridica".
Subito dopo la pubblicazione delle Iscrizioni antiche vercellesi ilB. iniziò la raccolta di nuovi documenti epigrafici di Vercelli e del Vercellese per l'edizione di un supplemento. Ma non riuscì mai a pubblicarli; il lavoro di schedatura si protrasse fino al 16 ott. 1883; le carte manoscritte servirono, nove anni più tardi, alle Iscrizioni antiche vercellesi in aggiunta alla raccolta del p. d. L. B. (Torino 1891) di E. Ferrero.
Costretto a letto dalla fine di aprile 1883 per le conseguenze di una rovinosa caduta nel corso di un'ispezione agli scavi di S. Ippolito con la Commissione per l'archeologia sacra, il B. morì a Roma il 6 novembre dello stesso anno e fu sepolto a S. Carlo ai Catinari.
Assiduo del De Rossi, il B. ha più di ogni altro studioso di antichità legato il suo nome alle ricerche di archeologia cristiana e più con la sua attività che con i suoi contributi scientifici. Nel 1875 accolse con entusiasmo il progetto del De Rossi di dar vita in Roma a una "Società di cultori della cristiana archeologia" e offrì come luogo di adunanza una sala attigua alla chiesa di S. Carlo. Il 12 dicembre dello stesso anno si iniziò il ciclo di conferenze di antichità cristiane; e il B. fu nominato presidente della Società, vicepresidente il De Rossi, segretario O. Marucchi. Nel 1882 organizzò le celebrazioni per il sessantesimo compleanno del De Rossi. Pressoché tutte le adunanze della Società comprendevano una sua comunicazione in tema di epigrafia, di instrumentum domesticum o di topografia: ancora il 29 apr. 1883 illustrava un atto di donazione alla chiesa di S. Pietro dell'814, conservato nella Biblioteca Reale di Torino.
Bibl.: G. Boffito, Scrittori barnabiti, I, Firenze 1933, pp. 354-63; V. M. Colciago, Il Padre L. M. B., Roma 1940, con documenti ed ulter. bibl.; Enc. Catt., III, p. 162.