ROSSI MORELLI, Luigi
Nacque a Sarsina in Romagna, il 28 marzo 1887. Dopo gli studi di canto a Bologna, si perfezionò a Roma, presso la scuola del celebre baritono Antonio Cotogni. Le prime notizie della sua presenza sui palcoscenici italiani risalgono al 1913, al Teatro Grande di Brescia, come Wotan nella Valchiria di Wagner e Re Raimondo nell’Isabeau di Mascagni.
Fin da subito si profilò la vocazione di Rossi Morelli per il teatro wagneriano e il repertorio naturalista. Nel 1914, caduta l’esclusiva del Festspielhaus di Bayreuth sul Parsifal, debuttò nella parte di Klingsor al Massimo di Palermo; la riprese al Grande di Brescia e al Comunale di Bologna, in un’edizione che ebbe per protagonista il celebre tenore Giuseppe Borgatti. In quell’occasione il Giornale del mattino del 2 gennaio 1914 scrisse: «Molto bene a posto ci è sembrato, per i mezzi vocali dominatissimi e per la sicurezza del canto, Luigi Rossi Morelli nella parte non facile del mago Klingsor. Questo giovane che cantava per la prima volta al Comunale ha vinto una prova da grande artista». Al Politeama di Genova cantò Aida (Amonasro); al Regio di Parma, Manon Lescaut (Lescaut). Nel 1915 fu Fouché nella Madame Sans-Gêne di Giordano al Dal Verme di Milano, ottenendovi un successo personale. Nel 1917 all’Eretenio di Vicenza cantò per la prima volta Tosca, mentre nel 1917 fu al Liceu di Barcellona nel Lohengrin (Telramund) e al San Carlo di Napoli in Cavalleria rusticana (Alfio), Pagliacci (Tonio) e Lucia di Lammermoor (Enrico). L’anno dopo fu di nuovo in Spagna, debuttando al Liceu nel Vascello fantasma (l’Olandese) e al Real di Madrid nel Tristano e Isotta (Kurwenal), poi al Coliseu di Lisbona, dove cantò La bohème, Carmen, Tosca e La traviata. Partecipò alle stagioni del Victoria di Santander e del Principal di San Sebastián. Nella primavera e nell’autunno 1919 fu al Real di Madrid, dove aggiunse al proprio repertorio Louise di Charpentier (Le Père) e Thaïs di Massenet (Athanaël). Intanto al Sociale di Cento era stato Rance nella Fanciulla del West.
Nel 1920 fu in tournée in America Latina, a Rio de Janeiro, São Paulo, Buenos Aires, Montevideo, producendosi in Andrea Chénier (Gérard), Salomé (Jochanaan), Carmen (Escamillo), Tosca, in Isabella Orsini di Renato Brogi (Paolo Orsini), Parsifal, stavolta nella parte di Amfortas; al rientro fu Wotan al Politeama di Firenze. Nel 1921 e nel 1922 alternò il Costanzi di Roma ai teatri dell’America Latina, aggiungendo al repertorio Sansone e Dalila di Saint-Saëns (Il sommo sacerdote) e La dannazione di Faust di Berlioz (Mefistofele). Nel 1923 cantò tra l’altro il ruolo eponimo nel Falstaff alla Fenice di Venezia e del Conte Rodolfo nella Sonnambula al Regio di Torino. Nel 1924 continuò l’attività in Italia con Tosca, Lohengrin, ma anche con Francesca da Rimini di Zandonai (Giovanni), L’uomo che ride di Pedrollo, cantato al Malibran di Venezia e al Dal Verme di Milano; in quest’ultimo teatro eseguì anche Giocondo e il suo re di Carlo Jachino su libretto di Giovacchino Forzano. Nel 1925 fu di nuovo in Sud America, e in autunno al Municipale di Modena debuttò come Boris Godunov nell’opera di Musorgskij, alla cui diffusione contribuì, cantandola nello stesso anno al Verdi di Firenze, indi al Grande di Brescia, al Politeama Rossetti di Trieste e al Verdi di Padova (1926), al Sociale di Como (1927), al Sociale di Varese (1929), al Comunale di Cesena (1930), al Regio di Torino e alla Scala di Milano (1931), all’Ente italiano per le audizioni radiofoniche (EIAR) di Roma e di Torino (1932), al San Carlo (1933), al Carlo Felice di Genova (1934) e al Verdi di Trieste (1937).
Alla Scala debuttò nel 1926, Wotan nella Valchiria, nel 1927 vi tornò per la ripresa del Fidelio (Pizarro), direttore Arturo Toscanini, cui seguirono L’oro del Reno, la ripresa della Valchiria, e il 29 dicembre la prima assoluta di Sly di Ermanno Wolf-Ferrari (Conte Westmoreland). Vi ritornò nel 1929 per il già citato Boris, per la ripresa dello Sly, della Valchiria, del Parsifal (Amfortas), di Louise; nel 1930 per La Sagredo di Franco Vittadini (Alvise), per la ripresa dell’Oro del Reno, della Valchiria, per Tosca e Il vascello fantasma. Nel 1932 alla ripresa dei titoli wagneriani e del Boris aggiunse il Tristano, direttore Victor de Sabata. Nel 1933 fu Dosifej nella Chovanščina, che poi riprese nel 1938 al Carlo Felice; nel 1936 fu Gianni Schicchi nell’opera di Puccini, nel 1937 cantò Notturno romantico di Riccardo Pick-Mangiagalli (Conte Zeno) e la ripresa del Tristano. Nel 1938 fu Polifemo nella Proserpina di Renzo Bianchi e Scarpia nella Tosca; nel 1939 fu Teseo nella Fedra di Pizzetti, Pizarro nel Fidelio.
In quegli stessi anni Rossi Morelli comparve regolarmente sulle principali ribalte italiane. Fu al San Carlo di Napoli nel 1929 (Tosca), 1931 (Louise), 1932 (La fanciulla del West, La sonnambula, Tosca), 1933 (il citato Boris, Cavalleria rusticana, I maestri cantori di Norimberga nella parte di Hans Sachs, Tosca), 1936 (La Valchiria), 1938 (Parsifal); al Costanzi di Roma nel 1934 (La Valchiria) e 1937 (Parsifal); a Roma si esibì anche all’Argentina e cantò numerose volte all’EIAR, dove nel 1938 fu Gianni Schicchi e Michele nel Tabarro; al Comunale di Bologna, nel 1937 (La fanciulla del West e Tristano); al Comunale di Firenze, dove nel 1935 partecipò all’apertura del Maggio Musicale nell’importante riesumazione del Mosè rossiniano (Faraone), direttore Vittorio Gui, con Tancredi Pasero nel ruolo eponimo; al Verdi di Trieste, al Massimo di Palermo, dove chiuse la carriera nell’aprile 1940, con le recite di Tosca e Fidelio, ma anche su numerose piazze minori, il Littorio di Cornigliano (1929), il Comunale di Cesena (1930, 1933), il Masini di Faenza (1933), il Fenaroli di Lanciano e al Comunale di Bagnacavallo (1934), al Principe di Piemonte di Camogli e al Donizetti di Bergamo (1935).
Morì a Imola il 2 dicembre 1940, per le conseguenze di un male incurabile, e ivi fu sepolto.
Rossi Morelli entrò in sala di incisione per la Edison nell’imminenza dello scoppio della Prima guerra, ma i provini non furono pubblicati. Nel 1928 per Columbia incise brani dalla Tosca (Ella verrà… per amor del suo Mario!), da Carmen (brindisi di Escamillo), dall’Aida (Questa assisa ch’io vesto vi dica), dal Tannhäuser (O tu bell’astro incantator), dall’Otello (Credo in un dio crudel) e dalla Valchiria (l’addio di Wotan). In disco come in teatro, Rossi Morelli cantò sempre e solo in Italiano, secondo l’uso del tempo.
Rossi Morelli possedeva una schietta voce di baritono, risonante e timbrata, dal registro centrale denso, con sonorità scure, come allora si usava. Possedeva un registro grave che gli permise di accostarsi sempre con successo anche a parti di basso-baritono. Nel registro acuto la voce tendeva giustamente a schiarirsi. Grazie all’eccellente tecnica la gamma era omogenea, il sostegno del fiato sempre sicuro, così da assicurare un bel legato, che si può ammirare all’ascolto di O tu bell’astro. Il vibrato stretto, che contrassegna sempre l’emissione e che può increscere al gusto moderno, è un portato di quell’antica scuola di canto ottocentesca alla quale Rossi Morelli si era formato attraverso l’insegnamento di Cotogni. Sapeva cantare con virile dolcezza e con accento incisivo, versato perciò tanto nel repertorio wagneriano quanto, più in generale, in quello naturalista, dove la declamazione riveste sempre una funzione nevralgica.
«Con la morte di Rossi Morelli scompariva ... con Borgatti, Bassi, Fagoaga, la Cobelli, Nessi, Formichi, De Angelis, Pasero, Neri, uno dei punti fermi del cinquantennale cammino nell’aspro terreno nibelungico» (così Gualerzi, 1995, p. 888). Rossi Morelli fu certo elemento prezioso nella diffusione di Wagner. In occasione della ripresa del ciclo dell’Anello del Nibelungo, alla Scala, il suo Wotan costituì una pregevole alternativa a quello di Nazzareno De Angelis. Nel suo canto si apprezza quella morbidezza melodica, peculiare della scuola italo-spagnola, così cara a Wagner stesso ma poi bandita dal canto wagneriano quando Cosima Wagner, fautrice di uno stile più spigoloso, impugnò le redini del Festspiel di Bayreuth. «Di Wotan è stato interprete Luigi Rossi Morelli, ottimo cantante ed artista intelligente. Nella Walkiria Wotan deve sovente attingere alla dolcezza del canto gli accenti umani di un cuore di padre. Il Rossi Morelli, nell’ultima scena della Walkiria, dimostra di saperli ottimamente sentire ed usare. La sua voce, ampia e simpatica di timbro, lo favorisce anche in questo» (così Gaetano Cesari nel Corriere della sera, 21 gennaio 1926).
Fu cantante di vaglia e artista di talento, che sapeva dare credibilità a personaggi diversi. Poteva essere un Pizarro duro e terribile («si può dire che egli ha trovato le espressioni rudi e spavalde, ed i più caratteristici toni, necessari per rendere la figura che rappresenta»; Id., Corriere della sera, 19 novembre 1927), un dolente Amfortas («Senza atteggiamenti di esteriore o esagerato lirismo, senza fare sentire in Amfortas il baritono in veste di Re del Graal, il Rossi Morelli ha trovato per il suo personaggio linee e composte e nobile, espressioni appropriate»; Id., Corriere della sera, 18 dicembre 1928), ma anche un valido interprete da commedia («Come Conte di Westmoreland è di una comicità di buona lega»; Id., Corriere della sera, 30 dicembre 1927). Seppe inserirsi con successo in allestimenti d’alto livello, quali quelli della Scala all’epoca delle otto stagioni organizzate da Arturo Toscanini (1921-1929) e rimaste storiche per il valore delle proposte, la qualità delle esecuzioni e il pregio delle messinscene.
Fonti e bibl.: K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, IV, Bern - München 1977, p. 2977; C. Marinelli Roscioni, Le otto stagioni di Toscanini alla Scala, in Quaderni dell’I.R.TE.M. (serie 5, Le cronologie, n. 1), 1993, pp. 236 s.; L. Pierotti Marinuzzi, G. Gualerzi, V. Pregliasco, Gino Marinuzzi. Tema con variazioni. Epistolario artistico di un grande direttore d’orchestra, Milano 1995, pp. 424, 559, 718, 814, 886-888; L. R. M., in www.lavoceantica.it (25 luglio 2018).
*Voce pubblicata nel 2020