RUCELLAI, Luigi. –
Nacque nel 1581 da Orazio, banchiere e patrizio di Firenze, e da Camilla di Agnolo Guicciardini.
Trascorse i primi anni di vita in Francia, dove il padre e lo zio Annibale avevano assunto un ruolo importante dal punto di vista sia politico sia finanziario durante la reggenza di Caterina de’ Medici e il regno di Enrico III. Intorno al 1590 si trasferì a Roma, città sulla quale la sua famiglia aveva ormai orientato i propri interessi, e iniziò una carriera prelatizia, seguendo le orme dello zio Annibale, importante prelato in predicato di conseguire il cardinalato. Lo stesso Annibale gli rassegnò i cospicui benefici ecclesiastici di cui godeva in Francia, poco prima della morte (1601).
Dopo la morte del padre (1605) Luigi rimase, insieme con il fratello laico Ferdinando, unico titolare dei beni di famiglia, che comprendevano una notevole liquidità e un palazzo gentilizio sulla via del Corso. Nel 1607 i due fratelli poterono recuperare, grazie al sostegno della S. Sede, una parte dei cospicui crediti vantati dalla famiglia per i prestiti concessi alla Corona francese, addivenendo a una transazione che garantì loro 100.000 scudi dei 300.000 pretesi.
Referendario di Segnatura dal 1605, nel 1608 acquistò, per la bella somma di 50.000 scudi, la lucrosa carica venale di chierico della Camera apostolica, il massimo organismo finanziario della S. Sede. In questa veste ricoprì anche la carica di prefetto dell’Annona (1609-14), governatore di Civitavecchia (1611) e presidente degli Archivi (1610-12). Già in alcuni avvisi del 1608 era definito «prelato di grand’aspettatione» (Orbaan, 1920, p. 128), ma alcuni anni dopo la sua vita conobbe un’improvvisa svolta. Per motivazioni non molto chiare, intorno al 1615 lasciò Roma e si trasferì in Francia, alla corte di Maria de’ Medici.
Secondo alcune indicazioni della memorialistica, tale scelta, che interrompeva una carriera promettente, sarebbe derivata dal fatto che Rucellai non riuscì a ottenere la carica di tesoriere generale, importante ufficio venale che di norma conduceva al cardinalato, a causa dell’ostilità della granduchessa di Toscana Cristina di Lorena. Non è tuttavia da escludere che, dopo la morte dello zio e del padre si sia verificato un complessivo indebolimento del ruolo politico e finanziario dei Rucellai, in particolare nel corso del pontificato di papa Paolo V. A testimoniare di una minore prosperità sta anche la vendita del palazzo di famiglia a Firenze, avvenuta nel 1614.
Giunto in Francia, Rucellai si legò rapidamente al gruppo di italiani che ruotava intorno alla reggente e ai suoi favoriti, Concino Concini ed Eleonora Galigai, senza funzioni definite, ma con buone prospettive di carriera. Molto tesi furono invece i rapporti con il nunzio Guido Bentivoglio e, più in generale, con la S. Sede, che lasciano intravedere una sotterranea azione degli agenti pontifici per costringere Rucellai a vendere il suo chiericato di Camera e per fondare delle imputazioni contro di lui.
Su questa fase della vita di Rucellai non si hanno molte notizie ma, secondo una voce raccolta dal nunzio Guido Bentivoglio e da Richelieu, tra il 1616 e il 1617 la Galigai avrebbe cercato di promuovere un complessivo rimaneggiamento del governo, con la nomina di Rucellai a ministro. Risulta inoltre che Rucellai era ben provvisto di benefici ecclesiastici – tra cui l’abbazia di Signy e quella di Saint-Nicolas d’Angers, – e conduceva vita galante, utilizzando abiti secolari.
Dopo il colpo di Stato di Luigi XIII del 24 aprile 1617, con l’uccisione di Concini e la relegazione della regina madre nel castello di Blois, Rucellai si trovò in una situazione difficile. Rimase legato a Maria de’ Medici e acquisì rapidamente un ruolo di rilievo nella sua corte in esilio, anche grazie alle aderenze che manteneva a Firenze e Roma. Fu proprio Rucellai a incaricarsi di occultare e trasferire a Roma, per conto di Maria de’ Medici, ingenti somme che, inizialmente, furono sequestrate su richiesta del governo francese, ma successivamente, nell’ottobre del 1617, furono rimesse nella disponibilità della regina madre.
Sebbene Rucellai non avesse avuto significative responsabilità nel governo di Concini, la caduta della regina madre portò a provvedimenti anche contro di lui. Inizialmente fu relegato nella sua abbazia di Silly, ma poi ebbe l’autorizzazione a raggiungere la sua protettrice nel castello di Blois.
In dicembre promosse la sottrazione di una serie di lettere d’amore scambiate tra il marchese di Roillac e una nobildonna, la marchesa d’Alvy, con la quale lo stesso Rucellai aveva intrecciato una relazione. Il marchese reagì e, nel febbraio del 1618, fece bastonare Rucellai. Questo scandalo non restò senza conseguenze. Il governo francese meditava ormai di espellerlo dalla Francia, mentre il nunzio Guido Bentivoglio, già da tempo ostile a Rucellai, rilevava con preoccupazione che «i nostri nemici dicono, ch’egli è l’idea dei prelati di Roma, pieni di lusso e di sensualità» (La nunziatura..., II, 1865, p. 273). La vicenda fu ricomposta grazie all’appoggio del cardinale Luigi di Guisa, ma portò a una definitiva rottura dei già cattivi rapporti di Rucellai con la S. Sede. Di qui la decisione di puntare tutto su un’affermazione in Francia, sfruttando i margini consentiti dall’incerta situazione politica che si era aperta dopo il colpo di Stato di Luigi XIII.
Mentre cercava di accreditarsi con il sovrano, Rucellai operava in realtà a vantaggio della regina madre e, nel corso del 1618, assunse il ruolo di principale consigliere di Maria de’ Medici, cercando di spingerla verso la ribellione aperta. A partire da settembre riuscì ad avvicinare Jean-Louis de Nogaret de La Valette, duca di Epernon, uno dei più importanti aristocratici francesi, che si era messo in rotta con la corte, e il duca Henri de Bouillon, altro oppositore di Luigi XIII. I suoi movimenti non rimasero ignoti e, in dicembre, gli fu intimato l’esilio dalla Francia. Rucellai si trasferì brevemente nelle Fiandre, ma proseguì con successo la sua azione politico-diplomatica a favore della regina madre.
Il 22 febbraio 1619 Maria de’ Medici evase rocambolescamente dal suo esilio di Blois e raggiunse Epernon con le sue truppe. La presa d’armi indusse Luigi XIII ad avviare una trattativa che sfociò nella cosiddetta pace di Angoulême (30 aprile 1619), con la quale si restituirono alla regina madre una parte consistente dei suoi appannaggi e alcune piazzeforti. In quella fase Rucellai non fu un partigiano della trattativa e ciò lo pose in urto con altri consiglieri di Maria de’ Medici, tra cui il prudente Richelieu, che puntava a ristabilire un buon accordo con Luigi XIII. Ne derivò una vera e propria faida interna che si concluse tragicamente, quando il marchese Antoine de Thémines, un protetto di Rucellai uccise in duello il fratello maggiore di Richelieu, Henri.
Ciò portò all’immediata disgrazia di Rucellai e al suo allontanamento dalla regina madre. Privato del suo più importante sostegno, Rucellai offrì i suoi servigi a Charles d’Albert de Luynes, favorito di Luigi XIII e principale avversario di Maria de’ Medici. La scelta si accompagnò a un definitivo cambiamento: rotto ogni rapporto con lo status clericale, Rucellai si affermò a corte con uno stile di vita dispendioso e grazie alla sua indubbia capacità di tessitore e al suo forte ascendente su una serie di nobildonne.
Nonostante gli attacchi del nunzio e del partito cattolico, Rucellai si mosse con molta abilità tra le fazioni di corte, mantenendo un ruolo importante, per quanto ambiguo. Preoccupato dei suoi movimenti, il nunzio scrisse a Roma nell’agosto del 1619 che «Rucellai è un pazzo, e che va cercando qualche nuovo malanno in Francia: eppure egli ha fatto qua ormai tuti i personaggi in scena» (La nunziatura..., III, 1867, p. 464). Contrariamente alle previsioni del nunzio tra il 1619 e il 1620 Rucellai riuscì a entrare nelle grazie di Luigi XIII e del duca di Luynes, che gli affidarono alcune missioni di confidenza, nei riguardi sia di alcuni grandi aristocratici sia di alcuni esponenti del Parlamento di Parigi. Rucellai era del resto apprezzato a corte per una certa cultura, tanto che si avvicinarono a lui diversi letterati, come Jean-Louis Guez de Balzac e il giovane Jean Chapelain, che proprio tramite Rucellai poté conoscere le opere di Giovambattista Della Casa.
La morte di Luynes, nel dicembre del 1621, portò Rucellai a trovare un nuovo protettore in Henri, principe di Condé, che nel 1620 era stato liberato dalla Bastiglia e aveva ripreso il suo ruolo di capo di una grande fazione aristocratica, in competizione con quella della regina madre. I rapporti con Maria de’ Medici rimasero dunque pessimi. Nel marzo del 1622 la presenza di Rucellai a una rappresentazione teatrale offerta da Condé alla famiglia reale provocò una violenta reazione della regina madre, che poté essere frenata solo dal diretto intervento di Luigi XIII.
Per un breve spazio di tempo Rucellai assunse il ruolo di mentore politico del principe di Condé, ma morì il 22 ottobre 1622, durante l’assedio di Montpellier, a causa di una violenta febbre esantematica, e non, come si disse, per il dolore dell’ascesa di Richelieu al cardinalato, avvenuta qualche mese prima, nell’aprile del 1622.
Nelle sue Mémoires (a cura di H. de Beaucaire, III, 1912, pp. 252-256), Richelieu ne tracciò un ritratto fortemente denigratorio, dipingendolo come un meschino intrigante, vanitoso e infedele.
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