REALI, Luigi
REALI, Luigi (Alvise, Aloisio, Aluiggi, Ludovico). – Nacque a Firenze il 2 luglio 1602 da Agnolo di Giugno e da Antonia di Domenico Tacconi; padrini di battesimo furono Luigi di Agnolo Gaddi e Laura di Francesco Naldini (Villata, 2008a, p. 16). Il primo è quasi certamente il nobile fiorentino (1546-1607) fratello minore di Gerolamo vescovo di Cortona, e marito di Lucrezia Ricasoli; tuttavia al momento non si riesce a collocare meglio, dal punto di vista sociale, la famiglia Reali nel contesto fiorentino.
Il cognome Reali pare isolato a Firenze, mentre risulta diffuso nell’attuale Canton Ticino (così come Tacconi): lo si ritrova, per esempio, ad Arogno, Rovio e Bissone, senza considerare che un Michele Reali, stuccatore, fu attivo in Canton Ticino nella seconda metà del Settecento. L’ipotesi si rafforza (facendo ritenere probabile che la residenza fiorentina della famiglia vada letta quale tipico episodio di emigrazione dalla ‘regione dei laghi’) considerando che tutta quella che oggi ci appare come la fase più antica della carriera di Reali, con opere che vanno dal 1628 al 1636, è collocata nell’attuale Canton Ticino. Si tratta del S. Teodoro vescovo nella casa parrocchiale di Gentilino, firmato e datato 1628, dipinto per tale Piattino di Pia Ronca (Villata, 2008b, pp. 80 s.), della Pentecoste nella parrocchiale di Rivera, datata 1633; delle tele raffiguranti i Ss. Lucia, Sebastiano e Rocco e i Ss. Antonio di Padova, Francesco (?) e Antonio abate della chiesa prepositurale di Bironico, databili tra il 1633 e il 1636 (Calderari, scheda n. 6, in Luigi Reali, 2008, pp. 48 s.), nonché di una parte degli affreschi del chiostro di S. Maria delle Grazie a Bellinzona con scene della vita di s. Francesco: tutti quelli dell’ala nord e sei del lato est, eseguiti tra il 1635 e il 1636 (Calderari - Pedrioli, 2008), cui va aggiunta la decorazione del cortile interno del convento. Il dossier ticinese si completa con opere non datate, quali le due tele di soggetto carliano nell’oratorio dedicato al Borromeo a Motto di Dongio, e con il S. Carlo Borromeo della parrocchiale di Rivera; da confermargli anche i Ss. Rocco e Sebastiano della parrocchiale di Bironico (Villata, 2008a, pp. 44 s., 51; Id., 2008b, pp. 79 s.). C’è poi un documento che lo vede attivo, per opere non meglio precisate e comunque perdute, in San Lorenzo a Lugano nel 1634.
Non solo i dati d’archivio confermano l’attributo di Florentinus che Reali amava attribuirsi nelle firme di cui spesso corredava i propri dipinti, ma anche il debito che egli ebbe con la pittura fiorentina di primo Seicento. In particolare, quando ancora l’atto di battesimo, oltre all’attività ticinese, era sconosciuto, si è ipotizzato di legare Reali alla scuola di Francesco Curradi (Bianchetti, 1986). Tuttavia va presa in seria considerazione anche la proposta di Contini (2008), di leggerne gli esordi in connessione almeno indiretta con Lucca e con Pisa, tra Giovanni Stefano Maruscelli e Aurelio Lomi. Soprattutto quest’ultimo pare davvero un modello significativo per Reali, nei panneggi appiombati fino all’astrazione, nell’enfasi gestuale e nel chiaroscuro accentuato; i suoi estremi biografici (dovrebbe essere morto verso il 1622 o poco dopo) non impediscono che il contatto sia stato anche personale. Da notare comunque, già dalle prime opere, la disinvoltura con cui Reali utilizzò modelli disparati, arrivando nel corso degli anni a un’estrema libertà in tal senso: ad esempio, la Pentecoste di Rivera trae le due figure di apostoli in primo piano dall’incisione di Camillo Procaccini raffigurante la Trasfigurazione, del 1590, mentre un’inedita Sacra Famiglia con Giovannino Battista (coll. priv.), riferibile alla giovinezza del pittore, basa la propria impostazione sulla Sacra Famiglia del Pomarancio, datata 1599 (P. Di Gianmaria, in I segreti di un collezionista. Le straordinarie raccolte di Cassiano dal Pozzo, 1588-1657, a cura di F. Solinas (catal., Biella, 2001-2002), Roma 2001, pp. 45 s.).
Reali lasciò il Ticino tra il 1636 e il 1637, per trasferirsi nell’adiacente area verbanese (per le opere nella diocesi di Novara v. Debiaggi, 1969; Canestro Chiovenda, 1971; Ead., 1977; Bianchetti, 1986; Venturoli, 1986; Pizzigoni, 1989; Villata, 2008a, pp. 59 s.). Nel 1637 firmò e datò i Due santi domenicani che ricevono da Gregorio XII la bolla istitutiva della Festa del Rosario del santuario di S. Maurizio della Costa a Ghiffa; due anni dopo fu la volta dello Sposalizio della Vergine (prima occorrenza nota di un soggetto trattato molte volte dal pittore) nella chiesa della beata Vergine della Neve a Domodossola. Il 16 settembre 1640 Reali ricevette l’incarico di dipingere, insieme al non altrimenti noto Francesco del Negro di Mozzo, forse il modesto alter ego che capita spesso di incontrare nel corpus del pittore fiorentino, la cappella della Vergine degli Angeli nella parrocchiale di Crodo (distrutti nel 1822: Bertamini, 1976, p. 75; per le date di Reali si vedano Barigozzi Brini, 1989, p. 70; Villata, 2008a, p. 61); lo stesso anno appose firma e data alla Madonna delle Grazie con i ss. Antonio abate e Sebastiano dell’oratorio di S. Antonio a Nava di Montecrestese. Al 1641 risalgono la Visitazione nell’oratorio di S. Elisabetta a Ronco di Ghiffa, lo Sposalizio della Vergine nella parrocchiale di Luzzogno e la tela di identico soggetto della Pinacoteca di Varallo, eseguita per la locale confraternita di S. Marta su incarico del priore Bartolomeo Fassola (Stefani Perrone, 2005). L’attività ossolana proseguì negli anni Quaranta con la pala della Vergine del Rosario nella chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Crevoladossola e con la Madonna delle Grazie nell’oratorio di S. Giovanni Battista ad Altoggio di Montecrestese. Allo stesso tempo, però, Reali instaurò rapporti destinati a intensificarsi con la Valsassina (sulla sua attività in quest’area v. Ruggeri - Guadalupi, 1967; Barigozzi Brini, 1989; Coppa, 1989): al 1643 risale la prima opera nota eseguita per il piccolo centro valsassinese di Pasturo (le tre tele raffiguranti rispettivamente la Madonna col Bambino tra i ss. Andrea e Pietro Martire, S. Biagio e S. Eusebio, documentate al 1643), il cui parroco, Giobbe Marazzi, si fece da lui ritrarre nel dipinto siglato e datato 1644 oggi nella casa parrocchiale di Indovero. Del 1645 sono la Madonna delle Grazie con i ss. Giovanni Battista e Giacomo Maggiore nell’oratorio del Battista ad Altoggio di Montecrestese e le tele raffiguranti S. Restituta che presenta i figli al papa e il Battesimo di s. Eusebio nella parrocchiale di Pasturo; oltre ai Misteri del Rosario della parrocchiale di Barzio (Zastrow, 1992).
Il profilo storico-artistico di Reali ha preso corpo a partire dal 1960, allorché Marco Rosci schedò lo Sposalizio della Vergine ivi conservato, osservando che del pittore «conosciamo in tutto e per tutto la firma apposta al quadro» (1960, pp. 96 s.). Il seguito degli studi è dovuto a Ugo Ruggeri e Gianna Guadalupi, Tullio Bertamini, Casimiro Debiaggi, Beatrice Canestro Chiovenda, Gianfranco Bianchetti e Paolo Venturoli, che, pur tra qualche inevitabile approssimazione, hanno costituito in tempi tutto sommato brevi un solido corpus pittorico dislocato tra la Valdossola e la Valsassina, con sporadiche puntate valsesiane. Rispetto agli esordi ticinesi, tra la fine del quarto e il quinto decennio del secolo, Reali allargò i propri orizzonti figurativi alla realtà lombarda, in modo particolare all’esempio del Morazzone di Arona e del Sacro Monte di Varallo, pur non perdendo, nelle opere più felici, una certa eleganza di disegno e una tavolozza scintillante e vivace, per la quale il riferimento di Bianchetti a Francesco Curradi continua a sembrare piuttosto ben speso.
Se, come dimostrano i lavori a Ghiffa, l’inizio dell’attività ‘italiana’ di Reali fu in stretta continuità con quella ticinese, man mano Reali si accostò a modelli differenti, come si è detto, raggiungendo una per lui rara eleganza di tocco pittorico nelle piccole Storie della Vergine della parrocchiale di Vocca e nella decorazione della cappella del Rosario nella parrocchiale di Invorio Inferiore, riferita a Reali da Pizzigoni (1989): opere in cui all’attrazione per Morazzone si affianca un meditare non scontato sui toni spenti del Cerano di secondo decennio, privato però delle drammatiche accensioni di luce livida.
Il ritratto di Giobbe Marazzi, per il quale Reali dipinse anche una più convenzionale effigie del cardinale Federico Borromeo (oggi nella casa parrocchiale della frazione di Indovero di Casargo), denota qualità di ritrattista non insignificanti, confermate dall’effigie del curato Giovanni Battista Cattaneo Torriani nella casa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista a Lecco, in cui Reali sembra quasi accostarsi, pur su un livello nettamente inferiore, agli esempi di Carlo Ceresa (Virgilio, 2015).
La polarità tra la Valsassina e la zona nordoccidentale della diocesi di Novara costituì per il resto della carriera la principale fonte di lavoro per Reali, anche se dopo la prevalenza della prima si assiste a un approfondirsi dei rapporti con la Lombardia alpina all’inizio degli anni Quaranta. Proseguendo nel regesto del pittore, che procede almeno per un quindicennio, si incontrano, dopo un curioso silenzio di quattro anni per i quali non possediamo né documenti né opere datate, nel 1650 la Madonna venerata da s. Carlo Borromeo nella chiesa dell’Assunta di Mergozzo e la Vergine del Buon Consiglio con le ss. Caterina e Lucia nel santuario di S. Maria delle Grazie a Barcone (presso Primaluna), su commissione di Giacomo de Melesis; l’anno successivo Reali eseguì altri quattro dipinti per lo stesso santuario, raffiguranti il Martirio di s. Apollonia, il Martirio di s. Agata, S. Vincenzo e S. Antonio di Padova. Nel 1655 firmò e datò, insieme a un Francesco Negri di Antigorio (che sembra essere lo stesso Francesco del Negro di Mozzo già aiuto di Reali a Crodo nel 1640), le tempere raffiguranti S. Carlo che porta il Santo Chiodo in processione e S. Carlo che visita gli appestati in S. Maria Assunta di Montecrestese.
Ritrovare lo stesso aiuto a quindici anni di distanza indica un rapporto consolidato, che potrebbe rendere ragione dei dislivelli di qualità, anche molto forti, spesso rilevati dalla critica nelle opere riferite a Reali. In particolare, si tratterebbe di un collaboratore detto nel 1640 di Mozzo, quindi di origine bergamasca, e nel 1655 di Antigorio, il che potrebbe probabilmente intendersi come indicazione di domicilio, e documentato sempre in imprese eseguite nella stessa area geografica (Crodo e Montecrestese). Negri sarà stato un collaboratore fisso almeno per le opere nella diocesi di Novara, e responsabile forse di lavori di qualità particolarmente modesta quali gli affreschi nell’oratorio della Visitazione in località Antillone di Formazza.
L’ultimo documentato decennio di attività di Reali che, pur senza trascurare il Novarese privilegia la Valsassina, la Valcamonica e si apre sul Lecchese, presenta una maggiore omogeneità qualitativa e un crescente interesse per la più aperta e ‘leggera’ pittura dei Nuvolone, nella tavolozza maggiormente schiarita rispetto ai protagonisti dell’epoca di Federico Borromeo. Sono tutti firmati e datati il S. Antonio di Padova in S. Giorgio a Zoverallo, del 1656; il Martirio di s. Eusebio nella casa parrocchiale di Pasturo e il S. Antonio già nella chiesa di Codesino, entrambi del 1658, e infine lo Sposalizio della Vergine in S. Caterina a Vocogno e l’Immacolata e santi in S. Giacomo a Pasturo, risalenti al 1660.
Non si hanno più notizie di Reali dopo il 1660, il che potrebbe far sospettare che la morte sia sopravvenuta intorno a quella data.
Nel 1672 risultano eseguiti o acquistati (il documento non è chiarissimo) due dipinti, uno dei quali, raffigurante S. Eurosia, dovuto a Reali, per la chiesa di S. Antonio Abate ad Abbadia Lariana, dove tuttora si conservano; è tuttavia molto dubbio che quello sia l’anno effettivo di esecuzione dei dipinti, a soddisfazione di un lascito, e non solo del loro acquisto (Virgilio, 2009).
Di acquisto si tratta sicuramente per il Martirio di s. Eurosia nella casa parrocchiale di Abbadia Lariana, come testimonia l’iscrizione sul retro, datata 1671: opera movimentata, databile intorno al 1660 o poco prima, che sembra testimoniare un forte interesse per Giovanni Stefano Danedi, detto il Montalto (Virgilio, 2008).
Dall’analisi complessiva delle opere di Reali emerge il profilo di un pittore di mezzi limitati, ma non infimi e di informazioni non scarse che, dopo promettenti inizi in Canton Ticino, con committenze di un certo rilievo, cercò fortuna nelle valli alpine, ottenendo continuità di lavoro presso una committenza di piccoli ecclesiastici e di confraternite; il che fa di lui un caso sicuramente significativo non tanto nella storia dell’arte, quanto nella storia della devozione, soprattutto laicale, con la quale sembra stringersi un duraturo sodalizio di reciproco riconoscimento. Il non isolamento del pittore pare confermato dal fatto che fino a tempi recenti (ancora da parte di Villata 2008a, p. 17) si sono attribuite a Reali opere che spettano invece a Riccardo Taurini (Cavalieri, 2007 [2008], p. 120).
Fonti e Bibl.: M. Rosci, in Pinacoteca di Varallo Sesia, Varallo Sesia 1960, pp. 96 s.; U. Ruggeri - G. Guadalupi, Aloysius Realis, in Critica d’arte, n.s., XIV (1967), pp. 47-56; C. Debiaggi, Due aggiunte al catalogo di Luigi Realis, in Bollettino storico per la provincia di Novara, LX (1969), 1, pp. 18-23; B. Canestro Chiovenda, Aloysius Realis Florentinus, in Commentari, n.s., XXII (1971), pp. 176-179; T. Bertamini, S. Stefano di Crodo, in Oscellana, VI (1976), 2, pp. 67-76 (in partic. p. 75); B. Canestro Chiovenda, Il pittore “Aloysius Realis florentinus” in Valle Strona, in Lo Strona, II (1977), pp. 4-6; T. Bertamini, Iconografia di S. Carlo Borromeo in Ossola, ibid., XIV (1984), pp. 169-207 (in partic. pp. 190-192); G.F. Bianchetti, L. R., pittore fiorentino in Ossola, in Oscellana, XVI (1986), 4, pp. 182-209; P. Venturoli, Qualche aggiunta al catalogo di Aloysius Realis Florentinus, ibid., pp. 210-213; L. R. in Valsassina (1643-1660) (catal.), a cura di A. Barigozzi Brini, Lecco 1989, con bibl. prec.; A. Barigozzi Brini, ibid., pp. 7-13 (Il percorso artistico di L. R.), p. 70 (Regesto), pp. 72-103 (Catalogo); G. Pizzigoni, L’opera di Luigi Reali in Diocesi di Novara, ibid., pp. 14-35; S. Coppa, L. R. e la pittura del Seicento in Valsassina, ibid., pp. 36-56; G.L. Daccò, Ferro, nobili ed artigiani nella Valsassina dopo la peste [1630-1670], ibid., pp. 57-69 (in partic. p. 64); L. Parma, Osservazioni sulla tecnica pittorica ed il restauro dei dipinti di L. R., ibid., pp. 105-117; O. Zastrow, Il ritrovamento a Barzio e il restauro di una ignota pittura eseguita per la parrocchiale da L. R. nel 1645, in Archivi di Lecco, XV (1992), 1, pp. 19-36; S.A. Colombo - M. Bona Castellotti, L. R., in Pittura in Brianza e in Valsassina dall’Alto Medioevo al Neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1993, pp. 283 s.; S. Stefani Perrone, Lo Sposalizio della Vergine di ‘Aloysius Realis Florentinus’ pittore in Valsesia. Breve storia di un artista, di un quadro e di un patrimonio d’arte disperso, in Tre restauri per la Pinacoteca di Varallo (catal., Varallo), a cura di C. Falcone, Borgosesia 2005, pp. 51-78; F. Cavalieri, Il “rinomato Taurini”. Un nuovo attore sulla scena della pittura milanese del Seicento, in Nuovi Studi, 2007 [2008], vol. 13, pp. 117-123; L. R. (1602-post 1660) nel Canton Ticino. Gli esordi ticinesi di un fiorentino rinnegato e girovago, a cura di E. Villata (catal., Rancate), Cinisello Balsamo 2008; R. Contini, Un Fregoli ticinese-ossolano, ibid., pp. 8-11; E. Villata, ibid., 2008a, pp. 12-27 (L. R. nel Canton Ticino: limiti e ragioni di una mostra), pp. 12-27, 44-51, 54 s. (schede nn. 4-7, 9), pp. 59 s. (Appendice), p. 61 (Regesto di L. R.); L. Calderari - P. Pedrioli, L. R. e gli affreschi del chiostro del convento di Santa Maria delle Grazie a Bellinzona. Notizie sui restauri, ibid., pp. 28-35; E. Villata, L. R. nel Canton Ticino. Un’autorecensione, in Arte e Storia, VIII (2008b), 39, pp. 76-82; G. Virgilio, Novità su L. R. Dalla mostra di Rancate all’attribuzione di due nuove opere nel Lecchese, in Archivi di Lecco e della Provincia, XXXI (2008), 4, pp. 56-65; Ead., Note aggiuntive sulla Santa Eurosia di L. R., ibid., XXXII (2009), 3, pp. 7-11; S. Coppa, schede nn. 177-179, in Musei e Gallerie di Milano. Museo Diocesano, Milano 2011, pp. 186 s.; S. Ferrari, in Arte e Territorio/2. Restituzioni e restauri 2006-2011, Lecco 2013, pp. 43-45; L. Calderari, Maestri e botteghe. Arte e architettura alle Grazie dalle origini al Settecento, in Santa Maria delle Grazie a Bellinzona. Storia e restauri, a cura di L. Calderari et al., Bellinzona 2014, pp. 46-73 (in partic. p. 63); G. Virgilio, Aggiornamenti sulla ritrattistica di L. R. (con un breve accenno a una raccolta novecentesca di fotografie), in Arte lombarda, 2015, vol. 173-174, pp. 167-172.