PIRANDELLO, Luigi
Scrittore, nato a Girgenti il 28 giugno 1867 da una famiglia che vantava, sia dal lato paterno sia da quello materno, illustri tradizioni patriottiche nella storia del Risorgimento. Luigi fu avviato dal padre, appaltatore di miniere di zolfo, alla scuola tecnica; ma passò agli studî classici, che frequentò prima a Girgenti e poi a Palermo. Iscrittosi alla facoltà di lettere dell'università di Roma, fu tra gli allievi prediletti di E. Monaci, professore di filologia romanza; per consiglio di questo il P. si recò (1888) a Bonn sul Reno, per perfezionarsi nella sua disciplina prediletta. Portano questa data le sue prime poesie, raccolte sotto il titolo Pasqua di Gea, dove si rispecchia il suo primo atteggiamento, umanistico, come era allora tradizione d'ogni meridionale colto, con evidenti derivazioni dal Poliziano e dal Magnifico. La sua tesi di laurea a Bonn, che egli scrisse in tedesco, Laute und Lautentwickelung der Mundart von Girgenti, gli procurò un posto di lettore d'italiano nella stessa università. Vi rimase per breve tempo, e vi approfondì la sua conoscenza dei poeti tedeschi, cui s'era già accostato a Palermo; è di allora la sua traduzione delle Elegie romane del Goethe.
Tornato in Italia nel 1890, tentò la via dei commerci paterni; ma vi durò poco. Nello stesso anno era a Roma, in mezzo al movimento letterario e giornalistico; frequentò il Fanfulla e il Capitan Fracassa, strinse rapporti con L. Capuana, che lo indusse a scrivere in prosa. Al Capuana il P. lesse le sue prime novelle, che poi raccolse nel libretto Amori senz'amore, dove si trova uno spunto che diverrà più tardi la commedia L'amica delle mogli. In un'estate passata sul Monte Cavo, con U. Oietti e con altri amici, il P. compose il suo primo romanzo, L'Esclusa, dove appaiono primamente le qualità del suo spirito, per quanto in un tono inadeguato a quello che sarà poi l'umorismo pirandelliano.
Dopo quell'estate di lavoro, certo della sua strada, si diede con impeto geniale a comporre novelle; ne scrisse molte, per il Marzocco e per altri giornali. Sono di questo periodo le novelle caratteristiche: Lontano, La maestrina Boccarmé, e molte delle novelle siciliane contenute nei volumi Beffe della morte e della vita, Bianche e nere, Quand'ero matto. Appartiene a questo periodo anche il romanzetto Il turno, che riuscì a stampare soltanto dopo sette anni a Catania. In questa parte della sua opera è già tutto quello che sarà il Pirandello maturo.
Abbiamo definito siciliani molti componimenti di questo periodo; ma in realtà il P. era già uscito dal regionalismo del Capuana; egli è già il tipico rappresentante della borghesia regionale italiana che aveva promosso l'unità, il primo cronista, artista e critico di essa borghesia. Il P. narrava l'istituzione, le forme di vita, gl'ideali, i trionfi, le miserie delle classi di cui il Verga aveva, in Mastro don Gesualdo, descritto l'ascensione sociale. Pochi si accorsero dell'importanza dell'opera pirandelliana in tal senso. Ormai, del naturalismo, non rimanevano al P. che alcuni modi e temi: il tema della vecchiaia, della morte, della pazzia, della gelosia, cui egli darà tutt'altro valore in un tono quasi mistico. È probabile che nell'opera pirandelliana non riconoscessero sé stessi non soltanto i movimenti letterarî, ma neppure il pubblico italiano: quelli neoclassici ed estetizzanti, questo inseguente di sé un'immagine convenzionale, come accade a tutte le società costituite da poco. Il P. aveva intanto sposato nel 1893 l'agrigentina Maria Antonietta Portulano, e nel 1895 ne aveva il primo figlio.
Vengono ora gli anni più importanti dello sviluppo pirandelliano, culminanti nel 1904 con Il fu Mattia Pascal. Questo romanzo è il punto d'arrivo della sua arte, la soluzione di tutto il suo problema narrativo, la fusione più completa fra materia e stile; costituì il primo successo europeo del P.; tradotto in tutte le lingue d'Europa, offrì lo spunto dichiarato del Cadavere vivente di Leone Tolstoj; è uno degli esemplari romanzi italiani. Se ci rifacciamo alla letteratura di quel tempo, dominata dalla grande lirica dannunziana, ma difettante di narratori, tanta ricchezza di racconto, tanto estro, invenzione, fantasia, senso della vita, del tempo, dei costumi sociali, ci faranno valutare meglio la novità di quell'opera. La quale fu scritta in un momento in cui il problema dell'arte del P. coincideva con un problema di vita. Egli era vissuto fino a quell'anno riccamente; sopraggiungeva ora il fallimento del padre e una grave malattia della moglie. Già dal 1897 egli insegnava all'Istituto superiore femminile di magistero, e sono il frutto di quell'insegnamento i suoi saggi L' Umorismo e Arte e scienza. Escono quindi I vecchi e i giovani, l'opera centrale della sua maturità, che rappresenta la conclusione della sua esperienza civile e per così dire il suo viaggio attraverso la vita italiana di dopo l'unità; più tardi, saranno sulla medesima linea i libri usciti alla vigilia della guerra mondiale, E domani..., lunedì, Berecche e la guerra, Erba del nostro orto, Un cavallo nella luna, Si gira.
Il teatro nasce nell'opera pirandelliana come una forma estrema di lirica e di esperienza letteraria insieme. Il drammaturgo ricomincia con i primi accenti del narratore, e spesso i temi dei suoi drammi sono quelli delle sue novelle; ma brucia rapidissimamente le tappe. Vengono prima i lavori vernacoli siciliani, Pensaci Giacomino, Liolà, Il berretto a sonagli, e quelli scritti in collaborazione con N. Martoglio, 'A vilanza, Cappiduzzu paga tutto; poi Cosi è (se vi pare), il tema fondamentale della drammaturgia pirandelliana.
L'opera teatrale di P. contiene, è vero, più di un tema caro ai commediografi in voga di quel tempo: ma nell'opera di P. quegli stessi temi (v., per. es., Il giuoco delle parti), non hanno più lo stesso valore che ebbero per i detti commediografi, residui d'un ibsenismo borghese; non si tratta più dell'uomo sociale considerato in quanto prodotto di determinati climi e ambienti, i cui reagenti sono le convenzioni della società civile; ma dell'uomo in quanto tale, con ciò che ha di più profondo, connaturato, primitivo, istintivo. I drammi pirandelliani sono i drammi dell'angoscia della borghesia, della stessa civiltà col suo mondo di convenienze in dissoluzione, e col ripullulare della natura e dell'istinto, cioè d'una morale naturale là dove quella sociale è fallita. In tal senso il P. è un campione di tutto quel lavoro letterario che s'è in varia maniera scrollata di dosso l'eredità dell'Ottocento: M. Proust, G. B. Shaw, D. H. Lawrence.
Una straordinaria vena assiste il P. fino al 1921, anno dei Sei personaggi in cerca d'autore e dell'Enrico IV, il primo scritto in tre settimane, il secondo nelle due settimane seguenti. Sono i suoi estremi punti di arrivo; lo rivelano in tutto il mondo, dalla Francia al Giappone, dopo le tempestose prime rappresentazioni romane; per molti anni influiscono sul teatro mondiale; "pirandellismo" e "pirandelliano" diventano parole correnti in tutte le lingue, e dietro al loro successo trascinano in tutte le parti del mondo il loro autore. Questi due lavori rimangono l'espressione più perfetta del P. drammaturgo, e nella storia del teatro segnano una tappa universalmente riconosciuta; letteratura, cinema, vita, s'impadroniscono dei temi di codeste opere che toccano assai da vicino la perfezione; la prima dissolve tutti i convenzionalismi teatrali e torna a forme di teatro classiche; lo stesso dialogo ha un valore lirico come accade in tutti i capolavori teatrali.
Se volessimo cercare un fondo filosofico alla concezione pirandelliana del mondo, scopriremmo in lui il poeta del vivere in quanto creazione di noi stessi, il nemico dei luoghi comuni e del convenzionalismo, l'assertore del prevalere dell'intelligenza sugl'istinti, il poeta dell'uomo elaborato dalla coscienza civile. Il mondo è per lui una continua invenzione personale. Nelle sue opere più riuscite, il personaggio ha il disegno fermo, asciutto, sicuro di certe figure greche.
Dopo i Sei personaggi, il P. capì d'avere espresso una concezione della vita tutta sua, e volle lumeggiarla da tutti i lati. Ultimamente, alcune sue prose uscite nei giornali e raccolte nella nuova edizione di Berecche e la guerra (Milano 1934), sono l'inizio d'una nuova fioritura narrativa che porta a una maturazione estrema la migliore arte pirandelliana. Il P. è accademico d'Italia dalla fondazione; nel 1934 gli fu attribuito il premio Nobel per la letteratura.
Opere Principali: Poesia: Mal giocondo, Palermo 1889; Zampogna, Roma 1901; Fuori chiave, Genova 1912; Romanzi: L'esclusa, Roma 1901; nuova ediz., Firenze 1927; Il turno, Catania 1902; nuova ediz., Firenze 1929; Il fu Mattia Pascal, Roma 1904; nuova ediz., Firenze 1927; I vecchi e i giovani, Milano 1913; nuova ediz., ivi 1931; Si gira..., Milano 1916, ristampato col titolo Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze 1925; Novelle: sono contenute in 15 volumi pubblicati con titoli varî dal 1901 al 1919; una nuova ristampa fu intrapresa dall'editore Bemporad nei volumi Novelle per un anno, Firenze 1922 segg., continuata dall'editore Mondadori, Milano 1930 segg. Scritti varî di critica: Laute und Lautentwickelung der Mundart von Girgenti, Halle 1891; Arte e scienza, Roma 1908; L'umorismo, Lanciano 1908; nuova ediz., Firenze 1920.
Teatro: Lumie di Sicilia, rappr. Roma, 1913; Se non così (poi col titolo La ragione degli altri), rappr. Milano, 1915; Il berretto a sonagli, rappr. Roma, 1916; Liolà commedia campestre in dialetto agrigentino, rappr. Roma, 1916, pubblicata in versione italiana, Firenze 1928; Pensaci, Giacomino, rappr. Roma, 1916; Il piacere dell'onestà, rappr. Torino, 1917; Ma non è una cosa seria, rappr. Livorno, 1918; Il giuoco delle parti, rappr. Roma, 1918; Così è (se vi pare), rappr. Milano, 1918; L'innesto, rappr. Roma, 1919; L'uomo, la bestia e la virtù, rappr. Milano, 1919; La signora Morli una e due (poi col titolo Due in una), rappr. Roma, 1920; Tutto per bene, rappr. Roma 1920; Come prima, meglio di prima, rappr. Venezia, 1921; Sei personaggi in cerca d'autore, rappr. Roma, 1921; Enrico IV, rappr. Roma, 1922; Vestire gli gnudi, rappr. Roma, 1922; La vita che ti diedi, rappr. Roma, 1923; L'uomo dal fiore in bocca, rappr. Roma, 1923; Ciascuno a suo modo, rappr. Milano, 1924; L'altro figlio, rappr. Roma, 1923; La sagra del signore della nave, rappr. Roma, 1925; Diana e la Tuda, rappr. in tedesco, Zurigo, 1926; in italiano, Milano 1927; L'amica delle mogli, rappr. Roma, 1927; La nuova colonia rappr. Roma, 1928: Lazzaro, rappr. in Inghilterra, col titolo Nuddersfield, 1929, in Italia, a Torino, 1929; O di uno o di nessuno, rappr. Torino, 1929; Questa sera si recita a soggetto, rappr. Königsberg, 1930; Come tu mi vuoi, rappr. Milano, 1930; La favola del figlio cambiato (musica di G. F. Malipiero), rappr. Roma, 1934; Trovarsi, rappr. Napoli, 1932; Quando si è qualcuno, rappr. Sanremo, 1933. Tutto il teatro è raccolto in una serie di volumi col titolo Maschere nude, Firenze 1920-29, pubblicazione proseguita dall'editore Mondadori, Milano 1930 segg.
Bibl.: Una completa bibliografia delle opere del P. in Annuario d. R. Acc. d'Italia, II (1929-30), Roma 1931, pp. 277-80, aggiornata nei successivi annuari. Cfr., oltre i ricordi autobiografici in Nuova Antologia, 16 giugno 1933 e 1° gennaio 1934; R. Serra, Le lettere, rist., Roma 1920; A. Tilgher, Voci del tempo, Roma 1921; id., Studi sul teatro contemp., ivi 1923; id., La scena e la vita, ivi 1925; L. Russo, I narratori, Roma 1923; A. Cajumi, Da Dumas figlio a P., in La Cultura, IV (1925); F. Flora, Dal romanticismo al futurismo, n. ed., Milano 1925; W. Starkie, L. P., New York 1927; F. Pasini, L. P. (come mi pare), Trieste 1927; B. Crémieux, Littérature italienne contemporaine, Parigi 1928; id., in Revue de Paris, dicembre 1934; I. Suliotti, Il teatro di L. P., ecc., Torino 1929; A. Galletti, Teorie di critici ed opere di poeti, Aquila 1930; A. Mortier, Études italiennes, Parigi 1930; F. V. Nardelli, L'uomo segreto. Vita e croci di L. P., Milano 1932; S. d'Amico, Il Teatro italiano, Milano-Roma 1932; B. Croce, in La critica, XXXIII (1935), p. 20 segg.; P. Mignosi, Il segreto di P., Palermo 1935.