ORENGO, Luigi
– Conosciuto anche col diminutivo di Gigi (come risulta dai cataloghi dell’epoca), nacque a Genova il 4 gennaio 1865, dallo scultore Lorenzo e da Adele Gismondi (Genova, Ufficio Stato civile e Archivio storico di Stato civile, Leve dal 1814 al 1865).
Studiò all’Accademia ligustica dove fu allievo del padre e di Giovanni Scanzi. Nel 1886, con il busto in terracotta Biricchino, in vendita al pubblico al prezzo di 125 lire, iniziò la sua costante partecipazione alle mostre della Società promotrice di belle arti di Genova, dove espose soprattutto busti e piccole statue di gesso, talvolta bronzato (nei cataloghi sono riportati titoli di lavori attualmente di ubicazione ignota). Come suo padre fu molto attivo nella ritrattistica e nella scultura funeraria, soprattutto nel Cimitero monumentale di Staglieno (al quale ci si riferisce per le ubicazioni, se non diversamente indicato), dove realizzò decine di tombe e cippi funebri.
Nel 1891 eseguì in marmo la Tomba Lorenzo Stallo, nella quale è raffigurato un angelo che siede sul sarcofago con una ghirlanda di fiori, nella consueta iconografia del compianto sul defunto (Resasco, 1904, p. 303). Nel 1892 partecipò alla XL esposizione della Promotrice con Busto (opera in gesso da replicare in marmo), in vendita al prezzo di 1000 lire, e l’anno seguente alla XLI con una piccola scultura in bronzo dal titolo Sic vos non vobis?, in vendita a 450 lire.
Nel 1894 realizzò la lapide per Nicolò Stallo in marmi pregiati: su una lastra che prende a modello il fronte dei sarcofagi romani strigilati, pose un cartiglio sul quale si staglia un medaglione con il profilo del defunto, secondo un tipico modello della medaglistica romana, sorretto da una foglia di palma. Sempre seguendo il canone del ritratto entro il medaglione, nello stesso anno scolpì la lapide Rivara-Chiossone.
Nel 1895 prese parte alla XLII edizione della Promotrice con il modello in gesso Viva Barabba! Vogliamo Barabba!, destinato a una riproduzione in bronzo. Alla XLIV, nel 1897, espose due opere: la figura in bronzo Histoire d’un Pierrot, donata ai soci della Promotrice (Sborgi, 1989, p. 416), e Studio, una scultura di gesso bronzato. Nel 1899, alla XLVI, presentò Viola del pensiero, una statuetta fusa a cera persa, in vendita al prezzo di 500 lire o di 550 lire aggiungendo la base a colonna, come risulta dal catalogo dell’epoca. Sempre al 1899 risale la lapide in bronzo di Giacomo Pareto, dalla quale emergono le consuete doti di buon ritrattista, pur in un'impostazione convenzionale e classica: il medaglione a mezzo busto del defunto, in posa di tre quarti, è posto al centro della lastra, fra due lanterne in ferro battuto.
Nel 1900 realizzò la Tomba Gustavo Coulant, il cui linguaggio risente degli stilemi floreali del liberty internazionale e nello stesso anno portò a termine la Tomba Nicolò Bruno (Genova, cimitero Sampierdarena Castagna).
Nel 1903, alla L edizione della Promotrice, espose il busto in marmo Ritratto dell’avvocato comm. Vincenzo Capellini, mentre nel 1906 alla LIII presentò Giuseppe Verdi, un busto in gesso su piedistallo, quotato 1000 lire, e l’anno seguente, allo stesso prezzo, mise in vendita La fonte esausta (tecnica non descritta).
Nel 1904 scolpì il Cippo Masnata, che recepisce con moderazione il linguaggio floreale del liberty, portatore di istanze europee moderne, collocandolo in una cornice molto classica, un bassorilievo con due medaglioni di marmo sorretti da una mensola, sotto una nicchia a tutto sesto. Nel 1908, quando realizzò la Tomba Carlo Monevi, utilizzava ormai il linguaggio liberty anche in opere minori, modificando spesso le linee delle lapidi funerarie, pur senza alterarne l'impianto di base a medaglioni in bassorilievo, e creando un certo contrasto di stile con i contesti in cui si andavano a collocare le sue opere, caratterizzati da variazioni linguistiche leggere e da un gusto prevalentemente classico.
La Tomba Maria Francesca Dalmas (detta anche L'ultimo bacio), del 1909, è stata definita dalla critica, per la leziosità del trattamento, un enorme soprammobile (Grasso - Pellicci, 1976, p. 14): Orengo vi interpreta con molta sensualità il soggetto di Eros e Thanatos (tematica spesso esclusa dai monumenti funebri borghesi), rappresentando la fanciulla distesa, a seno nudo, mentre una gigantesca figura maschile, influenzata da Auguste Rodin, le porge l'ultimo bacio cingendole la testa.
Decisamente improntata ai canoni del realismo borghese appare la Tomba Poggi (1910 circa), mentre nelle sculture allegoriche nella coeva cappella Chiarella Orengo mostra un aggiornamento linguistico nell’adozione parziale di un linguaggio simbolista di matrice nord-europea (Monumenti..., 2003, p. 94). Nel 1910 realizzò anche la Tomba Giuseppe Barella ed espose Ritratto (busto in bronzo) alla LVI edizione della Promotrice.
Nel 1912 fu nominato Accademico di merito dall’Accademia ligustica, che gli commissionò la targa bronzea per commemorare Giovanni Scanzi, suo maestro, e le statue degli artisti Luca Cambiaso e Filippo Parodi (nell'atrio; Sborgi, 1989, p. 485). Nel 1913 espose alla LIX edizione della Promotrice la scultura in gesso Ritratto del comm. G. Oberti. Nel 1915, nel cimitero comunale di Porto Torres, realizzò una stele in marmo bianco con un cherubino a mezzo busto per la sepoltura di Enrico Romagnino Cogliolo (Chiocca, 2003).
Nel 1917 portò a termine la Tomba Canepa-Pareto e nel 1918 la Tomba Ferruccio Cabona (porticato semicircolare; Monumenti..., 2003, p. 89), dove rivela attenzione alla connotazione storica negli abiti della sorella del defunto, che piange il fratello effigiato come un giovane esploratore; l'iscrizione attesta, seguendo la consuetudine, il dolore di tutta la famiglia (Sborgi, 1997, pp. 185, 207). Nel 1922 scolpì la Tomba Sorrentino (ripr. in Sborgi, 1989, p. 437) con un linguaggio influenzato da Leonardo Bistolfi, simbolizzando, classicamente, nella raffigurazione della figura femminile, l’anima nell’atto di salire verso il cielo.
Fra le sue ultime opere, figura la Tomba Alessio Tomaso. Negli ultimi anni continuò a riproporre il suo consueto linguaggio realista senza sostanziali mutamenti, al pari di molti altri scultori della sua generazione, per una committenza regionale che non apprezzava innovazioni linguistiche nell'ambito sia della scultura funeraria, sia dei monumenti pubblici ai caduti della prima guerra mondiale (Sborgi, 1989, p. 10).
Morì a Genova il 1° aprile 1940.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio storico del comune, Banca dati Archea, database STAG - Staglieno, O. L. (vari disegni e progetti); Culturaitalia, Indice, fonte dati Artpast, O. L., www.culturaitalia.it; F. Resasco, La necropoli di Staglieno…, Genova 1892, pp. 44, 194; Id., Staglieno. Camposanto, Milano 1904, p. 303; Cimitero di Staglieno, a cura di G. Grasso - G. Pellicci, Genova 1976, p. 14; G. Grasso - G. Pellicci, Staglieno, Genova 1977, pp. 34, 94, 109; F. Sborgi, Persistenze del Liberty, in La scultura a Genova e in Liguria. Il Novecento, III, Genova 1989, p. 10 s.; Id., in La scultura a Genova e in Liguria. Dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1989, pp. 416, 428, 438 s. e ad. ind.; C. Olcese Spingardi, L. O., ibid., p. 485; Dizionario degli artisti liguri…, a cura di G. Beringheli, Genova 1991, p. 253; V. Vicario, Gli scultori italiani dal Neoclassicismo al Liberty, II, Lodi 1994, pp. 761 s.; F. Sborgi, Staglieno e la scultura funeraria ligure tra ottocento e novecento, Torino 1997, p. 83, 163, 185, 187, 189, 191, 251, 256, 404 s. e ad ind. (con bibl.); Monumenti e statue di Staglieno, Genova 2003, pp. 89, 94; A.R. Chiocca, Sepoltura di Enrico Romagnino Cogliolo, Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici di Sassari e Nuoro, scheda OA, 2003, codice univoco ICCD 2000146685; M.F. Giubilei, Galleria d'arte Moderna di Genova. Repertorio generale delle opere, II, Firenze 2004, pp. 625, 880.