NORFINI, Luigi
Nacque il 1° giugno 1825 a Pescia, nel ducato di Lucca, da Giuseppe, docente di ostetricia a Pisa, poi, a Firenze dove fu anche direttore dell’Ospizio di maternità, e da Elisabetta Bartoli.
Dopo gli studi presso le Scuole pie fiorentine dei padri scolopi (vi risulta iscritto nel 1834), Norfini proseguì la sua formazione all’Accademia di belle arti di Firenze (1841), sotto la direzione di Giuseppe Bezzuoli, esponente di punta del Romanticismo storico, che lo incoraggiò a perfezionare le attitudini al disegno precocemente manifestate. Studiarono con lui, fra gli altri, Carlo Ademollo, Cosimo Conti e Annibale Gatti.
Nel 1848 si iscrisse alla scuola di indirizzo purista di Luigi Mussini e di Adolphe Von Stürler. Lo stesso anno si arruolò come volontario, insieme al fratello Alessandro, nel I battaglione fiorentino e, col grado di caporale, combatté a Curtatone durante la prima guerra d’Indipendenza. Nelle ore di ozio si dilettava facendo ritratti e schizzi ai compagni di milizia, molti dei quali si conservano a Milano (Civica Raccolta di stampe Achille Bertarelli).
Tornato a Firenze, teatro in quegli anni dell’evoluzione dei generi pittorici, Norfini riprese gli studi artistici, orientandosi verso la pittura di storia e il ritratto. Aprì l’atelier nei locali delle scuderie reali e frequentò al Caffè Michelangiolo i protagonisti dell’avanguardia in Toscana.
Ritrovò l’amico Stefano Ussi, reduce come lui dall’esperienza al fronte; Angiolo Tricca, caricaturista, Carlo Lorenzini (Collodi), e altri intellettuali. Antonio Ciseri, invece, fu per il giovane un punto di riferimento, soprattutto in occasione delle Esposizioniannuali presso l’Accademia fiorentina alle quali partecipò con regolarità, affrontando anche soggetti religiosi. Si ricorda ad esempio la Madonna col Bambino che appare a S. Maria Maddalena de’Pazzi e le porge il velo della purità (collezione privata), eseguita su commissione di Tito Broccardi, presentata all’esposizione del 1850, mentre a quella del 1853 Norfini inviò la Madonna in trono e i santi Domenico, Filippo, Antonio da Padova, Teresa e Giorgio, collocata, poi, nella cattedrale di Pescia (Torresi, 1996).
Nel 1849 realizzò «con accorata fede patriottica» (Casini, 2011), il bozzetto raffigurante La ritirata di Curtatone, (Lucca, Museo nazionale di Palazzo Mansi) che espose all'Accademia fiorentina l’anno successivo. Donato nel 1898 alla nipote Lionilda, fu ceduto nel 1913 alla Pinacoteca lucchese.
A Torino, nel 1849, Norfini strinse relazioni con Massimo D’Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour. Inoltre, tramite il generale Carlo Felice Di Robilant (al quale fece, in seguito, un ritratto) la sua opera fu conosciuta dalla Corte Reale.
Nel 1859 dipinse, su incarico del Governo provvisorio di Toscana, La battaglia di Novara (Milano, Museo del Risorgimento). Il quadro fu esposto alla mostra inaugurata l’8 settembre di quell’anno nel Palazzo di Brera a Milano. Il primo ministro Bettino Ricasoli acquistò la tela e la donò a Vittorio Emanuele II per la Galleria di battaglie in Palazzo Reale a Milano. Fu la prima opera eseguita su commissione, dedicata dal pittore al genere della battaglia risorgimentale.
Il 23 settembre 1859, anno cruciale per le sorti dell’indipendenza italiana, il Governo toscano bandì un concorso (promosso da Bettino Ricasoli) con lo scopo di coinvolgere gli artisti alla causa dell’unificazione d’Italia. Fu una stimolante opportunità per innovare e promuovere la pittura di genere storico, per la prima volta interprete di fatti contemporanei. Norfini vi partecipò con un quadro di azione militare, ottenendo il secondo premio, e con il Ritratto postumo di Silvio Pèllico, (Firenze, Pal. Pitti, Galleria d’arte moderna), in precedenza affidato a Luigi Mussini. Il ritratto del patriota e scrittore piemontese, però, non persuase la Commissione giudicatrice. L’opera fu presentata anche, nel 1861, alla prima Esposizione nazionale italiana a Firenze insieme ad altri ritratti di illustri artefici dell’Unità (Bietoletti, 1859-1861…, 2011, pp. 59 s., 64).
Il linguaggio figurativo di Norfini congeniale, per la freschezza e l’enfasi narrativa, all’illustrazione della moderna epopea, valse al pittore altri incarichi. Il Sovrano gli commissionò due quadri di battaglie di cui Norfini stesso dichiarò «faranno parte della collezione di opere e documenti che si riferiscono al risorgimento d’Italia» (Arrighi, 1959, p. 4). Presentati all’Esposizione generale italiana di Torino del 1884, si trovano oggi al Museo nazionale del Risorgimento di Torino.
Si tratta della Battaglia di Palestro, 1863, (eseguita per conto del principe Eugenio di Carignano, collocata dapprima nel Regio Palazzo di Torino, poi a Firenze a Palazzo Pitti e, infine, a Roma al Quirinale); e della Battaglia di S. Martino, 1874, acquistata dal re d’Italia sempre per il Quirinale. Nel 1875 il secondo dipinto, ammirato dai pittori francesi Ernest Jean-Louis-Meissonier e Jean-Leon Gérôme in Palazzo Pitti a Firenze, fruttò a Norfini l’invito a Costantinopoli da parte del sultano per dipingere quadri di battaglie, con l’offerta di cospicue retribuzioni. Ma il pittore rifiutò l’incarico facendo, tuttavia, il nome dell'amico Ussi, che partì al suo posto. Un particolare del dipinto, invece, Veduta della collina di S. Martino,1874, fu donato dalla famiglia al Museo nazionale di Palazzo Mansi a Lucca dove oggi si conserva.
L’esperienza umana e politica di combattente nei moti risorgimentali costituirà anche in seguito uno dei motivi di ispirazione del pittore. L’urgenza di riprodurre il «vero» e di trascrivere in forme e colori l’esperienzadi lotta vissutasi concretizzò in una pittura che rivela, oltre all’attualità storica, «la geniale sensibilità del suo spirito» (De Servi in L. N., 1925, p.2). Norfini si affermò anche come cronista (fu inviato alla campagna del ’66) e autore di scene patriottiche dalla forte connotazione apologetica.
Notevole fu anche la sua attività di ritrattista. Al Museo civico di Pescia sono collocati, fra gli altri, i ritratti del padre e della madre (1850-55 ca.), un ritratto giovanile della moglie (1860-65 ca.), il ritratto di Francesco Scoti (1875),oltre a una Natura morta del 1904 e all’Autoritratto del 1907. Molti altri ritratti furono eseguiti da Norfini a esponenti della nobiltà pesciatina.
Nei decenni successivi all’unità d’Italia, ottenne dalla casa reale importanti onorificenzee commissioni.Nel 1863 Vittorio Emanuele II lo nominò cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro, concedendogli nel 1875 una pensione dello stesso ordine. Il re Umberto I, succeduto al padre nel 1878, ordinò a Norfini, per la sala del trono al Quirinale, il Ritratto di Vittorio Emanuele II oggi a Torino nel Museo nazionale del Risorgimento italiano. Il barone Ricasoli, suo benefattore, nel 1863 lo incaricò di eseguire due opere per ricordare la Visita di re Vittorio Emanuele II al Castello di Brolio, nel 1863 e nel 1866 (Gaiole in Chianti, Castello di Brolio) e un quadro privato in memoria di sua moglie: La morte della baronessa Ricasoli, 1868 (ibidem; Rassegna pugliese…, 1887, p. 342).
Per quest’ultimo quadro, commemorativo delle nozze della figlia di Ricasoli, Bettina, benedette dalla madre morente, Anna, fu inizialmente incaricato il conte Carlo Della Porta, pittore e amico d’infanzia del barone, che ne fece il bozzetto. Ammalatosi Della Porta, l’opera fu eseguita da Norfini ed esposta lo stesso anno (1868) a Firenze dove destò l’interesse di Antonio Ciseri (Spalletti, 1975, pp. 640 s.).
Nel 1866 fu nominato professore onorario all’Accademia di belle arti di Firenze dove non esercitò mai la professione ma fece parte delle commissioni giudicatrici (Torresi 1996, p.4). Ebbe contatti con gli artisti e gli studenti lucchesi che in quegli anni lavoravano o svolgevano il perfezionamento nella capitale d’Italia, fra cui Augusto Passaglia, Lionello De Nobili, Michele Marcucci e, infine, Enrico Ridolfi (segretario dell’Istituto lucchese di belle arti) al quale Norfini fu legato da un costante rapporto epistolare. Norfini, probabilmente, maturò in quel contesto l’ambizione alla carica di direttore dell’Istituto di belle arti di Lucca (Lettera di L.N., Firenze 1 marzo 1875, in Carteggio E. Ridolfi mss. 3647).
Nel 1875, morto Sebastiano Onestini, esponente della cultura lucchese accademica e conservatrice, Norfini gli subentrò nell’ufficio di direttore, ricoprendo inoltre la cattedra di Disegno superiore della figura e quella di Pittura. Ottenuto l’incarico, dette un «nuovo e vitale indirizzo» (L. N., 1925, p. 1) al Regio Istituto che guidò fino al 1897. Sotto la sua direzione si formarono, Cipriano Cei, Luigi De Servi, Giorgio Lucchesi, oltre ai figli Giuseppe, Alfredo e Mario. Nel 1876 supplì gratuitamente Giuseppe Marcucci (andato in pensione), nella cattedra di Disegno elementare della figura.
Fu promotore di cultura e di eventi celebrativi dell’unità d’Italia e della storia di Lucca. Dal 1872 fu presidente della Commissione delle belle arti, e, dopo aver ideato l’Esposizione d’arte antica, del 1877, nel Palazzo provinciale, (manifestazione culturaleche lo rivelò profondo conoscitore del patrimonio artistico della Lucchesia), fu nominato cittadino onorario di Lucca. Nel 1879 fu chiamato a far parte della commissione per la collocazione della statua in memoria di Vittorio Emanuele II di Augusto Passaglia (vincitore del concorso). La commissione, nominata dal comitato costituito il 10 gennaio 1878 per l’erezione di un monumento al primo re d’Italia (Lucca e le Mura, 2011, pp. 149,157, 161), era composta da altri quattro artisti: Giovanni Duprè, Giuseppe Poggi e Ulisse Cambi.
Nel 1882 ottenne la nomina a direttore della Pinacoteca civica di Lucca, inaugurata nel 1875 (Studi e documenti …, 1989, p.148), e, nel 1883, su incarico dal ministero della Pubblica Istruzione, fece parte della giuria per l’Esposizione d’arte di Monaco di Baviera. Nel 1890, fautore di un’ornamentazione di gusto neo-cinquecentesco, fu membro della commissione esaminatrice dei bozzetti per la decorazione del cimitero monumentale di Lucca (L. Bassignana, in Luigi De’ Servi …, 2001, p. 53).
Gli impegni professionali non gli impedirono di continuare l’attività pittorica ed espositiva soprattutto in ambito locale.
Alcune opere di quegli anni sono conservate a Lucca nel Museo nazionale di Palazzo Mansi, tra cui L’alcova Mansi (1875-1880 ca.) che descrive, con sentimento romantico, l’intimità di un ambiente dall’arredo settecentesco. Al genere del ritratto celebrativo appartengono Umberto I alle grandi manovre (1880-1885 ca.) e il ritratto dell’anziano Carlo Lodovico di Borbone (1879-1880); dipinto nel quale traspaiono l’orgoglio e la malinconia della vita travagliata del vecchio sovrano. La grande tela Clemente VII nell'atto di studiare le carte dell'assedio di Firenze (1884), evocando un episodio al tempo dei Medici, riprende, invece, il tema della pittura di storia. Il quadro fu dipinto per l’Esposizione di Torino del 1884 e fu donato dall’artista alla pinacoteca lucchese.
Nel 1897 Norfini, a causa di una malattia agli occhi, dovette sospendere la docenza all’Istituto di belle arti di Lucca. La cattedra di disegno superiore della figura e di pittura fu temporaneamente affidata a Michele Marcucci che, su incarico del Ministero assunse anche la direzione dell’istituto fino al 1900 (A. Nannini in L’umiltà e l’orgoglio. Michele Marcucci pittore, 2011, p. 55).
Norfini, scrittore garbato ed efficace, lasciò inoltre i suoi ricordi in diverse pagine di memorie (Arrighi, 1950, p. 3). Da esse, oltre che dai sui dipinti, emergono i criteri artistici cui si ispirava: «l’artista deve abituare l’occhio e la mano ad afferrare e riprodurre la prima impressione del vero: e quasi direi che il vero deve sorprendere. Chi non possiede queste qualità e non si studia ad acquistarle non produrrà mai opera dove il sentimento del vero sia perfettamente raggiunto».(L. N., 1925, p.2).
Sposò, in prime nozze, la nobildonna fiorentina Eugenia Orlandi Cardini (1838-1890). Ebbe 7 figli, tre dei quali seguirono, fin dall’infanzia, le orme del padre, affascinati dalla sua forte personalità.
Nel 1925 il Comune di Pescia ha affisso sulla facciata della casa natale di Norfini una targa commemorativa del pittore; mentre, un epitaffio nel Cimitero monumentale di Lucca lo ricorda «volontario a Curtatone nella primavera della patria».
Morì a Lucca il 21 aprile 1909.
Giuseppe, nato a Firenze intorno al 1860, studiò all’Istituto di belle arti di Lucca ottenendo, come scultore, premi e riconoscimenti (1876-1879). Giovanni Duprè ne lodò una testa di vecchio, modellata in creta e presentata all’esposizione del 1877 (L’Esare, 12 genn. 1887, p.7). Il giovane proseguì gli studi all’Accademia di belle arti di Firenze, dove ebbe come maestro Augusto Passaglia. Fu autore di significativi monumenti: Un episodio dell’inondazione del Veneto, 1880 (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, in deposito alla Pinacoteca di Ascoli Piceno) esposto a Torino nel 1884 e il Monumento nazionale ai caduti di Dogali, 1888, presentato nello stesso anno a Bologna. Il Municipio di Pescia gli commissionò, intorno al 1882, il Monumento a Garibaldi (Studi e documenti per la Storia della Toscana, 1989, p. 148), non condotto a termine; mentre realizzò il busto di Leopoldo Galeotti (1884 ca.) collocato nella cappella di famiglia del cimitero pesciatino (Salvagnini, 1996, p. 1).
Espose le sue opere in Italia e all’estero. A Torino nel 1880 presentò Vecchio monaco (studio dal vero); a Lucca, invece, all’Esposizione artistica-industriale del 1882, nei locali dell’antica Biblioteca, ottenne il secondo premio e una menzione onorevole. All’Esposizione nazionale di Venezia del 1887 presentò Ore allegre. Infine, eseguì, per il Cimitero anglicano di Bagni di Lucca, il Monumento funebre alla scrittrice inglese Ouida (Louise De La Rame 1839-1908). Lo scultore fu apprezzato anche a Parigi dove, all’Esposizione universale del 1889, ebbe una menzione onorevole.
Alfredo, nacque a Firenze il 23 dicembre 1867. Diplomatosi, come il fratello all’Istituto lucchese nel 1892, l’anno seguente, con l’intenzione di avviare il commercio del caffè, si trasferì, in Argentina. Abbandonato poi tale progetto, nel 1900 si stabilì in Brasile, dove si dedicò esclusivamente alla pittura. Nel 1904 dipinse Paesaggio Rio Tiete (collocazione ignota). Dal 1911 fu professore al Liceo artistico di San Paolo. In Sud America fu apprezzato come autore di acquarelli e dipinti raffiguranti scene di costume argentino o brasiliano, paesaggi amazzonici e della grande isola Marayo conservati nel Museo di storia nazionale di San Paolo. I governi di San Paolo e Rio de Janeiro acquistarono molti suoi quadri di soggetto storico e coloniale. In qualità di disegnatore fece parte della commissione tecnica di piscicoltura. La sua opera rimase sconosciuta in Italia fino agli anni Trenta del ‘900 quando, tornato a visitare la terra natale, espose a Lucca alcuni dipinti.
Morì a Rio De Janeiro il 23 dicembre 1944.
Mario, nacque a Pescia il 4 settembre 1870, si dilettò sin da bambino disegnando animali. Frequentò l’Istituto di belle arti di Lucca dove, nel 1892, ottenne una lode speciale nel corso superiore di pittura. Personalità eclettica, dallo spirito ironico, ebbe vita avventurosa: per amore di una trapezista seguì il circo Kröne a Genova divenendo domatore di leoni. Rientrato in Toscana, la commissione di un ritratto ottenuta tramite il padre lo avvicinò di nuovo alla pittura.
Nel 1902, a Viareggio, realizzò in stile liberty, la decorazione dello stabilimento balneare Nettuno e del celebre caffè Margherita (quest’ultimo, in collaborazione con il pittore livornese Baroni). Le pitture scomparvero a causa dell’incendio che distrusse, nel 1917, le strutture lignee dei locali situati sulla storica passeggiata. Al ristorante Eolo, invece, raffigurò l’allegoria del Dio dei venti. Vinse il primo premio al Carnevale di Viareggio nel 1903 con un carro dedicato a Guglielmo Marconi. Si dedicò, poi, all’insegnamento presso l’Istituto di Belle arti di Lucca. Fu suo allievo e amico il pittore barghigiano Bruno Cordati. In quegli anni strinse amicizia con Giacomo Puccini e frequentò assiduamente la sua villa a Torre del Lago.
Nel 1908 si trasferì a Milano dove iniziò, spinto dalla passione per gli animali, la carriera di pittore-illustratore. Fu amico di Luigi Ghidini (Cologno al Serio 1883-1963), autore di molti libri sulla caccia. Collaborò al Corriere della Sera e al Corriere dei Piccoli, per il quale creò i personaggi Porcellino e Biribì. Disegnò vignette satiriche, caricature, cartoline storiche e manifesti pubblicitari. Rare le mostre (affidava i quadri, in conto vendita, a note armerie nel Lombardo- Veneto), l’unica di cui si ha notizia è quella di Genova negli anni ’30 del ‘900. Nel suo studio milanese impartiva lezioni di acquarello agli studenti dell’Istituto d’arte di Milano e Torino. Un Autoritratto all’acquarello, 1940-50 (in veste di cacciatore, con setter inglese), si conserva nella collezione privata di Romano Pesenti.
Illustrò libri per bambini e importanti testi di cinofilia, fra i quali: di Ettore Talè, Il cane da caccia - Allevamento, istruzione e razze, Milano 1926; del conte Arrigoni degli Oddi, l’Ornitologia Italiana, Milano 1929; di Adriano Ceresoli Lo Spinone Italiano e le razze affini, Milano 1951. Nel 1940 sposò la nobildonna di Volterra, Giuliana Lencioni, che morì nel 1942 lasciandogli un figlio, Luigi. Da allora, condusse vita ritirata dedicandosi totalmente all’attività artistica. Morì a Milano il 7 aprile 1956.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. citata in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, pp.517 s.; Lucca, Biblioteca statale, Carteggio E. Ridolfi, mss. 3647. Lettere di L. Norfini, cc.108-147; Ibidem, Memorie dell’Esposizione provinciale lucchese del 1877, Legato Sardini, V. II, B 46, Lucca 1877, pp. 17, 34; Di un quadro del cav. L. N. dipinto per commissione di S.E. il barone B. Ricasoli, in La Nazione, 24 nov. 1868; Sul Ritratto del cav. F. Scoti dipinto dal prof. cav. L. N., in La Provincia di Lucca, 4 ago. 1875, pp. 2 s.; Nota dei premiati nella Esposizione artistica-industriale, ibidem, 21 sett. 1882, p. 1; Un artista di belle speranze, in L’Esare, 12 genn. 1887, p. 7; Rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti, 5 dic.1887, p. 342; Lettere del pittore L. Mussini dal campo (1848), in Bullettino senese di storia patria, XXV (1918), p. 324; L. N. 1825-1925, con scritti di I. Franchi e L. De Servi, Pescia 1925; E. Michel, L. N., in Dizionario del Risorgimento, Milano 1933, p. 712; Artisti lucchesi in America, lettera dal Brasile, in Rassegna del Comune, I (1933), 10-12, pp.33 s.; E. Lazzareschi, L’Istituto d’arte A. Passaglia, Lucca 1940, pp. 63 s., 86 n.12; G. Arrighi, Ricordo di L. N. nel cinquantesimo anniversario della morte, in Il Giornale del Mattino, 22 apr. 1959; Id., L. N. (1825-1909). Volontario nel ’48 a Curtatone - Quadri di battaglie del ’59, in Rassegna del Comune, III (1959), 3-4,pp. 3-20; Id., L. N. e il fonte battesimale in S. Frediano in Lucca, ibidem, VI (1962), 1, pp. 17-22; E. Spalletti, Per Antonio Ciseri. Un regesto antologico di documenti dell’archivio dell’artista, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, V (1975), 2, pp. 640 s., 695; Studi e Documenti per la Storia della Toscana, I, Lucca. Pisa, Livorno e province negli articoli e nelle cronache di «Arte e Storia» (1882-1916), Lucca 1989, pp. 38-42, 148-173; G. Lera, Aspetti del mondo culturale lucchese tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, Lucca 1995, pp.18 s.; G. Salvagnini, Il “Museo” all’aperto di Pescia. Le sculture, in Nebulae, I, 1/ gennaio 1996, p.1; A.P. Torresi, Aggiunte e chiarimenti su L .N., ibidem, 2/ maggio 1996, p.4; L. Bassignana, Luigi De Servi e il «Guscio lucchese»: La formazione, il ritorno in Luigi De’ Servi 1863-1945. Ritratto d’artista (catal., Lucca), a cura di M.F. Giubilei, Pistoia 2001, pp. 38, 49 s., 73, 120 s.; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, Torino 2003, p. 653; L. Giambastiani, Considerazioni storiche sul cimitero anglicano ai Bagni di Lucca, in L’Aldilà. Rivista di Storia della tanatologia. Ist. storico lucchese, IX (2003), 1-2, p.70; L’arte Animalier nel ‘900 italiano. Pittori e scultori alla corte di Diana, catal. a cura di U. M. Cacciapuoti - S. Condemi - G.I ncerpi, Roma 2007, pp. 25 s.. Vita e Opere di Mario Norfini, a cura di R. Basso - A. Bolzonetti, Treviso 2008; S. Bietoletti - A. D’Aniello - A. Nannini, L’umiltà e l’orgoglio. Michele Marcucci pittore, Lucca 2011, pp. 32, 38,41 s., 55, 58 s., 78, 85 s., 88-90, 93; A. Nannini, Michele Marcucci a Firenze durante gli anni di perfezionamento (1866-1875) in LUK, 2011, n. 17, pp. 69, 75; Lucca e le Mura. Itinerari del Risorgimento, catal. a cura di R. Silva - C. Sodini, Lucca 2011, pp. 146, 157, 161 s., 177 s.; S. Bietoletti, Panorama dell’arte a Lucca dalla metà del XIX secolo agli anni Trenta del Novecento, in Arte a Lucca. Un percorso nell’arte lucchese dall’Alto Medioevo al Novecento, a cura di M. T. Filieri, Lucca 2011, pp. 260-274;C. Casini, La Battaglia di L. N., Un’opera al mese (gennaio), www.sbappsae-lu.beniculturali.it 2011 (con bibliografia precedente); “La Galleria delle battaglie - La collezione Savoia di Palazzo Reale a Milano”, catal. a cura di M. Messina - C. Salsi - P. Zatti, Torino 2011, pp. 13, 28 s.; A. Mazzanti, L’Unità d’Italia: testimonianze risorgimentali nei musei e nel territorio della Toscana. Una proposta d’itinerario, IV, Firenze 2011, pp. 26 s., 46, 100, 118 s.; C. Sisi, Temi risorgimentali per un’esposizione in L’Italia chiamò. Gli Uffizi per i 150 anni, catal. a cura di C. Sisi - G. Giusti - A. Natali, Milano 2011, pp.17-20; S. Bietoletti, 1859-1861. Uno stile per la patria, ibidem 2011, pp. 59 s., 64, 70; Opere, in ibidem, pp. 86 s., 96 s.