DRAGO (Dracco, Dracon), Luigi Onorato
Di famiglia nizzarda, oriunda della Provenza, nacque a Sospello (Nizza) nel 1512. Compì studi giuridici, conseguendo il dottorato in diritto civile e canonico. Fu allievo ed amico di A. Alciato.
Intrapresa l'attività forense, svolse dal 1530 le funzioni di giudice ordinario nel contado di Nizza. Creato giudice di Moridovi il 31 genn. 1535, fu immesso ufficialmente in tale carica il 18 ottobre dello stesso anno. In tale città ricoprì pure sporadicamente la funzione di vicario del governatore, Carlo Vagnoni signore di Dros, come emerge dai verbali della seduta del Consiglio cittadino del 18 apr. 1536. Non risulta tuttavia che egli abbia mai ricevuto l'effettiva nomina a luogotenente del Vagnoni.
Per il periodo successivo all'aprile 1536 e sino all'ottobre 1552 appaiono oscure le vicende che ne caratterizzano l'attività e gli spostamenti nei territori piemontesi occupati dai Francesi. A tuttavia probabile che, lasciata Mondovì nel corso del 1536, il D. avesse fatto ritorno nel Nizzardo e di qui si fosse quindi trasferito, per motivi che la carenza di indizi documentari non consente di cogliere, a Genova. Da quest'ultima città è infatti datata la lettera da lui indirizzata al duca Carlo II di Savoia il 10 ott. 1552. In essa rinnovava l'istanza per la propria nomina a conservatore della Gabella di Nizza, richiamando una precedente concessione ducale in tal senso, rimasta senza effetto "non acconsentendoci monsignor della Croce allora gabelliere". Anche questa seconda richiesta non pare tuttavia essere stata accolta.
Alla morte di Carlo II (17 ag. 1553) il D. fu tra i rappresentanti di Sospello inviati a Bruxelles a rendere omaggio al nuovo duca, Emanuele Filiberto di Savoia, al quale l'8 dic. 1554 prestò giuramento di fedeltà a nome della città. Ed in favore di Sospello il D. intervenne presso il duca con due successive lettere datate nuovamente da Genova il 18 giugno ed il 5 luglio 1556, al fine di evitare la minacciata demolizione delle mura della città a seguito del rifiuto di questa di fornire contribuzioni straordinarie per la fortificazione del castello di Nizza. L'efficacia di tale intervento attesta il prestigio già goduto dal D. presso il duca, prestigio che trova conferma nel ruolo svolto dal D. stesso nell'ambito delle istituzioni sabaude dopo la riacquisizione, sancita dal trattato di Cateau-Cambrésis, degli Stati aviti da parte di Emauele Filiberto ed il suo rientro in Piemonte. Avvocato fiscale presso il Senato di Nizza dal 17 luglio 1555, il D. fu creato, con patenti 8 febbr. 1560, senatore del Senato di Piemonte ed il 15 dic. 1560 fu ammesso all'ufficio di giudice delle ultime appellazioni nel contado di Asti e marchesato di Ceva, cariche che mantenne sino al 22 apr. 1577, data del suo collocamento a riposo.
Nominato, con patenti 13 apr. 1562, camerlengo ducale, il 12 maggio successivo fu incaricato di trasferirsi temporaneamente in Savoia per dirimere le controversie insorte tra il gabelliere del Sale di Savoia ed il procuratore fiscale generale del duca. Il 3 dic. 1563 fu quindi designato quale inquisitore per la repressione delle frodi derivanti dalla coniazione e messa in circolazione di monete false.
Il 4 luglio 1569 Emanuele Filiberto, aderendo alle richieste di intervento ducale inoltrate dalla Comunità di Biella, lo incaricava di recarsi, unitamente a Carlo Pallavicinol. governatore del marchesato di Ceva, presso tale Comunità e di procedere alla revisione generale di nutti gli libri di proposte et ordini del conseglio, impositioni de taglie, quinternetti, instromenti et qualonque altre scritture tanto publiche che private concernenti l'amministratione publica di detto loco et conti fatti et da fare", risalendo in tale esame sino alla documentazione relativa all'anno 1525, e ciò al fine di accertare eventuali irregolarità commesse a danno della Comunità biellese e dei Fisco ducale, individuandone e punendone i responsabili. Tale incarico appare come l'ultima missione pubblica di un certo rilievo svolta dal D., la cui attività viene, negli anni che preludono la sua richiesta di collocamento a riposo, progressivamente riducendosi ad interventi di ordinaria amministrazione nell'ambito della Camera dei conti di Piemonte.
Con patenti 27 nov. 1566 gli veniva confermata l'investitura ducale di parte del feudo di Trana da lui acquistato da Lorenzo Balbo di Vernone e poi venduto dai figli del D. a Guglielmo Gromis il 14 giugno 1581.
Le funzioni svolte in ambito istituzionale non esauriscono tuttavia l'attività del D. il quale si impegnò anche su studi giuridici e compose alcune odi.
Si ricordano in particolare gli Elementa iuris civilis seu Institutiones imperiales in carmen contractae …, pubblicati a Lione, "Apud Theobaldum Paganum", nel 1551 e riediti successivamente a Lovanio, "Apud Martinum Rotarium Bibliopolam / Iuratum", nel 1552 ed a Genova, "Apud Antonium Bellonum", nel 1553.
Ed ancora al D. si devono le due poesie In Caroli Emmanuelis Taurinorum principis baptismum ode tricolos bistrophos disticon, pubblicate nell'opuscolo Ilbattesimo del serenissimo prencipe di Piemonte fatto nella città di Turino l'anno MDLXVII, il XI Marzo ..., edito a Torino (nella Stamperia ducal de' Torrentini) nel 1567; ed infine il componimento poetico posto in esordio dell'edizione torinese del 1569 delle Decisiones di O. Cacherano d'Osasco (Decisiones sacri Senatus Pedemontani ..., Taurini, Apud Jo. Antonium Stratam et Bartholomeum Gallum, MDLXIX).
Il D. morì l'8 ag. 1579.
Ebbe cinque figli: Gianfrancesco, anch'egli senatore e giudice dei Malefizi (11 apr. 1577), indi prefetto di Moncalieri (1° genn. 1587), di Nizza (9 marzo 1590) e di Pinerolo (15 sett. 1592); Alessandro, Aurelio, Giacomo ed infine Delia, sposata al giureconsulto monregalese Tommaso Alardi.
Si deve al Rajna (Un vocabolario e un trattatello di fonetica provenzale del secolo XVI, in Giorn. di filologia romanza, VII [1880], pp. 34-50) la segnalazione agli studiosi del Vocabolario della lingua provenzale del D., che si trova a Milano, Bibl. Ambrosiana, D. 465 inf., n. 26, proveniente dalla biblioteca di Giovan Vincenzo Pinelli, preceduto da una lettera dedicatoria dell'autore ad Alfonso d'Avalos, marchese del Vasto, probabilmente scritta in data non anteriore al 1536 e non posteriore al 1546, anno della morte di Alfonso. Il Vocabolario consta di quattordici carte: sono in bianco la prima - salvo l'intitolazione - e le ultime due, la seconda riporta la lettera accompagnatoria. Si tratta di una copia, eseguita nella seconda metà del sec. XVI, probabilmente per il Pinelli medesimo, di mano del quale sembrano essere il titolo come le prime due colonne di scrittura e parte della terza. Il ms. appare inoltre variamente postillato da una terza mano, forse coeva. Dall'Ambrosiana deriva la trascrizione di una parte del Vocabolario, tradita da un codice della Biblioteca comunale di Siena, additato per primo dal Polidori e poi, autonomamente, dal Jeanroy (il quale indica la collocazione DXC). Il testo non presenta, rispetto a quello milanese, che delle varianti grafiche insignificanti.
La condizione di nizzardo, ossia di parlante un dialetto di tipo provenzale, imponendogli ad un tempo la pratica del francese e, per ragioni politiche e personali, quella dell'italiano, rese agevole al D. la composizione del Vocabolario in servizio dell'Avalos. L'opera è tuttavia appena mediocre (così il Rajna, p. 38, e il Debenedetti, 1911, p. 30), condotta su di un solo ms., forse di non agevole lettura, anche se le mende che il D. attribuisce al copista per giustificare "la troppa difficultà dell'impresa" (c. 2) sono in gran parte non già difetti ma abitudini scrittorie.
Assai più interessante, fatta ragione dei tempi, appare un piccolo trattato di pronunzia del provenzale conservatoci anonimo e senza titolo sempre dalla Miscellanea ambrosiana al n. 28, in quattro carte, trascritto per intero dal Rajna (pp. 46-50), che si prova ad attribuirne la paternità al D., il quale nella lettera all'Avalos dichiarava in apertura di avere già, per desiderio dello stesso marchese, "in brevi regole rinduto, quanto ho havisato fusse di bisogno per sapere le compositioni degli antichi poeti provenzali acconciamente leggere". L'attribuzione è confermata dal Debenedetti, per il quale l'opera, "ragguardevolissima", "mostra una perizia, un discernimento quasi unici" (Debenedetti, 1911, p. 30).
II trattatello pone a confronto il provenzale con altri idiomi e in specie con il latino. L'autore mostra di conoscere latino, francese, spagnolo e di possedere qualche nozione di tedesco, greco ed ebraico. Alcune osservazioni (sulla confusione tra z ed s, sulla pronunzia di -tz e di rams) risultano ancora utili per i provenzalisti ed il testo rende, comunque, testimonianza di come venisse letto all'epoca il provenzale.
M. Beretta Spampinato
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di corte, Real Casa, Cerimoniale, Nascite e battesimi, m. 1, n. 5; Ibid., Lettere di particolari, D, m. 24; Ibid., Protocolli dei segretari ducali, voll. 223 bis, f. 26; 224 bis, f. 137; 225, f. 152; 227, f. 5v; Ibid., Protocolli dei segretari camerali, vol. 160, f. 18; Ibid., Arch. camerale, art. 687, par. I, Concessioni, reg. 1 (1551-1561), f. 77v; reg. 6 (1561-1563), f. 29v; Ibid., Registro di Provvisioni, n. 2, f. 98; Ibid., Registro mandati, n. 31 (1577-1578), f. 111v; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino (datt.), VIII, p. 124; Mondovì, Arch. comunale, Ordinati, reg. 1513 in 1537, ff. 364 ss.; F. A. Della Chiesa, Catal. de' scrittori piemontesi, Carmagnola 1660, p. 238; A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemontii, Monteregali 1667, p. 279; A. Fontana, Amphitheatrum legale ... seu Bibliotheca legalis, Parma 1688, p. 296; S. Alberti, Istoria della città di Sospello …, Torino 1728, pp. 173, 523; O. De Rossi, Scrittori piemontesi, Torino 1790, p. 133; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, I, Torino 1841, p. 286; I. B. Toselli, Biographie niçoise, I, Nice 1860, p. 270; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, Torino 1881, II, p. 309; G. Vandelli, Intorno a un provenzalista del sec. XVI, in Rassegna bibl. della letter. ital., V (1897), pp. 145 ss.; F. Guasco, Dizionario feudale degli antichi Stati sardi e della Lombardia, Pinerolo 1911, IV, p. 617; P. Rajna, Un vocabolario e un trattatello di fonetica provenzale del secolo XVI, in Giorn. di filologia romanza, VII (1880), pp. 34-50; A. Jeanroy, Un nouveau manuscrit du glossaire provençal-italien d'O.D., in Revue des langues romanes, XXXVII (1893-94), pp. 319-21 (ma il ms. era già stato segnalato da G. Polidori nella prefazione alla Tavola rotonda, Bologna 1864, p. CI); S. Debenedetti, I pubblici uffici di L. O. D., in Studi letterari e linguistici dedicati a P. Rajna nel quarantesimo anno del suo insegnamento, Firenze 1911, pp. 453-73; Id., Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911, pp. 30, 51, 65 s., 121, 137.
E. Mongiano-M. Beretta Spampinato