RICCI, Luigi
RICCI, Luigi. – Nacque a Napoli l’8 giugno (Dal Torso, 1860, p. 9; de Villars, 1866, p. 4) o l’8 luglio 1805 (Florimo, 1882, p. 302), da Pietro – sarto fiorentino, forse costumista nei teatri lirici locali – e da Rachele Ciocchi.
Ebbe tre fratelli minori attivi in ambito operistico: Federico (compositore), Egisto (impresario) e Vincenzo (cantante). Nel 1814 entrò nel Real Collegio di S. Sebastiano, dove studiò con Antonio Furno e Niccolò Zingarelli; prese anche lezioni private da Pietro Generali, il quale supervisionò la creazione della sua prima opera, L’impresario in angustie (su un vecchio libretto di Giuseppe Maria Diodati), data al teatro del Collegio nel 1822. Ancora studente, fra il 1825 e il 1828 presentò su palcoscenici locali sei titoli, il più apprezzato e longevo dei quali fu l’azione comico-favolosa Il diavolo condannato nel mondo a prender moglie (al teatro Nuovo, Carnevale 1827), il cui libretto in italiano e dialetto napoletano di Andrea Leone Tottola rielabora il tema della novella Belfagor di Niccolò Machiavelli. Nel 1828 interruppe gli studi e lasciò Napoli; in breve iniziò a comporre a ritmi serrati per vari teatri italiani.
Delle sette opere che creò fra il 1829 e il 1831, due melodrammi di genere semiserio colsero successi lusinghieri: L’orfanella di Ginevra (Jacopo Ferretti), dato il 9 settembre 1829 al teatro Valle di Roma, fu ripreso negli anni seguenti in almeno una trentina di città; Chiara di Rosembergh (Gaetano Rossi), dopo avere trionfato alla Scala di Milano l’11 ottobre 1831, circolò capillarmente nella penisola e godette di una diffusione mondiale, tanto da divenire una delle opere italiane più popolari del decennio.
Nel corso degli anni Trenta Ricci creò altri tre melodrammi semiseri, ma fu la sua produzione comica a fargli guadagnare una posizione di assoluto rilievo nel panorama musicale nazionale. Acclamati in tutta la penisola per oltre un decennio e circolati anche Oltralpe, il melodramma giocoso Il nuovo Figaro (Ferretti; Ducale di Parma, 15 febbraio 1832), il melodramma comico Un’avventura di Scaramuccia (Felice Romani; Scala, 8 marzo 1834), il melodramma Eran due or sono tre (Ferretti; Torino, teatro d’Angennes, 3 giugno 1834) e il melodramma eroicomico Chi dura vince (Ferretti; Valle, 26 dicembre 1834) fecero di Ricci il principale autore di opere buffe del periodo e uno dei maggiori contributori al corrente processo di ‘romanticizzazione’ linguistica e tematica del genere, con la commistione di elementi comici, sentimentali e patetici. Un brillante compendio del coevo stile buffo del compositore è fornito dal melodramma giocoso in un atto La serva e l’ussero (Giorgio Giachetti), dato al teatro dei Compadroni di Pavia il 21 maggio 1836 (ripreso varie volte a partire dall’ultimo quarto del Novecento).
Nel giugno del 1837 Ricci si stabilì a Trieste, dove aveva ottenuto le cariche di maestro e organista nella cappella civica della cattedrale di S. Giusto e di maestro concertatore nel teatro Grande. A fronte di una copiosa produzione di musica sacra, nei sette anni successivi creò una sola opera, il melodramma comico Le nozze di Figaro (Rossi), che fallì clamorosamente alla Scala il 13 febbraio 1838 e, rimaneggiato, l’anno seguente cadde pure al Grande.
All’inizio degli anni Quaranta nella città giuliana conobbe le gemelle boeme Ludmilla e Franziska Stolz, cantanti, sorelle maggiori del celebre soprano Teresa. Con loro intrattenne per il resto della vita un aperto ménage à trois: nel 1850 sposò la prima, che gli diede Adelaide (cantante d’opera); dalla seconda, nel 1852, ebbe Luigi (Luigino), compositore e direttore d’orchestra di buon livello, il quale – dopo la morte della zia Teresa che l’aveva lasciato erede universale – adottò anche il cognome Stolz. Attorno agli anni Trenta, Ricci aveva avuto un’altra figlia illegittima dalla moglie di un membro della facoltosa famiglia milanese Morardet (forse da Teresina Morardet, dedicataria di Un’avventura di Scaramuccia).
Dalla seconda metà degli anni Quaranta, grazie a ripetuti periodi di congedo dai suoi impieghi, tornò a dedicarsi con assiduità alla composizione operistica. Nel 1844 fu incaricato della direzione musicale dell’annuale stagione d’opera italiana del teatro di Odessa, e il 20 febbraio 1845 diede su quelle scene il melodramma in quattro parti La solitaria delle Asturie (libretto di Romani, già musicato da Carlo Coccia e da Mercadante).
Seguirono il melodramma giocoso L’amante di richiamo (Francesco Dall’Ongaro; d’Angennes, 13 giugno 1846), realizzato a quattro mani con il fratello Federico; il melodramma Il birrajo di Preston (Francesco Guidi; Pergola di Firenze, 4 febbraio 1847), titolo buffo di ampio e duraturo successo; e il melodramma comico Il diavolo a quattro (Rossi), composto attorno al 1847-48 per il regio teatro di corte di Copenaghen, ma prodotto solo il 15 maggio 1859 al teatro dell’Armonia di Trieste.
Il 28 febbraio 1850 esordì al teatro S. Benedetto di Venezia l’ultimo e più importante prodotto della collaborazione fra Luigi e il fratello Federico, nonché uno dei titoli di rilievo nella storia dell’opera italiana dell’Ottocento: Crispino e la comare. Composta su un insolito libretto «fantastico giocoso» (il secondo ruolo eponimo è nient’altro che la Morte) che Francesco Maria Piave ricalcò su Il ciabattino medico e la morte, melodramma in italiano e dialetto napoletano di Giuseppe Checcherini musicato da Giuseppe Curci (Nuovo di Napoli, 1832), fu questa in assoluto l’opera buffa di maggior successo e diffusione creata nel cinquantennio precedente al Falstaff verdiano, ed è uno dei rarissimi titoli comici del periodo a godere di riprese moderne.
Il secondo ciclo di produzione operistica di Ricci si concluse con la commedia per musica Piedigrotta (libretto in dialetto napoletano di Marco D’Arienzo), data il 23 giugno 1852 al Nuovo di Napoli, riproposta in loco fino a fine secolo e diffusa anche nel resto della penisola in traduzione italiana. Caratterizzata dall’ampio utilizzo di melodie di matrice popolare, la partitura contiene una tarantella entrata nei classici della musica tradizionale partenopea.
Dopo quest’opera Ricci si concentrò interamente sui propri compiti nelle istituzioni musicali triestine; in particolare, nel corso degli anni Cinquanta compose una decina di messe (tra cui un Requiem, 1854) e l’intero Ufficio della settimana santa, e nel 1852 fu incaricato della direzione della Scuola di canto ecclesiastico ed accademico, istituzione da lui stesso progettata per formare elementi da integrare nella cappella di S. Giusto.
Verso la fine del decennio mostrò segni di decadimento psicofisico; nel 1859 venne internato nel manicomio di Praga, dove morì il 31 dicembre.
Fonti e Bibl.: V.E. Dal Torso, Di L. R. e delle sue opere, Trieste 1860, passim; F. de Villars, Notices sur Luigi et Federico Ricci, Paris 1866, pp. 1-43; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, III, Napoli 1882, pp. 302-328; A. Cametti, Un poeta melodrammatico romano: appunti e notizie in gran parte inedite sopra Jacopo Ferretti e i musicisti del suo tempo, Milano 1897, pp. 152-225; C. De Incontrera, Un illustre ospite della Trieste ottocentesca: L. R. musicista napoletano, in La Porta orientale, XXIX (1959), nn. 7-8, pp. 273-308; G. Radole, La Civica Cappella di San Giusto in Trieste, Trieste 1970, pp. 46-56; P. Gossett, Introduction, in L. Ricci, Un’avventura di Scaramuccia, New York-London 1986; Id., Introduction, in L. Ricci, Chiara di Rosembergh, New York-London 1990; S. Bianchi - S. Cimarosti, Mestiere e fantasia: fortune operistiche a Trieste di Luigi, Federico e Luigino Ricci, Trieste 1994, pp. 5-47; C.A. Traupman, I dimenticati: Italian comic opera in the mid-nineteenth century, diss., Cornell University, Ann Arbor (Mich.) 1995, pp. 232-302; M. Canale Degrassi, Trieste, Teatro Grande (1801-1849), in Le orchestre dei teatri d’opera italiani nell’Ottocento, a cura di F. Piperno, in Studi verdiani, XI (1996), pp. 150-163; F.P. Russo - F. Scipioni, L’epistolario Ferretti: i compositori, in Jacopo Ferretti e la cultura del suo tempo, a cura di A. Bini - F. Onorati, Roma-Milano 1999, pp. 17-41; The new Grove dictionary of music and musicians, XXI, London-New York 2001, pp. 320 s.; A. Sessa, Il melodramma italiano 1861-1900, Firenze 2003, pp. 401 s.; A. Caroccia, La corrispondenza salvata. Lettere di maestri e compositori a Francesco Florimo, Palermo 2004, ad ind.; F. Izzo, Comic sights: stage directions in L. R.’s autograph scores, in Fashions and legacies of nineteenth-century Italian opera, a cura di R. Montemorra Marvin - H. Porris, Cambridge 2010, pp. 176-195; Id., Laughter between two revolutions, Rochester 2013, passim.