PALMA, Luigi
PALMA, Luigi (Prospero). – Nacque a Corigliano Calabro, nei pressi di Cosenza, il 19 luglio 1837, da Pietro Paolo e da Maria Teresa Papadopoli, in una famiglia di media borghesia.
Fu educato prima nella scuola privata istituita a Corigliano dal sacerdote Giovanni Cirone, per poi seguire all’Ateneo di Napoli sia i corsi letterari sia quelli di diritto e laurearsi in giurisprudenza nel 1858.
Nel 1860, vincitore di concorso, fu nominato controllore interino per le contribuzioni dirette a Vasto degli Abruzzi e poi controllore effettivo nel luglio 1862. Alla fine di quell’anno, in seguito a concorso, ebbe l’incarico di economia politica e diritto amministrativo, diritto e storia commerciale nell’Istituto tecnico di Bergamo, dove divenne titolare nel dicembre 1863 e poi preside (incaricato nel 1869, titolare nel 1871). Professore incaricato di diritto costituzionale nell’Università di Roma, vinse il concorso per professore straordinario per titoli nella stessa materia nel 1874 e ottenne l’ordinariato nel 1878. Nel 1879 sposò la romana Elena Bolasco, da cui non ebbe figli.
Insegnante di materie pubblicistiche (diritto internazionale e costituzionale) del principe ereditario Vittorio Emanuele tra il 1884 e il 1886, proprio nel 1886 divenne preside della facoltà di giurisprudenza di Roma e membro del Consiglio superiore dell’Istruzione pubblica su designazione delle facoltà giuridiche del Regno. L’anno successivo fu nominato consigliere di Stato mantenendo il corso libero di storia comparata delle costituzioni moderne, materia che aveva insegnato dal 1878 nel Corso complementare di scienze economiche amministrative fondato da Angelo Messedaglia presso la facoltà giuridica romana.
Palma è il rappresentante più caratteristico della generazione di giuspubblicisti dei primi venti anni di storia unitaria, un giurista rappresentativo dell’indirizzo storico-comparatistico che precede la nascita della scuola orlandiana e che fornisce alla corrente antiformalista elementi di riflessione e di sviluppo. «Di Luigi Palma nella scienza del diritto pubblico particolarmente per l’Italia, qualcuno presto o tardi dovrà occuparsi», così si esprimeva Gaetano Arangio Ruiz nell’ampio necrologio a lui dedicato (1900). C’è voluto più d’un secolo perché i riflettori si riaprissero sul primo ordinario di diritto costituzionale dell’Università di Roma. Se ne sono occupati Luca Borsi (2007) e poi Karina Lavagna (2011) dopo un sostanziale oblio, derivante dall’interesse esclusivo per la scuola orlandiana delle generazioni successive.
La prolusione per l’inizio dell’anno accademico 1882-83 (in Questioni costituzionali, Firenze 1885, pp. 7 ss.) è sintomatica ed esemplare. In essa Palma descrive la linea dicotomica percorsa dalla dottrina costituzionalistica interna e internazionale sulla base della doppia via Montesquieu- Rousseau. Da un lato, quindi, la posizione del costituzionalismo inteso come limite al potere, dall’altro la democratica roussoiana basata sul principio della sovranità popolare. In questa prospettiva Palma ricostruiva in maniera efficace, ma assiologicamente orientata, la contrapposizione tra l’indirizzo anglo-americano e quello francese, mettendo in evidenza come nell’Europa latina la «teorica costituzionale di Rousseau» fosse riuscita a «distruggere i privilegi» ma avesse fallito nell’opera «di dare ai popoli un vero ordinamento di libertà». In questa specifica linea Palma, in coincidenza con l’espansione del suffragio maschile, vedeva i difetti e i pericoli di degenerazione delle forme di governo rappresentative parlamentari, richiamando le previsioni di Burke sullo scivolamento verso il cesarismo (p. 22). Questa riflessione apriva, in coincidenza con le critiche minghettiane, alla discussione sulle deficienze del parlamentarismo e alla necessità di nuovi paradigmi disciplinari e di opportune innovazioni istituzionali.
La scriminante intellettuale di Palma è individuabile dunque nel 1882 ed è quindi necessario analizzare i suoi circa quaranta anni di attività scientifica, nel periodo precedente e successivo. Il suo lavoro scientifico è rappresentativo della pulsione della classe dirigente del nuovo Regno verso un equilibrio della monarchia rappresentativa capace di modernizzare nella continuità il nuovo ordinamento. Palma in verità nella sua prima produzione si occupò apparentemente di temi internazionalistici. Nel febbraio 1866 aveva, infatti, presentato al concorso bandito dall’Istituto lombardo di scienze e lettere la memoria Del principio di nazionalità nella moderna società europea (Milano 1867), opera che dimostra ampia cultura e si può definire interdisciplinare e volta all’approfondimento delle scienze politiche sul piano interno e internazionale. D’altro canto, l’idea che essa sia influenzata direttamente dal pensiero di Pasquale Stanislao Mancini è smentita dall’ammissione dello stesso Palma, che afferma di non essere riuscito a recuperare, di Mancini, la famosa prolusione del 1851 sulla nazionalità. Questo particolare può illuminare la vicenda del concorso di diritto internazionale di Modena (1870) in cui Palma fu posposto ad Augusto Pierantoni, genero di Mancini e poi collega nell’Università romana.
Nel 1869 Palma aveva pubblicato un’opera di spessore assoluto, Del potere negli stati liberi (Milano), in cui esaminava in maniera ampia e approfondita un tema tipicamente costituzionalistico, ponendo sulla funzione elettiva il fondamento degli ordinamenti costituzionali contemporanei.
Tra i sette poteri dello Stato libero (elettorale, municipale e provinciale, rappresentativo nazionale e popolare, senatoriale o moderatore, regio, ministeriale, giudiziario) Palma indicava nel regio «la somma dimezzata» di tutti, mentre quello elettorale era il «più indipendente» e «adunque il primo» (pp. 14-17). In questa prospettiva, che individua il basilare equilibrio della monarchia rappresentativa, si spiega l’attenzione per il voto e il suo esercizio. L’attenzione principale di Palma era ovviamente sull’estensione del voto, da un lato, e sulla libertà elettorale, e quindi la veridicità dell’atto elettivo, dall’altro. Essa era anche aperta alle coeve discussioni britanniche e svizzere sul superamento del meccanismo elettorale maggioritario in collegio uninominale. Di qui l’analisi de La rappresentanza delle minorità: sistema Hare (in Nuova antologia, 1869, vol. 11, pp. 118-135). Palma si inseriva in questo caso in un dibattito sul tema del sistema elettorale in senso stretto, animato in Italia da Attilio Brunialti, Guido Padelletti, Francesco Genala e altri, ed entrava a pieno titolo nell’ambito del costituzionalismo.
La svolta si ebbe con l’incarico all’Università di Roma, dove nei primi tre anni si erano avvicendati Francesco Sulis e Carlo Boncompagni e che soffriva ancora per la concorrenza dell’Istituto universitario vaticano, soppresso con legge nel 1876. L’attribuzione della cattedra nel 1874 non costituì solo un riconoscimento, ma soprattutto un investimento da parte del Ministero e della facoltà romana sul fatto che i principi dello Stato liberale rappresentativo sarebbero stati insegnati nella Capitale in maniera opportuna.
La prelezione di Palma al Corso su «I caratteri e le condizioni del governo costituzionale» (6 novembre 1874, ora in Corso di diritto costituzionale, Firenze 1883, pp. 7 ss.) precorrendo la dicotomia Montesquieu-Rousseau contrappone l’empiria di Aristotele all’idealismo di Platone per affermare che nell’ambito dell’ordinamento costituzionale «occorre segnatamente comparare le istituzioni e le legislazioni dei popoli, vale a dire profittare dell’esperienza di tutta l’umanità nel corso dello spazio e del tempo» (ibid., p. 33). Il compito della scienza è stimolare il cambiamento e quindi sfatare le impostazioni deterministiche. Palma evidenzia, dunque, come sia necessario utilizzare i modelli comparatistici non soltanto in maniera critica, ma soprattutto adeguata alle condizioni in cui gli stessi potrebbero essere introdotti. In questa prospettiva, che richiama in modo implicito la lezione di Vincenzo Cuoco (tuttavia mai citato), per Palma è importante che il governo costituzionale sia connesso con quella che oggi chiamiamo cultura politica. La sua proposta metodologica è quindi lontana da quella di Gian Domenico Romagnosi, apparentemente troppo costruita a tavolino, e più vicina alla lezione di Jean Ch. Sismondi e Pellegrino Rossi, mentre la sua definizione di diritto costituzionale prevede, da un lato, l’organizzazione dei pubblici poteri, dall’altro lo studio delle libertà.
Negli anni Settanta Palma si impegnò in un’intensa attività pubblicistica volta al monitoraggio della dinamica della forma di governo italiana e degli ordinamenti stranieri sulla base di un metodo che applicò in maniera coerente sia nel corso di diritto costituzionale sia in quello di «costituzioni moderne» (dedicato soprattutto ai casi statunitense, francese, belga e austro-ungarico, poiché quello inglese è sempre implicitamente presente). Fanno parte di questa impostazione gli studi documentari sull’istruzione superiore (Legislazione scolastica comparata, curato con L. Ferri, Firenze 1875) e quelli sui trattati internazionali (Trattati e convenzioni in vigore fra il Regno d’Italia ed i governi esteri, Torino 1879-80), in un’attività che conferma l’importanza delle scienze politiche.
In questa prospettiva durante gli anni Ottanta si intensificò la sua analisi comparatistica (certificata dalla pubblicazione dei testi delle principali costituzioni straniere su Nuova antologia), ma soprattutto la riflessione sulla necessità di opportune riforme istituzionali.
In realtà Palma, come molti degli esponenti risorgimentali, analizzò freddamente l’evoluzione sistemica e dopo l’allargamento del suffragio nel 1882, ritenendo pericolosa la degenerazione trasformistica, accentuò la propria posizione critica. Questi suoi interventi devono essere, quindi, inquadrati nell’ambito della polemica sul parlamentarismo, i cui influssi sono evidenti nell’opera dei principali costituzionalisti dell’epoca (da Giulio Arcoleo a Gaetano Mosca suo allievo al Corso complementare, ad Angelo Majorana, a Vittorio Emanuele Orlando). In questa linea deve essere messo in rilievo il peculiare influsso di Palma nella riproduzione universitaria: fu presente in dodici procedimenti concorsuali di cui otto per il diritto costituzionale, tre per il diritto internazionale e uno per la storia del diritto, che individuarono i giuspubblicisti rilevanti per il quarto di secolo successivo, e diede coscientemente il via al rinnovamento e alla stabilizzazione del contesto giuspubblicistico.
Nominato consigliere di Stato nel 1887, Palma continuò a produrre e ad avere influsso nell’ambito di una dottrina ormai rinnovata attraverso la persistenza del metodo storico-comparativo che lo aveva caratterizzato, ma è significativo che dopo la sua morte e l’arrivo alla facoltà romana di Orlando e Alfredo Codacci Pisanelli il Corso complementare di scienze economiche amministrative diretto dal suo allievo Livio Minguzzi fu soppresso.
Morì a Roma il 4 gennaio 1899.
Opere: Oltre a quelle citate, per un elenco esaustivo vedi appendice a K. Lavagna, La trasformazione istituzionale nell’Italia liberale: il contributo di L. P., Roma 2010.
Fonti e Bibl.: Necr.: L. Minguzzi, L. P.: commemorazione, Milano 1899; G. Arangio-Ruiz, L. P., s.l. 1900. Si vedano inoltre: M. Galizia, Profili storico-comparativi della scienza del diritto costituzionale, in Archivio giuridico F. Serafini, 1963, 1-2, pp. 3-110; G. Cianferotti. Il pensiero di V. E. Orlando e la giuspubblicistica italiana fra Ottocento e Novecento, Milano 1980, ad ind.; F. Lanchester, Pensare lo Stato, Roma-Bari 2004, ad ind.; G. Melis, L.P., in Dizionario biografico dei consiglieri di Stato (1861-1948): le prime 138 biografie, Roma 2004, pp. 177-179; L. Borsi, Storia, nazione, costituzione: P. e i preorlandiani, Milano 2007; K. Lavagna, La trasformazione istituzionale nell’Italia liberale, cit.