MUSSINI, Luigi
– Nacque a Berlino il 19 dicembre 1813 da Natale, compositore bergamasco di origini modenesi al tempo maestro di cappella alla corte di Prussia, e da Giuliana Sarti, figlia del musicista faentino Giuseppe.
Nel 1818 la famiglia si trasferì a Firenze, dove Luigi crebbe in un ambiente culturalmente vivo e stimolante. Alle lezioni di pianoforte si aggiunsero, a partire dai 13 anni, quelle di disegno, impartitegli dal fratello maggiore Cesare, studente all’Accademia fiorentina. Anch’egli ne divenne allievo a partire dal 1830, studiando sotto la guida di Pietro Benvenuti e di Giuseppe Bezzuoli. Da subito insofferente nei confronti dei metodi e dei programmi d’insegnamento – «mi ribellai tosto all’Accademia, rimanendovi alunno, di nome e non di fatto» (Cenni autobiografici, p. 2) – Mussini ottenne tuttavia numerosi riconoscimenti per la qualità del suo iter formativo: nel 1834 vinse sia il concorso per il bozzetto d’invenzione in disegno con un Telemaco nella grotta di Calipso, sia quello del disegno d’invenzione triennale con una Conversione di s. Paolo. L’anno successivo si aggiudicò i premi di pittura per l’accademia del nudo e per il bozzetto (Anfione), mentre nel 1836 espose l’olio Samuele unge David re d’Israele, assai apprezzato dal pubblico e dai giovani colleghi (anch’esso, come le altre prove accademiche, perduto). Si cominciò già allora a parlare di purismo, evidenziando però la distanza con quello dei nazareni, «senza rubamenti e plagii e con assiduo studio del vero» (ibid.). La tela con Cristo che scaccia i profanatori dal tempio, tema del concorso triennale dell’Accademia del 1837, fu consegnata in ritardo dall’artista a causa della morte del padre, ma quando venne esposta, nel 1838, ricevette un vasto e caloroso consenso. Assieme al Samuele, venne poi acquistata dal marchese Filippo Ala Ponzoni, tra i primi e, nel tempo, più assidui, sostenitori della pittura di Mussini (Spalletti, in Nel segno di Ingres, 2007, p. 27).
Nel 1840 vinse il premio di pensionato dell’Accademia di Firenze con il bozzetto Enea che fugge da Troia e si trasferì quindi, a partire dall’autunno, a Roma, dove rimase quattro anni. Poche notizie certe rimangono del suo soggiorno, tuttavia dovette inserirsi presto e agevolmente nel cosmopolita ambiente artistico della città, in particolare quello francese di villa Medici – dove incontrò per la prima volta Ingres, che di lì a poco avrebbe lasciato la direzione della scuola – dato che in casa Mussini si parlava il francese come lingua principale e si aveva un’inclinazione spiccata per la cultura d’Oltralpe.
Dai saggi annuali che era tenuto a spedire da Roma, si percepisce la rapida crescita di Mussini, il cui amore per la pittura italiana del tardo Quattrocento è particolarmente evidente in La musica sacra (Firenze, Galleria dell’Accademia), accolto a Firenze con entusiasmo nell’ottobre 1841. La composizione del dipinto è esemplata sul modello peruginesco, adottato nell’architettura che impagina la scena, nella posa, nella fisionomia e nel panneggio dell’angelo che canta rapito, oltre che nella consueta tonalità azzurrina attribuita al paesaggio in prossimità della linea dell’orizzonte. Un’improvvisa virata verso il purismo nazareno si ebbe con i due successivi saggi, il perduto Abelardo ed Eloisa al principio del loro amore e L’elemosina secondo il Vangelo e secondo la mondana ostentazione del 1844 (Firenze, Galleria dell’Accademia), soggetto intriso di un sentimento religioso autentico sebbene non privo di un tratto convenzionale e moraleggiante.
Tornato a Firenze alla fine del 1844 aprì uno studio pressoS. Barnaba e prese a lavorare, tra gli altri dipinti, a Il trionfo della Verità (Milano, Accademia di Brera) che Ala Ponzoni comprò ancora incompiuto (Cenni autobiografici, p. 4). Poco dopo lo stesso marchese invitò il pittore a seguirlo a Napoli dove rimase almeno tra la tarda estate del 1845 e i primi mesi dell’anno successivo, realizzando alcuni ritratti ad acquerello e l’olio I due Plinii (Mazzoni, in Nel segno di Ingres, 2007, p. 94).
Al ritorno da Napoli fondò a Firenze, in via S. Apollonia, una scuola di pittura, utopisticamente ispirata all’ideale delle botteghe rinascimentali, assieme allo svizzero Franz von Stürler, con il quale aveva fortemente legato negli anni romani. Tra gli allievi vanno ricordati Michele Gordigiani, Silvestro Lega e Luigi Norfini. In questo periodo consolidò o instaurò rapporti di amicizia con artisti come Giovanni Dupré e con quella cerchia di intellettuali toscani dedita agli studi storici e storico-artistici – ma assai attenta anche alle vicende dell’arte contemporanea – nella quale si annoveravano personalità quali i fratelli Carlo e Gaetano Milanesi e Carlo Pini. Parallelamente cominciò la sua attività di critico e polemista sulla stampa periodica, facendosi alfiere di un purismo che ambiva a combinare le istanze nazarene con quelle di derivazione francese rappresentate da Ingres e dalla sua scuola.
Nella primavera del 1848 si unì come volontario ai moti rivoluzionari, abbandonando Firenze e ponendo termine al sodalizio con von Stürler. Nel febbraio 1849, «scorato e nauseato» (Cenni autobiografici, p. 5) dalla piega presa degli eventi politici, lasciò l’Italia per Parigi dove presentò al Salon di quell’anno La musica sacra e Iltrionfo della Verità, già esposto l’anno precedente a Firenze con buon successo, che si aggiudicò una medaglia.
Al centro della vasta composizione è il casto nudo virginale della figura allegorica, in piedi su un basamento e con il tradizionale attributo della fiaccola nella mano destra; le fanno corona uomini di ogni tempo che si sono distinti nei campi della religione, delle scienze, delle arti e della filosofia, tra i quali s. Filippo diacono, Keplero, Galileo, Pascal, Fidia, Giotto, Dante, Socrate, Platone, Aristotele e persino Confucio, in una sorta di singolare sincretismo cristiano-illuminista. Modello e fonte d’ispirazione per la grande tela è La scuola di Atene di Raffaello, data la natura del soggetto congiunta agli orientamenti stilistici del pittore.
Durante il soggiorno in Francia ebbe modo di riallacciare i contatti con Ingres e la sua cerchia, entro la quale predilesse sempre Hippolyte Flandrin; grazie anche ai buoni uffici dell’amico Ala Ponzoni, rifugiatosi a Parigi a causa del coinvolgimento nei moti del ’48, ebbe accesso ai salotti cittadini e la possibilità di frequentare artisti come Jean-Léon Gérôme e Auguste Gendron. Su commissione del governo francese realizzò una copia de La musica sacra (Rodez, Musée des beaux-arts Denys-Puech) e dette avvio al dipinto I parentali di Platone celebrati da Lorenzo il Magnifico a Careggi (Bourg en Bresse, Musée de Brou).
Resasi vacante per la morte di Francesco Nenci la direzione dell’Istituto di belle arti di Siena, gli amici toscani fra cui Dupré, Cesare Guasti, i fratelli Milanesi, Pini, Luigi Venturi, si adoperarono attivamente perché il posto fosse assegnato a Mussini, sebbene da principio egli fosse poco convinto di abbandonare Parigi. Giunse infine a Siena nel novembre 1851 e si insediò subito al vertice dell’Istituto che resse poi ininterrottamente per 37 anni.
La grande dedizione all’insegnamento, un nuovo, deciso, orientamento culturale – nel quale le istanze puriste avevano ormai dimenticato il modello nazareno per abbracciare con piena convinzione quello di Ingres e Flandrin e le teorie de «l’art pour l’art» – i profondi mutamenti apportati alla didattica e all’organizzazione della scuola, agirono da stimolo per la crescita di numerosi giovani artisti che impressero di nuovo un carattere e un’identità alla scuola senese, profondamente segnata dall’autorevole e autoritario magistero di Mussini, da parte di alcuni pittori sempre fedelmente rispettato (Alessandro Franchi, Gaetano Marinelli), da altri invece criticamente rimeditato (Amos Cassioli, Cesare Maccari).
Nel 1852, per la prima esposizione delle sue opere a Siena, scelse di illustrare la propria poetica attraverso Il trionfo della Verità e la coppia di dipinti eseguita su committenza della Francia: La musica sacra e I parentali di Platone. Quest’ultimo quadro, nel medesimo anno, fu preso a modello dai fratelli Milanesi, Guasti e Pini per il loro pamphlet intitolato Del purismo, nel quale si corroboravano dal punto di vista teorico i più recenti sviluppi dell’arte mussiniana, il cui riferimento principale ormai non andava più cercato nella pittura dei primitivi ma in quella del Rinascimento maturo e della scuola di Ingres.
Tra le opere principali dei primi anni senesi vanno inoltre ricordati la tela Eudoro e Cimodoce (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti), del 1855, il cui soggetto deriva dal libro di Chateaubriand Les martyrs (1809); la Mater Dolorosa del 1856, oggi al Museo civico di Siena, dimostrazione di come la profonda ispirazione neoquattrocentesca – che coinvolge anche la tecnica prescelta, tempera su tavola a fondo oro, e la foggia della cornice – si risolva attraverso lo stile disegnativo mutuato dai modelli francesi contemporanei; il Decamerone senese del 1858 (già in collezione privata e ora trafugato). Al 1860 risale infine il Ritratto di Vittorio Emanuele II (Siena, palazzo pubblico), per il quale il re concesse al pittore due sedute di posa, facendogli anche omaggio della divisa indossata durante la battaglia di San Martino (Di palo in frasca..., pp. 5-13).
Il 20 aprile 1863 sposò a Genova Luigia Giovanna Piaggio, sua allieva dal 1857. La primogenita Giulia nacque nel dicembre dell’anno del matrimonio, la seconda figlia, Luisa, il 10 gennaio 1865. La madre sopravvisse pochi giorni al parto, morendo il 17 dello stesso mese.
Pur notevolmente assorbito dalla didattica e dalla pittura, Mussini non trascurò di occuparsi della conservazione del patrimonio artistico e della promozione delle arti, a livello sia nazionale, sia territoriale. Nel 1860 fu nominato nella Consulta per le belle arti del Regno, poi divenuta Giunta superiore di belle arti, e nel 1885 nella Commissione centrale per l’arte applica all’industria,e fu membro assai influente della Commissione consultiva conservatrice di belle arti per le province di Siena e Grosseto fin dal momento della sua costituzione nel 1867. In questa veste soprintese a numerosi restauri di opere d’arte e di complessi monumentali, guidato dal principio purista del recupero delle forme originali che gli fece sempre prediligere i ripristini radicali e i rifacimenti in stile al rispetto della storia e dei segni del tempo.
Fu inoltre presidente o membro di numerose commissioni e di vari comitati preposti all’assegnazione di premi, alla selezione di opere da inviare alle mostre, all’erezione di nuovi monumenti (concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II a Torino nel 1879; commissione per la sala monumentale di Vittorio Emanuele II nel palazzo pubblico di Siena dal 1883 al 1888). La partecipazione alla vita pubblica si arricchì nel 1880 con l’ingresso nel Consiglio comunale di Siena, eletto nella lista dei conservatori costituzionali (Il Libero Cittadino, 11 marzo 1880).
Tra le opere degli anni Sessanta meritano di essere ricordate l’Odalisca del 1862 (Milano, Accademia di Brera), soggetto inconsueto per l’artista, e L’educazione spartana (Montauban, Musée Ingres) del 1869, tema a lui assai più congeniale, oltre alla grande pala con S. Crescenzio che rende la vista a una cieca mentre è condotto al martirio, eseguita per l’altare laterale di S. Filippo nella cattedrale di Siena e terminata nel 1868 dopo quasi un decennio di lavoro; faro ispiratore di quest’ultima opera è la pittura ingresiana, in particolare il Martirio di s. Sinforiano che il maestro francese aveva realizzato per la cattedrale di Autun nel 1834. In questo decennio si dedicò anche a sperimentazioni sulle tecniche fotografiche, inventando un particolare procedimento denominato jalografia, premiato all’Esposizione universale di Parigi nel 1867 (Uzzani, 1988, p. 84).
Dalle poche opere della tarda maturità rimaste sembra emergere la volontà di superare i consueti modelli e di aggiornarsi sugli esiti più affini della coeva pittura europea. Nei due quadri eseguiti per la cappella funeraria Hübsch nel cimitero di Baden Baden, raffiguranti La figlia di Costantino alla tomba di s. Agnese (1879) e il Trasporto di s. Agata nelle catacombe di Catania (1880-1881) emergono sia l’influenza di William-Adolphe Bouguereau, sia quella di una certa cultura figurativa inglese languida ed estenuata il cui più illustre rappresentante, Frederic Leighton, fu più volte a Siena. Da questi impulsi di novità restarono immuni, data la loro destinazione in un contesto così fortemente caratterizzato, i cartoni forniti nel 1878 per i mosaici nelle cuspidi del duomo di Siena con l’Incoronazione della Vergine e l’Adorazione dei pastori, per i quali l’artista sembra aver guardato con particolare attenzione al Beato Angelico.
Un raro esempio di pittura di soggetto storico, la Sfida scacchistica alla corte di Spagna (Siena, Collezione Banca Monte dei Paschi di Siena), ribadisce la coerenza del pittore per quanto concerne il rigoroso esercizio disegnativo, ma, al contempo, ne mostra un recondito divertito gusto per l’aneddotica, la minuzia descrittiva e la resa dei caratteri, libertà che Mussini si concesse in virtù del carattere quasi privato della tela. La storia del Puttino, giocatore calabrese del Cinquecento che sconfisse alla corte di Madrid, presente Filippo II, il quotato cardinale Ruy Lopez, venne infatti dipinta dall’artista per proprio piacere attorno al 1883 ed esposta in occasione di numerosi tornei nazionali di scacchi, ai quali non di rado egli stesso partecipava con lusinghieri risultati. Oltre che appassionato giocatore, fondatore e presidente della Società scacchistica senese nel 1877, fu abilissimo nell’invenzione di problemi che pubblicò con regolarità nella Nuova rivista degli scacchi a partire dal 1876.
Morì a Siena il 18 giugno 1888.
Scritti: Scritti d’arte, Firenze 1880; Di palo in frasca. Pensieri di un artista, Siena 1888; Cenni autobiografici, in In memoria di Luigi Mussini pittore, ibid. 1888, pp. 1-8. Per tutta la vita Mussini intrattenne un fitto carteggio con familiari, amici, allievi, colleghi e intellettuali. Una selezione dall’epistolario, dopo la sua morte, fu pubblicata in volume (Epistolario artistico..., 1893) e sulle pagine del Bullettino senese di storia patria (Mengozzi, 1907; Raimondi, 1918, 1919). Quasi 600 lettere custodite nella Biblioteca comunale degli Intronati di Siena e in collezioni private sono state trascritte e rese disponibili su www.memofonte.it.
Fonti e Bibl.: C. Guasti - C. Milanesi - G. Milanesi - C. Pini, Del purismo. A proposito delle natalizie e dei parentali di Platone celebrati nella villa di Careggi da Lorenzo il magnifico, Firenze 1852; L. Venturi, Della pittura in Italia e di un quadro del prof. L. M.…, in Il Monitore toscano, 16 ottobre 1855; T. Pendola, Due dipinti del prof. L. M...., Siena 1857; In memoria di L. M. pittore, Siena 1888; Epistolario artistico di L. M. colla vita di lui scritta da Luisa Anzoletti, Siena 1893; N. Mengozzi, Lettere intime di artisti senesi, in Bullettino senese di storia patria, XIV (1907), pp. 97-173, 273-362, 443-535 e passim; C. Raimondi, Lettere del pittore L. M. dal campo (1848), in Bullettino senese di storia patria, XXV (1918), pp. 315-350; ibid., XXVI (1919), pp. 3-52; M. Méras, Une lettre inédite d’Ingres a L. M...., in Bulletin du Musée Ingres, 1972, n. 31, pp. 19-22; J.-M. Marquis, L. M. et la France, ibid., 1978, n. 42, pp. 1-23; D. Coccoli, L’istruzione artistica a Siena dal 1814 ad oggi, Siena 1985, p. 24 e passim; E. Carli, Maestri e allievi, in R. Barzanti et al., L’Istituto d’arte di Siena, Siena 1986, pp. 37-59; G. Uzzani, L. M.: formazione purista ed esiti senesi, in Siena tra purismo e liberty (catal., Siena), a cura di B. Sani, Milano 1988, pp. 81-86; E. Spalletti, La pittura dell’Ottocento in Toscana, in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, pp. 288-366; L. Bassignana, ibid., II, pp. 935-936; M. Leoncini, All’ombra della torre, scacco al re. Settecento anni di storia degli scacchi a Siena, Siena 1993, pp. 11-43; E. Spalletti, Il secondo Ottocento, in La cultura artistica a Siena nell’Ottocento, a cura di C. Sisi - E. Spalletti, Cinisello Balsamo 1994, pp. 305-572 (con bibl.); F.F. Mancini, Un omaggio di Ingres a L. M., in Per Luigi Grassi, a cura di A. Forlani Tempesti - S. Prosperi Valenti Rodinò, Rimini 1998, pp. 506-519; A. Olivetti, Di M. e Maccari, in Cartoni di Cesare Maccariper gli affreschi nel palazzo pubblico di Siena (catal., Siena), a cura di A. Olivetti, Cinisello Balsamo 1998, pp. 15-34; Nel segno di Ingres. L. M. e l’Accademia in Europa nell’Ottocento (catal., Siena), a cura di C. Sisi - E. Spalletti, Cinisello Balsamo 2007 (con bibl.); P. Agnorelli, L. M. tra restauro e rifacimento…, in Figure di restauratori e casi di restauro in Italia tra XVIII e XX secolo. Atti del Convegno naz. di studi, Napoli… 2007, in Gli uomini e le cose, a cura di P. D’Alconzo, I, Napoli 2007, pp. 317-329; Id., Il «S.Crescenzio», in Le pitture del duomo di Siena, a cura di M. Lorenzoni, Cinisello Balsamo 2008, pp. 52-59; N. Kai, Un tondo di L. M., in The Izura Bulletin, XV (2008), pp. 1-16; P. Agnorelli, Il carteggio M.-Piaggio: esempio di didattica a distanza, in Studi di Memofonte, 2010, n. 4; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 294.