MAZZOLDI, Luigi
– Nacque a Botticino Sera, presso Brescia, il 21 sett. 1824 da Luigi e Lucia Pellini.
Il padre, speziale, nel 1832 si trasferì con la famiglia a Brescia dove aprì una farmacia in borgo S. Giovanni. Fin dai primi anni di scuola, al M. venne dato il soprannome di Ragno per la tendenza a impossessarsi degli oggetti dei compagni, ma questi suoi comportamenti furono a lungo tollerati dagli insegnanti, ammirati dalle sue non comuni capacità di apprendimento. Espulso nel 1840 dal ginnasio per indisciplina, nel 1842 trovò posto come diurnista al commissariato di polizia, nella sezione passaporti, licenze di caccia e porto d’armi. Complice di un suo collega nella falsificazione di documenti e nella sottrazione di denaro, il 26 dic. 1845 venne processato e condannato a due anni di carcere. Uscito di prigione nel novembre 1847, nel febbraio dell’anno seguente sposò Carolina Svanera.
Nel marzo 1848, allo scoppio della rivoluzione, il M. si proclamò mazziniano, potendo godere di un certo credito presso i patrioti per la sua parentela con l’avvocato Leonardo Mazzoldi, noto liberale che nel 1823 era stato arrestato con l’accusa di appartenere alla società segreta dei Federati. Ottenne così sostegno economico da parte dei repubblicani G. Bargnani e G. Passerini per la pubblicazione del bisettimanale democratico Pio IX e il popolo. Seguì la brevissima esperienza della direzione del Bollettino di guerra del giornale Pio IX e il popolo, uscito tra il 16 e il 20 maggio 1848, che costituì il momento di passaggio dal Pio IX e il popolo a La Vittoria, il più importante giornale democratico pubblicato nella Brescia del 1848.
Uscito dal 25 maggio al 9 agosto, La Vittoria si caratterizzò sin dall’editoriale di presentazione come apertamente ostile alla nobiltà liberal-moderata.
Dopo il rientro delle truppe austriache a Brescia il 16 ag. 1848, il M. rimase in città fino a dicembre, quando fuggì per sottrarsi all’arresto. Probabilmente gli Austriaci non temevano l’azione dei democratici bresciani, poco organizzati e facilmente controllabili. Per il medico B. Gualla, responsabile del comitato segreto insurrezionale composto da elementi filopiemontesi, il M. era un agente provocatore dell’Austria.
Nel gennaio 1849 L. Cazzago ne segnalava la presenza a Torino durante una dimostrazione contro V. Gioberti, cui aveva preso parte anche Bargnani, vicepresidente del Circolo democratico federativo legato ad A. Brofferio. Nonostante si sospettasse di lui per il fallimento dell’insurrezione sul lago d’Iseo e in Valcamonica nell’autunno del 1848, a Torino il M. collaborò con i mazziniani e solo nell’aprile del 1849, in seguito alla diffida ricevuta dal governo piemontese per false notizie propagate sulle Dieci giornate, riparò in Svizzera. Dopo l’amnistia del 12 agosto ricomparve a Brescia dove, con il contributo economico dei mazziniani Bargnani e G. Maggi, diede inizio nel settembre alla pubblicazione, quasi subito interrotta, de I Cento giorni del governo provvisorio, in cui attaccava gli esponenti del liberalismo moderato che ne avevano fatto parte.
Non è noto il momento esatto in cui iniziò a collaborare con gli Austriaci, ovvero se facesse da tempo il doppio gioco. Ufficialmente la sua collaborazione iniziò il 23 marzo 1850, quando diede alle stampe il giornale La Sferza, edito a Brescia dal 23 marzo 1850 al 30 apr. 1857 con periodicità variabile. Gli stretti rapporti intercorsi tra il M. e le autorità austriache sono stati documentati; La Sferza poté contare su un contributo annuale di 1050 fiorini erogato direttamente dalle casse imperiali. Ciò che forse non è stato sufficientemente rilevato è invece l’adesione del giornale non a un generico partito austriacante, ma piuttosto al «partito militare» incarnato dal maresciallo J.J. Radetzky.
A partire dal 25 apr. 1850 il giornale lanciò una violenta campagna contro l’Ateneo di Brescia allo scopo evidente di togliere credibilità agli uomini del passato governo provvisorio. Lamentava che l’accademia fosse retta da uno statuto retrogrado, prendeva di mira l’oligarchia accademica capeggiata da L. Lechi (già presidente del governo provvisorio), denunciava l’ostruzionismo nei confronti dei giovani, ospitava interventi dell’opposizione interna.
Nel primo anno di pubblicazione La Sferza alternò prese di posizione liberali e richiami al realismo, richieste di riforme e riconoscimenti alle autorità austriache. Dall’estate del 1851, tuttavia, le prese di posizione filoaustriache si fecero progressivamente più esplicite e frequenti. Nello stesso periodo il M. denunciò Bargnani, arrestato il 5 agosto, e depose in tribunale contro di lui. Chiarita ogni residua ambiguità, il giornale rivelò il suo carattere di organo collaborazionista, sollecitando l’aperta adesione al governo e auspicando che l’azione contro il partito «pseudo-rivoluzionario» fosse affidata alla giustizia dell’autorità militare. L’aperto allineamento alle posizioni del governo ebbe il proprio corollario nella denigrazione del Piemonte e di paesi come l’Inghilterra e la Svizzera che offrivano ospitalità ai fuoriusciti. Poi, a partire dal 16 nov. 1853, il foglio tentò di allargare la propria sfera di azione, sostituendo al sottotitolo Giornale di scienze, lettere, arti e commercio il più impegnativo Gazzetta lombardo-veneta, e dando vita a un’assemblea dei soci, chiamata Parlamento della Sferza, le cui riunioni si tenevano periodicamente in diverse città.
La campagna in favore delle autorità austriache aveva i toni del populismo ed era carica di allarmismo sociale. Al fine di impedire ogni convergenza eversiva tra aristocratici, borghesi e artigiani, La Sferza presentava il governo imperiale come l’unico garante dei bisogni delle classi lavoratrici e degli interessi dei possidenti. Mentre in favore delle prime invitava ad avere fiducia nelle cure paterne di Francesco Giuseppe, davanti ai secondi agitava lo spettro della rivoluzione sociale.
Lo stretto legame con il governo di Vienna fu ancora più palese quando nel 1854 venne emesso un prestito volontario, ma di fatto forzoso, di 500 milioni di fiorini. Dal luglio La Sferza pubblicò una serie di articoli con i quali in pratica si faceva appello ai possidenti, alle istituzioni ecclesiastiche, ai gradi più alti della burocrazia, affinché contribuissero a finanziare la monarchia. Nei territori italiani dell’Impero venne anche diffuso un opuscolo del M. in favore dell’iniziativa.
Nel 1857, con il pensionamento di Radetzky, il partito militare che aveva agevolato il M. nella sua impresa editoriale venne emarginato. Nel quadro della nuova politica inaugurata nel Lombardo-Veneto, l’azione del periodico non era più ritenuta opportuna e i suoi toni apparivano eccessivi anche a molti austriacanti. L’11 apr. 1857 il M. trasferì la redazione del giornale a Venezia, avvalendosi della collaborazione del milanese P. Perego. Infine, dal 14 giugno 1859, lo fece uscire a Trieste con il sottotitolo Gazzetta austro-italiana.
Il M. morì a Trieste, in circostanze poco chiare, l’8 genn. 1861.
Opere: La polizia provinciale e comunale di Brescia sotto la cessata dominazione austriaca: discorsi al popolo (Brescia 1848); Gioberti e Brofferio: pensieri di un emigrato lombardo (Torino 1849); I primordi del regno di Vittorio Emanuele II ed il ministro Pinelli: cenni storici (s.l. 1849); Il ministero Gioberti ed i gesuiti moderni. Parole al popolo piemontese di un emigrato lombardo (Torino 1849); Il ministero D’Azeglio. Pensieri di un emigrato lombardo (ibid. 1849); Nuova Rivoluzione lombardo-veneta (ibid. 1849); Dolori e speranze: liriche (Brescia 1850); Il ricco e il povero: canto (Milano 1850); Al principe Luigi Napoleone Bonaparte: canti (Brescia 1852); A s.m. imperatore Francesco Giuseppe I nel suo giorno natalizio: canto (ibid. 1852); Amore e martirio: storia bresciana dell’anno 1852 (ibid. 1852); Appello al Lombardo-Veneto, Tirolo, Istria, ecc. pel prestito volontario di 500 milioni di fiorini (ibid. 1854); A s.m. Vittorio Emanuele II re di Sardegna: lettera di L. Mazzoldi direttore della «Sferza» preceduta da un indirizzo ai liberali italiani (Trieste 1859); Tre documenti importanti sopra le odierne innovazioni d’Italia (Malta 1859); Al generale Lamoricière: canto italico (Trieste 1860).
Fonti e Bibl.: G. Prosdocimo [forse pseud. di G. Bargnani], Biografia di L. M. soprannominato il Ragno, Milano 1860; F. Odorici, Storie bresciane dai primi tempi sino all’età nostra, XI, Brescia 1865, p. 247; G. Solitro, Due famigerati gazzettieri dell’Austria (L. M. - Pietro Perego), Padova 1929; L. Re, Voci di oppressi e di esuli negli anni 1848-49 dalla corrispondenza di un medico patriota, Brescia 1939, pp. 55 s.; U. Baroncelli, Giornali bresciani del biennio 1848-1849, in Commentari dell’Ateneo di Brescia, CLXV (1966), pp. 289 s., 298 s.; F. Della Peruta, Il giornalismo dal 1847 all’Unità, in A. Galante Garrone - F. Della Peruta, La stampa italiana del Risorgimento, Roma-Bari 1979, pp. 365, 529 s.; G. Porta, La stampa bresciana del Risorgimento, in Studi bresciani, 1983, nn. 10-11, pp. 221 s., 234-236; ibid., 1984, n. 15, pp. 91-103; F. Ronchi, Il «collaborazionismo» italiano nel Lombardo-Veneto durante la seconda Restaurazione. Il caso bresciano, in Verso Belfiore: società, politica, cultura del decennio di preparazione nel Lombardo-Veneto. Atti del Convegno di studi, Mantova-Brescia… 1993, Brescia 1995, pp. 223-303; Id., Il giornalismo bresciano nel ’48-’49, in Brescia 1849: il popolo in rivolta. Atti del Convegno in occasione del 150° delle Dieci giornate di Brescia… 1999, a cura di S. Onger, Brescia 2002, pp. 360-377; S. Onger, «La Sferza» bresciana: un giornale estremista al servizio dello Stato, in Il giornalismo lombardo nel decennio di preparazione all’Unità, a cura di N. Del Corno - A. Porati, Milano 2005, pp. 256-266; A. Fappani, Enc. bresciana, IX, Brescia 1992, pp. 53-55.