MUSINI, Luigi
– Nacque a Samboseto di Busseto, Parma, il 24 febbraio 1843, da Carlo e da Antonietta Cornacchia.
Sedicenne, si arruolò volontario nell’esercito del Regno di Sardegna, ma, anche in considerazione dell’età, fu destinato a servizi territoriali. Nel 1860 tentò senza successo di unirsi alle camicie rosse. Per il suo battesimo del fuoco dovette attendere la terza guerra d’indipendenza, quando finalmente riuscì ad arruolarsi tra i volontari di Garibaldi, con i quali combatté anche l’anno successivo. Nell’ottobre 1867 raggiunse infatti Terni, dove si stava organizzando la spedizione verso Roma e venne scelto per partecipare all’azione d’avanguardia guidata dai fratelli Cairoli, conclusa con lo scontro di villa Glori. Sopravvissuto all’attacco e sfuggito all’arresto, riprese contatto con il corpo garibaldino nelle cui file partecipò alle battaglie di Monterotondo e di Mentana.
Nel frattempo, terminato il liceo, aveva iniziato gli studi di medicina all’Università di Parma, proseguiti poi a Bologna tra una mobilitazione garibaldina e l’altra, e qui portati a termine nel 1869. Durante gli anni universitari nella città emiliana cominciò la sua militanza politica all’interno della Società democratica, nata sotto gli auspici di Giosuè Carducci, Giuseppe Ceneri, Quirico Filopanti, Giuseppe Galletti e Pietro Piazza. A questo periodo risalgono anche le sue prime esperienze giornalistiche, nelle redazioni de L'Amico del popolo e de Il Popolo. Nel 1869, in occasione dei moti del macinato, Musini fu vicino ai gruppi repubblicani favorevoli a una svolta insurrezionale.
L’ultima sua apparizione su un campo di battaglia avvenne Oltralpe, nel 1870-71, nella mobilitazione guidata da Giuseppe Garibaldi a sostegno della Francia tornata repubblicana e contrapposta alla Prussia. All’interno dell’armata dei Vosgi fu promosso dapprima capitano, poi maggiore medico in capo alla III brigata di Ricciotti Garibaldi, esercitando la sua funzione nel vivo degli scontri. Come per altri uomini della sua generazione, per la sua futura evoluzione politica l’esperienza francese non fu priva di rilevanza: Musini non prese parte agli avvenimenti della Comune, ma, come traspare dalle memorie, gli eventi parigini – ai cui prodromi assistette in prima persona – colpirono la sua attenzione ed egli vi lesse la difesa degli stessi ideali per cui i garibaldini erano accorsi in Francia.
La figura di Musini si può collocare all’interno dell’ultima generazione del Risorgimento, che partecipò giovanissima a vario titolo alle guerre d’indipendenza, ma che, assieme alla maturità anagrafica, acquisì una piena consapevolezza politica solo negli anni successivi. In effetti nelle sue memorie Musini confessava che alla vigilia della guerra del 1859 non intendeva «ancora nulla di politica» (Per un’Italia di liberi, p. 21) e per lui era sufficiente leggere e sentir parlare d'Italia. Una più profonda presa di coscienza sarebbe sopraggiunta più tardi, attraverso gli eventi del primo decennio unitario e gli scontri tra democratici e moderati. Un ruolo fondamentale giocarono gli avvenimenti dell’estate 1862 sull’Aspromonte: fu allora che, a suo dire, Musini cominciò «ad aprir gli occhi alla luce e a distinguere la verità» (ibid., p. 32), maturando le proprie convinzioni repubblicane.
Nel 1871, al termine della guerra franco-prussiana, partì per un viaggio attraverso l’Europa, facendo ritorno in aprile a Borgo San Donnino, dove da tempo si era stabilita la famiglia. Lì fondò in settembre la locale Società democratica, per poi imbarcarsi in novembre come medico di bordo su un nave diretta in America e rientrare di lì a poco in Italia. I viaggi e l’instabilità contraddistinsero quella fase della sua vita: nel maggio 1872 partì di nuovo per l'America del Sud, dove esercitò la sua professione in Uruguay, tornando definitivamente in patria nel 1876, quando diede alle stampe una Vita di Simon Bolivar (Borgo San Donnino 1876), dopo aver già pubblicato dei Cenni storici sulla vita di Benito Juarez (ibid. 1874). Da allora l’impegno politico di Musini non ebbe soluzione di continuità per più di dieci anni, conquistando una crescente visibilità all’interno del mondo democratico e del primo socialismo. A determinare l’evolversi delle sue opinioni contribuirono in modo determinante l’esperienza di medico condotto a Zibello e a San Secondo e l’amicizia con Giuseppe De Franceschi, che aveva collaborato a Milano con Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani ed era stato vicino ad Andrea Costa.
Al suo rientro dal Sud America Musini fondò e diresse Il Fidentino, foglio repubblicano di notevoli aperture sociali, sulle cui pagine, nel 1877, pubblicò interventi sulle condizioni e l’emancipazione delle popolazioni rurali: la soluzione della questione sociale nelle campagne, a suo avviso, non sarebbe potuta arrivare né dal mutualismo di ispirazione mazziniana, né dall’emigrazione né dall’istruzione obbligatoria in assenza di altre riforme, bensì dalla nascita di società contadine capaci di regolare i rapporti tra lavoratori, affittuari, proprietari.
Come Andrea Costa, cui lo unì la militanza politica e un profondo rapporto di amicizia, Musini fu a lungo sostenitore dell’alleanza tra le forze della sinistra, stringendo rapporti con radicali e repubblicani. Del resto negli anni Ottanta dell’Ottocento – specie in corrispondenza degli anniversari garibaldini – la memoria del Risorgimento democratico e popolare, a cui Musini rimase sempre legato, offriva alle varie forze d’opposizione occasioni per rivendicare un’identità politicamente e socialmente alternativa, sfilando spesso assieme in corteo ciascuna sotto la propria bandiera. Fedele a questa prospettiva, nell’agosto 1883 partecipò al congresso di Bologna, in cui nacque il Fascio della democrazia, presieduto da un comitato centrale composto da Giovanni Bovio, Felice Cavallotti e Andrea Costa.
Nelle consultazioni politiche del 1882 il suo impegno si tradusse in una candidatura che non lo portò in Parlamento, ma gli assicurò a Parma il 30% dei suffragi. Nel 1882 l’azione di propaganda dei socialisti si era indirizzata anche verso la penetrazione nelle campagne: nella bassa parmense era stato determinante proprio l’impegno profuso da Musini per far partecipare al voto gli strati popolari, mettendoli nelle condizioni di dimostrare di saper scrivere. I semi gettati nel 1882 diedero frutto di lì a poco: Musini fu eletto a Parma nel turno suppletivo del gennaio 1884, quando, unendosi a Costa tra i rappresentanti della XV legislatura, divenne il secondo deputato socialista a entrare in Parlamento. In quello stesso anno sostenne gli scioperi e le lotte agrarie, dette 'la boje', e in settembre, con un gruppo di socialisti, radicali e anarchici, tra i quali spiccavano i nomi di Cavallotti e Costa, si recò a Napoli per soccorrere la popolazione colpita dal colera. Non si sa con precisione quando si fosse affiliato alla massoneria, ma nel 1884, in ragione dei servizi prestati durante l’epidemia, venne nominato, unitamente a Costa, membro onorario della loggia partenopea Italia, ricevendo il 32° grado del Rito scozzese antico come «esempio nobilissimo di virtù democraticamente civili» (Per un'Italia di liberi, p. 16).
Oltre all’impegno sociale e politico Musini si dedicò per tutta la vita anche all’attività giornalistica, collaborando a diverse testate: la Lega della Democrazia di Alberto Mario, la Cronaca bizantina, l’Ateneo italiano, la Commedia umana, il Ventesimo secolo di Torino, Il Milite dell’umanità di Roma, Il Presente di Parma e La Minoranza di Reggio Emilia. Contribuì anche alla rinascita dell’Avanti!, che riprese le sue pubblicazioni a Roma nel 1884, dopo essere uscito nel 1881-82 a Imola e a Cesena: sulle colonne di questo giornale pubblicò contributi sulle condizioni dei contadini, nei quali, in attesa di più profonde trasformazioni sociali, si auspicava l’esproprio delle terre incolte e la loro assegnazione a società di lavoratori. Sulla stampa firmò anche alcuni scritti di argomento letterario con finalità divulgative, come i pezzi dedicati alla poesia di Carducci usciti nell’estate 1871 sul giornale parmense Il Presente.
Musini, che aveva fondato a Parma e a Borgo San Donnino le due più importanti sezioni non romagnole del Partito socialista rivoluzionario di Romagna, partecipò al suo terzo congresso, tenutosi a Forlì nel luglio 1884, sostenendo la proposta, risultata vincente, di trasformarne la denominazione in Partito socialista rivoluzionario italiano (PSRI). Nell’aprile 1886 prese parte a Mantova al congresso del nuovo partito, entrando al fianco di Costa nella commissione direttiva e venendo nominato all’interno della commissione federale residente a Parma. Sconfitto alle elezioni politiche del 1886 e fallito il tentativo in cui egli si riconosceva di unificare il PSRI con il Partito operaio italiano, Musini si concentrò nuovamente sull’attività di medico condotto, per poi tornare a candidarsi alle elezioni suppletive del 1889, che lo riportarono in Parlamento come rappresentante del II collegio di Bologna. Tuttavia nel marzo 1890 si dimise dalla carica, in segno di protesta per il voto della maggioranza della Camera, che aveva approvato la decadenza dal mandato di Costa, contro il quale era in corso un procedimento giudiziario per aver partecipato alle agitazioni degli edili romani. Musini si adoperò a favore dell’amico, che si era rifugiato in Francia, e riuscì a farlo rieleggere nel collegio di Ravenna nelle elezioni suppletive del 1890. Al contrario Musini non entrò più in Parlamento e crebbero i suoi dissidi con alcuni dirigenti del PSRI, mentre andò raffreddandosi anche il rapporto con Costa. Nell’estate del 1890 fu a Bombay e a Massaua con una delegazione medica ufficiale del governo italiano e nel 1891 emigrò di nuovo in America latina, trattenendosi fino al 1902 in Argentina, dove collaborò con il giornale L’Operaio italiano. Al ritorno in Italia fondò nella città dove si era stabilito il periodico Il nuovo Salsomaggiore.
Il Musini socialista non si percepì in contraddizione con il volontario adolescente e il garibaldino poco più che ventenne: negli scritti, nelle conferenze, nelle commemorazioni a cui di frequente prestò la sua voce non smise mai di rivendicare una continuità tra le battaglie della giovinezza e le lotte della maturità per un Risorgimento anche socialmente compiuto.
Morì a Parma il 20 febbraio 1903.
Le memorie di Musini sono uscite in tre edizioni, parzialmente diverse tra loro, l’ultima delle quali ha tentato di ripristinare l’integrità dell’originale: Dal Trentino ai Vosgi. Memorie garibaldine ordinate e pubblicate a cura del figlio Nullo, Borgo S. Donnino 1911; Da Garibaldi al socialismo. Memorie e cronache per gli anni dal 1858 al 1890, a cura di G. Bosio, Milano 1961; Per un’Italia di liberi, di felici, di uguali. Le memorie (1859-1885), a cura di R. Spocci, Fidenza 2007.
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